MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003
agostoni-storia-dellistituto-comboniano-parte-iii-gli-istituti-dal-1881-al-2003-cap.-15-dal-1975-al-1979-3-martiri-e-testimoniDownload
CAPITOLO QUINDICESIMO
Dal 1975 al 1979
Martiri
Nessuno dei nostri missionari aveva mai perso la vita in Uganda fino ad allora. Fu il 1979 che segnò la sconfitta di Amin e dipinse la nostra storia con il colore rosso sangue: i nostri missionari divennero vittime della ritirata disordinata dei soldati di Amin e dell’anarchia e crudeltà che ovunque regnava.
P. GIUSEPPE SANTI (1920-1979) P. Santi andò in Uganda nel 1951, missionario dedicato al lavoro pastorale prima a Gulu e poi a Lira. Fu Superiore Regionale per cinque ani. Il 14 aprile 1979, Sabato Santo, alla missione di Aloi, a nordovest di Lira, arrivarono due giovani provenienti da Patongo, Diocesi di Gulu, dove i soldati di Amin stavano terrorizzando la popolazione.
I due giovani chiesero a p. Santi di portarli con l’auto fino a Lira dove si pensava fossero arrivate le truppe della Tanzania. Ad un blocco stradale i giovani chiesero dove si trovassero i Liberatori – non rendendosi conto che i soldati ai quali avevano chiesto questa informazione fossero di Amin. Fu loro permesso di passare, ma al loro ritorno non avendo trovato traccia dei liberatori, i soldati di Amin li uccisero tutti. Il corpo del Padre fu trovato solo quattro giorni dopo.
P. SILVIO DAL MASO (1912 – 1979) e P. ANTONIO FIORANTE (1925 – 1979) I due sacerdoti furono uccisi nella stessa casa la stessa notte del 4 maggio 1979. Nessuno vide gli assassini (musulmani?). I sospetti, però indicando i soldati di Amin provenienti dalla loro stessa missione di Pakwach, Diocesi di Arua. I padri erano stati denudati e torturati, la casa era stata messa a soqquadro. I loro corpi furono trovati la mattina del 5 maggio, da una suora africana.
P. Silvio Dal Maso fu ordinato sacerdote nel 1939 e sul finire dello stesso anno fu mandato ad una nuova missione in Etiopia che dovette presto lasciare a causa della guerra. Nel 1947 fu destinato al Bhar-el Gazal dove restò finché non furono espulsi tutti i missionari. Gli fu chiesto di andare in Uganda dove restò dal 1965 fino alla sua morte.
Dedicato al lavoro pastorale, noncurante del duro lavoro e degli stenti. Un uomo di preghiera – come possiamo dedurre anche dalla sua morte, la quale, nonostante fosse violenta, egli lo trovò con il rosario chiuso nel pugno della mano sinistra.
P. Antonio Fiorante fu ordinato sacerdote nel 1950 e fu poi destinato al Bhar-el-Gazal dove imparò la lingua Dinka e un po’ di Ndogo. Espulso dal Sudan nel 1962, lo ritroviamo in Uganda a lavorare fra gli Alur. L’unica sua aspirazione era questo suo ministero pastorale.
P. GRAZIANO PANZA (1917 – 1979) Padre Graziano fu ordinato nel 1943. Nel marzo del 1946 egli si trova a Wau. Fu espulso nel 1964 dal Sudan e passò alcuni anni in Sicilia per l’animazione missionaria. Dedicò gli ultimi 9 anni della sua vita al lavoro pastorale fra gli Alur a Parombo.
I soldati provenienti da Pakwach andarono a Parombo, rubarono la sua auto,la benzina, il proiettore, la macchina fotografica e perfino i suoi abiti. I colpi che gli diedero sulla testa causarono una emorragia cerebrale e quando fu trovato dai sacerdoti della vicina stazione di Angal, aveva perso conoscenza. Fu portato all’ospedale di Lacor, a Gulu, ma non ci fu niente da fare. L’uccisione dei due padri a Pakwach era stata per lui un gran colpo. Non aveva un carattere facile, era però stimato in quanto fedele alla sua vocazione ed all’apostolato.
P. SILVIO SERRI (1933 –1979) Sin dall’inizio della guerra era scontato che Amin fosse sconfitto, ma proprio per questo, tutti erano in pericolo di vita. P. Serri, solo nella missione isolata di Obongi, questo lo sapeva molto bene. L’11 ottobre un soldato sbandato si presentò alla missione chiedendo le chiavi dell’auto e benzina. P Serri cercò di parlargli, ma ad un certo punto, qualcuno suonò la campana, il soldato si innervosì e scaricò la sua pistola sul sacerdote uccidendolo.
