MCCJ

Capitolo del 1969 – elezioni
  • P. Tarcisio Agostoni – Superiore Generale
  • P. Ottorino Sina (+2003) – Vicario Generale
  • P. Archimede Fornasari; P. Luigi Penzo; P. Robert Bosse: assistenti generali
  • I Membri del Capitolo generale: 67; dell’intero Istituto:1534, dei quali 983 sacerdoti, 330 Fratelli, 221 scolastici.

Annotazione: Nel 1971, P. Bosse si dimise e fu sostituito dal Segretario Generale P. Salvatore Calvia.

P. TARCISIO AGOSTONI – Desio (MI) 1920

Fu ordinato sacerdote nel 1946 a Roma dove ricevette la sua Licenza in Teologia (1946); Filosofia (1949) all’Università Urbana. Insegnò Filosofia in Italia, in Inghilterra e presso il Seminario di Lacor, Gulu – Uganda dove, 1951, insegnò anche canto e musica.

Nominato assistente diocesano per l’Apostolato dei laici nel 1956 nella Diocesi di Gulu, che allora includeva la Provincia Settentrionale, egli fondò due riviste mensili “Truth and Charity” per il clero e “Leadership” per la preparazione dei laici a prendersi le proprie responsabilità nella Chiesa e per diventare leader nel campo religioso e socio-politico. Egli sviluppò questa preparazione: primo, con l’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa che poi sviluppò in un libro “Every Citizen’s Handbook” (Vademecum di ogni Cittadino); e secondo, assistendo i laici nelle loro attività religiose, sociali e politiche “ Imparare facendo” (Training throught action).

Nel 1961 con tre altri missionari e un sacerdote diocesano fu chiamato dalla Conferenza Episcopale a fondare il Segretariato Cattolico in Uganda e essere a capo dei dipartimenti dell’Apostolato Laico, Servizi Sociali, Mezzi di Comunicazione Sociale, Segretario Generale (1966-1968); Cancelliere della Arcidiocesi di Kampala (1968-1969). Fu in questa veste che egli organizzò il primo ed unico pellegrinaggio in Africa, (Uganda) di Papa Paolo VI.

Durante il suo incarico come Superiore Generale, assieme al Consiglio Generale, egli dovette mettere in pratica i nuovi indirizzi stabiliti dal Capitolo del 1969. Cercò di implementarli lentamente, dialogando con membri della nuova e della vecchia formazione. Seguì attentamente i nuovi indirizzi con il desiderio che il vecchio ed il nuovo metodo di formazione si potessero fondere.

Si dovevano seguire criteri differenti per quanto riguardava la destinazione dei confratelli:

  • Nella scelta dei formatori: era necessaria l’esperienza missionaria e una specifica preparazione.
  • Per campi missionari: personale valido distribuito nelle diverse province.

C’era il pericolo di espulsioni, come era già avvenuto in Uganda (1967), nel Mozambico (1974), in Uganda (1975) e Burundi (1977). Prevedendo la ripetizione di casi simili, si aprirono nuove missioni in territori confinanti, dove, preferibilmente si parlava la stessa lingua locale o nazionale, per esempio Uganda: Kenya (Inglese); Mozambico: Malawi (Chichewa); Repubblica Centro-Africana: Ciad (Francese); Togo: Benin Ghana (Ewe).

Nell’apertura di nuove missioni alcune comunità furono istituite contemporaneamente: Kenya 6, Malawi 4, per far sì che ove possibile ci potesse essere uno scambio di personale.

Piccoli gruppi come quelli che si trovavano nelle nazioni francofone e in Etiopia dovevano crescere per diventare eventuali Regioni e Province.

Fu eletto dall’Assemblea dei Superiori Generali a rappresentarli al Sinodo del Vescovi del 1974 e del 1977, come pure al Consiglio Pontificio dei Laici (1972).

Nel 1977, per adempiere al desiderio del Capitolo di aprire una missione in Asia, accompagnato da P. Piero Ravasio, segretario delle missioni, egli visitò 8 nazioni: Bahrein, Pakistan, India, Thailandia, Giappone, le Filippine, Hong-Kong e l’Indonesia. Suggerì di aprire nelle Filippine come primo passo verso la Cina.

