MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003
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CAPITOLO QUINDICESIMO
Dal 1975 al 1979
IL CAPITOLO DEL 1975
Capitolo del 1975 – elezioni
- P. Tarcisio Agostoni – Superiore Generale
- P. Severino Peano – Vicario Generale (+ 1991)
- P. Pietro Tiboni; Fratel Enrico Massignani; P. Charles Walter: assistenti generali
(cf Boll. N. 110 Documenti Capitolari 1975)
LA RIUNIONE CON I MFSC
Incontro delle due Direzioni Generali
Un primo passo concreto in questa direzione fu l’incontro delle due Direzioni Generali che ebbe luogo a Limone il 28 ottobre 1969 per la formazione di una commissione mista (RSC) che doveva studiare il problema della riunione. (Boll. N. 97)
Il referendum dei MFSC
Nel 1973 l’MFSC indisse un referendum in preparazione al suo Capitolo. Risultati: 166 voti a favore (92%) 12 contrari alla riunione.
Il Capitolo Generale MFSC
Il Capitolo Generale dei MFSC fu tenuto fra luglio e agosto del 1973. Dopo un incontro con P. Agostoni, il 28 agosto 1973 fu deciso di mandare una lettera che sarebbe stata presentata al Capitolo del 1975 del FSCJ. In questa lettera si dichiarava che un impegno attivo verso la riunione era imperativo per tutti i missionari Comboniani. La riunione veniva richiesta alle solite condizioni.
Capitolo del 1975 del FSCJ
- La riunione viene accettata.
- Si fanno i dovuti cambiamenti nella costituzione accettando il principio che una provincia possa gestire direttamente alcuni territori missionari. (cfr. Regola di vita 114)
- Prepara uno Speciale Ordine Giuridico (SJO) che regola le relazioni fra le Province e la Direzione Generale come conseguenza del principio sopra citato. (Cf Boll. N. 111 e Boll. N. 113)
Il capitolo della Riunione tenutosi ad Ellwangen 1-2 settembre 1975
Il capitolo è composto dai membri che facevano parte del Capitolo MFSC del 1973 e del Capitolo del 1975 del FSCJ. La sessione congiunta dei due Capitoli accetta e approva la riunione dello Speciale Ordine Giuridico con i seguenti risultati:
- MFSC 18: 17 a favore, una astensione.
- FSCJ 55: 55 a favore.
I principali aspetti del SJO:
La DSP (Deutstchsprachige Provinz = Provincia di espressione Tedesca) ha tutti i diritti e doveri di qualsiasi altra provincia dell’Istituto. Essa però, include la casa di Milland- Bressanone la quale si trova geograficamente in territorio italiano.
Sono accettate le seguenti differenze:
E’ responsabilità del DSP:
- fare accordi con gli Ordinari delle attuali Province del Perù e del Sud Africa e di qualsiasi altro territorio affidato in futuro al DSP: Il consiglio Generale dovrà ratificare gli accordi;
- fornire personale ed i mezzi necessari a quelle missioni e di visitarle entro i termini di riferimento del SJO.
- Inoltre, un candidato a Superiore provinciale che non sia membro del DSP dovrà ottenere la maggioranza di due terzi. (Annotazione: in un referendum tenutosi nel 1991 fra i membri del DSP, questa clausola fu eliminata).
- Tutti i membri MCCJ che abbiano la DSP come loro provincia di origine possono partecipare all’elezione del Superiore Provinciale del DSP. (Annotazione: questa regola fu rimossa con il referendum del 1991).
- Il SJO potrà essere abolito, si potranno apportare cambiamenti o fare modifiche, solo con una maggioranza di due terzi dei membri radicali del DSP.
- Fu altresì concordato che il SJO non fosse incluso nel testo della Costituzione o Regola di Vita del MCCJ.
I Capitolari uniti prendono le seguenti decisioni:
- Un referendum: i due Consigli Generali prepareranno un referendum per sensibilizzare i membri dei due Istituti sui problemi della riunione. Questo fu fatto il 10 giugno 1976.
Risultato: 95% dei membri del FSCJ e l’85% dei membri del MFSC votarono a favore. - Una Speciale Commissione tecnico-consultiva sia formata per aiutare i due Consigli Generali nel cammino verso la riunione come formulata dai due capitoli.
- Verrà approntata una Speciale Commissione che preparerà un testo unificato delle Costituzioni e il Direttorio Generale. Il testo dovrà essere presentato al Capitolo del 1979.
