1. Alla scuola del “Grande Hallel”

Il Sl 135 è un salmo in forma di litania, che celebra le opere meravigliose della misericordia di Dio. Il salmista-cantore intona i motivi e le manifestazioni concrete della infinita misericordia di Dio e il popolo li conferma con una ritornello, che dà al salmo un vigore e una vitalità, capaci di creare molto entusiasmo e devozione nell’assemblea. Da qui nasce il suo nome: “Grande Hallel” (grande acclamazione, “Il grande Alleluia”), cioè il salmo della grande litania di ringraziamento, che veniva solennemente cantato nel Tempio.

La profonda esperienza religiosa d’Israele che ha conosciuto Dio attraverso una serie meravigliosa di eventi salvifici che riflettono la sua bontà misericordiosa, la sua pietà paterna, il suo amore perfetto verso il suo popolo, sfocia nella celebrazione della lode del suo Dio in quest’inno. Attraverso ventisei versetti il salmista fa risuonare la parola misericordia, invitando tutti a ripetere: “eterna è la sua misericordia”, dopo aver proclamato ciò che Dio è e compie in favore del suo popolo. La concatenazione delle diverse meraviglie realizzate da Dio in favore del suo popolo, gli testimoniava l’amore indefettibile del Signore: “perché eterna è la sua misericordia”.

La lode suprema di Israele al suo Dio è incentrata in tre momenti privilegiati: Dio creatore (vv. 5-9); i prodigi operati da Dio nell’esodo storico (vv. 10-15), nel deserto e nella conquista della Terra promessa (vv. 16-24); la divina sollecitudine per ogni vivente (v. 25): Ha creato i cieli con sapienza e ha stabilito la terra sulle acque; percosse l’Egitto nei suoi primogeniti e da loro liberò Israele; egli dà il cibo ad ogni vivente.

Questo Salmo era il canto finale della Cena Pasquale, quello che espressamente viene menzionato dagli evangelisti quando dicono che Gesù prima di recarsi all’Orto degli Ulivi, cantò un inno. Con questa bellissima lode della misericordia di Dio sulle labbra, Gesù uscì per andare incontro alla morte.

La misericordia di Dio scriverà infatti l’ultimo versetto di questo inno: la passione del suo unico Figlio sarà il culmine della grande opera che Dio poteva fare (cf Gv 3, 16).

“Il Cristo pasquale è l’incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storico-salvifico ed insieme escatologico. Nel medesimo spirito, la liturgia del tempo pasquale pone sulle nostre labbra le parole del salmo: ”Canterò in eterno le misericordie del Signore”” (Dives in misericordia, 8g).

Recitazione alternando Solista e assemblea: perché il suo amore è per sempre.

1 Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
2 Rendete grazie al Dio degli dèi,
perché il suo amore è per sempre.
3 Rendete grazie al Signore dei signori,
perché il suo amore è per sempre.
4 Lui solo ha compiuto grandi meraviglie,
perché il suo amore è per sempre.
5 Ha creato i cieli con sapienza,
perché il suo amore è per sempre.
6 Ha disteso la terra sulle acque,
perché il suo amore è per sempre.
7 Ha fatto le grandi luci,
perché il suo amore è per sempre.
8 Il sole, per governare il giorno,
perché il suo amore è per sempre.
9 La luna e le stelle, per governare la notte,
perché il suo amore è per sempre.
10 Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti,
perché il suo amore è per sempre.
11 Da quella terra fece uscire Israele,
perché il suo amore è per sempre.
12 Con mano potente e braccio teso,
perché il suo amore è per sempre.
13 Divise il Mar Rosso in due parti,
perché il suo amore è per sempre.
14 In mezzo fece passare Israele,
perché il suo amore è per sempre.
15 Vi travolse il faraone e il suo esercito,
perché il suo amore è per sempre.
16 Guidò il suo popolo nel deserto,
perché il suo amore è per sempre.
17 Colpì grandi sovrani,
perché il suo amore è per sempre.
18 Uccise sovrani potenti,
perché il suo amore è per sempre.
19 Sicon, re degli Amorrei,
perché il suo amore è per sempre.
20 Og, re di Basan,
perché il suo amore è per sempre.
21 Diede in eredità la loro terra,
perché il suo amore è per sempre.
22 In eredità a Israele suo servo,
perché il suo amore è per sempre.
23 Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,
perché il suo amore è per sempre.
24 Ci ha liberati dai nostri avversari,
perché il suo amore è per sempre.
25 Egli dà il cibo a ogni vivente,
perché il suo amore è per sempre.
26 Rendete grazie al Dio del cielo,
perché il suo amore è per sempre.