Invitato dalla Conferenza dei Vescovi, nel 1980 tornò in Uganda per unirsi di nuovo al Segretariato Cattolico, nel dipartimento dei Servizi Sociali, Pastorale Giustizia e Pace. Ha scritto diversi saggi sulla Chiesa ed i Diritti Umani, la dottrina Sociale della Chiesa e la Pena di Morte.

Nel 1990 rassegnò le sue dimissioni e fu assegnato al noviziato di Namugongo per le confessioni, counselling, l’insegnamento delle Storia dell’Istituto e della musica. Nel 2001 si unì al team per il Ministero Urbano a Kampala.

Le sue aree d’interesse:

  • a. I prigionieri con particolare attenzione ai condannati a morte.
  • b. Direttore dei Programmi della Locale Radio Maria. Ha anche dei suoi programmi personali.
  • c. Trasmissioni alla televisione ugandese di programmi religiosi.
  • d. Scrivere articoli e preparare inserti per la stampa nazionale.
  • e. Assistenza ad alcuni rifugiati sudanesi, finanziati dal Vescovo Mazzolari, ed altri di lingua francese.
Un Capitolo ordinario

Il capitolo del 1969 fu un Capitolo Ordinario nel senso che doveva essere celebrato secondo la nostra Costituzione. Ci possiamo chiedere, però, perché ebbe luogo dopo 10 anni invece dei 6 com’era consueto sin dal Capitolo del 1919.

La ragione fu che il Capitolo del 1953 aveva chiesto dei cambiamenti nella Costituzione. La commissione istituita dal Capitolo aveva fatto delle proposte, fra le quali quelle che il Consiglio Generale durasse 10 anni. Nelle risoluzioni del Capitolo del 1959 si legge che si doveva istituire una commissione nel 1964 per lavorare sulla Costituzione da sottoporre al Capitolo del 1969. Come questo cambiamento importante fu approvato ed introdotto non è tra le decisioni del Capitolo del 1959, come pubblicate sul Bollettino n. 71. Ci furono indebite interferenze ad alto livello.

Un capitolo “speciale”

IL Concilio Vaticano Secondo aveva chiesto a tutti gli Istituti Religiosi di rivedere le loro regole e il loro stile di vita per venire incontro alle necessità della società moderna e dei nuovi sviluppi nella Chiesa (cf. “Perfectae Caritatis”, n. 2). A questo scopo il Concilio dette una semplice ma basilare direttiva: “ Il rinnovo ed aggiornamento della vita religiosa comprende sia un costante ritorno alla sorgente dell’intera vita Cristiana sia all’ispirazione primitiva degli Istituti, sia al loro adattamento alle mutate condizioni dei nostri tempi.”

Papa Paolo VI pubblica delle norme che implementino questa direttiva in Motu Proprio “ Ecclesiae Sanctae” alcune delle quali citiamo:

1. In ogni Istituto per poter attuare il rinnovo e l’adattamento, deve essere convocato un Capitolo Generale Speciale entro due, o al massimo tre anni dalla data del Motu Proprio. Questo può essere il Capitolo Generale ordinario o uno straordinario. Questo capitolo può essere diviso in due sessioni separate sempre che non passi più di un anno fra una sessione e l’altra e sempre che il Capitolo stesso abbia così deciso con voto segreto.

2. In preparazione a questo Capitolo, il Consiglio Generale deve predisporre, nel modo che ritiene più opportuno, che avvengano ampie e libere consultazioni della materia. Il risultato di questa consultazione dovrà essere reso disponibile in tempo per poter guidare ed assistere il lavoro del Capitolo. La consultazione potrà avere luogo a livello di capitoli conventuali provinciali, tramite apposite commissioni, tramite questionari ecc.

3. Le leggi generali di ogni Istituto (Costituzioni, Regole o qualsiasi altro nome venga loro dato) devono, in linea di massima contenere i seguenti elementi:

I principi evangelici e teologici riguardanti la vita religiosa e il loro inserimento nella Chiesa, nonché un’equa e accurata formulazione nella quale “ Lo spirito e lo scopo del Fondatore devono essere chiaramente riconoscibili e fedelmente preservati, come dovrebbero essere anche per le corrette tradizioni dell’Istituto “ PC n. 2b)

Le norme giuridiche necessarie per definire il carattere, lo scopo e mezzi utilizzati dall’Istituto. Tali norme non devono essere inutilmente moltiplicate, devono, anzi, essere chiaramente formulate.