- Le due province spagnole dei MFSC e dei FSCJ saranno unificate a formare un’unica provincia. Dopo un referendum dei membri e l’approvazione della S. Sede, la provincia spagnola fu eretta il 16 gennaio 1976, e P. Domingo Camdepadros fu nominato Provinciale il 9 febbraio 1976.
Il referendum sul Nome
Si tiene un referendum riguardante quale nome dare alla Congregazione riunita. Furono proposti due nomi: CMC = Congregatio Missionaria Comboniana (604 voti) e CMSC = Congregatio Missionaria Sacri Cordis. (496 voti) (cf Boll. N. 124 p. 80)
Metodologia e Identità Missionaria – Capitolo del 1975
Nonostante le difficoltà create dalle nuove tendenze, il nostro Istituto sia nella sua politica che nella sua identità rimase sostanzialmente stabile. Ad una riunione tenuta a Birmingham, Inghilterra, nel 1972 per tutti gli istituti che lavoravano in territori missionari noi eravamo fortemente a favore della necessità che gli istituti missionari continuassero nelle loro attività come sempre. Sapevamo, tuttavia, che eravamo entrati in una nuova era missionaria dove molte nuove tendenze dovevano essere affrontate ed eventualmente accettate assieme alle Chiese: Universale e particolari. Queste nuove tendenze furono trattate nel loro insieme nel Capitolo del 1975.
Il documento principale del Capitolo del 1975
Il Documento principale del Capitolo del 1975 fu “I Missionari Comboniani nella Missione Odierna”. Il documento chiaramente testimonia “ Sentiamo la necessità di confermare le dimensioni fondamentali del nostro lavoro missionario per far sì che diventi una vera evangelizzazione. Crediamo, innanzi tutto che le nostre attività debbano sorgere dalla nostra vita interiore, che è radicata, come fu la vita di Comboni, in una autentica esperienza di fede. E’ una concreta espressione di speranza Cristiana che deriva, come quella del nostro fondatore dal mistero della Croce e là trova la sua forza “ (Introduzione n. 7).
I Punti salienti del documento
- Il documento sottolinea la necessità di accogliere le nuove tendenze nelle missioni come:
- Il pluralismo delle culture.
- L’inculturazione del Vangelo.
- La promozione integrale della persona come espresso in “ Evangelii Nuntiandi”.
- La necessità di incontrarsi con altre religioni (ecumenismo) e della nostra presenza fra i musulmani.
- La riscossa dei “popoli di frontiera”, cioè di coloro che sono stati evangelizzati ma che rimangono ai margini delle attuali tendenze e degli sviluppi della Chiesa.
La Comunione con le chiese particolari è diventata uno dei problemi principali nelle nostre missioni, specialmente in Africa. Due concetti devono prevalere:
- che le Chiese particolari ci stanno invitando di nuovo; e
- essere disponibili ad un vero servizio di collaborazione.
In questo nuovo tipo di presenza, tuttavia non solo eseguiamo ordini, ma lavoriamo da assennati e responsabili collaboratori usando tutta la nostra fede, la nostra energia e intelligenza nell’eseguire le decisioni pastorali della Chiesa locale per la lealtà alla nostra particolare vocazione. Ciò non ci esime dal fare, e con prudenza e rispetto, proposte ed osservazioni secondo il nostro carisma. Accettiamo, inoltre il ritmo ed il modo in cui cresce ogni Chiesa, che significa lavorare con la Chiesa locale. Dovrebbe incoraggiarci sapere che adesso, come non era mai successo prima, siamo fedeli al piano di Comboni di salvare l’Africa con gli africani.
Il Capitolo fece un certo numero di dichiarazioni su alcune questioni, fra le quali:
- le condizioni per l’inserimento di missionari laici nella vita e le attività delle missioni.
- L’aumento della promozione vocazionale per il nostro Istituto nelle missioni.
- La necessità di fare lavoro missionario fra gli studenti e l’élite nelle missioni.
- Dare suggerimenti agli editori delle Riviste Missionarie Comboniane in Europa ed in America. Devono rendersi conto delle eventuali ripercussioni che certi articoli potrebbero avere sui missionari.
