Ci sono due forme di religiosità: quella di Marta, che vuol piacere al Signore, e quella di Maria, alla quale piace il Signore. La prima è tutta presa da ciò che deve fare per lui, la seconda da ciò che fa lui per lei. La prima è la religione della legge, la seconda è il vangelo dell’amore. Se prima non accogliamo l’amore del Samaritano per noi, il nostro fare è sempre simile a quello dello scriba, del sacerdote e del levita.
Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario
Lc 10,38-42 Seduta accanto, ascoltava la sua parola
Lectio divina di Silvano Fausti
Ci sono due forme di religiosità: quella di Marta, che vuol piacere al Signore, e quella di Maria, alla quale piace il Signore. La prima è tutta presa da ciò che deve fare per lui, la seconda da ciò che fa lui per lei. La prima è la religione della legge, la seconda è il vangelo dell’amore. Se prima non accogliamo l’amore del Samaritano per noi, il nostro fare è sempre simile a quello dello scriba, del sacerdote e del levita.
38 Ora, mentre essi camminavano, egli entrò in un villaggio. Ora una donna, di nome Marta, lo accolse. 39 E costei aveva una sorella, chiamata Maria, la quale, addirittura seduta accanto, presso i piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40 Ora Marta era risucchiata in giro dal molteplice servizio. Ora, fattasi sopra, disse: Signore, non ti curi che mia sorella mi abbandonò da sola a servire? Di’ dunque a lei che mi venga ad aiutare. 41 Ora rispondendo le disse il Signore: Marta, Marta! Ti affanni e ti turbi per molte cose. 42 Ora di una sola cosa c’è necessità. Maria infatti scelse la parte buona, che non le sarà tolta.
Il testo precedente terminava con Gesù che dice al maestro della legge: “Va e fa lo stesso” e adesso abbiamo capito cosa bisogna fare. Il testo di oggi ci frena: cosa c’è da fare? Sostanzialmente il vero fare non è un fare, è un ascoltare. Ci può essere un fare cose buone, buonissime, che è un fare perverso.
Luca, spesso, nelle sue parabole, nei suoi racconti usa due personaggi. Nelle parabole vediamo il fratello maggiore e quello minore, il fariseo e il pubblicano, il ricco e il povero… Nei racconti abbiamo Simone il lebbroso con la donna, la peccatrice, nel cap. 14 un fariseo con l’idropico, il cosiddetto buon ladrone e il cattivo ladrone. Qui abbiamo Marta e Maria.
Vediamo che Gesù va a mangiare a casa dei farisei almeno due volte e sempre il pranzo gli va di traverso, perché chi lo ospita si mette a criticarlo in quanto, nel bel mezzo del pasto, (nel primo caso, l’invito dal fariseo) capita una peccatrice nota di quella città. Nell’altro pasto c’era un idropico e Gesù si mette a questionare coi farisei, perché guarisce in giorno di sabato.
Quando va dai peccatori è grande festa, ma i farisei stanno fuori a criticare, perché fa festa, con Levi Matteo (dopo la chiamata) e con Zaccheo. Qui vediamo che sono tutte e due che accolgono Gesù.
Come sempre i due personaggi, in realtà, siamo noi lettori che abbiamo sempre dentro di noi i due personaggi che qui sono Marta e Maria. Sono due modi diversi di accogliere il Signore. Il Signore viene in casa; loro sono due sorelle. Il Signore viene in casa nostra, di ognuno di noi e noi possiamo accoglierlo come Marta o come Maria.
Marta si mette a fare tante cose, è tutta turbata, tirata di qua e di là, affannata. Vuole fare tante cose. Vuole essere brava, vuole fare bella figura, critica l’altra che non fa niente, critica Gesù che la approva. Per lei la presenza del Signore è fatica, è pena, è lavoro, come tutta la religiosità delle persone buone e giuste che faticano, penano, lavorano.
Per Maria la presenza del Signore è gioia, non è né pena, né fatica, né lavoro. La pena e la fatica la fa l’altro, il Signore.