2. Il “ Grande Hallel ” letto in rapporto al Nuovo Testamento1

 “Lodate il Dio del cielo: perché eterna è la sua misericordia ” (v. 26).

La misericordia del Signore è veramente “eterna”. Esaltarla costituisce il modo biblico con cui il fedele loda la gloria del suo Dio, e ripeterla senza fine con caldi accenti che scaturiscono dall’intimo del cuore, diventa la preghiera perenne della Chiesa.

Possiamo credere che S. Paolo, nel comporre la grande dossologia innica di Ef 1, 3-14, che si trova al vertice del Nuovo Testamento, si sia impegnato ad approfondire le idee fondamentali del “Grande Hallel” in Gesù Cristo, nella cui persona si sono adempiuti i disegni salvifici di Dio. Infatti immediatamente dopo la parola di saluto, l’inno si apre dicendo che Dio, il Padre di Gesù Cristo, ha esplicato fin dall’eternità un piano di salvezza riguardo all’uomo. Perciò l’uomo deve “benedire” il Signore, lodare la sua misericordia che si è manifestata in Cristo Gesù.

Nel triplice invito dell’Apostolo ad essere per la lode della gloria di Dio risuona tutta la ricchezza del tema biblico della lode. È vero, la lode resa a Dio da parte degli uomini, non aumenta la sua gloria. Dio non ha bisogno della nostra lode. Ma nella lode della divina misericordia l’uomo comincia a “conoscere” il suo Dio e nell’adorazione esaltante della divina gloria giunge ad essere se stesso. “Togliti i calzari! È terra santa”. Per avere sperimentato ciò che esprime la parola hesed (termine che Paolo rende con la parola grazia), l’uomo è chiamato alla lode della gloria di Dio, manifestatasi nella “carne” del Figlio unigenito e Signore nostro.

Per questo il “Grande Hallel” ha potuto essere letto in chiave cristologica ed è divenuto il canto privilegiato già della prima Chiesa di Gerusalemme, specialmente per la notte di Pasqua. Con la sua morte e risurrezione, il Signore Gesù Cristo “ha compiuto meraviglie” ancora più grandi di quelle compiute da Jahvè con la liberazione del popolo d’Israele.

Cristo, infatti, ci ha strappato dalla schiavitù del peccato e della morte. Ci ha fatto attraversare il Mar Rosso e “ci ha liberato dai nostri nemici”. Egli stesso ci si “dà in cibo” per la vita immortale. Egli è il Signore eternamente misericordioso che ha fatto di noi un nuovo popolo. Egli non ci abbandonerà nell’ora della prova. Il grido ansioso del povero e del sofferente sarà udito, perché in lui lo hesed del Padre si è incarnato in tutta la sua pienezza divina per chinarsi con immenso amore sull’umanità sofferente e bisognosa.

La Liturgia delle Ore ci fa recitare questo il Salmo 135 nei Vespri del Lunedì della Quarta Settimana, mettendolo in rapporto con l’Inno della Lettera agli Efesini. Questo accostamento permette alla comunità cristiana di elevare un inno all’unica eterna misericordia di Dio: con gli accenti del grande Hallel il cristiano ricorda la prima Pasqua ebraica e rivive la seconda della Risurrezione di Gesù, in continuazione delle manifestazioni della misericordiosa di Dio fin dalla creazione, ma soprattutto come corona preziosa di tutte le altre opere di Dio, che viene contemplata nell’inno cristologico della nostra redenzione, riportato nella lettera agli Efesini.