Impegno in Asia
“Un’altra caratteristica dei nostri tempi è l’emergenza dei popoli e delle culture asiatiche. Oltre ad avere un ruolo di primaria importanza nella storia di domani, questa gente è per la stragrande maggioranza non cristiana, e rappresenta la maggior parte dell’umanità che soffre dei mali del sottosviluppo. Crediamo quindi, che la nostra preferenza missionaria “ i più bisognosi e i più poveri” abbracci, oggi anche i popoli dell’Asia. Crediamo che sia maturato il momento per la Congregazione di studiare la possibilità di un futuro impegno in Asia. “ (n. 15)
In ottemperanza a tale richiesta il Superiore Generale e Pietro Ravasio, Segretario per l’Evangelizzazione il 19 marzo 1977 partirono da Roma per un lungo viaggio in Asia dove ebbero contatti con le autorità ecclesiastiche ed altre personalità nelle seguenti città e nazioni: Barhain nel Golfo Persico; Karachi e Lahore in Pakistan; Dheli e Calcutta in India; Bangkok in Tailandia; Manila Zamboanga e Davao nelle Filippine; Tokyo e Kyoto in Giappone; Taipei e altre Diocesi a Formosa, Hong Kong, Jakarta a Java, Indonesia e Singapore. Al termine del viaggio, due padri suggerirono di intraprendere un impegno nelle Filippine.
“Sarebbe un grande vantaggio per il nostro Istituto Missionario avere membri filippini, per la posizione geografica delle isole, di fronte all’Asia e la Malesia, ma anche il Giappone e la Cina. Inoltre è gente aperta dal punto di vista vocazionale. I Padri del Verbo Divino, per esempio, hanno diversi filippini con circa 25-30 ordinazioni all’anno, ed hanno due Direttori Vocazionali. Anche altri Istituti hanno molte vocazioni. I Filippini, per di più non hanno problemi a lavorare all’estero; questo paese sarebbe un buon campo di lavoro per il reclutamento delle vocazioni.”
(Vedere Boll. N. 117 pagine 33-3)
Questi suggerimenti furono attuati nel 1987 a seguito di altri viaggi esplorativi.
IL CAPITOLO DEL 1979
Il Capitolo del 1979 era composto da 59 membri in rappresentanza del FSCJ e 21 membri in rappresentanza del MFSC. Concretizzò la riunione con una Cerimonia solenne tenutasi il giorno della Festività del Sacro Cuore, a Roma il 22 giugno 1979, sia nella sala Capitolina che nella Liturgia presidiata del Cardinale A. Rossi, Prefetto del SCEP, alla presenza dell’intero Capitolo ed alcuni Superiori Generali di istituti Missionari.
La riunione viene formalizzata da Decreto della SCEP emanato lo stesso giorno e letto dal Cardinale Rossi durante la Liturgia. La stessa SCEP emana delle direttive sulla riunione che vengono lette e commentate nella sala Capitolare. Esse verranno, in un secondo momento, incorporate nelle nuove Regole. Fra le altre cose lo SCEP conferma e convalida lo SJO.(cf Boll. N. 125)
Una Nuova Vita ed un nuovo Governo
In questo periodo viene introdotto un nuovo stile di vita. La Chiesa in Cristo è come un sacramento: un segno ed uno strumento di comunione con Dio e di unità fra gli uomini (LG). Poiché la Chiesa enfatizza la comunione e l’unità, il nostro Istituto, seguendo le direttive contenute nei Documenti Capitolari doveva enfatizzare la comunione e l’unità. Furono perciò utilizzati i seguenti strumenti:
Comunione a livello orizzontale
La creazione della comunione a livello orizzontale attraverso il dialogo: fra i membri del Consiglio Generale, dei Consigli Regionali e provinciali, e nelle comunità locali (Consigli di Comunità) tutti in linea con il principio di collegialità.
Comunione a livello verticale
La creazione della comunione a livello verticale, fra la Direzione Generale e i Consigli Provinciali ed i confratelli, in linea con i principi di decentralizzazione e sussidiarietà, attraverso visite frequenti, la partecipazione a riunioni del Consigli Provinciali e le Assemblee Regionali e Provinciali, nonché attraverso il dialogo personale con i confratelli.
Strutture di comunione e condivisione
L’Assemblea Intercapitolare (nel 1972, cf. Boll. N. 99) I partecipanti erano tutti membri del Consiglio Generale, Superiori Provinciali e Regionali, i Capi dei 4 Segretariati, 7 membri in tutto. Fu tenuta a Roma nella nostra casa del generalato fra il 26 giugno ed il 2 agosto 1972. Fu l’unica assemblea del periodo. Al termine della riunione non fu formulata nessuna nuova risoluzione, la principale ispirazione fu un continuo riferimento al Capitolo. Al termine i partecipanti scrissero una lettera ai membri dell’Istituto.
