I discepoli inviati come agnelli in mezzo ai lupi tornano non sbranati, ma pieni di gioia; è la gioia pasquale ed è segno del ritorno definitivo di tutte le missioni di tutti i figli che sono andati verso i fratelli e che tornano di nuovo verso il Signore. Gesù, mentre ascoltava i discepoli pieni di gioia, preso dalla loro gioia, si mette a danzare di gioia nello Spirito.

Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario
Lc 10,17-24: Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
Lectio divina di Silvano Fausti

17 Ora ritornarono i settanta[due] con gioia dicendo: Signore, anche i demoni sono sottomessi a noi nel tuo nome!
18 Ora disse loro: Contemplavo il Satana cadere dal cielo come folgore. 19 Ecco: ho dato a voi il potere di calpestare su serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; e proprio nulla vi nuocerà! 20 Tuttavia non gioite di questo, che gli spiriti vi si sottomettono; gioite invece che i vostri nomi sono scritti nei cieli!
21 In quella stessa ora esultò nello Spirito santo e disse: Esalto te, Padre, Signore del cielo e della terra, perché nascondesti queste cose a sapienti e prudenti e rivelasti proprio queste a infanti. Sì, Padre, perché così piacque a te!
22 Tutto a me fu consegnato dal Padre mio e nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelare.
23 E, voltosi verso i discepoli, in privato disse: Beati quegli occhi che guardano ciò che voi guardate. 24 Dico infatti a voi: molti profeti e re vollero vedere ciò che voi guardate e non videro, e udire ciò che voi udite e non udirono!

Abbiamo visto i discepoli inviati come agnelli in mezzo ai lupi, quindi questa missione che è la semina, ora vediamo i discepoli che tornano non sbranati, ma pieni di gioia; è la gioia pasquale ed è segno del ritorno definitivo di tutte le missioni di tutti i figli che sono andati verso i fratelli e che tornano di nuovo verso il Signore.

Qui vediamo il frutto della missione, che ha una caratteristica precisa: quella della gioia; i discepoli vanno lì con gioia, Gesù si mette a danzare di gioia, il Padre si compiace di gioia, e poi dice a tutti gli altri: beati quelli che vedono ciò che voi state vedendo e siamo noi che stiamo guardando.

Quindi il segno fondamentale è la gioia dei discepoli, la danza del Figlio, la gioia del Padre e la beatitudine dei lettori, ma perché? Per il frutto della missione e vediamo che i frutti della missione sono diversi.

Il primo frutto è che i demoni si sono sottomessi, di questo sono contentissimi: la vittoria sul male. E Gesù dice: guardate, sì, giusto essere contenti di questo, anch’io ho visto Satana cadere, ma sappiate che c’è qualcosa di più della vittoria sul male, ora potete anche calpestare serpenti e scorpioni, cioè non solo avete vinto il male, ma siete tornati allo stato paradisiaco: l’uomo restituito a sé stesso, la sua umanità piena, signore del creato, ma, dicevo, non gioite per questo: c’è qualcosa di più. Voi, andando verso i fratelli, siete diventati figli di Dio, il vostro nome è scritto nel Nome, in Dio.

E, a questo punto, Gesù si mette a danzare di gioia nello Spirito e a lodare il Padre: è lo squarcio più bello di tutti i sinottici sulla Trinità, sulla rivelazione dell’amore tra Padre e Figlio comunicato a noi perché, finalmente, Dio è contento; dice: finalmente trovo tutti i miei figli, al ritorno della missione, perché tutti hanno conosciuto il mio amore, tutti allora si amano e veramente la creazione qui raggiunge la perfezione: è il fine per cui Dio ha creato il mondo ed è contento, danza di gioia. E capire che noi siamo la gioia di Dio è la più bella scoperta per noi e per Dio: per noi che siamo figli e per Dio che è Padre.

E poi questa gioia si trasmette agli occhi che guardano quello che voi vedete e ascoltano quello che voi ascoltate, cioè a noi, che attraverso l’ascolto vediamo questa scena a partecipiamo alla stessa gioia. Sto pensando che se c’è proporzione tra il nostro sentire e il sentire di Dio, voglio dire che se c’è gioia nei discepoli, e i discepoli sono limitati, e si dice che c’è gioia in Dio, figuriamoci che grande gioia c’è in Dio, proporzionata a lui, voglio dire, ecco: è una gioia infinita. E questo deriva proprio dal fatto che, così, si è messo con noi, in società con noi e, allora, quello che ci succede, lo sente in sé stesso il Signore in proporzione proprio della sua grandezza, della sua profondità, della sua intensità.