Il popolo cristiano riversa nel grande Hallel tanta abbondanza di grazia, lo rivive cioè alla luce della Pasqua di Gesù e al termine della giornata canta al Signore la cui bontà è eterna; gli rende grazie per la nuova creazione (vv. 4-9), per la liberazione pasquale operata nel battesimo (vv. 10-15), per la protezione della nostra vita da parte di Dio (vv. 16-20) e per l’entrata nella Chiesa, immagine della Terra promessa dove siamo alimentati con il pane della vita (vv. 21-26).

  1. 2.1. Il piano divino della salvezza: Ef 1, 3-14
SOLO“Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.

TUTTIIn lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,
per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità,
predestinandoci a essere suoi figli adottivi
per opera di Gesù Cristo,
secondo il beneplacito della sua volontà.
E questo a lode e gloria della sua grazia,
che ci ha dato nel suo Figlio diletto;
nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue,
la remissione dei peccati
secondo la ricchezza della sua grazia.

SOLOEgli l’ha abbondantemente riversata su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà,
secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito
per realizzarlo nella pienezza dei tempi:
il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose,
quelle del cielo come quelle della terra.

TUTTIIn lui siamo stati fatti anche eredi,
essendo stati predestinati secondo il piano di colui
che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà,
perché noi fossimo a lode della sua gloria,
noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.

SOLOIn lui anche voi,
dopo aver ascoltato la parola della verità,
il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto,
avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo
che era stato promesso:

TUTTIegli è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione di coloro
che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.

3. Lettura biblica: Romani: 8, 28-39: Inno alla Provvidenza e all’amore di Dio

Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.
Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello.
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore».

3.1. Risposta di Comboni alla lettura biblica:
Il cantico della Provvidenza” e il proposito di combattere da forte
2

Il Comboni era convinto che nessuna salvezza, e quindi neppure quella dell’Africa, era possibile senza la Croce. Egli aveva posto la Croce che il Signore manda o permette come “un’inevitabile grazia suprema, garanzia di apostolato e di santità”. Le parole rivolte al papà, in occasione della morte della mamma, sono un vero “Cantico dell’ordine della Provvidenza”, che egli vedeva realizzarsi nella Storia della Salvezza dell’umanità attraverso il Mistero della Croce. Così Comboni approfondisce il suo Cantico delle creature, facendosi cantore della sapienza della Croce e invitando a combattere da forti; il suo invito è per tutti, ma soprattutto per quelli che, come lui, dedicano la loro vita alla diffusione del Vangelo.

Volgete uno sguardo all’ordine della Provvidenza, al modo che tiene Iddio verso dei fedeli suoi servi, cui predestina all’eterna beatitudine. La Chiesa di Cristo cominciò sulla terra, crebbe e si propagò tra le stragi e i sacrifizi dei suoi figli, tra le persecuzioni e tra il sangue de’ suoi Martiri e Pontefici. Lo stesso suo Capo e Fondatore Gesù Cristo spirò sopra di un infame patibolo, vittima del furore d’una crudele ed empia nazione: i suoi Apostoli subirono la medesima sorte del Divino Maestro.

Tutte le Missioni, ove si diffuse la Fede, furono piantate, s’accrebbero, e giganteggiarono nel mondo tra il furore dei principi, tra i patiboli, e le persecuzioni che distruggevano i credenti. Non si legge di verun santo, che non abbia menato una vita tra le spine, i travagli, e le avversità: delle stesse anime giuste che noi pur conosciamo, una non v’ha che non sia tribolata, afflitta, e disprezzata. Oh la palma del cielo non si può acquistare senza pene, afflizioni e sacrifizi; e quelli che si trovano visitati con questa sorta di favori celesti, possono a buon diritto chiamarsi beati su questa terra, mentre godono della beatitudine de santi, pei quali fu somma delizia il patire gran cose per la gloria di Cristo.

L’umana miseria s’adopera a toglierci la pace del cuore, e la speranza d’una vita migliore; e noi al fianco di Gesù crocifisso che patisce per noi, tripudiamo in mezzo all’avversa fortuna, mantenendo intatta quella pace preziosa, che solo appiè della croce e nel pianto può trovare il vero servo di Dio. Siamo nel campo di battaglia, vi ripeto, e bisogna combattere da forti. A grandi premi e trionfi giungere non si può se non per mezzo di grandi fatiche, travagli e patimenti. Ci sia adunque di sprone e ci consoli la grandezza del premio che ci aspetta nel cielo; ma non ci sgomenti e non ci atterrisca la grandezza e la difficoltà della pugna.