Ne riportiamo una parte:
“Questa riunione tenutasi tre anni dopo il capitolo Speciale, ebbe assegnati scopi ben precisi dai Documenti Capitolari. Il Consiglio Generale e Superiori Maggiori furono chiamati a rivedere assieme come sono stati applicati i Documenti Capitolari e a pianificare i prossimi tre anni che ci separano dal prossimo Capitolo. Non era questione di cambiare le regole esistenti, né di emanarne delle nuove, dovevamo, piuttosto, esaminare la nostra condotta per meglio seguire le linee guida del Capitolo. Ci sembra che gli scopi fissati dal Capitolo siano stati, per la maggior parte, raggiunti. Sin dall’elezione, il Consiglio Generale espresse la sua determinazione di arrivare ad una forma di governo collegiale basato sul mutuo rapporto di collaborazione ad ogni livello, di condividere esperienze e di prendere in considerazione le necessità di tutti i membri. In questi giorni abbiamo vissuto appieno le nostre responsabilità nel governo della nostra famiglia in una atmosfera di scambio di opinioni franche ed illuminate.
La nostra sostanziale convergenza di vedute, valutazioni e conclusioni, sono stati una piacevole sorpresa e un forte incentivo a continuare con risolutezza nel cammino intrapreso dall’ultimo Capitolo.”
Istituzione dei quattro Segretariati:
Finanze, Formazione, Animazione Missionaria, Attività Missionaria.
Identificare il loro ruolo non fu facile. Loro tramite tenemmo altre assemblee a livello mondiale, continentale regionale e provinciale.
Istituzione di Scolasticati internazionali:
Conformemente alle risoluzioni del capitolo:
- Parigi (2/6/70) per le missioni in nazioni francofone.
- Elstree (GB) (1/12/70) per le missioni in nazioni anglofone.
- Madrid (1972) sostituita da Granada (1974) per le nazioni di espressione spagnola. Fu chiuso nel 1979 per diverse ragioni, per riaprirla nei territori missionari: piano poi attuato con l’apertura dello Scolaticato Internazionale di Lima – Perù (23/10/85)
- Kampala, Uganda l’1/1/1975. Quest’apertura rappresenta un nuovo trend che fu suggerito durante il Capitolo del 1975. La preparazione per il lavoro missionario non significa soltanto conoscere le lingue; la conoscenza del popolo, la sua cultura e tradizioni sono altrettanto importanti ed i giovani sono in questo modo più preparati ad affrontare i problemi che incontreranno nel campo di apostolato.
- Innsbruck (1975) aperto dalla Direzione Generale MFSC.
- Chicago (6/8/1976) principalmente come supporto per la promozione vocazionale negli Stati Uniti. C’è comunque il vantaggio di poter imparare l’inglese.
- San Paolo – Brasile (1977) per le nazioni dove si parla portoghese.
- Gli Scolasticati sopra menzionati si aggiungevano allo Scolasticato internazionale “Daniele Comboni” in Roma.
- Fu confermato lo Scolasticato per i Fratelli a Pordenone; esso, fu però chiuso in seguito a favore di due Centri per Fratelli a Nairobi- Kenya e a Bogotà – Colombia.
Gli Scolasticati Internazionali appartengono al Distretto della Curia, benché i formatori siano membri della Provincia dove lo Scolasticato è situato. I Superiori Provinciali sono responsabili per gli Scolasticati nella loro Province secondo il Direttorio degli Scolasticati.
Comunione con altri Istituti
- Incontri periodici a livello di Consigli Generali e Provinciali con le Suore Comboniane.
- Incontri periodici e lettere circolari con Istituti Missionari di origine italiana (cf..Boll. n. 91 e 94).
- Incontri periodici con l’Unione Superiori Generali (USG) a Roma e partecipazione alla loro sesta Commissione sulle attività missionarie, nel loro Servizio Documentazione (SEDOS), nei loro incontri mensili e nei tre giorni ogni due anni.
- Aiuti notevoli con personale agli Apostoli di Gesù, Marian Brothers, Fratelli di San Martino de Porres, nonché aiuti finanziari provenienti principalmente da diverse province. Le Congregazioni di Suore Locali pure furono aiutate secondo le nostre possibilità di personale e mezzi.
Revisione delle strutture basilari della formazione
Strutture formative
Dovendo cambiare la metodologia della formazione, si dovevano cambiare anche le strutture.
