Doveva bruciarle il cuore quel giorno. Ed è diventata, come e prima dei discepoli, vera amica; e poi grembo dove si custodisce e da dove germina il seme della Parola. Perché Dio non cerca servi, ma amici (Gv 15,15 ); non cerca persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose, che lo lasci essere Dio.
Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario
Lc 10,38-42: Marta e Maria
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Commento di Ermes Ronchi
Mentre erano in cammino… una donna di nome Marta lo ospitò nella sua casa. Ha la stanchezza del viaggio nei piedi, la fatica del dolore di tanti negli occhi. Allora riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia sorridente è un dono, e Gesù lo accoglie con gioia. Immagino tutta la variopinta carovana raccolta nella stessa stanza: Maria, contro le regole tradizionali, si siede ai piedi dell’amico, e si beve a una a una tutte le sue parole; i discepoli tutt’intorno ascoltano; Marta, la generosa, è sola nella sua cucina, accoccolata al basso focolare addossato alla parete aperta sul cortiletto interno.
Alimenta il fuoco, controlla le pentole, si alza, passa e ripassa davanti al gruppo, a preparare pane e bevande e tavola, lei sola affaccendata per tutti.
Gli ospiti sono come gli angeli alle querce di Mambre e c’è da offrire loro il meglio. Marta teme di non farcela, e allora “si fa avanti”, con la libertà che le detta l’amicizia, e s’interpone tra Gesù e la sorella: «dille che mi aiuti!». Gesù ha osservato a lungo il suo lavoro, l’ha seguita con gli occhi, ha visto il riverbero della fiamma sul suo volto, ha ascoltato i rumori della stanza accanto, sentito l’odore del fuoco e del cibo quando Marta passava, era come se fosse stato con lei, in cucina. In quel luogo che ci ricorda il nostro corpo, il bisogno del cibo, la lotta per la sopravvivenza, il gusto di cose buone, i nostri piccoli piaceri, e poi la trasformazione dei doni della terra e del sole, anche lì abita il Signore (J. Tolentino). La realtà sa di pane, la preghiera sa di casa e di fuoco. E Gesù, affettuosamente come si fa con gli amici, chiama Marta e la calma (Marta Marta, tu ti affanni e ti agiti per troppe cose); non contraddice il cuore generoso ma l’agitazione che la “distoglie” e le impedisce di vedere di che cosa Gesù abbia davvero bisogno.
Gesù non sopporta che l’amica sia confinata in un ruolo subalterno di servizi domestici, vorrebbe condividere con lei molto di più: pensieri, sogni, emozioni, sapienza, bellezza, perfino fragilità e paure. «Maria ha scelto la parte buona»: Marta non si ferma un minuto, Maria all’opposto è seduta, completamente assorta, occhi liquidi di felicità; Marta si agita e non può ascoltare, Maria nel suo apparente “far niente” ha messo al centro della casa Gesù, l’amico e il profeta (R. Virgili).
Doveva bruciarle il cuore quel giorno. Ed è diventata, come e prima dei discepoli, vera amica; e poi grembo dove si custodisce e da dove germina il seme della Parola. Perché Dio non cerca servi, ma amici (Gv 15,15 ); non cerca persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose, che lo lasci essere Dio.
Avvenire
Commento di Franco Mastrolonardo
Siamo a Betania, un piccolo villaggio vicino Gerusalemme. Gesù entra in casa ed è accolto da due donne Marta e Maria. L’accoglienza si presenta con due sfaccettature diverse, ma complementari: la prima è data dal servizio della tavola, la seconda dall’ascolto della persona. Marta è addetta alla cucina, quindi si mette all’opera per preparare la cena, Maria invece sceglie di mettersi a servizio di Gesù in una ascolto più personale.
Tutto bene fin qui. Direi che in ogni casa, quando ci sono ospiti, si fa così.
Ora però il Vangelo ad un certo punto cambia ritmo e spiazza il lettore. Marta reagisce alla inefficienza di Maria e chiede a Gesù di prendere posizione a riguardo. E Gesù lo fa, ma a discapito di Marta. E il Vangelo conclude con questa frase: “Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta”.
A Vangelo concluso il lettore istintivamente fa la sua scelta: Maria è meglio di Marta. Ciò che sposta l’ago della bilancia è quel “migliore”, in italiano: aggettivo comparativo di maggioranza. Quindi Gesù decreta: Maria è migliore di Marta. Per secoli siamo andati dietro a questa gerarchia, ritenendo il servizio di minor valore rispetto alla preghiera. Infatti Marta è sempre stato considerato il volto della chiesa attiva, Maria della chiesa contemplativa. Quindi si diventa santi solo pregando e non stando nel mondo. Per questo abbiamo riempito il calendario di santi consacrati, monaci, suore, frati, qualche prete e pochi, pochissimi laici.
Mi ha fatto sempre faticare questa cosa, fino a quando ho scoperto che il termine greco con cui viene scritto il Vangelo non si traduce con “migliore“, ma con “buono“. Ecco che cambia tutto. A questo punto mi tornano i conti. Gesù non rimprovera Marta perché perde tempo a cucinare e non loda Maria perché fa meglio di Marta. Molto semplicemente Gesù rimprovera l’ansia di Marta, il suo non stare serena al suo posto, di fare le sue cose pensando ad altro. Tutto qui! Poi quello che fa è lodevole quanto quello che fa Maria.