Il testo ci presenta la beatitudine di Maria che fin dall’inizio del vangelo è proposta dall’autore come modello del lettore. Ciò che è capitato a Maria è ciò che capita a ciascuno di noi: di ascoltare la Parola, di accoglierla, di concepirla, di dar vita a questa parola attraverso il nostro sì. Tutti siamo come Maria, questa è la cosa bella!
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Sabato della XXVII settimana del Tempo Ordinario
Lc 11,27-28: Beato il grembo che ti ha portato!
Lectio divina di Silvano Fausti
27 Ora avvenne: mentre egli diceva questo, alzando la voce una donna della folla gli disse : Beato il grembo che ti portò e le mammelle che succhiasti! 28 Ora egli disse: Beati anzi quanti ascoltano la parola di Dio e (la) custodiscono!
Le folle erano piene di stupore per la parola restituita al muto (v. 14). Una donna è presa da stupore per chi ha generato colui che restituisce la parola, e proclama beata sua madre. Gesù estende tale beatitudine a chiunque lo ascolta.
Come da seminatore divenne il seme (8,11), così ora Gesù che annuncia la Parola diviene la Parola che lo annuncia. Si passa dal tempo di Gesù a quello della chiesa. Essa, nell’ascolto e nella custodia della Parola, si fa contemporanea a lui, attuale all’oggi del Figlio che realizza il regno del Padre. È come Maria, figlia fedele di Sion, che genera nel tempo la parola eterna del Padre da cui è generata come figlia.
Gesù è il centro del tempo. Come nel passato i profeti e i re desideravano lui che doveva venire, così nel futuro tutti i credenti desidereranno lui che è venuto. Egli è la realtà prima attesa e poi compiuta, la realizzazione della Parola che da profezia si è fatta ricordo e racconto.
Gesù è il verbo eterno di Dio, promesso nell’Antico e trasmesso nel Nuovo Testamento. Tutto il passato sboccia in lui, germoglio del tronco antico; tutto il futuro matura in lui, suo frutto pieno. In lui il regno del Padre è aperto a tutti, perché egli fa fiorire sulla bocca di tutti la parola “Abbà”.
Quanto i suoi contemporanei ebbero il privilegio di vedere e di udire, resta ancora a noi accessibile nella parola su di lui. Non siamo svantaggiati nei loro confronti. Infatti, “anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così” (2Cor 5,16). La nuova e vera conoscenza di Gesù è l’ascolto della sua parola.
In questo breve dialogo ci viene indicato il passaggio che la fede deve operare in ciascuno di noi. La donna, invece di invidiare Maria, è chiamata a imitarla: la sua vera realtà di madre di Dio è ascoltare e custodire la Parola (cf. “ascoltare” e “fare” di 8,21).
La generazione del Figlio, che è dall’eternità nell’amore del Padre, avviene nel tempo nell’obbedienza di chi ne ascolta e custodisce la Parola. Questi, mentre genera il Figlio nel tempo, è generato all’eternità come figlio del Padre. L’uomo infatti è generato dalla parola che ascolta, fatto dalla Parola che fa.
Il Verbo, fatto carne in Gesù, è tornato ad essere Parola per farsi carne in chi l’ascolta. Il pane e lo Spirito (vv. 5-13) ce ne danno la possibilità. (S. Fausti, dal Commento al Vangelo di Luca)
Il testo ci presenta la beatitudine di Maria che fin dall’inizio del vangelo è proposta dall’autore come modello del lettore. Ciò che è capitato a Maria è ciò che capita a ciascuno di noi: di ascoltare la Parola, di accoglierla, di concepirla, di dar vita a questa parola attraverso il nostro sì: “Si compia in me questa parola”. Tutti siamo come Maria, questa è la cosa bella! La maternità di Maria è il nostro stesso tipo di rapporto che dobbiamo avere con Cristo: siamo sua madre, ce lo dice Lui esplicitamente.
27 Ora avvenne: mentre egli diceva questo, alzando la voce una donna della folla gli disse: Beato il grembo che ti portò e le mammelle che succhiasti!
Corrisponde a quanto disse Elisabetta all’inizio del vangelo, cap. 1°, v. 45 che quando vede Maria dice: come mai viene a me Maria, la mamma del mio Signore? Dice: beata te che hai creduto alla parola. Maria è madre del Signore perché è colei che crede alla parola. E lì subito comincia il tema di Maria nostro modello, cioè lei è madre perché ha accolto la parola, la concepisce, dice sì.