I cambiamenti principali furono nel numero di Noviziati e Scolasticati. Prima della crisi della Chiesa tali strutture erano grandi avendo fino a 100 candidati. La reazione a queste strutture fu di sperimentare nuove tendenze come per esempio dividere grossi gruppi in tanti più piccoli, cinque o sei candidati con un formatore residenti in una casa non religiosa, cioè fra la gente. Il nostro Istituto questo non lo permise; l’esperienza insegnò che tali sperimentazioni furono fallimentari. Gli studenti non erano liberi e anzi quasi impossibilitati a trovare tempo per i loro studi e le loro preghiere a casa.
Furono abolite le grosse comunità ed in linea di massima furono aperte nuove case per 25-30 candidati con due formatori che lavorano assieme. Per aiutare nell’apertura degli Scolasticati Internazionali fu aperto un fondo con contributi provenienti dalla Direzione Generale e le Province, secondo le loro possibilità economiche. Similmente fu iniziato un “fondo per missionari ammalati” Veniva finanziato principalmente dalle pensioni pagate dal governo italiano e dai contributi dei benefattori tramite le Province.
Direttori e Ratio
Le nuove strutture e le nuove metodologie necessitavano una revisione dei Direttori e Carte di lavoro per le istituzioni formative, sia a livello centrale sia ai livelli nazionali. Il lavoro iniziò ma proseguì alquanto lentamente in quanto doveva essere definito da un’esperienza di vita da parte dei candidati e formatori che dovevano affrontare le nuove tendenze dei giovani e della società circostante. Questo lavoro portò alla pubblicazione, in seguito della “ Ratio Fondamentalis Istitutionis et Studiorum” pubblicato nel 1991.
Centri di Animazione missionaria
Anche i centri di animazione missionaria dovettero essere revisionati. Furono così aperti centri per giovani il cui scopo principale era la promozione vocazionale, in quanto la crisi nei Seminari minori era già iniziata.
L’apertura di strutture di animazione e formazione in Africa
L’unica casa di formazione di base in Africa era il Seminario minore di Decameré in Eritrea aperto nel 1963. Con una o due eccezioni tutti i candidati al Noviziato, anche quelli provenienti dal Sudan o Uganda venivano mandati in Europa, principalmente in Italia. L’esperimento, nel suo insieme, però, non ebbe molto successo.
P. Todesco aveva intenzione nel 1957, di aprire un Noviziato in Uganda e il Vescovo Cesana offrì il terreno dove costruirlo. L’iniziativa, però, non venne mai attuata, inoltre neanche l’apertura di Seminari minori in declino in Europa, sembrava una cosa fattibile.
La prima casa per il Postulato fu aperta a Kampala nel 1976, seguita dal Noviziato che accoglieva candidati da altre nazioni anglofone. Lo Zaire seguì a ruota con alcuni candidati fratelli postulanti a Kisangani i quali in seguito fecero il loro Noviziato, nello stesso luogo (1980).
Come far fronte alla continuazione della crisi nell’Istituto
Nonostante fosse stata identificata la causa del massiccio esodo e aver trovato rimedi, la crisi continuò. Questo era comunque normale in quanto i rimedi non erano ancora stati attuati. L’eliminazione delle vecchie tendenze continuava mentre l’introduzione dei nuovi principi e relative attività stentavano a prendere piede. Dobbiamo anche aggiungere che non tutti i formatori erano all’altezza degli standard richiesti, non tutti erano in grado di bilanciare l’antitesi al passato con le nuove inclinazioni della società. La fusione del nuovo ed il vecchio può essere sintetizzata nelle seguenti affermazioni:
I formatori ed i Superiori dovevano continuare a richiedere il massimo dai loro candidati ma con il massimo rispetto. Il passato era caratterizzato dalla richiesta del massimo sforzo, fino ad arrivare a coartare la libertà delle persone. In questo periodo invece, prevaleva il massimo rispetto dell’individuo a scapito delle esigenze della comunità e della formazione. Restrizioni e sacrifici non venivano pensati come condivisione del Mistero Pasquale dal Giovedì Santo alla Domenica di Pasqua.
Nelle relazioni con gli altri prevaleva il principio di spontaneità mal interpretata invece del salutare principio di “sincerità”, come se la natura e le attività umane non fossero influenzate dalla debolezza dataci dal peccato originale: il naturalismo ed il razionalismo spesso prevalevano contro quelli che erano gli “autentici valori sovrannaturali” ed i principi della nostra fede come dai Vangeli e dalle tradizioni della Chiesa. (Cf. Rom.7:14-20; 12: 1-12; Gal 5:17) Forse furono ignorati i consigli di San Paolo:” Per me niente è proibito, ma non tutto aiuta a far crescere l’edificio. Nessuno deve cercare di avvantaggiarsi, bensì avvantaggiare gli altri” (1 Cor. 10: 23-25). Il testo latino è più conciso: “Omnia licent, sed non omnia oportent”.