4. E’ opportuno avere una combinazione di ambedue gli elementi, giuridici e spirituali, così da assicurare che i principi basilari di ciascun istituto abbiano un fondamento solido per essere colmato da uno spirito autentico e una legge che è vitale. Si deve fare attenzione di non produrre un testo che sia meramente giuridico o soltanto esortativo.

5. Si deve escludere dal testo fondamentale delle regole (costituzioni) qualsiasi cosa che sia oggi superato, o che possa facilmente cambiare con il passare del tempo, o che sia applicabile solo a livello locale. Le norme che sono attinenti alla vita di ogni giorno o alle condizioni fisiche o psicologiche o situazioni soggettive dei membri della comunità, devono rientrare in altri specifici testi come quelli concernenti i direttori, libri di tradizioni varie, o documenti simili, qualsiasi nome venga loro dato.

Sia i nostri Superiori nel preparare e convocare il Capitolo, sia lo stesso Capitolo cercarono, per quanto poterono, di attenersi alle direttive sopra esposte con grande vantaggio dell’Istituto come si potrà vedere dai “Documenti Capitolari” del 1969.

PRINCIPALI CAMBIAMENTI E INNOVAZIONI DEL CAPITOLO

La composizione del capitolo

I membri de Capitolo erano 67. Allora i membri dell’istituto erano 1534: 983 sacerdoti, 330 fratelli, 221 scolastici. Fra i membri del Capitolo abbiamo, per la prima volta, quattro Fratelli.

  • Invitati due osservatori MFSC
  • Altri osservatori appartenenti a gruppi etnici: Spagna, Portogallo, Sudan e di lingua inglese.
  • Fu preparato un regolamento di procedura
  • L’assemblea elesse un segretario organizzativo e tre moderatori che si alternavano.
La personalità ed il carisma del Comboni

Per la prima volta la personalità ed il carisma del Comboni vengono studiati e proposti come modello ed ispirazione (DC p. 42 e seg.)

L’identità del Fratello Missionario Comboniano

L’identità dei Fratelli fu ampiamente sviluppata. Innanzi tutto, l’identità basilare di tutti i missionari Comboniani è il modo radicale di vivere il Battesimo. Questo è espresso nella formale e speciale consacrazione della professione religiosa, i voti di povertà, castità, obbedienza all’interno della vita comunitaria secondo la costituzione e il direttorio dei missionari Comboniani.

Entro i termini di questa identità, i sacerdoti hanno il loro campo d’azione ed i fratelli il loro. Però, come Cristiani, ci si aspetta che ambedue lavorino per la promozione integrale della persona; l’evangelizzazione come testimone della Resurrezione di Cristo e la proclamazione del suo messaggio sono un impegno Cristiano.

La professione dei Fratelli è molteplice, sempre ché si attenga alle necessità dell’Istituto e dei missionari. La porta è aperta a coloro che aspirano a diventare sacerdoti e o Superiori. L’Istituto è ancora clericale, tuttavia si può chiedere il permesso alla Santa Sede perché un fratello possa essere nominato Superiore. Il permesso può essere accordato secondo lo specifico carattere della comunità come per esempio, un istituto tecnico, un Postulato o un Centro Internazionale per Fratelli.

La vita comunitaria

La vita comune è vissuta come la vita di una famiglia che trova nel consiglio di comunità la possibilità di amministrarsi e di migliorare attraverso un programma di formazione permanente.

Si desidera che la vita comunitaria diventi sempre più vita apostolica, con progetti comuni che siano il segno e la causa della presenza di Cristo nella comunità.

La corrispondenza personale deve essere privata e ci deve essere una più ampia apertura alla ospitalità, tenendo presente in particolare modo l’animazione missionaria. (DC pag. 91-111)

La preghiera sia liturgica che ecclesiale

Atti giornalieri rimangono soltanto la Santa Messa ed un altro atto che sceglierà la comunità, preferibilmente tratto dalla liturgia delle ore.

