17 Ottobre
Ignazio di Antiochia.
Il suo invito alle sette Chiese: cercate Dio, non il consenso

I cristiani non devono preoccuparsi di essere ammirati dagli uomini, perché il loro unico pensiero dev’essere quello di stare nel cuore di Dio. Il forte messaggio di sant’Ignazio di Antiochia arriva forte e chiaro dal secondo secolo fino a noi e ci invita a non cadere nell’illusione che il successo agli occhi del mondo sia garanzia di felicità. Il pensiero del terzo vescovo di Antiochia è affidato soprattutto alle sette lettere inviate ad altrettante comunità cristiane lungo il tragitto che lo vide portato, in catene, fino a Roma, dove nell’anno 107 venne condannato a morte e sbranato dalle belve, vittima della persecuzione di Traiano. Ai fedeli romani, in particolare, Ignazio chiese di non intervenire in suo favore, perché il martirio sarebbe stato per lui un modo per offrirsi a Dio e testimoniare al mondo la grandezza del Vangelo. Un messaggio di speranza per tutti i cristiani perseguitati di oggi.
Altri santi. Sant’Osea, profeta (VIII sec. a.C.); beato Pietro Casani, religioso (1572-1647).
Matteo Liut
Avvenire
Sant’Ignazio di Antiochia,
vescovo, martire a Roma
Antiochia, nell’attuale Siria, è la terza metropoli per grandezza del mondo antico, dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Ignazio ne diventa vescovo intorno al 69, succedendo a Sant’Evodio, ma soprattutto all’apostolo Pietro che aveva fondato la Chiesa in quella città. Originario di una famiglia pagana non romana, Ignazio si era convertito al cristianesimo in tarda età, grazie alla predicazione di San Giovanni Evangelista, che era giunto fino a quelle terre.
In viaggio verso il martirio
Ignazio è un vescovo forte, un pastore ardente di zelo. I seguaci della sua Chiesa lo definiscono un credente “di fuoco”, proprio come suggerisce l’etimologia del suo nome. Durante il suo episcopato inizia la terribile persecuzione dell’imperatore Traiano. Ne resta vittima anche il vescovo, che si rifiuta di abiurare e per questo viene condannato a essere trasportato in catene a Roma dove sarà sbranato dalle bestie feroci nel Colosseo durante le celebrazioni per l’imperatore vittorioso in Dacia. Inizia così il suo lunghissimo viaggio verso il patibolo, durante il quale sarà spesso torturato dalle guardie, fino all’arrivo a Roma e all’esecuzione della condanna, nel 107.
Le sette lettere
Del viaggio verso la morte del vescovo Ignazio ci restano sette bellissime lettere da lui scritte, che costituiscono anche un inimitabile documento della vita della Chiesa dell’epoca. Giunto a Smirne scrisse le prime quattro, tre delle quali indirizzate ad altrettante comunità dell’Asia Minore: Efeso, Magnesia e Tralli. In esse ringrazia per le numerose dimostrazioni d’affetto. La quarta lettera, invece, è indirizzata alla Chiesa di Roma e contiene la supplica di non ostacolare il proprio martirio, del quale il vescovo si sente onorato, considerandolo una possibilità di ripercorrere la vita e la Passione di Gesù. Di passaggio nella Troade, Ignazio scrive altre tre lettere: alla Chiesa di Filadelfia, di Smirne e al vescovo di quest’ultima città, Policarpo. Nelle missive chiede ai fedeli di sostenere la Chiesa di Antiochia, provata dall’imminente sorte del proprio pastore, e al vescovo offre interessanti direttiva sull’esercizio della funzione episcopale. Ci restano, inoltre, pagine di vere e proprie dichiarazioni d’amore a Cristo e alla sua Chiesa che per la prima volta viene definita “cattolica”; testimonianze della concezione tripartita del ministero cristiano tra vescovo, presbiteri e diaconi; oltre a direttive su come controbattere all’eresia docetista che credeva l’Incarnazione del Figlio solo apparente e non reale. Ma soprattutto, nelle sue lettere, si legge il desiderio, quasi la preghiera, ai fedeli, di mantenere la Chiesa unita contro tutto e contro tutti.
Per gentile concessione di
Vatican News
Dalla “Lettera ai Romani” di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire
Sono frumento di Dio: sarò macinato dai denti delle fiere
Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore. A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. E’ meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che é morto per noi, voglio colui che per noi é risorto. E’ vicino il momento della mia nascita.
Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo e alle seduzioni della meteria chi vuol essere di Dio. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio. Se qualcuno lo ha in sé, comprenda quello che io voglio e mi compatisca, pensando all’angoscia che mi opprime. Il principe di questo mondo vuole portarmi via e soffocare la mia aspirazione verso Dio. Nessuno di voi gli dia mano; state piuttosto dalla mia parte, cioé da quella di Dio. Non siate di quelli che professano Gesù Cristo e ancora amano il mondo. Non trovino posto in voi sentimenti meno buoni. Anche se vi supplicassi, quando sarà tra voi, non datemi ascolto: credete piuttosto a quanto vi scrivo ora nel pieno possesso della mia vita. Vi scrivo che desidero morire.
Ogni mio desiderio terreno é crocifisso e non c’é più in me nessun’aspirazione per le realtà materiali, ma un’acqua viva mormora dentro di me e mi dice: “Vieni al Padre”. Non cmi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che é la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che é la carità incorruttibile. Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza. Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli é la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.
(Capp. 4, 1-2; 6, 1 – 8, 3; Funk, 1, 217-223)