La storia del XX secolo è stata segnata da momenti di profondo buio nel cuore dell’umanità, ma la speranza è sempre rinata anche grazie a piccole grandi luci accese da persone trasformate in autentiche messaggere di Dio. È il caso della beata portoghese Alessandrina Maria da Costa, che passò 30 anni a letto, da dove lanciò al mondo un forte appello per l’affidamento al Cuore Immacolato di Maria. Nata nel 1904 in provincia di Oporto, da giovane Alessandrina era robusta e affrontava il lavoro nei campi con vigore. A 14 anni per fuggire a una violenza si gettò da una finestra: le conseguenze la portarono alla paralisi nel 1925. Da allora fu protagonista di incredibili esperienze mistiche. Morì nel 1955.
Altri santi. Teofilo di Antiochia, vescovo (II sec.); Chelidonia di Subiaco, monaca (1077-1152).

Matteo Liut
Avvenire


Laica portoghese, all’età di quattordici anni si gettò da una finestra per difendere la sua verginità. Riportò gravi danni, che un po’ alla volta la resero completamente paralizzata. Abbracciò la sua croce e in vari modi partecipò alla passione di Gesù. Dal suo letto svolse un prezioso apostolato di preghiera e di consiglio a favore dei numerosi visitatori, attratti dalle sue virtù e carismi straordinari, che esercitò nella obbedienza alle autorità ecclesiastiche. Il decreto sulle sue virtù eroiche è stato emesso nel 1995. È stata proclamata beata da papa Giovanni Paolo II nel 2004.

Nella parrocchia di Balazar, piccola cittadina del Portogallo, nacque il 30 marzo 1904 Alessandrina Maria Costa, conosciuta come “la malata di Balazar” o come “la crocifissa del Calvario”. Nascita e Battesimo avvennero nella Settimana Santa di quell’anno e, precisamente, il Mercoledì Santo e il Sabato Santo.

La Parrocchia di Balazar avrebbe avuto un segno della Misericordia Divina: la presenza di una creatura straordinaria che, conformemente al disegno di Dio, si sarebbe offerta vittima per la conversione di tanti peccatori e per la salvezza del Portogallo (questa Nazione, infatti, non sarà toccata dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, perché rimasta fuori dal conflitto).

All’inferno io non voglio andare!”

È Alessandrina che parla della sua infanzia e della sua adolescenza, dei pregi e dei difetti di quell’età; sì che è facile pensare, seguendo il suo racconto, ad una bambina vivace ed alquanto birichina, testarda e un po’ vanitosa. La sorella Diolinda, più grande di lei, era spesso bersaglio dei suoi scherzi; Alessandrina, però, aveva sufficiente discernimento ed umiltà per capire gli errori commessi ed anche volontà ferma per non ricadervi. Questi aspetti positivi del suo temperamento, spiegano le tappe vittoriose del suo cammino verso la perfezione. Spesso contemplava il Cielo e, nella sua semplicità infantile, pensava a che mezzi disponibili vi fossero per raggiungerlo. Questo pensiero del Cielo, finché visse, fu l’anelito costante della sua anima.

A cinque anni cominciò a frequentare il catechismo e, proprio in questo periodo, sbocciò nel suo cuore l’amore tenero e fiducioso per la Madonna. Con la Prima Comunione, ricevuta a sette anni, ebbe inizio anche quel legame di amore che la unirà per sempre a Gesù Eucaristia, legame rinsaldato dalla Comunione quotidiana e dalle frequenti visite al Santissimo Sacramento.

Con assiduità partecipava a tutte le pratiche religiose della sua Parrocchia perché amava molto pregare. Una volta, all’età di nove anni, con la sorella Diolinda e una cugina, si recò in un paese vicino per ascoltare la predica di un santo Frate: Fra’ Emanuele delle Sante Piaghe. L’inferno fu l’argomento della predica e, quando il Frate invitò i fedeli a scendere con lui in spirito in questo luogo di sofferenza senza fine, Alessandrina pensando che si potesse entrare realmente in quel luogo, decise di scappare: no, all’inferno non sarebbe mai andata e, per essere pronta alla fuga, prese in mano gli zoccoletti che aveva sistemato vicino alla balaustra…

Rispettosa dei principi fondamentali della vita cristiana, più grandicella, si impegnava nel lavoro ed evitava trasgressioni che fossero motivo di peccato.