Abbiamo al nostro fianco il medesimo Cristo che combatte e patisce per noi e con noi; e noi fiancheggiati ed assistiti da sì generoso e potente Capitano e Signore, non solamente potremo sostenere con gaudio e costanza quei travagli e patimenti che il Signore ci manda, ma sarà nostro perenne esercizio il chiederne di maggiori, perché solo con questi, e col disprezzo di tutto il mondo, si può fare acquisto dei preziosi allori del Cielo”

4. Il nostro Hallel personale e comunitario

La salvezza cominciata con la creazione e portata avanti con la redenzione d’Israele, raggiunge il suo vertice nella Pasqua di Gesù e continua nella vita quotidiana dei battezzati. Il salmo cantato nel Tempio di Gerusalemme, sfocia nella primitiva comunità cristiana e rimane aperto a nuove invocazioni, perché la misericordia di Dio è eterna e quindi continua. Anche noi, nel prendere coscienza, in preghiera, delle opere meravigliose di Dio, con umiltà gli chiediamo che ci faccia capaci di scoprire i segni vivi della sua eterna misericordia nella nostra vita personale e in quella dei nostri fratelli.

Oggi questi segni vivi li scopriamo fissando lo sguardo sulla persona di Comboni missionario “Santo” e ripassando la storia di santità e di dedizione apostolica della Famiglia Comboniana.

Coinvolti nella solidarietà della Storia della Salvezza mediante Comboni e l’opera missionaria da lui inaugurata, possiamo comporre il nostro Hallel personale e comunitario in continuità con l’Hallel dello stesso Comboni, il quale viveva intensamente e in ogni circostanza la lode e il rendimento di grazie al Signore, per cui nelle avversità soleva dire: “Se noi potessimo capire perché Dio agisce così per noi! Ma noi dobbiamo benedirlo e lodarlo, perché tutto quello che Egli fa è veramente buono (S 7172).

4.1 HALLEL DELLA FAMIGLIA COMBONIANA

V/ Noi dobbiamo benedire e lodare il Signore,
R/ Perché tutto quello che i1 Signore fa è veramente buono!(S 7172).

  La Famiglia Comboniana, dai giovani agli anziani, deve benedire e lodare il Signore,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Il 15 settembre 1864 Daniele Comboni fu afferrato dall’amore e dal dinamismo del Cuore di Cristo in favore dell’ ”infelice Nigrizia”,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  L’origine e il traguardo della consacrazione totale di Daniele Comboni per la missione ha avuto come fonte la sua partecipazione ai sentimenti del Padre, che non ha esitato a consegnare il Suo Unico Figlio per la redenzione dell’intera umanità,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La dedizione a Dio del nostro Fondatore e Padre fu totale, la sua fede incrollabile, esemplare la sua configurazione a Cristo Buon Pastore che offre liberamente la sua vita per l’umanità,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Il Signore ha compiuto meraviglie in e per mezzo di Daniele Comboni, grande apostolo dell’Africa,
perché tutto quello che i1 Signore fa è veramente buono.

  Il carisma del nostro Fondatore manifesta la sua fecondità nelle diverse vocazioni di Suore, Fratelli, Sacerdoti, Secolari e Laici e tanti altri che, in diversi modi, appoggiano e sostengono la crescita della nostra Famiglia Comboniana e il bene della Missione,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, l’ha beatificato il 17 marzo 1996 e lo canonizzò il 5 ottobre 2003
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Con la canonizzazione la Chiesa propone Daniele Comboni come testimone singolare di Gesù Cristo e modello di sequela evangelica per tutti i cristiani; il suo esempio luminoso stimola ogni credente ed ogni comboniano/a a maggiore generosità nel vivere il Vangelo,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Con la canonizzazione di Daniele Comboni inizia per la Famiglia Comboniana un nuovo giorno nel quale siamo chiamati/e a “servire Dio in santità e giustizia per tutti i nostri giorni” e a ravvivare la passione per Dio e per la Missione,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La canonizzazione di Daniele Comboni è per la Famiglia Comboniana “culmine e Fonte” di un cammino più attento a personalizzare e incarnare quel “santi e capaci”, che è parte integrante della nostra identità vocazionale e dà consistenza alle nostre opzioni missionarie,
perché tutto quello che il Signore fa e veramente buono.

