15 Ottobre
Teresa d’Avila

Sarebbe “follia” cercare di entrare in Cielo senza prima entrare in noi stessi: è lì che possiamo cogliere i doni che Dio ci ha dato e renderci conto del nostro bisogno della sua misericordia. In questo cammino abbiamo testimoni autorevoli che ci aiutano e ci guidano, come santa Teresa d’Avila, la cui eredità più preziosa si trova nel suo “Castello interiore” e nella sua opera riformatrice del Carmelo. Nata nel 1515 ad Avila, era entrata nel Carmelo nel 1535 prendendo il nome di Teresa di Gesù. All’età di 39 anni, dopo un travagliato percorso interiore, visse quella che lei chiamò la sua “conversione”, dedicandosi poi alla riforma dei monasteri carmelitani sia femminili che maschili. Morì ad Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582; santa dal 1622, nel 1970 è stata proclamata dottore della Chiesa.
Altri santi. San Barses di Edessa, vescovo (IV sec.); beato Narciso Basté Basté, sacerdote e martire (1866–1936).
Matteo Liut
Avvenire
Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine
Ricordiamoci sempre dell’amore di Cristo
Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ha sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.
Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. E’ da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà.
Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Guardiamo il glorioso apostolo Paolo che non poteva fare a meno di avere sempre sulla bocca il nome di Gesù, perché l’aveva ben fisso nel cuore. Conosciuta questa verità, ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Se egli desidera innalzarci fra i principi della sua corte, accettiamo volentieri tale grazia.
Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell’amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell’accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica.
(Opusc. «Il libro della vita», cap. 22, 6-7, 14)
Il Signore non vuole la preghiera delle labbra…
“Orazione vocale è, per esempio, recitare il Padre nostro o l’Ave Maria o qualche altra preghiera, ma se non l’accompagnate alla preghiera mentale, è come una musica stonata, tanto che alle volte non vi usciranno con ordine neppure le parole… Quando pregate vocalmente cercate la compagnia del Maestro che ci ha insegnato la preghiera del Padre nostro; fate il possibile di stargli dappresso… Non vi chiedo di concentrarvi tutte su di lui, ma guardarlo”
(Cammino di perfezione, XXV 3; XXVI, 1-3).
Santa Teresa d’Avila, la prima donna Dottore della Chiesa

Teresa di Gesù (1515-1582), la riformatrice del Carmelo, venne beatificata nel 1614 e canonizzata nel 1622. Nel 1970 papa Paolo VI la proclamò Dottore della Chiesa, prima donna nella storia della Chiesa a cui è stato riconosciuto questo titolo
Teresa di Gesù, la riformatrice del Carmelo, è la prima donna della storia a cui è stato riconosciuto il titolo di Dottore della Chiesa. Nata ad Avila nel 1515, educata religiosamente dai genitori, ancora fanciulla si appassionò talmente alla lettura delle vite dei santi da sentirsi spinta a fuggire di nascosto col fratellino Rodrigo verso la «terra dei mori» per morirvi martire.
Ricondotta a casa dallo zio che la sorprese alle porte di Avila, si diede a imitare la vita degli eremiti del deserto. Educanda presso le agostiniane del monastero di Santa Maria di Grazia, ne uscì per ragioni di salute nel 1532 e tre anni dopo decise di entrare fra le Carmelitane dell’Incarnazione ad Avila, ma poiché il padre vi si era opposto, lei fuggì di casa e, accolta in quel monastero, dopo un anno di postulato ricevette al’abito e il 3 novembre 1537 emise i voti.
Colpita poi da un’altra grave malattia che, dopo varie peripezie, la vide per tre anni paralitica, nell’agosto 1542 ottenne la completa guarigione, da lei attribuita a san Giuseppe di cui era fervente devota.
Nel 1554, quando era quasi quarantenne, Gesù le fece sperimentare, inondandola di grazie interiori e anche di visioni e rapimenti (tra cui più volte la grazia della “transverberazione”), che egli era «veramente Dio e «veramente uomo» e che, abbandonandosi a Lui con tutto il cuore, era possibile amare Dio «con tutto il cuore, l’anima e le forze» e ricevere da Lui in dono tutto il resto.
Dal “conventino” a diciotto monasteri
Nel 1560, dopo avere avuto la celebre visione dell’inferno in seguito al quale aveva emesso il “voto del più perfetto”, Teresa accettò il pressante consiglio di alcune consorelle che le chiedevano di fondare un «piccolo conventino» in cui la Regola primitiva fosse seguita perfettamente.
Sostenuta da alcuni dotti e da san Pietro d’Alcantara, il 24 agosto 1562 inaugurò il piccolo monastero di san Giuseppe con la vestizione delle prime quattro novizie. Vi rimase per cinque anni, durante i quali redasse le costituzioni, poi dovette uscire per altre fondazioni richieste dai vescovi o dai nobili di varie città, incoraggiata in questo dal Generale dei Carmelitani, padre Giovanni Battista de’ Rossi. Alla sua morte lascerà diciotto monasteri perfettamente organizzati.