Strinsi con fede nella mano il mio Rosario…”

Un giorno Alessandrina, Diolinda ed un’amica erano in casa impegnate in un lavoro di cucito. Ad un tratto si sentirono dei passi: tre uomini entrati in casa stavano salendo la scala che portava nella stanza in cui erano le tre giovani. Diolinda che aveva intuito il pericolo, chiuse la porta della stanza a chiave, né aprì quando sentì bussare. Ma quando uno dei tre tentò di sorprenderle servendosi di una scaletta che immetteva direttamente nella stanza attraverso una botola, Diolinda non esitò ad aprire la porta per darsi alla fuga, seguita dall’amica, ma fu ostacolata dai due uomini che erano rimasti in attesa. Mentre avveniva tutto questo, Alessandrina, non avendo altra via d’uscita, corse verso la finestra che era aperta e si buttò nel vuoto facendo un salto di quattro metri. Per il terribile impatto con il terreno, rimase a terra per qualche tempo, poi, preoccupata per la sorte della sorella e dell’amica, si alzò, prese un palo ed affrontò gli aggressori con tanta forza da costringerli alla fuga.

Ma la passione che acceca non si arrende facilmente; una volta che Alessandrina era rimasta sola a casa, ebbe la triste sorpresa di avvertire ancora la presenza in casa dell’uomo che ella ben conosceva, avendo lavorato alle sue dipendenze. Il pericolo era grave ma Alessandrina, forte della sua fede, strinse fra le mani il suo Rosario e confidò nell’aiuto della Madonna. Sebbene non fosse chiusa a chiave la porta della stanza, inspiegabilmente, non si aprì e l’uomo fu costretto a rinunziare al suo piano diabolico.

Le conseguenze della caduta si fecero presto sentire. Fino all’età di diciannove anni, Alessandrina di tanto in tanto sarà costretta a rimanere a letto per tempi più o meno lunghi; poi l’aggravarsi della malattia non le consentirà mai più di alzarsi. Ebbe momenti di scoraggiamento, mai di disperazione; non trascurò mai la preghiera, anzi i momenti di maggiore tristezza li viveva quando la sorella si recava in Parrocchia per partecipare alle funzioni religiose e lei non poteva seguirla. Ma non per questo ella interrompeva il suo colloquio con Gesù e con la Celeste Madre. Nella preghiera chiedeva anche la sua guarigione, ma non trascurava l’offerta delle sue sofferenze per la salvezza dei peccatori.

Il mondo al Cuore Immacolato

Alessandrina aveva cementata nel cuore una forte devozione alla Madonna, che ella esprimeva con particolare intensità nel mese di maggio. Aspettava questo tempo benedetto con ansia e lo viveva con amore e devozione. Non avendo la possibilità di comprare una statuina della Madonna, perché povera, ne chiedeva una in prestito al suo parroco, a cui poi la restituiva. Preparava per onorarla un altarino, e voleva che vi fossero sempre fiori; ma, più belli dei fiori erano i fioretti che ogni giorno offriva alla Madonna con tante intenzioni quante erano le creature per le quali li offriva.

La devozione alla Madonna era, quindi, anche per lei la strada maestra per giungere a Gesù. E a Gesù, prigioniero per amore, vittima per la salvezza dei peccatori, era rivolto in particolare il suo cuore. La confidenza verso la divina Madre le donava la forza per esprimere la preghiera più generosa e ardita: «Mammina dite a Gesù che lo aiutate voi a crocifiggermi, affinché nulla resti nel mio corpo e nell’anima mia da crocifiggere».

Alessandrina, con piena disponibilità all’azione purificatrice del Maestro Divino, si preparava alla missione a cui Gesù l’aveva chiamata: immolarsi per la salvezza dei peccatori. Ed infatti, per lunghi anni, ogni venerdì, ella vivrà in lei la Passione di Gesù dal Getsemani al Calvario.

Dal venerdì 3 ottobre 1938 al 24 marzo 1942, ossia per 182 volte, visse ogni venerdì le sofferenze della Passione. Alessandrina, superando lo stato abituale di paralisi, scendeva dal letto e con movimenti e gesti accompagnati da angosciosi dolori, riproduceva i diversi momenti della Via Crucis, per tre ore e mezzo.

“Amare, soffrire, riparare” fu il programma che le indicò il Signore. Dal 1934 – su invito del padre gesuita Mariano Pinho, che la diresse spiritualmente fino al 1941 – Alessandrina metteva per iscritto quanto volta per volta le diceva Gesù.

