La preghiera è una ginnastica del desiderio: Dio è dono e si concede nella misura in cui è desiderato. La dilazione dell’esaudimento è una purificazione e una dilatazione del desiderio, perché sia capace di ricevere il suo stesso Spirito.

Giovedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario
Lc 11,5-13: Chiedete e vi sarà dato.
Lectio divina di Silvano Fausti

5 E disse loro: se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice: 6 amico, ho bisogno da te di tre pani, poiché un mio amico giunse da un viaggio e non ho cosa mettergli davanti! 7 E quello, dal di dentro, rispondendo dice: non darmi fastidi già la porta è chiusa e i miei bambini sono con me nel letto: non posso levarmi e darti! 8 Vi dico: anche se non si leverà a dargli perché suo amico, per la sua sfacciataggine si desterà a dargli quanti ne ha bisogno. 9 E io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto 11 Ora, quale padre tra voi se il figlio chiederà [un pane gli darà una pietra?], un pesce, invece del pesce gli darà una serpe? 12 Oppure chiederà un uovo e gli darà uno scorpione? 13 Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare doni buoni ai vostri figli quanto più il Padre, quello dal cielo, darà lo Spirito santo a quanti chiedono a lui.

È un’istruzione sulla preghiera. Due parabole: la prima riguarda il bisogno che abbiamo del pane, che solo questo amico ci può dare; è quel pane di vita, che è l’Eucaristia, che ci dà la forza poi di dare il pane agli altri. Questo pane, lo si ottiene dando fastidio. Dio ama che gli diamo fastidio, che lo importuniamo, che lo desideriamo, che lo scocciamo. È un brano molto delicato, misterioso, suggestivo.

5 E disse loro: se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice: 6 amico, ho bisogno da te di tre pani, poiché un mio amico giunse da un viaggio e non ho cosa mettergli davanti!

Tutto questo brano è un commento alle parole del Padre Nostro, al versetto 3°, “dacci oggi il nostro pane di domani”, cioè quel pane, quella vita che vale anche domani, quella vita eterna, la tua vita, da vivere già oggi.

Allora c’è questa parabola. Dice: se uno di voi – quindi proprio noi! Ciascuno di noi – abbiamo un amico: l’amico è Lui! È Gesù, l’amico dal quale ricorriamo e andiamo da Lui a mezzanotte – mezzanotte è il momento del buio, lontano dall’aurora; è il tempo del bisogno, la notte, simbolo della morte, ed è il tempo dove è assolutamente improbabile l’aiuto di chiunque.

Noi proprio a mezzanotte andiamo da Lui, e gli diciamo: amico, ho bisogno da te di tre pani. Vedremo perché di tre pani, si tratta di tre amici. Quindi c’è il gioco di tre amici e di tre pani: il primo pane è Lui, che si è dato a me, il secondo pane sono io che ricevo il pane da Lui, che è l’amore che Lui ha per me che io l’accolgo, il terzo pane sono io che do il pane all’altro. Il nostro rapporto con Dio è sempre triangolare, non è noi e Lui. È un mistero, questi tre pani!

L’amico che dorme, si leva e risorge è Cristo. È Cristo morto e risorto che diventa mio pane. Sono tutte allusioni alla celebrazione dell’Eucaristia, dove in realtà, nell’Eucaristia, io ricevo il pane, l’amore infinito di Dio per me, il corpo del Figlio. Questo è il pane offerto per tutti. Se io lo mangio, divento io stesso il secondo pane, divento come Lui, figlio. E allora posso amare il fratello e dare al terzo amico quel pane.

È un brano molto suggestivo; quell’amico lì che dovrebbe darmi il pane che cosa fa? Nell’affresco si fa la descrizione, si dice di quest’apparente resistenza: quello dal di dentro risponde “non darmi fastidio! Già la porta è chiusa e i bambini sono con me nel letto. Non posso levarmi e darti”. I bambini sono i piccoli, i più piccoli di tutti che sono diventati ultimi di tutti. Nella morte tutti diventiamo bambini piccoli, entriamo nel letto, nella casa del Padre, diventiamo figli.

Mi pare proprio che si possa scorgere una specie di proiezione da parte nostra, su di Lui, di quelle che sono le nostre difficoltà. Abbiamo paura di dar fastidio a Dio, come se Dio fosse un padre e dice: dai per favore non rompere e lasciami in pace. E Lui accetta di dire: non darmi fastidio. Però vediamo che dice: per favore dammi fastidio. Ma è vero perché la prima esperienza della preghiera è che Dio è sordo! Ed è importante che sia sordo, perché così insistiamo, stiamo lì e insistiamo.

8 Vi dico: anche se non si leverà a dargli perché suo amico, per la sua sfacciataggine si desterà a dargli quanti ne ha bisogno.