Ed è un testo entusiastico questo; entusiasmo vuol dire respirare Dio, cioè ci fa respirare proprio Dio; il respiro di Dio è lo Spirito, l’amore tra Padre e Figlio, e questo testo proprio è la rivelazione che noi abbiamo ormai lo stesso amore, la stessa gioia di Dio: noi siamo la gioia di Dio. E vedere questo è già vedere tutto.

E, finalmente, Dio è contento, è contento in sé stesso, se no è infelice Dio, perché è amore, ci ama, e l’amore solo quando è amato è felice; quindi siamo la felicità di Dio nella nostra risposta d’amore. Un Salmo dice: gioisca il Signore delle sue creature e qui è qualche cosa ancora di più profondo e intenso.

17Ora ritornarono i settanta[due] con gioia dicendo: Signore, anche i demoni sono sottomessi a noi nel tuo nome! 18Ora disse loro: Contemplavo il Satana cadere dal cielo come folgore.

Ci fermiamo un po’ su questo, che è il fine primo della missione. Innanzitutto i discepoli ritornano, cioè non è che noi siamo mandati in missione senza ritorno: da lui partiamo e a lui torniamo, perché il centro è lui; anzi proprio partendo torniamo a lui, cioè diventiamo figli come lui. Quindi il centro della nostra vita è il ritorno a lui e ritorniamo a lui nella misura in cui andiamo verso i fratelli e questo ritorno è con gioia.

La gioia è proprio la firma di Dio sulla realtà: è proprio di Dio dare gioia, è proprio solo di Dio dare gioia senza nessun motivo. Dove manca la gioia non c’è Dio: ci può essere tutto, ma non c’è Dio. Perché la gioia è la firma di Dio? Perché la gioia c’è dove si è amati e si ama contemporaneamente, quindi la gioia è Dio Trinità: amore, amante e riamato tra Padre e Figlio; e proprio dove c’è amore che ama ed è amato che c’è gioia, se no è infelicità o perché manca l’amore, se nessuno ama e nessuno è amato, o perché uno ama e non è amato o uno perché è amato e non ama l’altro e l’altro non è amato e, quindi, solo dove c’è proprio reciprocità d’amore c’è Dio e c’è la gioia perfetta.

E l’uomo è fatto per la gioia tant’è vero che, se manca la gioia, diventa infelice, tanto vale spararsi, cioè è una vita disperata. E l’uomo è infelice solo perché cerca la gioia, se non cercasse la gioia non sarebbe neanche infelice, e cerca la gioia perché è proprio la gioia la sua caratteristica di immagine di Dio; è fatto per l’amore, per l’infinito, è fatto per amare come è amato.

E, allora, ecco che la gioia c’è al ritorno dalla missione e vediamo perché: si dicono i vari motivi. Il primo motivo che dicono i discepoli: anche i demoni, nel tuo nome, ci sono sottomessi. Innanzitutto nel tuo nome, perché nel loro nome litigavano tra loro chi era il primo ed erano posseduti anche loro dal demonio e non erano capaci di scacciare il demonio, se ricordate, dopo la trasfigurazione, che era poi solo il capitolo precedente.

Però calma: ci sono sottomessi. Ora, quando uno è sottomesso a un altro, cosa capita? Se tu sei sottomesso a lui, ti lascia tranquillo, no? Se lui è sottomesso a te non ti lascia tranquillo, comincia la lotta. Cioè mentre prima eravamo tutti così sudditi di Satana non c’era nessuna lotta, Satana teneva il posto di Dio, lo veneravamo come dio, tutto sommato, la nostra immagine satanica, eravamo sudditi e schiavi, adesso, invece, loro stanno sotto e si ribellano, cioè comincia la lotta contro Satana e la vittoria è proprio grazie al Vangelo.

Difatti ricordate la prima azione che fa Gesù quando annuncia il Vangelo nella sinagoga? Che per la prima volta esplode il male, eppure quello lì andava nella sinagoga tutti i sabati. Così proprio la parola di verità stana il male che è in noi e allora questo incomincia a ribellarsi, sì, incomincia una vera lotta contro il male. Però è già vinto il male, è sottomesso. Sì, l’esito di questa lotta è positivo nel senso che Gesù dice: contemplavo Satana cadere dal cielo come folgore. Però non è finita la guerra, incomincia il cammino spirituale che implica una lotta contro il male che continua fino alla fine del mondo, quando ci sarà il ritorno definitivo.