“Un uomo di una sola parola” lo chiamavano i suoi parrocchiani. Egli era solito dir loro “Resterò con voi accada quel che accada” e così fu.
P. MARIO POZZA (1935 –1972) P. PAOLO PONZI (1930 – 1972) Ambedue morirono improvvisamente il 3 giugno 1972 alle 12.30 circa nella missione di Kigumba, Diocesi di Hoima mentre stavano compiendo un atto di carità. “ Un uomo non potrà mostrare amore più grande che dare la sua vita per un amico” (Giovanni 15: 13). Il cuoco della missione aveva mandato un ragazzo dentro un pozzo abbandonato per cercare un coltello casualmente cascatovi. Il ragazzo stava soffocando a causa dei gas velenosi. P. Pozza si calò nel pozzo e riuscì a fare uscire il ragazzo. Mentre stava uscendo, egli stesso, fu sopraffatto dai gas venefici e cadde svenuto nel pozzo. Vedendo ciò che era successo, P. Ponzi si calò immediatamente nel pozzo per aiutare il suo confratello, ma anche lui subì la stessa sorte. Ambedue furono vittime della carità. All’arrivo dei pompieri di Kampala a 200 chilometri di distanza quella sera, si poté solo constatare la loro morte.
Testimoni
MONS. RINO CARLESI: un uomo povero per i poveri.
Pistoia 1922 – Verona 1999, Vescovo di Balsas (1967-1999)
Mons. Carlesi che prese i voti perpetui nel 1946 fu ordinato sacerdote il 31 maggio 1947. Il suo sogno era di diventare missionario in Africa e così durante gli anni del corso di teologia iniziò ad imparare l’inglese. I Superiori, però, lo mandarono in Portogallo e da lì in Brasile.
Mons. Carlesi continuò il lavoro iniziato dal precedente vescovo di Balsas, nel contempo con acume e serenità introdusse la Chiesa locale ai nuovi metodi di evangelizzazione ispirati dal Concilio Vaticano II e dalla conferenza di Medellin.
Era solito dire che si riteneva un Vescovo felice, la sua felicità era la felicità degli altri, specialmente i derelitti e gli umili.
La sua povertà fu evidente alla sua morte. Possedeva solo una valigia con pochi abiti, gli arredi Episcopali, alcuni libri personali. Visse e insegnò con il suo stile di vita come pastore e religioso, convinto che un missionario non è proprietà privata bensì un dono alla comunità.
La sua devozione alla madonna di Guadalupe era rimarchevole. Aveva la sua immagine sulla sua Mitra. Il Vescovo Franco Masserdoti, suo successore scrive il seguente aneddoto che mostra la semplicità ed umiltà del suo predecessore:
“Alcuni anni fa, il vescovo Rino si recò al Santuario della Madonna di Guadalupe, a Città del Messico assieme ad alcuni nostri missionari che stavano seguendo un corso.
Un giorno non si presentò al corso. Era uscito presto la mattina e tornò la sera tardi avendo passato l’intera giornata al Santuario. Ci disse:
“Sulla strada per il Santuario mi imbattei in una coppia. L’uomo era in ginocchio e si muoveva lentamente portando in braccio un bambino ammalato. Sua moglie lo stava aiutando. Stavano facendo un voto alla Madonna alla quale avevano chiesto di guarire il bimbo. Non sapevo cosa fare per aiutarli, così mi sono inginocchiato accanto all’uomo e lo ho accompagnato in ginocchio per il restante miglio di strada fino al Santuario”.
Questo era il vescovo Rino: in ginocchio accanto ai poveri ed ai sofferenti in cammino verso la Madonna, verso Dio. Il Vescovo Pedro Casaldáliga lo ricorda così:
“Il vescovo Rino Carlesi:
Servo buono e fedele,
umile, al servizio del popolo,
di buon carattere,
un buon compagno di Viaggio che non nascondeva nulla.
Un testimone libero e una speranza per il vangelo”.
MONS. ENRICO BARTOLUCCI: un uomo alla ricerca del Cuore di Dio
Mercatello sul Metauro (PS) 14/03/28 – Quito Ecuador 10/02/95.