La Preghiera individuale almeno un’ora al giorno e mezz’ora di lettura spirituale (DC pag. 118-141)

Prima del Capitolo l’ora di preghiera era in comune secondo l’orario prestabilito. Con il Capitolo rimane l’obbligo dell’ora di preghiera, ma a ciascuno si lascia scegliere il tempo più opportuno. Questa decisione fu uno dei punti più discussi con preoccupazione; difatti dal 1969 al 1979 soltanto il 20% dei membri, principalmente i Fratelli la praticarono. La ragione era la mancanza di formazione e abitudine a questo nuovo metodo.

I Voti furono presentati alla luce del Concilio

A.- LA CASTITA’ vista come un profondo e immediato dono d’amore verso Dio e i fratelli, più che una rinuncia personale. Da qui, scaturisce la rinuncia a chiudersi nell’amore per una sola persona (DC pag. 146–162) e alle espressioni biologiche della sessualità del singolo missionario.

B.- OBBEDIENZA, oltre ad essere l’accettazione dell’autorità essa è presentata come una condivisione nell’obbedienza di Cristo e della sua Chiesa al Padre. L’obbedienza è dovuta al Superiore nell’esercizio del dialogo; il religioso l’accetta nella convinzione di essere corresponsabile nel progetto di Cristo per quanto concerne la sua Chiesa e nel progetto dell’Istituto. L’esercizio dell’autorità deve prendere in considerazione possibili contestazioni anticonformiste e critiche (specialmente allora), oltre ad un profondo senso di libertà ed i sentimenti dei giovani riguardanti la responsabilità personale, (DC 163-195) in altre parole l’obbedienza deve essere responsabilizzata da parte di chi la dà e di chi la riceve.

C.- POVERTA’ essa viene presentata come povertà apostolica piuttosto che come rinuncia o l’essere nulla tenente; cioè, uno stile di vita che appare povero agli occhi del mondo moderno. L’apostolo non rinuncia alle necessità della vita né ai mezzi moderni, li considera, tuttavia insufficienti e sproporzionati al piano salvifico di Dio. E’ percepita come una vera e propria povertà personale che non si giustifica delle comodità fornite dalla comunità e dei permessi concessi dal Superiore. Non deve essere interpretata solo come legalismo, ma come gesto di solidarietà verso la comunità. Il religioso riceve una somma di danaro, determinata dal Consiglio di comunità al quale deve rendere conto. (DC pag. 119-216)

Attività missionaria (DC Pag. 228-330)

Viene riaffermata la validità degli Istituti missionari con le seguenti affermazioni:

  • Gli istituti missionari non esprimono in un modo esclusivo la missionarietà delle Chiese dalle quali provengono.
  • Nell’esercizio dell’apostolato nelle Chiese locali, il missionario fa emergere il senso di incarnazione e di servizio. Lo Jus commissionis deve cessare, e al suo posto ci sono contratti fra gli Istituti e le Diocesi.
  • I missionari devono assumere i compiti di prima evangelizzazione dei popoli e di certe categorie (per esempio, i pigmei africani, gli Indios nell’America Latina ecc.).
  • Vengono chiariti gli elementi di dinamismo missionario.
  • Testimoniare, annunciare, la formazione di comunità Cristiane.
  • Il Fratello è invitato a condividere appieno questa dinamica: ciò tuttavia porterà in seguito a problemi inerenti alla missione ed il ruolo del Fratello nell’Istituto.
Campi di lavoro e la loro scelta

Come campo di lavoro, Comboni scelse l’Africa allora considerata la zona dei popoli “ più poveri e più abbandonati”.

Questo criterio ed il criterio di prima evangelizzazione indica le linee di una revisione da attuare ad ogni Capitolo per quanto riguarda il nostro impegno missionario.

Per ragioni storiche il nostro Istituto mantiene il suo impegno in Africa.

Prima di accettare nuovi campi missionari non previsti dal presente programma, si devono consultare tutti i membri dell’Istituto e si tenga conto delle loro eventuali osservazioni.

La possibilità di una opzione iniziale per un campo di lavoro va data ai nostri missionari e le preferenze individuali siano prese in considerazione quando si fanno le destinazioni.