Comunque la grande gioia di averlo già vinto, di averlo sottomesso è la prima cosa. E Gesù conferma: contemplavo, può darsi che indichi anche che dall’eternità il Verbo vedeva questo momento in cui l’uomo finalmente, attraverso il Vangelo, era libero dalla menzogna di Satana e stava attendendo questo momento. Oppure anche che Gesù, in fondo, mentre i suoi apostoli vanno ad annunciare il Vangelo, lui sta sempre con loro e li guarda, li assiste.

E dice che Satana cade dal cielo come folgore, cioè la folgore non nuoce molto, fa tanto rumore, però, se qualcuno è colpito dalla folgore, nuoce molto, ha poca forza ma molto concentrata, può devastare dove tocca, e, allora, state attenti che Satana è caduto, può nuocere ancora, guardatevene bene, sappiate distinguere tra lo Spirito del Figlio e lo spirito del nemico, di Satana: guardatevi a non essere colpiti e a non lasciarvi dominare dal male che già avete vinto.

Però questo è già il primo risultato della missione, che è molto alto, perché il vero male dell’uomo è l’immagine falsa che ha di Dio e di sé e dei valori della vita per cui è schiavo di questi. Una volta che te ne liberi, questi falsi valori sono sudditi, però sono sudditi inquieti ancora. E tutta la storia è storia di sottomissione del male fino a quando Dio sarà tutto in tutti. Quindi non è che cantiamo la vittoria: adesso c’è più nulla da fare, no, adesso abbiamo vinto la guerra, adesso c’è da sottomettere il territorio. Sono esempi brutti quelli della guerra, capisco, però è la guerra contro l’asse del male; però, sapendo che quest’asse è dentro di noi e allora vincere il male che è in noi è la grande vittoria.

19Ecco: ho dato a voi il potere di calpestare su serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; e proprio nulla vi nuocerà! 20Tuttavia non gioite di questo, che gli spiriti vi si sottomettono; gioite invece che i vostri nomi sono scritti nei cieli!

Gesù continua: vi ho dato il potere, che è il mio stesso potere, il potere del Figlio, il potere della verità, di calpestare tutta la potenza del nemico e il nemico non vi può nuocere; e poi parla di calpestare serpenti e scorpioni, richiama l’immagine di Adamo, signore del creato, dove c’era un’armonia ormai tra lupo e agnello e il bambino che gioca con l’aspide, dove non c’è più male, cioè, in fondo, la vittoria sullo spirito del male porta alla riconciliazione dell’uomo con tutta la creazione.

E il serpente rappresenta poi il serpente antico il cui veleno è nella bocca, ricorda la menzogna che ci traviò e ci fece allontanare da Dio: ecco, il Vangelo, l’evangelizzazione, è proprio la vittoria sul veleno del serpente, sul veleno della menzogna che ci uccide la vita. Il veleno della menzogna ci diceva che Dio non ci ama, il Vangelo, invece, è la prova che Dio ci ama: ci ha dato suo Figlio, ci da sé stesso.

E poi anche così possiamo calpestare lo scorpione: se il serpente ha il veleno in bocca e ci uccide con la bocca, la menzogna, lo scorpione ha il veleno sulla coda e rappresenta la nostra esistenza che è avvelenata sulla coda, cioè nella morte dove c’è il veleno; perché? Per causa del peccato. Cioè la menzogna su Dio ci avvelena tutta la vita per la paura della morte.

Allora proprio l’evangelizzazione mi dà questo potere sul serpente e sullo scorpione, cioè libera la mia vita dall’ipoteca della menzogna e dalla paura della morte e mi riconcilia con l’esistenza, quindi mi restituisce l’integrità, in fondo, di uomo, quelli che si chiamavano i doni preternaturali, quelli che aveva Adamo prima del peccato.

Gesù riprende ed elabora la gioia che hanno avuto i discepoli perché hanno visto sottomesso il male, cioè vinto il male. Elaborando appunto la gioia dei discepoli, Gesù dice c’è qualche cosa di più profondo che aumenta la vostra gioia: è il fatto che i vostri nomi sono scritti nei cieli. Ecco il vero motivo di gioia: siamo divinizzati noi. Cioè nella missione, andando verso i fratelli, noi diventiamo figli di Dio, uguali al Figlio perché amiamo con lo stesso amore del Padre. I nostri nomi sono nel cielo, in Dio, nel Nome.

Quindi questo è il grande mistero del fine di ogni missione. Questo vuol dire che la missione non è qualcosa di delegabile, non deleghi un altro a vivere al tuo posto, a respirare al tuo posto; la missione è vita ed è respiro, è il respiro stesso di Dio.