Gesù, il 1° agosto 1935, chiese ad Alessandrina che si manifestasse al Papa il suo desiderio di consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria, essendo questa la strada più sicura per salvare dall’eterna rovina l’umanità smarrita nei meandri tenebrosi del male. Alessandrina ubbidì e si rivolse al suo direttore spirituale perché intervenisse. La richiesta fu comunicata al Cardinale Eugenio Pacelli perché si facesse interprete di quanto avveniva a Balazar presso il Papa Pio XI allora regnante; ma fu ostacolata da contrasti e dubbi. Solo dopo lunghi anni, nel settembre del 1942 il mondo venne consacrato al Cuore Immacolato di Maria proprio dal Card. Pacelli, salito al Soglio Pontificio.

Dal 27 marzo 1942 in poi Alessandrina cessò di alimentarsi, vivendo solo di Eucaristia. Nel 1943 per quaranta giorni e quaranta notti furono strettamente controllati da valenti medici il digiuno assoluto e l’anuria, nell’ospedale della Foce del Douro presso Oporto.

Nonostante le sue sofferenze, ella continuava inoltre ad interessarsi ed ingegnarsi a favore dei poveri, del bene spirituale dei parrocchiani e di molte altre persone che a lei ricorrevano. Promosse tridui, quarant’ore e quaresimali nella sua parrocchia.

Specialmente negli ultimi anni di vita, molte persone accorrevano a lei anche da lontano, attratte dalla fama di santità; e parecchie attribuivano ai suoi consigli la loro conversione.

Verso le altezze

Gesù aveva ascoltato le preghiere di Alessandrina e aveva assecondato l’ardente suo desiderio di amarlo. Entrato in quel cuore, Gesù aveva dato inizio a un processo di trasformazione interiore che avrebbe portato quella creatura a gradi di perfezione sempre più alti, col distacco progressivo dell’anima da ciò che è terreno, mentre lo spirito si sarebbe librato in atmosfere più elevate, lontano dalle realtà contingenti. Alessandrina passerà dalla “morte mistica” alla “notte oscura”, dai lunghi silenzi del Maestro Divino agli assalti del demonio con soli brevi pause di consolazioni interiori, seguite sempre dai dubbi tormentosi. La forza di Alessandrina è l’amore a Gesù Eucaristico (per ben tredici anni non si ciberà che della sola Ostia consacrata!) e l’abbandono fiducioso nella Celeste Madre: «Mammina, o mia Mammina cara, voglio essere di Gesù, voglio essere tua…».

Nel 1944 il nuovo direttore spirituale, il salesiano don Umberto Pasquale, incoraggiò Alessandrina, perché continuasse a dettare il suo diario, dopo aver constatato le altezze spirituali a cui era pervenuta; ciò che essa fece con spirito di obbedienza fino alla morte. Nello stesso anno 1944 Alessandrina si iscrisse all’Unione dei Cooperatori Salesiani. Volle collocare il suo diploma di Cooperatrice “in luogo da poterlo avere sempre sotto gli occhi”, per collaborare col suo dolore e con le sue preghiere alla salvezza delle anime, soprattutto giovanili. Pregò e soffrì per la santificazione dei Cooperatori di tutto il mondo.

Alessandrina vivrà nello spirito la tragedia della ribellione a Dio e la disperazione dell’anima condannata a non godere in eterno la visione beatifica di Lui. Subirà nel corpo e nell’anima i tormenti che schiere di demoni infliggono alle anime che hanno meritato l’inferno. Ma questa immolazione servirà a salvare tante anime destinate altrimenti alla dannazione eterna. La creatura, vittima per amore, non potrebbe vivere questa condizione senza l’aiuto di Dio. E, nel cuore di Alessandrina, Gesù stabilisce la sua dimora, il suo trono. È Gesù che la incoraggia e sostiene; è Lui che chiede sofferenza e immolazione, perché attraverso la disponibilità della creatura, vuole continuare la sua missione redentrice. Tutto questo è la dimostrazione che l’amore di Dio e della Madre sua per gli uomini, anche se ingrati, non conosce limiti e non cesserà di operare finché ci saranno uomini sulla terra bisognosi di redenzione.

Il 7 gennaio 1955 le viene preannunciato che quello sarebbe stato l’anno della sua morte. Il 12 ottobre volle ricevere l’unzione degli infermi. Il 13 ottobre, anniversario dell’ultima apparizione della Madonna a Fatima, la si sentì esclamare: “Sono felice, perché vado in cielo”. E con la visione di un Cielo pieno di luce, si chiude la straordinaria vicenda terrena di Alessandrina. Alle 19,30 spirò.

Sulla sua tomba si leggono queste parole da lei volute: “Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma non peccate più; non offendete più il nostro Gesù!”. E’ la sintesi della sua vita spesa esclusivamente per salvare le anime.

Autore: Marcella De Tata
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio
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