Animazione missionaria

Viene chiarito che è anche nostro dovere far sì che il popolo di Dio in patria sia consapevole della responsabilità che ha verso le missioni. La coscienza di questa responsabilità è espressa, dando appoggio morale, spirituale, finanziario ma principalmente nel recarsi nelle missioni. Questa animazione è da promuoversi con personale selezionato nei vari centri d’animazione; ma ogni missionario Comboniano, inclusi i Fratelli, ed ogni comunità deve sentirsi corresponsabile di iniziare e gestire attività di animazione.

Si insiste sul fatto che i nostri missionari siano specializzati secondo le necessità della missione.

Le comunità nelle missioni siano internazionali. In tali comunità miste ciascuno deve sforzarsi di non creare difficoltà ai confratelli provenienti da culture diverse.

La formazione Missionaria Comboniana (DC, pag. 333- 456)

Da un canto la formazione sia positiva, mirando a maturare, e sviluppare la dignità umana ed i doni personali, a far sì che il giovane utilizzi la sua libertà in modo equilibrato attraverso contenuti autentici liberamente assunti.

Dall’altro canto, è necessaria una metodologia che miri all’accettazione matura e cristiana del sacrificio, delle contraddizioni, della negazione di se stesso assieme alla condivisione gioiosa del ministero pastorale.

La vita, le direttive ed il carisma date dal Comboni per la formazione dei suoi missionari devono permeare la formazione data ai formatori e da loro ai candidati per la ricerca di una “identità Comboniana”.

La consacrazione religiosa sia presentata come dono di Dio e interamente inserita nella formazione missionaria.

Si desidera un sano equilibrio in contatto con la società che circonda, specialmente con la propria famiglia, con i giovani della stesa età, con la chiesa locale ed altri Istituti missionari. Si auspica una formazione che prepari il candidato all’apostolato tipicamente comboniano nella Chiesa contemporanea e nel mondo.

Ai livelli più alti della formazione, i giovani candidati siano aiutati a fare esperienze pastorali e missionarie. Anche il modo di passare le vacanze in montagna sia riveduto, di modo che il soggiorno possa essere piacevolmente vissuto in comune e sia un’esperienza positiva per la formazione.

La carta della comunità sia annuale che quotidiana, ove possibile, sia formulata con la partecipazione dei giovai studenti con i quali i formatori formino una sola comunità per favorire e aprire un dialogo di reciproca fiducia.

I formatori siano preparati tecnicamente, abbiano fatto una esperienza missionaria e siano disposti a lavorare in gruppo C’è una distinzione fra il Superiore ed il Padre Spirituale nello scolasticato e seminari minori, anche se lo scolastico può scegliere il padre spirituale informando il Superiore della sua scelta.

Fasi e strutture della formazione

Seminari Minori

  • E’ confermata la validità del seminari minori.
  • I formatori che vi operano sottolineino la formazione integrale, umana e cristiana.
  • L’aspetto vocazionale sia incluso come orientamento specifico verso una progressiva maturità.

Il Postulato

  • Vengono approvate le fasi e le strutture del postulato.
  • La Direzione Generale deciderà se introdurre o meno il periodo di postulato dove ancora non esiste.
  • Il Postulato prepari il candidato ad entrare nel noviziato con un grado di maturità adeguato, sia umano che spirituale che possa permettergli di rispondere alla chiamata di Dio con maturità e responsabilità tali da abbracciare l’Istituto e le sue attività apostoliche.
  • Deve dimostrare la sua abilità a camminare verso il suo ideale.
  • Il postulato viene esteso a due o tre anni, affinché gli studenti possano completare il loro corso di filosofia, e affinché i Fratelli possano acquisire una qualifica professionale equivalente.

Il Noviziato

  • Il giovane entra in noviziato già deciso a diventare un missionario Comboniano, egli si commisura con le necessità della vita religiosa nel modo in cui essa è vissuta dai Missionari Comboniani.
  • Il Maestro dei Novizi non sarà più l’unico responsabile, egli sarà,da adesso, coadiuvato da un équipe di formazione, i membri del quale vivono assieme ai novizi ed hanno precise responsabilità all’interno del noviziato.
  • I noviziati saranno ristrutturati in modo tale da comprendere anche un periodo di esperienze formative relative alle attività e modus vivendi tipico di un Missionario Comboniano.