Nel 1973 fu eletto secondo Vescovo di Esmeraldas in Ecuador e fu consacrato il 29 giugno. Fece bene il suo lavoro meritando il rispetto e l’amore di tutti. Mons. Bartolucci dette prova di essere un pastore coraggioso e lungimirante. Fra gli incarichi da lui svolti troviamo i seguenti: la fondazione delle Suore Missionarie del Sacro Cuore, della Università Cattolica, la pubblicazione del Direttorio Pastorale l’avvio di due riviste (Apertura e Iglesia Joven) e di una stazione radiofonica (Radio Antena Libre).
Con l’aiuto dei nostri missionari e molti altri istituti da lui invitati, iniziò o benedì molti progetti pastorali, educativi e di sviluppo fra i quali: nuove parrocchie, otto delle quali situate nei sobborghi, 13 scuole materne, una quindicina di scuole di ogni ordine e grado, tre scuole con corsi seguiti per corrispondenza o alla radio; l’Istituto Pedagogico per il training degli insegnanti, l’Istituto per bambini handicappati, la Città dei Ragazzi (già funzionante), case di riposo per anziani, due centri per la tutela di ragazze a rischio, il centro Santa Croce per la Spiritualità, il Centro Giovanile Vocazionale Beato Juan Diego, un convento per Suore Trappiste.
Era sempre pronto ad intraprendere nuove iniziative, a volte gli altri non riuscivano a stargli dietro. Durante i suoi 22 anni di episcopato, comunque, il Vicariato crebbe sia di numero che nel modo in cui veniva amministrato. Si può definire “ un uomo alla ricerca del Cuore di Dio”. Uno dei missionari che gli fu vicino per molti anni scrisse:
“Potrebbe essere chiamato ‘ un uomo alla ricerca del cuore di Dio’, la sua umiltà, la sua incrollabile ‘pace interiore ‘ erano uniche. Nessuno si ricorda di averlo mai visto arrabbiato o turbato. Attristato per alcune cose, sì, pignolo per altre che considerava importanti, sì, ma essenzialmente sereno e gentile. Mai duro. Gli piaceva approfondire e finire ciò che faceva anche se a volte sapeva che non poteva averla vinta.”
Tutto ciò che faceva unito al grande zelo che mostrava, derivavano dalla sua vita di preghiera e meditazione. Anche se avesse dedicato lunghe ore al suo lavoro quotidiano o avesse dovuto viaggiare a lungo, egli trovava sempre il tempo da dedicare due o tre ore alla preghiera. Suonava e cantava con l’entusiasmo di un bambino; fu sempre fedele alla preghiera comune e le devozioni. Il suo studio e la sua camera erano pieni di libri, molti dei quali sulla meditazione, la spiritualità, il misticismo e le vite dei santi.
Vale la pena ricordare che la sua profonda vita spirituale lo portò ad essere eletto Presidente della Commissione per la “Santificazione della Chiesa” nella Conferenza Episcopale (assieme a quella delle missioni, ovviamente).
Fu sempre fedele alla giornata mensile di ritiro spirituale, alla confessione settimanale e alle devozioni dei Missionari Comboniani. Di lui fu detto che era il più “Comboniano” di tutti i Comboniani e più religioso di tutti gli altri religiosi. Maneggiava grandi somme di danaro, ma visse sempre poveramente, dipendendo dagli altri, senza un soldo in tasca; per sé non comprava mai niente. La obbedienza alla “Chiesa “ (le decisioni della Conferenza Episcopale e quelle della Santa Sede) fu completa, fino ai minimi dettagli.
Era stimato internazionalmente per il suo lavoro ed i suoi scritti. Fu molto apprezzato dalla Chiesa ecuadoriana perché, senza diventare estremista, fu coraggioso nella sua difesa dei Diritti Umani, nella promozione delle culture, nel suo servizio ai poveri. Era molto amato nel suo Vicariato, la gente si rivolgeva a lui come pastore e padre, i sacerdoti sapevano di essere compresi e apprezzati, le Suore sapevano che riconosceva il loro valore. Rispettava ed amava i personaggi politici e le autorità, sempre alla ricerca di una cooperazione positiva per il bene del popolo, anche se a volte non era facile trattare con loro. Nel suoi articoli e discorsi, criticava aspramente la corruzione e il modo in cui la provincia di Esmeraldas veniva trascurata, propendeva per i più poveri e abbandonati.
Dopo tre interventi addominali per tumore, Mons. Bartolucci morì a Quito il 10 febbraio 1995.