Dobbiamo aggiungere che la pratica di dedicare un’ora alla preghiera personale non era molto seguita. Quando fece la sua relazione al Consiglio Generale del 1975, il Superiore Generale disse che dalle esperienze fatte nelle sue visite a tutte le comunità non più del 20 % praticavano questa norma, per la maggior parte fratelli di una certa età.
Dobbiamo inoltre aggiungere che alcuni confratelli provenienti da Seminari ed alcune vocazioni tardive non avevano percepito il nostro servizio di Missionari Comboniani come espressione della nostra consacrazione religiosa con tutti i suoi requisiti di obbedienza e povertà e che il carisma Comboniano è unico ed indivisibile: è prima di tutto una condivisione del Mistero Pasquale che include il Sacrificio di Cristo per la redenzione del mondo, dal quale deriva il servizio missionario. Il Carisma non è solo quanto abbiamo e quanto lavoro riusciamo a fare, ma innanzi tutto quello che siamo in Cristo e nella sua missione salvifica.
Non possiamo escludere che alcuni ex seminaristi che si unirono all’Istituto lasciarono il seminario insoddisfatti della metodologia formativa e dell’ambiente che allora prevaleva. Difatti, alcuni di loro, lasciando l’istituto chiesero l’incardinazione nella diocesi dove avevano lavorato come missionari Comboniani e non nella loro diocesi d’origine (anche se alcuni altri lo fecero).
L’abbandono dell’Istituto a causa della crisi d’identità Comboniana crebbe sostanzialmente negli anni 80. Le terapie a questo male furono la progressiva e fedele applicazione del DC del ’69, in particolare:
Nella selezione e formazione dei candidati, gli educatori venivano aiutati con i corsi di specializzazione attraverso incontri organizzati dal Segretariato della formazione sia a livello generale che provinciale e a livello di categorie (postulati, noviziati,teologali).
Il lavoro dei formatori era generalmente svolto come team. I formatori, quando possibile venivano scelti fra coloro che avevano avuto valide esperienze missionarie.
Per sacerdoti e fratelli di voti perpetui, la formazione continua veniva attuata seguendo corsi ufficiali di 9 mesi a Roma. Altri corsi venivano svolti soprattutto attraverso l’animazione delle comunità fatta dai Superiori provinciali e locali, anche se non tutti erano pronti a questo compito. Ad ogni modo, il periodo dal 1975 al 1979 mostrò un netto miglioramento come si può vedere dalle statistiche riportate in precedenza. La vita comunitaria e la pratica della preghiera personale erano leggermente migliorate.
I formatori con più esperienza fecero del loro meglio per aiutare gli altri nel loro impegno.
CONFERENZA GENERALE DEI VESCOVI DELL’AMERICA LATINA, PUEBLA 1979
Tematiche
La conferenza di Puebla (27 gennaio –13 febbraio 1979) si tenne dieci anni dopo la Conferenza di Medellin sia per valutare il suo impatto nell’America Latina, sia per prendere in considerazione eventuali altri passi da fare. La tematica era “ L’Evangelizzazione adesso e nel futuro dell’America Latina”
Lo sfondo pastorale e teologico fu visto da due distinti punti di vista: la comunione e la compartecipazione:
- La comunione con Dio attraverso la fede, la preghiera, il recezione dei Sacramenti con tutti i fedeli fino al Papa, e con tutte le comunità Cristiane per la riconciliazione e il servizio nell’evangelizzazione.
- La partecipazione nella vita della Chiesa, della società, degli aborigeni, in special modo quelli dell’America latina. Dio è amore, condividiamo la sua unicità con Lui e la Fraternità con tutti gli uomini.
La valutazione di Medellin
La valutazione di Medellin è molto positiva, in quanto i principi sono stati seguiti con grande impatto sul popolo di Dio. Ciò nonostante, i Vescovi riconoscono che il comandamento dell’amore non è stato del tutto attuato, neanche da loro stessi, e chiedono perdono e riconciliazione con tutti.
Alcuni argomenti particolari
I Vescovi sottolinearono e chiarirono alcuni argomenti che erano stati mal interpretati o sottovalutati.