Scolasticato teologico

  • Tutti gli scolasticati siano internazionali. Quando possibile vi sia uno scolasticato per ogni gruppo linguistico corrispondente alle lingue più parlate nei territori missionari. Questi scolasticati internazionali dipendono direttamente dalla Direzione Generale.
  • E’ opportuno che prima di iniziare lo scolasticato, sia data agli scolastici la possibilità di scegliere di lavorare nei diversi territori missionari su base linguistica.
  • Il corso di teologia comprende una serie di impegni di vita pastorale e missionaria.

La formazione dei Fratelli

  • E’ auspicabile che, per quanto possibile, i Fratelli abbiano un livello di formazione analogo a quello dei membri sacerdoti.
  • La loro preparazione apostolica sia dottrinale e professionale. Alcuni di loro, inoltre, seguano corsi di specializzazione in economia, amministrazione, medicina, ingegneria ed insegnamento, di modo che la loro formazione sia diversificata.

Corsi

  • Siano favoriti corsi speciali inerenti al campo pastorale secondo le necessità dell’Istituto.
  • Si auspica la frequenza di corsi di aggiornamento.
  • Viene istituito il corso ufficiale di aggiornamento nella Congregazione. E’ un diritto ed un dovere che i Padri e i Fratelli lo seguano, dopo un certo periodo: 7° – 10° anno dopo l’ordinazione per i sacerdoti, e dopo il primo periodo passato nelle missioni per i Fratelli.

Segretariato

Viene istituito il Segretariato Generale per la Formazione (questo sostituisce il Prefetto Generale per la Formazione disposta delle Costituzioni del 1958).

Il Governo

Mentre viene riaffermato che l’autorità risiede nella persona del Superiore a tutti i livelli, si evidenzia che:

  • più che potere, l’autorità è un “servizio”;
  • tutti i membri della comunità si sentano corresponsabili del suo benessere. Questo richiede che: il cammino verso qualsiasi decisione venga fatto “con spirito collegiale”; tutto ciò che si fa, viene fatto con la cooperazione di tutti i membri.

Per quanto concerne il Principio di “Sussidiarietà”, l’autorità minore ha la sua sfera d’azione dove l’autorità superiore non interferisce, eccettuati quei casi di vera necessità e per il bene delle comunità.

Si auspicano regolari Avvicendamenti nell’esercizio dell’autorità, di modo che tutti i membri possano offrire il loro servizio e al momento opportuno rinunciare alla loro responsabilità.

La Congregazione è divisa in Province, Regioni e Delegazioni (Le Regole di Vita del 1979 aboliranno poi le Regioni).

Viene introdotta la Consultazione di tutti i confratelli di voti perpetui prima che il Superiore Generale con il suo consiglio nomini i rispettivi superiori provinciali ecc.(La Regola di Vita del 1988 darà la possibilità di partecipare anche ai membri che hanno preso voti temporanei).

Vengono istituiti Quattro Segretariati Generali:

  • Per la Formazione
  • Per l’Economia
  • Per le Missioni (comprendente una Procura Centrale)
  • Per l’Animazione Missionaria

Composizione dei Capitoli Generali:

  • Membri Ex-Jure
    Il Superiore Generale ed i suoi assistenti; I Provinciali. Sono esclusi gli Uffici generali e gli ex Superiori Generali.
  • Membri delegati:
    Siano la maggioranza assoluta, cioè metà più uno.
  • Pianificazione
    Durante gli ultimi giorni del Capitolo si propone un piano o programma per la Direzione Generale (cf Boll. N. 90)
Priorità
  • La formazione:
    consolidare le strutture; preparare il personale; con particolare attenzione alla formazione dei Fratelli; periodi e contenuti.
  • Animazione:
    La promozione Vocazionale con particolare attenzione ai Fratelli ed agli adulti.
  • Le Missioni:
    consolidare e sviluppare quelle missioni dove siamo già presenti ed attivi.
  • Dare priorità alla riunione con l’MFSC, e cercare di implementarla.
  • Si istituisce una Assemblea Intercapitolare da tenersi tre anni dopo qualsiasi capitolo ordinario.