FRATEL AUGUST CAGOL (1879 –1977) Un gentiluomo educato dai valori cristiani. Nella sua Omelia al funerale di Frate Cagol, P. Geog Klose, ex Superiore Generale del MFSC disse:
“‘La mia casa è il mondo’, sembra che abbia detto suo padre di se stesso: queste parole possiamo applicarle anche a Fratel Cagol. Questo suo desiderio di andare per il mondo deve averlo ereditato da suo padre, ingegnere delle ferrovie. I diversi impegni di lavoro lo portavano a viaggiare in giro per la Germania e il resto dell’Europa per cui la sua famiglia non ebbe mai una residenza stabile. La vita del nostro compianto confratello è stata alquanto simile.”
Fratel August Cagol nacque a Darfeld, nella Diocesi di Münster, Germania settentrionale, il 6 marzo 1879. Il 17 luglio 1900, entrò come postulante nella Herz-Jesu-Missionhaus Milland (Bressanone). Dopo un mese, inizio il suo noviziato. L’8 settembre due anni dopo, prese i voti perpetui com’era d’uso allora. Aveva 23 anni.
Per professione era giardiniere, ma sin dall’inizio delle sua vita religiosa mostrò una sua particolare caratteristica: la sua disponibilità e talento a fare qualsiasi cosa ci fosse bisogno di fare. Madre natura lo aveva largamente dotato, era pure molto intelligente, quindi sapeva fare molte cose. Era capace di fare il cuoco, il giardiniere, l’economo, il segretario del vescovo, l’editore della rivista missionaria di allora, “ Stern der Niger” (Stella dei Negri). Durante la sua lunga vita come religioso, i suoi incarichi sia in patria che nelle missioni furono molteplici. In qualsiasi situazione, si trovava sempre a suo agio.
La sua attività di segretario del suo ex maestro dei Novizi Mons. Geyer, per lunghi anni dal 1904 al 1915 e anche durante un breve periodo in seguito, devono averlo molto influenzato. Fino alla fine egli non dimenticò mai mons. Geyer. Alcuni giorni prima della sua morte, quando non era più in grado di pensare chiaramente, scambiò uno dei nostri confratelli che era andato a trovarlo per il vescovo Geyer.
Fratel Cagol entrò nella nostra Congregazione molti anni prima che si dividesse. Fu uno degli ultimi membri della Congregazione tedesca a lavorare nelle Missioni del Sudan. Se fosse vissuto altri due anni avrebbe visto la riunificazione dopo la divisione avvenuta nel 1923. Era, in ogni caso, presente a Ellwangen quando i Capitoli dei due Istituti decisero di riunirsi. Fu sentito esclamare “ O felix culpa”, tanto era felice della riunione.
Dopo aver svolto i suoi compiti come segretario del Vescovo Geyer nel 1916 tornò in Europa e nonostante tutto quello che aveva imparato e nonostante la sua intelligenza, egli si mise umilmente al lavoro nei giardini di Messendorf, Milland, Verona e Josefstal.
Dal 1925 al 1939 lo troviamo di nuovo nelle missioni. Di nuovo in Europa dal 1939 al 1948. Nel 1948 andò in Sud Africa per poi tornare in Europa (1960-1964) All’età di 85 anni tornò da solo in Sud Africa fino al 1971. Quando finalmente tornò in Germania fu per passare i suoi ultimi anni a Mellatz e Josefstal.
Durante la sua lunga vita Frate Cagol ebbe modo di imparare molte lingue. La sua memoria rimase limpida fino alla fine.
Era molto aperto mentalmente e visse appieno il suo tempo. Non si tagliò fuori dagli sviluppi nella Chiesa. Senza pregiudizi, egli accettò e seguì il rinnovo della Chiesa portato dal Concilio Vaticano II. Era abbastanza flessibile da capire i cambiamenti.
Nonostante la sua età trovava sempre qualcosa per tenerlo occupato seriamente. Faceva volentieri delle traduzioni e fungeva da interprete, specialmente a Josefstal quando arrivavano visitatori stranieri.
Gli piaceva essere in contatto con i giovani e raccontava storie della sua vita quando gli veniva chiesto. Non s’imponeva mai sugli altri. Era una persona gentile, sensata e matura.
Partecipava ai consigli della comunità attivamente, presentando spesso proposte utili. Egli non era all’antica, tutto il contrario, era aperto alle innovazioni, e capace di adattarsi ai cambiamenti. Fu una personalità straordinaria nella storia della nostra Congregazione.
Penso che si possa dire che Fratel Cagol era un signore formato dai valori Cristiani. Un Religioso e missionario che visse 97 anni ma che rimase giovane in spirito, e forse questa è la cosa più sorprendente della sua vita.