21In quella stessa ora [Gesù] esultò nello Spirito santo e disse: Esalto te, Padre, Signore del cielo e della terra, perché nascondesti queste cose a sapienti e prudenti e rivelasti proprio queste a infanti. Sì, Padre, perché così piacque a te! 22Tutto a me fu consegnato dal Padre mio e nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelare.

Gesù, mentre ascoltava i discepoli pieni di gioia, preso dalla loro gioia, si mette a danzare di gioia nello Spirito: è il luogo dove danza; lo Spirito è l’amore tra Padre e Figlio, è la vita di Dio, è il bacio tra i due e qui vediamo la danza di Gesù.

Sto pensando qual è la motivazione di questa danza nello Spirito, di questa esultanza. Dice in quella stessa ora, l’ora in cui rientrano i discepoli dalla missione. Per provare a pensare a questa gioia, ricordiamo all’inizio del mondo. Quando Dio fece l’uomo, cosa disse Dio? Molto bello. Dio pensava, appunto, a quest’ora, pensava all’incontro con l’uomo, perché da sempre lo ha amato, Dio da sempre ha contemplato nel Figlio ciascuno di noi e ci ha amato di amore eterno e ci ha fatti perché innamorato di noi. E quando noi, finalmente, lo sappiamo e amiamo lui, finalmente anche lui danza di gioia.

Quindi proprio Dio è compiuto. Prima, diciamo, gli manca qualcosa, gli mancavamo noi, tant’è vero che, il giorno stesso della creazione di Adamo, dopo averlo creato e lasciato girare un po’ per il giardino, Dio va a cercare Adamo: dove sei? Voleva incontrarlo, perché Adamo è la bellezza stessa di Dio nell’universo, è il figlio, è il suo amore, è la sua gioia.

Dio che è l’innamorato viene a cercare l’oggetto del suo amore. E veniva nella brezza del pomeriggio, che è l’ora più bella per andare a passeggio insieme: attendeva quest’ora Dio. Noi siamo la gioia di Dio. Questo amore infinito che ha per me è la mia identità. Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima perché io ti amo. Leggete il Cantico dei Cantici, dice: per favore non guardarmi, mi fai impazzire, un solo tuo capello mi ha rubato il cuore. Diceva santa Caterina: veramente Dio è innamorato della sua creatura.

Questo testo è un meteorite caduto dal cielo giovanneo nei sinottici, e c’è in Matteo e in Luca; in Luca c’è in più la danza proprio del Figlio. È un testo impressionante: cinque volte si parla di Padre; Gesù chiama Padre otto volte in tutto il Vangelo, cinque qui. E poi si parla di padre altre dodici volte, per esempio nella parabola del figliolo, ventidue in totale, ma qui c’è la concentrazione proprio di questa esaltazione del Padre nella sua esultanza e perché? Questo Padre, che è la parola Abbà, che vuol dire papà mio, eppure tu sei il Signore del cielo e della terra pur essendo mio papà, quindi non è una cosa così addomesticata, proprio il grande Signore del cielo e della terra è mio papà.

E tutte queste cose sono nascoste ai sapiente e ai furbi, quelli che sanno tutto e sanno dirigere tutto nel loro interesse. Sono rivelate, invece, agli infanti, a chi non ha la parola – infante è chi non parla – e l’infante che non parla cosa dice: bà, bà, bà … , Abbà, cioè dice papà, cioè proprio ai bambini.

23E, voltosi verso i discepoli, in privato disse: Beati quegli occhi che guardano ciò che voi guardate. 24Dico infatti a voi: molti profeti e re vollero vedere ciò che voi guardate e non videro, e udire ciò che voi udite e non udirono!

Gesù in privato dice loro: beati gli occhi che guardano ciò che voi guardate; cosa guardano? Lui che danza di gioia per loro, la stessa danza del Padre che si compiace di tutti i suoi figli perché tutti lo conoscono e tutti sono entrati ormai nel suo stesso rapporto tra Padre e Figlio, nel suo stesso Spirito, nella sua vita, nel suo amore; noi stiamo guardando questo.

Anche noi possiamo vedere, perché ci si vede con gli orecchi. Perché, alla fine, la parola che ascoltiamo diventa la nostra vita, diventa il nostro volto, la nostra realtà.

E, allora, lui ci fa vedere attraverso il racconto ciò che anche lui ha sempre desiderato vedere: la gioia di Dio. Lo vediamo con l’orecchio, in fondo, e con il cuore. E questa è la beatitudine che tutti i re e i profeti speravano, cioè tutto l’antico testamento.

Dalle catechesi di Silvano Fausti (e di Filippo Clerici) sul Vangelo di Luca (2004-2010)
www.gesuiti-villapizzone.it
Selezione degli estratti, sottolineature e titoli miei (MJ)