L’opzione per i poveriL’opzione per i poveri è preferenziale, non esclusiva. Questo ha un duplice significato:
- Primo: il miglior servizio all’umanità non è materiale o sociale, ma spirituale: la proclamazione della Buona Novella; che prepara l’essere umano ad entrare nel regno di Dio.
- Secondo: Il servizio dell’evangelizzazione deve raggiungere tutti e mirare alla loro conversione di modo che coloro che hanno, aiutino coloro che non hanno (474; 1150).
La Liberazione
La liberazione deve essere integrale, autentica, veramente Cristiana, e cioè basata su tre pilastri: La verità su Cristo, la Sua Chiesa, l’essere umano autentico e completo. (484).
Per essere integrale deve includere:
- La liberazione dalla schiavitù personale e sociale del peccato, dell’egoismo e della malvagità.
- La liberazione non è soltanto da qualcosa o da qualcuno ma deve farci interiormente liberi per il raggiungimento di una crescita progressiva per diventare qualcuno, ed essere in comunione con il fine escatologico comune (482).
- La liberazione deve essere raggiunta attraverso i mezzi offerti dal Vangelo e dallo Spirito Santo senza violenza o lotta di classe (486).
E’ soltanto quando gli elementi sopra citati sono presenti che la liberazione diventa una parte essenziale dell’evangelizzazione (315) e che lo sviluppo ne diventa parte integrale (355).
Il Marxismo ed il Capitalismo Liberale
Queste due ideologie, una volta abbracciate soggiogano la mente in una sola direzione: l’idolatria del danaro e del progresso materiale; altri valori vengono sacrificati pur di raggiungere uno scopo in modo machiavellico. Sono ambedue capitalistiche: il Marxismo dello Stato, il Capitalismo degli individui o gruppi di persone, e lentamente diventano religioni senza Dio.
Inoltre, il Capitalismo selvaggio in alcune nazioni è stato controllato. L’iniziativa privata deve, certamente, essere mantenuta, ma se è vero che un certo tipo di capitalismo è stato sorgente di eccessiva sofferenza, ingiustizie, e conflitti fratricidi gli effetti dei quali persistono tuttora, sarebbe ugualmente sbagliato attribuire all’industrializzazione stessa mali che appartengono al triste sistema che l’ha accompagnato (342). Di più; molti capitalisti vivono da atei. (546)
Il Marxismo. Siccome alcuni teologi hanno incluso elementi del Marxismo in alcune “teologie della liberazione”, Puebla li ammonisce. In quest’occasione i Vescovi danno dei chiarimenti: non tutti coloro che sono contro il capitalismo selvaggio sono necessariamente macchiati da ideologie Marxiste. (92)
I Vescovi respingono:
- La lotta di classe (544, e tutte le forme di violenza 532).
- Una società “impiattita” alla quale si arriva attraverso la dittatura di una classe organizzata come partito unico.
- L’ateismo militante.
“La credenza che sia possibile separare l’analisi Marxista dalla sua filosofia materialistica di base: “ sarebbe illusorio e pericoloso arrivare al punto di dimenticare il vincolo intimo che li unisce assieme, di accettare gli elementi dell’analisi Marxista senza riconoscere la loro relazione con l’ideologia e di entrare a far parte della lotta di classe e le sue interpretazioni Marxiste, dimenticandoci di percepire il tipo di totalitarismo e di quella civiltà violenta alla quale porta questo procedimento.” (544 citando la lettera Apostolica “ Octagesima Adveniens” di Paolo VI, 1971)
I Vescovi affermano:
Una riflessione teologica che inizia dall’analisi Marxista tende a ridurre lo scopo della Chiesa ad una meta che è soltanto accentrata sull’uomo: per cui la salvezza che essa gli offre sarebbe ridotta a un benessere meramente materiale. La fede si ridurrebbe a scienza politica o sociale tralasciando o negando la dimensione trascendentale della salvezza cristiana (545).
La Chiesa vuole tenersi lontana dai sistemi socio –politici: il suo scopo è–l’intero essere umano (551). Essa ha nella fede un patrimonio di principi necessari per lavorare con successo alla totale liberazione della persona umana (552).
Culti popolari
Dopo Medellin, molti sacerdoti cercarono indiscriminatamente di scoraggiare e/o bandire manifestazioni di pietà popolare come il Rosario, pellegrinaggi, la Via Crucis, la cura degli oggetti sacri, l’uso dei Sacramentali come l’acqua santa ecc. Puebla consiglia agli agenti pastorali di:
- Preservare la pietà popolare dei contadini e degli aborigeni cercando di purificarla dagli elementi superstiziosi (464).