  La canonizzazione di Daniele Comboni ci conferma che l’esperienza di croce non è sconfitta, ma la genesi della fecondità del nostro carisma: “la mia opera non morirà”,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Mai come oggi la Chiesa ha l’opportunità di far giungere il Vangelo a tutti i popoli, con la testimonianza e la parola,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  In questo momento storico, la Chiesa presenta il carisma missionario, vissuto da Daniele Comboni con passione eroica, come tesoro che appartiene all’intero popolo di Dio,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La proclamazione della santità di Daniele Comboni riaccende la vocazione “ad gentes” della Chiesa, diviene un pressante invito a seguirne con rinnovato coraggio le orme lungo il sentiero sempre attuale dell’evangelizzazione,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La figura coraggiosa, creativa e lungimirante di Daniele Comboni fa brillare una luce di speranza nell’orizzonte del mondo di oggi marcato da intransigenze ideologiche, nazionalistiche o pseudo-religiose e da fondamentalismi,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La sua proclamazione come santo denuncia l’indifferenza e smaschera ogni tipo di compromesso con l’oppressione dei poveri, e sfida tutti i cristiani a spalancare le porte chiuse per poter ascoltare il grido dei “lontani” e degli “schiavi” del nostro tempo,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Il Signore ci concede questa “nuova epoca missionaria” e ci accompagna nel cammino apostolico con l’attualità del carisma dato a Daniele Comboni,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Ritroviamo nuovo slancio profetico e apostolico, seguendo la metodologia missionaria di Daniele Comboni nelle sue intuizioni fondamentali “salvare l’Africa con l’Africa”, “fare causa con i più poveri e abbandonati”, “evangelizzare come cenacolo di apostoli”, “comunione e collaborazione a tutti i livelli”,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Nel contesto missionario all’inizio del nuovo millennio, sentiamo l’importanza di camminare insieme sia come Istituti comboniani, sia al passo con la Chiesa e con i popoli,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La canonizzazione di Daniele Comboni mette un sigillo d’autenticità sulla storia missionaria vissuta dai suoi figli e figlie che con la propria vita hanno testimoniato il Vangelo in mezzo a difficoltà, sofferenze, persecuzioni ed anche fino allo spargimento del sangue,
perché tutto quello che il Signore fa e veramente buono.

  L’esperienza sponsale e martiriale di Comboni fu vissuta da un gruppo dei suoi primi missionari/e nella Mahdia, dove hanno dato la vita per la fedeltà al Vangelo e al popolo, pagando un alto prezzo di sacrificio fisico, psicologico e spirituale,
perché tutto quello che il Signore fa e veramente buono.

  Le comunità comboniane lungo la loro storia hanno cercato di essere “cenacolo di apostoli”, che diffondono raggi di speranza e promuovono comunione e solidarietà tra i più poveri,
perché tutto quello che il Signore fa e veramente buono.

  Fin dall’inizio della vita degli Istituti Comboniani, tanti missionari/e hanno consacrato quotidianamente la loro vita al Signore per “il riscatto”, e la liberazione dei popoli a cui sono stati inviati; essi sono la fonte alla quale possiamo sempre attingere per vivere la fedeltà del servizio a Dio e ai più poveri e abbandonati,
perché tutto quello che il Signore fa e veramente buono.

  La situazione martiriale in cui molti confratelli e consorelle scelgono di rimanere a lavorare; la collaborazione nascosta e feconda degli anziani/e; l’esempio di vita di coloro che si spendono nel campo dell’attività evangelizzatrice come impegno per la liberazione integrale dell’uomo; coloro che sono impegnati nell’animazione missionaria, nella promozione vocazionale e nella formazione, ci rivelano la presenza del Fondatore e ci animano a impegnarci con franchezza ed entusiasmo nell’attività evangelizzatrice della Chiesa,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  I poveri e tutti quelli che soffrono sono divenuti sempre più oggetto della nostra carità missionaria,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  La vita e l’impegno per i più poveri e abbandonati arricchisce la nostra vita spirituale,
perché tutto quello che il Signore fa e veramente buono.