Ci sono i pagani che credono di essere esauditi a forza di parole, proprio lo stancare Dio in modo tale che dica: basta! Adesso ti concedo! In genere facciamo così anche noi, mettendo sotto santa Rita, sant’Antonio, i vari santi, come se Dio fosse cattivo. È l’idea diabolica di Dio che abbiamo e nella preghiera viene fuori! Abbiamo bisogno di tante intercessioni perché Lui chissà chi è! Chi vuoi che sia? È l’unico che vuol dare se stesso!

Le parole levarsi e destarsi sono due parole che si usano per la Resurrezione. Proprio l’amico che dorme, che muore, e risorge, è Lui che si fa nostro pane.

9 E io vi dico: continuate a chiedere e vi sarà dato, continuate a cercare e troverete, continuate a bussare e vi sarà aperto.

È un imperativo presente che allora vuol dire continuare un’azione. Continuate a cercare e troverete, continuate a bussare e vi sarà aperto.

Tra l’altro, in questi versetti, abbiamo due serie di parole: una che indica il desiderio e un’altra serie che indica l’esaudimento. Il desiderio, per nove volte, è indicato con queste parole: per cinque volte con “chiedere”, due “cercare”, due “bussare”. Indica il desiderio che hai. Invece il dono con dieci parole: sei volte “dare”, due “trovare” e due “essere aperto”. Vuol dire allora che tutta la vita è un gioco di desiderio e dono.

Se finisce il desiderio finisce anche l’amore. E questo continuerà all’infinito perché Dio è amore infinito. Gregorio di Nissa diceva che anche dopo morte ci sarà un desiderio all’infinito, lo chiamava epectatsis, non è che staremo lì annoiati a vedere le stesse cose. Più desideri più trovi e più trovi, più desideri perché è più interessante; e più desideri e più trovi ancora.

Nei desideri bisogna essere esagerati. Nel desiderio di Dio non si può essere limitati, non ce basta un pezzetto! Noi abbiamo la capacità di infinito: allora solamente Dio può saziarci, dissetarci.

Dio è dono; se c’è già il desiderio, basta. C’è già! È già presente Lui che suscita il desiderio di amore. Il desiderio di amare è già amare.

E poi bussa. Ricordate quella porta chiusa: bussa. Quella porta chiusa è il mio cuore che è chiuso: bussa, che si apra ad accogliere. Lui è alla porta che bussa e dà fastidio, fino a quando noi apriamo.

10Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova a chi bussa sarà aperto.

Nella vita trovi ciò che cerchi. Sono bellissime queste parabole sulla preghiera. Alla promessa segue una specie di esemplificazione.

11Ora, quale padre tra voi se il figlio chiederà [un pane gli darà una pietra?], un pesce, invece del pesce gli darà una serpe? 12Oppure chiederà un uovo e gli darà uno scorpione?

In questa breve parabola si dice un pochino ancora come noi viviamo la preghiera. Noi chiediamo a Dio, che sappiamo essere nostro Padre: gli chiediamo il pane e Lui ci dà pietre. Non ci ascolta! Invece siamo duri noi. Dio sembra assente perché siamo assenti noi.

Poi invece del pesce, la serpe. Nella preghiera sembra che Dio sia ostile, ci dà contro, è duro. Sì, esattamente la nostra ostilità contro di Lui viene fuori.

Invece di un uovo: l’uovo è il principio della vita. Ciò che Dio ci vuol dare è una vita nuova, quella del Figlio; qui c’è lo scorpione che ha il veleno sulla coda, che è la morte, che alla fine ci avvelena tutta la vita.

Nella preghiera escono tutti questi aspetti negativi della nostra esistenza: la durezza, il veleno, la morte. Dice. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede il pane gli dà pietra, se chiede pesce gli dà la serpe, se chiede uovo gli da scorpione? Evidentemente nessuno! Eppure noi pensiamo così di Dio. L’argomentazione chiude allora su:

13Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare doni buoni ai vostri figli quanto più il Padre, quello dal cielo le darà lo Spirito santo a quanti chiedono a Lui.

Noi siamo cattivi, eppure una certa paternità, maternità l’abbiamo, e ai figli diamo pane, pesce, uova. Tanto più il Padre celeste: vi darà di più. Che cosa? Quel pane che è il Figlio, è lo Spirito santo, quel pesce che è ancora il Figlio, che è l’amore tra Padre e Figlio, quell’uovo, quella vita nuova che è ancora il Figlio, che è lo Spirito Santo, che è l’amore che mi dà tutto se stesso.

Testi per l’approfondimento:

 Luca 18, 1-14: sulla necessità dell’insistenza nella preghiera, senza incattivirsi, senza stancarsi;

 1Re 19, 1-8: dove il profeta che fugge nel deserto è invitato a prendere e mangiare perché possa camminare;

 Salmo 121: dove si dice che il Signore non dorme, forse è la nostra fede che dorme, i nostri dubbi che pensano che lui sia insensibile alle nostre preghiere.

Dalle catechesi di Silvano Fausti (e di Filippo Clerici)
sul Vangelo di Luca (2004-2010)
www.gesuiti-villapizzone.it
Selezione degli estratti, sottolineature e titoli miei (MJ)