- Rivitalizzare i valori del Vangelo che hanno attinenza con la pietà popolare sia personale che comunitaria (959).
- La pietà popolare deve essere lo spunto per catechizzare i Cristiani e offrire loro la Parola di Dio; (960) perciò non deve essere scoraggiata. Se ci sono abusi, essi possono essere eliminati attraverso una giusta catechesi (96). La Madonna ed i santi devono essere presentati come personificazioni del Mistero Pasquale vissuto da Cristo (963).
Altri punti che sono riaffermati o sottolineati
La riflessione teologica (il giudicare) deve basarsi sulla conoscenza (il vedere) della realtà della nostra gente che domanda giustizia, libertà e il rispetto dei loro diritti fondamentali (40).
L’essere Discepolo di Cristo deve essere vissuto in modo autentico e nutrito dal Vangelo, ma non dobbiamo dimenticare le dimensioni politiche e sociali del messaggio nello spirito della comunione e della partecipazione con i nostri fedeli (48).
Dare la preferenza all’assistenza dei giovani latino-americani che sembrano condannati a vivere senza i benefici propri della giovinezza.
La promozione della donna all’interno della Chiesa stia a cuore a tutti: questo deve portare ad un maggior loro coinvolgimento a pianificare il lavoro pastorale che il clero condivide con loro.
Gli Indio e gli Afro-Americani
Tutti gli agenti pastorali devono dedicarsi ai gruppi di indios e di afro-americani: essi vengono tenuti ai margini della civiltà e vivono in condizioni disumane. Essi devono essere considerati i più poveri fra i poveri (34). Una evangelizzazione adeguata deve arrivare anche a loro, nessun gruppo deve essere dimenticato dagli agenti pastorali. (365).
I nostri confratelli in particolare quelli del Brasile e dell’Ecuador, se ne occuparono con vivo impegno. Alcuni di loro hanno fatto delle ricerche sulla loro storia, i loro costumi e tradizioni.
Commenti
I documenti di Puebla, ed in seguito quelli di Santo Domingo del 1993 non parlano affatto della “Teologia della Liberazione “. Quello che adesso prevale è il termine “Teologia dell’Azione Pastorale” che non è molto diversa dalla così detta “Teologia Contestuale” per quanto concerne la metodologia.
Alcuni Teologi della Liberazione seguono l’analisi di dividere gli esseri umani fra gli oppressi e gli oppressori. L’analisi di Gesù nel capitolo 26 di S. Matteo divide gli esseri umani fra coloro che amano il prossimo e coloro che non lo amano. Difatti, quando l’oppresso prende il posto dell’oppressore e libera per amore, egli continuerà ad amare. Altrimenti, egli stesso. diventerà un oppressore, come tutti i liberatori che hanno liberato attraverso la violenza e l’odio. Quasi tutti i leader marxisti leninisti dal liberatore Lenin a Stalin a Mao-Tse –Tung, a Polpot, a Fidel Castro, Menghistu, Samora Machel ed altri ancora fecero esattamente così.
I veri liberatori come Gandhi e Martin Luther King non odiavano, non usavano violenza,. E’ vero, essi stessi morirono, ma salvarono milioni di persone che sarebbero altrimenti morti nella violenza che genera altra violenza e perpetua odio e vendetta. (Il Rwanda ne è un classico esempio).
L’opzione per i poveri può essere meglio identificata come l’opzione per gli impotenti, per chiarire che il povero non è soltanto colui che è economicamente povero, ma tutti coloro che subiscono ingiustizie, che vengono discriminati, gli innocenti ingiustamente condannati dai tribunali civili o militari languiscono in prigione. Fra di loro possiamo trovare gente agiata, ma che è impotente come i malati o gli incurabili.
Come per dare aiuto ai poveri ci rivolgiamo ai ricchi, così per gli impotenti ci rivolgiamo ai potenti. Non è questione di compromettere i nostri principi, e neanche mettersi dalla loro parte o usufruire dei loro benefici: questo è successo in passato e può succedere ancora adesso. Non dobbiamo dare questa impressione oggi, ma come Comboni, per l’amore dei poveri e impotenti, ci avviciniamo ai ricchi e potenti per cercare di dar loro l’opportunità di fare del bene che il Signore può ricompensare con la conversione e la salvezza. Gesù venne per i peccatori sia ricchi che poveri. Dobbiamo interessarci anche dei ricchi affinché possiamo aiutarli ad accettare il dono della conversione a Gesù, la vera ricchezza per tutti.