Nel capitolo 2° pure si presenta Maria; quando vanno i pastori e le raccontano che cosa hanno detto gli angeli e spiegano cos’è quel bambino che è nato a lei, si dice che Maria custodisce tutte queste parole confrontandole nel suo cuore. Maria è madre non solo perché ha generato Gesù, perché uno non è figlio semplicemente perché è stato generato. Uno è figlio quando è accolto, custodito, ascoltato e amato.
E poi ci si presenta ancora la cap.8°, al versetto 15, quando si fanno le parabole sulla parola: c’è quella caduta sulla strada, sui rovi, sulle pietre e sui rovi, e poi quella caduta sul terreno buono, che fruttifica. Dice il terreno buono è il cuore bello e buono che ascolta, custodisce la parola e fruttifica con perseveranza.
E poi al capitolo 8°, versetto 21, ancora, uno della folla dice a Gesù: tua madre è qui fuori che ti aspetta insieme ai tuoi fratelli, perché vuole vederti. E Gesù risponde: chi è mia madre chi sono i miei fratelli? Quelli che ascoltano e fanno la parola.
Siamo chiamati a concepirlo. Ci sono due modi di concepire. Una è la concezione animale e il nostro modo di concepire è uguale a quello degli animali, ma uno lo concepisci quando lo ascolti, lo accogli dentro di te, gli lasci spazio e ti entra, e diventa lui la tua vita. Tra l’altro la parola “concetto” è da concepire. La realtà tu la concepisci quando la ascolti. Così le persone: davvero sei madre se ascolti uno. Tu scompari, lasci tutto il vuoto, tutto spazio: questo è il grembo, l’utero e l’orecchio. Infatti un antico inno siriaco dice che Maria era tutta orecchio perché la sua maternità, prima che nel ventre, consiste nell’orecchio. La vera maternità è ascoltare, che è la forma fondamentale di accogliere. E si diventa come Dio, se si ascolta Dio.
28 Ora egli disse: Beati piuttosto quanti ascoltano la parola di Dio e (la) custodiscono!
È interessante questa donna dice “beato il grembo che ti portò”, una cosa passata, “le mammelle che succhiasti”, una cosa passata. Come noi diciamo sempre: la beatitudine è una cosa passata. Gesù invece dice: no! Beati, piuttosto, quelli che ascoltano la parola e la custodiscono. Vuol dire che noi, quando leggiamo la parola, quando leggiamo il vangelo, praticamente cominciamo sempre con: in quel tempo – in latino si dice “temporibus illis”. Quando leggiamo la parola viviamo quel tempo, perché la parola ci rende presente quella realtà, se l’ascoltiamo, e quella realtà diventa nostra.
Quindi la beatitudine di Maria che è passata, è il prototipo della beatitudine di ciascun lettore, dell’ascoltatore, di ogni uomo, che è uomo in quanto ascolta. Chi non ha nessuna relazione non esiste.
Il custodire: custodire nel ricordo, il tornarci su, il riportare al cuore è esattamente il far crescere, è l’alimentare. Perché nel ricordo, ciò che hai dentro nel cuore più lo ricordi più cresce e meno lo ricordi più scompare. Questa è la nostra beatitudine. Per questo Luca ha scritto il vangelo.
Questo testo, da un punto di vista narrativo, è uno dei più coinvolgenti per ciascuno di noi perché ci fa capire l’importanza delle parole e della parola che finora abbiamo letto. Cioè che addirittura Dio è nostro figlio, è generato da noi, la sua vita dipende tutta da noi, è nelle nostre mani, è nella nostra vita. È totalmente affidato a noi come è stato totalmente affidato a Maria.
Se noi vedessimo la ricchezza che abbiamo davvero saremmo entusiasti, cioè divinizzati, e invece viviamo sempre nei nostri problemi, viviamo del nostro spirito muto che domanda tante cose, tanti segni. Dio, fatti vivo! Ma che cosa vuoi che si faccia vivo! Che cosa vuoi di più? Apri gli occhi! Siamo ossessivamente, compulsivamente, chiusi nelle nostre cosette, senza capire ciò che siamo.
Testi per l’approfondimento:
Lc 1, 26-38: per la beatitudine del grembo e dell’ascolto, l’annuncio a Maria;
Lc 8, 21: siamo madri della parola e familiari di Gesù.
Dalle catechesi di Silvano Fausti (e di Filippo Clerici)
sul Vangelo di Luca (2004-2010)
www.gesuiti-villapizzone.it
Selezione degli estratti, sottolineature e titoli miei (MJ)