Il passaggio da Marta a Maria è la difficilissima conversione dalla legge al Vangelo. Normalmente anche il nostro modo di vivere la fede è quello di Marta che si impegna, fa tante cose, si tira il collo e critica quelli che non fanno altrettanto. Critica anche il Signore chiedendogli: “Ma Tu da che parti stai?” Solo lei ha capito bene cosa fare.
Dall’altro lato, invece, c’è Maria il cui fare primo è ascoltare. Provate a pensare a voi. Quando accogliete una persona? Potete fare tante cose per una persona, ma stare lì ad ascoltarla è tutto un’altra cosa.
38 Ora, mentre essi camminavano, egli entrò in un villaggio. Ora una donna, di nome Marta, lo accolse.
Per noi è normale che una donna accolga, invece non è normale per quei tempi: innanzitutto la donna non può accogliere; la casa è dell’uomo e sappiamo che è la casa di Lazzaro, suo fratello. Invece Luca insiste e dice che è una donna che lo accoglie. Vedremo come lo accoglie questa donna. Sappiamo che è sorella di Lazzaro e di Maria. Prima di dire come lo accoglie Marta adesso si parla di sua sorella, che è in casa:
39 E costei aveva una sorella, chiamata Maria, la quale, addirittura seduta accanto, presso i piedi del Signore, ascoltava la sua parola.
Sappiamo che questa Maria è la sorella minore di Marta e di Lazzaro, sappiamo da Giovanni che è quella che ha profumato i piedi di Gesù, prima della sua passione. Luca non contiene questo racconto del profumo dei piedi nella passione, perché lo pone al capitolo settimo, in casa del fariseo, dove dice che c’è una donna che arriva con un vaso di profumo, lo rompe, lo versa sui piedi (nominati sette volte), li lava con le lacrime, li asciuga coi capelli, li bacia con la bocca, li profuma con l’unguento. Tutto su quei piedi. Molti ritengono che sia la stessa persona che faceva la sua professione a Magdala e adesso seguendo Gesù, va a Gerusalemme e torna a casa. Tornando a casa cosa fa? Si mette seduta, accanto ai piedi del Signore, ascoltava la Parola.
Il termine “seduta” va spiegato. La donna non sta seduta: in casa sta in piedi a lavorare (culture antiche e oggi credo sia cambiato poco). “Seduta”: è l’atteggiamento del discepolo che ascolta, è lì accanto e sta vicino ai piedi. Quei piedi che ha baciato, profumato, lavato col pianto, asciugato coi capelli. Quei piedi. I piedi del Signore ed ascolta la Parola.
Sta lì ed ascolta. A lei piace stare lì ai piedi del Signore. È lì seduta accanto ai piedi del Signore ed ascolta la Parola. Non si dice nulla di più e nulla di meno. E anche lei non dirà nulla. Però con queste parole si dice tutto, perché chi è il discepolo? Chi è “madre” di Gesù? Chi ascolta la mia Parola. Chi è Maria? La prima che ascolta la Parola, che dà carne a Gesù. Questo è il primo discepolo. È l’unico discepolo, nel Vangelo. Anche al capitolo 7 di Luca, questa donna ai piedi (7 volte è detto ai piedi) di Gesù non dice una parola. Dà spazio alla Parola, alla Parola che è Gesù. Le nostre parole impediscono, essendo Dio molto rispettoso, il risuonare della sua Parola. Per ospitare la Parola zittiscano le nostre chiacchiere interiori ed esteriori.
In Maria è rappresentato il vertice dell’umanità. La forma più grande di amore è ascoltare l’altro. In genere non lo ascoltiamo mai. In genere mettiamo sempre in discussione la parola di chi ascoltiamo: “Ma io penso…”.
40 Ora Marta era risucchiata sopraffatta dal molteplice servizio. Ora, fattasi sopra, disse: Signore, non ti curi che mia sorella mi abbandonò da sola a servire? Di’ dunque a lei che mi venga ad aiutare.