L’ultimo monastero a Burgos
Donna dalle grandi vedute, per avere religiosi capaci di guidare le sue monache nella loro vita spirituale, pensò di introdurre la riforma anche tra i Carmelitani.
Vi riuscì, col permesso dei superiori e l’aiuto di san Giovanni della Croce.
Tuttavia dovette interrompere i suoi viaggi per assumere il priorato del suo antico monastero dell’Incarnazione dove andava crescendo il rilassamento. Con l’aiuto di Giovanni della Croce, confessore della comunità, trattando le religiose con dolcezza e moderazione, ci riuscì e al termine del mandato riprese i viaggi.
Intanto però, la sua attività aveva scatenato una tempesta tra i Carmelitani Mitigati (o Calzati) e quelli della stretta Osservanza (gli Scalzi). Il capitolo dell’Ordine impose a questi ultimi di vivere nei conventi del Calzati, sostenuto in questo dal Nunzio Filippo Sega, il quale fece imprigionare alcuni capi della riforma (tra cui Giovanni della Croce), trattando Teresa come una «donna inquieta e vagabonda».
La lotta si fece così rovente che Filippo II intervenne facendo esaminare la questione da quattro assessori imparziali, che diedero ragione agli Scalzi, i quali nel 1580 poterono fondare una provincia autonoma, ottenendo poi da Clemente VIII la separazione canonica completa. Uscita dal monastero di Toledo dove era stata rinchiusa, la santa riprese le sue fondazioni benché fosse molto malata.
L’ultimo convento da lei eretto fu quello di Burgos, poi raggiunse quello di Alba de Tormes dove morì il 4 ottobre 1582 (il giorno dopo, per la correzione gregoriana del calendario, diventò il 15 ottobre) tra le braccia della sua segretaria, la beata Anna di san Bartolomeo, dopo un’estasi durata 14 ore. Il suo corpo rimase incorrotto e per lungo tempo flessibile. Paolo V la beatificò nel 1614 e Gregorio XV la canonizzò il 12 marzo 1622.
Il Castello interiore è uno dei capolavori della letteratura mistica
Teresa ha lasciato numerosi scritti, tra cui i più importanti sono: l’Autobiografia, composta nel 1562 per obbedienza al confessore e definita da lei «il libro delle misericordie del Signore»; il Cammino di Perfezione, in cui espone la maniera con cui si può educare un’intera comunità; le Fondazioni, storia dei vari «colombai della Vergine», come lei soleva chiamare i suoi monasteri; il Castello Interiore o Libro delle sette Mansioni, considerato il suo capolavoro e uno dei vertici della letteratura mistica. In esso l’uomo viene descritto come un castello al cui “profondo centro” abita Dio stesso: un castello che, a volte, sembra disabitato perché l’uomo si è ridotto a vivere al di fuori, come un mendicante; ma basta superare la soglia (la “porta”, che è per tutti la preghiera) per ritrovare la possibilità di attraversare tutte le innumerevoli e meravigliose “dimore del Castello”, fino a raggiungere Dio stesso.
Da segnalare anche l’opuscolo Pensieri sull’Amore di Dio, commento ascetico-mistico ad alcuni versetti del Cantico che ricorrono frequentemente nella liturgia; dato alle fiamme in seguito dalla santa per ordine del padre Yanguas che non poteva approvare che le donne «scrivessero sulla S. Scrittura», esso è giunto sino a noi per la cura delle figlie che ne avevano nascosto e moltiplicato le copie.
Nel 1970 proclamata Dottore della Chiesa
Della santa ci restano anche circa 400 lettere ad ogni categoria di persone. Il 10 settembre 1965, Paolo VI l’ha proposta come patrona degli scrittori cattolici spagnoli e, il 27 settembre 1970 lo stesso Pontefice l’ha proclamata Dottore della Chiesa. Pochi giorni dopo, lo stesso riconoscimento veniva dato anche a santa Caterina da Siena.
La dottrina di Teresa, frutto delle sue letture e dei contatti coi più grandi teologi e santi del suo tempo in Spagna, proviene però in maniera speciale dalla sua esperienza mistica. Si tratta di un carisma di scienza e di sapienza col quale, sotto l’azione dello Spirito Santo, lei riuscì a intravvedere e a descrivere l’opera misteriosa di Dio nel battezzato che si abbandona completamente al suo dinamismo santificatore.
Che le opere della santa di Avila siano perfettamente inserite nell’alveo della più pura dottrina cattolica lo dimostrano le continue edizioni dei suoi scritti: si pensi che solo dal 1900 al 1967 sono apparse 528 edizioni delle sue opere complete o parziali, segno che esse rispondono alle esigenze dell’uomo moderno.