  I poveri e tutti coloro che soffrono sono soggetto di evangelizzazione: ci interpellano e ci aiutano a vivere la fedeltà radicale al Vangelo e al nostro carisma missionario,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Ci fanno scoprire più profondamente il cammino della solidarietà coi poveri mediante uno stile di vita sobria, il senso della spiritualità, delle celebrazioni liturgiche e della riflessione teologica,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

  Attraverso la nostra azione missionaria per “i più poveri e abbandonati” possiamo comprendere meglio la parola di Gesù: ”Ti ringrazio, Padre, perché hai nascosto queste cose ai saggi e le hai rivelate ai piccoli”,
perché tutto quello che il Signore fa è veramente buono.

5. Recitazione meditativa del Padre Nostro,
mediante risonanze comboniane

La guida della preghiera, nelle pause successive ad ogni invocazione, propone una frase di Daniele Comboni come risonanza del suo cuore missionario alle invocazioni del Padre Nostro.

P/. PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

R/. Padre nostro che sei nei cieli

  • Il Missionario della Nigrizia spoglio affatto di tutto se stesso, e privo di ogni umano conforto, lavora unicamente pel suo Dio, per le anime le più abbandonate della terra, per l’eternità. (S 2702).

P/. PADRE!

R/. Sia Santificato il tuo Nome

  • Lavoriamo per la pura gloria di Dio e per salvare le anime più abbandonate del mondo. Dio sarà con noi (S 6160).

P/. PADRE!

R/. Venga il tuo regno

  • Gesù Cristo ci ha detto espressamente che noi siamo tutti fratelli, senza distinzione di bianchi e neri, e non dobbiamo fare agli altri quello che non vorremmo fatto a noi stessi (S 3350).

P/. PADRE!

R/. Sia fatta la tua volontà come in cielo così interra

  • Dalla mia fanciullezza fino ad oggi, e fino alla morte, ho sempre amato e amerò di fare la volontà di Dio e dei Superiori (S 7001).

P/. ¡PADRE!

R/. Dacci oggi il nostro pane quotidiano

  • Non Le dirò nulla, o Eminenza Reverendissima, della pena dai missionari sofferta per non aver potuto aver vino, per celebrare ogni giorno la Santa Messa è ineffabile conforto delle anime tribolate (S 6355).
  • Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per voi (S 3159).
  • Biancheria, camicie, tele abbiamo consumato per fare una semplice camicia alle schiave liberate. (S 3369).

P/. PADRE!

R/. Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori

  • Se io sarò mancante e colpevole, sono pronto a soffrire ciò che merito, come pure sono pronto a soffrire quel che non merito, perché davanti a Dio sono gran peccatore (S 1136).

P/. PADRE!

R/. Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male

  • Quantunque io abbia voltato le spalle al mondo consacrandomi ad uno stato di vita simile a quello degli Apostoli, tuttavia sento vivamente i latrati della natura (S 442).
  • Ciò che non mi fece mai venir meno alla mia Vocazione, ciò che mi sostenne il coraggio a star fermo al mio posto fino alla morte, o fino a decisioni differenti della S. Sede, fu la convinzione della sicurezza della mia Vocazione(S 6886).

TUTTI: Poiché tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

6. Preghiera per la fedeltà alla Regola di Vita

O Padre che ci chiami alla sequela del tuo Figlio
nell’Istituto dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù,
donaci la sapienza del cuore per riconoscere nella Regola
una guida sicura alla vita consacrata per la missione.
Facci scoprire ed amare in essa
lo spirito con cui hai animato il nostro Fondatore
e quanti hanno camminato sulla via da lui tracciata.
Sapremo così partecipare attivamente
alla missione evangelizzatrice della Chiesa,
attenti ai segni dei tempi e con rinnovata dedizione apostolica.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

P. Carmelo Casile

1 Cf T. Beck e Giovanna della Croce, Gesù è il Signore, Ed. Ancora, p. 101ss.

2 Cf Il Beato D. Comboni a Limone sul Garda, p. 55s