Marta è colei che sa cosa deve fare, ha l’iniziativa ed è risucchiata in giro di qua e di là. È un vortice di iniziative buone, il peggio delle nostre parrocchie, delle nostre brave persone. Cosa fa? Molteplici servizi. Dobbiamo servire no? È il modo concreto di amare, si è vero. Bene, lei è risucchiata in giro da tutte queste cose e non sta lì ad ascoltare la Parola. Per lei la presenza del Signore è solo fatica. Per compiacerlo, per piacergli.
Quello che sta facendo Marta è una cosa che nasce dall’amore, da un amore diretto a Gesù e quindi è religioso, ma è un amore che vuole meritare la compiacenza dell’altro. Tutta la religiosità e tutto il tema paolino è questo: chi vuole salvarsi con le sue opere non accetta che la salvezza venga dall’amore gratuito di Dio. È una pena per Dio vedere l’affanno degli uomini per rendersi buono Dio, come se Dio fosse cattivo e perverso. È il vero peccato del giusto.
Capite cosa c’è sotto questo fatto? Una critica a Dio. La stessa di Giona che dice a Dio: So che sei clemente, longanime, misericordioso, pieno di amore verso tutti, ti lasci impietosire. Non vale la pena di essere bravi e giusti.
L’atteggiamento di Maria è quello della sposa nel Cantico dei Cantici. Ascolta la voce del suo diletto, vive per questo ed è, in fondo, il punto di arrivo di tutta la Scrittura.
41 Ora rispondendo le disse il Signore: Marta, Marta! Ti affanni e ti turbi per molte cose. 42Ora di una sola cosa c’è necessità. Maria infatti scelse la parte buona, che non le sarà tolta.
Notate come Gesù è chiamato tre volte Signore in questo testo. Rispondendo il Signore le disse: Marta, Marta cioè la chiama due volte (come Mosè, Mosè; Samuele, Samuele; Saulo, Saulo). Sono le grandi vocazioni! Gesù tiene molto a Marta! Si può dire che Marta è chiamata, più che richiamata!
L’affanno e il turbamento non bastano mai, per molte cose. Tante volte facciamo tante cose, perché non facciamo l’unica cosa che serve: ascoltare, accogliere.
Maria ha scelto la parte buona. In genere si dice la migliore, ma in greco c’è buona. Significa che l’altra è cattiva. Si cerca di giustificare dicendo che Marta è la vita attiva e Maria la contemplativa. No, non è così. Non c’è contrapposizione fra azione e contemplazione. No. La vera azione è ascoltare. L’azione che non nasce dalla contemplazione e dall’ascolto è semplicemente sconvolgimento, turbamento, affanno, scocci gli altri, critichi gli altri, critichi Dio e vuoi disfare i fratelli. L’azione che non nasce dalla contemplazione, cioè dall’amore ricevuto, è un delirio di potenza. È un’auto affermazione.
Capite anche perché gli Apostoli, quando c’erano tante cose da fare, all’inizio della comunità, (quando c’era da servire le tavole delle vedove e poi questo e quello e quell’altro) hanno detto: “Essendoci tante cose da fare, cosa facciamo? Bene, noi ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”, essendo la cosa fondamentale, senza la quale non c’è la Chiesa Apostolica. Altrimenti la Chiesa è un’impresa di opere pie.
Dico che è chiamata a conversione anche la Chiesa, la comunità dei credenti, che magari si dà da fare anche in modo eccessivo, diventando quasi una specie di macchina con tante organizzazioni. Ditemi in quale nostra parrocchia si insegna a pregare e ad ascoltare la Parola? Anche la liturgia è “un fare” tante cose; no, il nostro fondamento è un altro. Per la nostra società l’importante è fare, fare. È proprio eliminata la dimensione fondamentale dell’uomo che è l’ascolto. Direi che dovremmo farlo tutti (l’ascolto) nella misura del possibile, perché è la struttura fondamentale dell’uomo.
Dalle catechesi di Silvano Fausti (e di Filippo Clerici)
sul Vangelo di Luca (2004-2010)
www.gesuiti-villapizzone.it
Selezione degli estratti, sottolineature e titoli miei (MJ)