MCCJ

Il Concilio Vaticano Secondo

Abbiamo già parlato della crisi, risultato di cattiva interpretazione del Concilio; ciò nonostante i cambiamenti che portò furono positivamente significativi.

Nelle nostre missioni il Concilio ci aprì all’Ecumenismo e al Dialogo con altre Religioni e con il mondo in generale, alla Inculturazione ed alla nuova Liturgia. Le attività Liturgiche furono le prime ad essere interessate da quest’apertura: le lingue locali furono introdotte in tutte le cerimonie liturgiche e gli strumenti africani cominciarono a risuonare in tutte le Chiese e cappelle. I nostri missionari furono fra i primi ad intraprendere il paziente lavoro di traduzione, senza aspettare che altri lo facessero e ad introdurre l’eccitante musica locale nella Liturgia con l’aiuto della gente locale e i sacerdoti della Diocesi. Nessuno dei nostri musicisti ebbe però la competenza di P. Giorgetti nella musica, gli strumenti e canti africani. I nostri confratelli ebbero il difficile compito di tradurre i testi liturgici in molte lingue locali. Nell’Uganda, in Mozambico, in Sud Africa e in ogni nazione c’erano almeno 6 lingue fra le più importanti da tradurre. Nel Sudan ce ne sarebbero state molte altre

Le differenze negli aspetti teologici e biblici che caratterizzarono l’era post-Conciliare e che adesso vengono proposte in diverse istituzioni teologiche frequentate dai nostri scolastici, hanno influenzato la metodologia apostolica nelle missioni vis-à-vis gli agenti pastorali locali e i missionari di altri Istituti. Non si stava cercando l’uniformità, serviva però armonia per evitare di confondere e turbare i fedeli i quali tengono in alta considerazione l’immagine esteriore della Chiesa, dei suoi agenti pastorali e le sue istituzioni. Spesso i fedeli dovevano, e devono ancora, affrontare sviluppi nella dottrina e nella liturgia senza nessuna previa spiegazione o catechesi. Troppe cose furono fatte presupponendo che fossero facilmente comprese: un normale Cristiano sa veramente poco della dottrina Cristiana; inoltre, specialmente gli abitanti del mondo preindustriale tendono a pensare che qualsiasi cambiamento esterno sia in effetti indice di un cambiamento fondamentale: la distinzione non è sempre facile da afferrare.

L’enfasi sulla Chiesa identificata con “Il Popolo di Dio” nell’unità del Padre del Figlio e dello Spirito Santo (Concilio Vaticano, La Chiesa n. 4) ebbe notevoli conseguenze. Il concetto a piramide della Chiesa, normalmente identificato con la Gerarchia e soltanto nei suoi aspetti istituzionali, diventò una Chiesa “sacramento – segno e strumento – di comunione con Dio e di unità fra gli uomini” (Ib.n. 1)

La collegialità del Vescovi trovò la sua espressione principale nei Sinodi Ordinari, Speciali e Straordinari, e in altre consultazioni con i diversi dipartimenti della Santa Sede. A livello diocesano o parrocchiale, i relativi consigli acquisirono status giuridico. L’Apostolato Laico non è più la cooperazione dei laici nella missione della Gerarchia, ma l’adempimento delle responsabilità di tutti i battezzati di proclamare e testimoniare Cristo ovunque: essi hanno un diretto mandato da Cristo per adempiere a tale apostolato il battesimo fa sì che un Cristiano condivida il Sacerdozio di Cristo, I di Pietro 2:9. E’ vero che non tutti i sacerdoti o laici hanno assunto questa mentalità, ma il seme è stato piantato. La profezia di Mosé si sta avverando: “Fossero tutti i profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il Suo Spirito” (Num.. 11: 29:30)

Nel concetto piramidale della Chiesa i sacerdoti, inconsciamente negavano la libertà dello Spirito Santo.

Oggi, lo Spirito ha acquisito la sua piena libertà e fa miracoli in tutta la Chiesa: movimenti laici, volontari laici, povertà radicale, piccole comunità Cristiane ecc. stanno sorgendo ovunque. Per il successo, la nuova era della Chiesa necessita di nuovi Santi come fu per il periodo dopo il Concilio di Trento.

Populorum Progressio

Questa Enciclica di Papa Paolo VI che ebbe un forte influsso su tutti i fedeli Cristiani, fu in special modo significativa nel mondo preindustriale e agricolo dove lavorano i missionari:

“Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della Chiesa.” (n.1)

Il Papa ricorda i principi biblici generali e la tradizione Cristiana:

“Riempite la terra e assoggettatele”: la Bibbia, fin dalla prima pagina, ci insegna che la creazione intera è per l’uomo, cui è demandato il compito di applicare il suo sforzo intelligente nel valorizzarla e, col suo lavoro, portarla a compimento, per così dire, sottomettendola al suo servizio. Se la terra è fatta per fornire a ciascuno i mezzi della sua sussistenza e gli strumenti del suo progresso, ogni uomo ha dunque il diritto di trovarvi ciò che gli è necessario. Il recente Concilio l’ha ricordato: “Dio ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, di modo ché i beni della creazione devono equamente affluire nelle mani di tutti, secondo la regola della giustizia, che è inseparabile dalla carità”. Tutti gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e del libero commercio, sono subordinati ad essa: non devono quindi intralciare, bensì al contrario facilitarne le realizzazione, ed è un dovere sociale grave e urgente restituirli alla loro finalità originaria.” (n. 22-23)

Il dovere di condividere ciò che possediamo è universale, l’obbligo di una nazione verso altre nazioni, perché nel mondo moderno il benessere o la povertà di una nazione influisce sull’altra con un incatenamento imprevedibile:

“Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: dovere di solidarietà: cioè l’aiuto che le nazioni ricche devono prestare ai paesi in via di sviluppo; dovere di giustizia sociale: cioè il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni commerciali difettose tra popoli forti e popoli deboli; dovere di carità universale: cioè la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiamo qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri. Il problema è grave, perché dalla sua soluzione dipende l’avvenire della civiltà mondiale.”(n. 44)

Tale obbligo è un obbligo della coscienza: “Che ognuno faccia un esame della sua coscienza, una coscienza che dia un nuovo messaggio per i giorni nostri.” n. 4)

Nel commentare questo brano per il 20° anniversario (1988) dell’Enciclica, Papa Giovanni Paolo II scrive:

“In tal quadro, la novità dell’Enciclica non consiste tanto nell’affermazione di carattere storico, circa l’universalità della questione sociale, quanto nella valutazione morale di questa realtà. Perciò i responsabili della cosa pubblica, i cittadini dei paesi ricchi personalmente considerati, specie se cristiani, hanno l’obbligo morale – secondo il rispettivo grado di responsabilità – di tenere in considerazione, nelle decisioni personali e di governo, questo rapporto di universalità, questa interdipendenza che sussiste tra i loro comportamenti e la miseria e il sottosviluppo di tanti milioni di uomini. Con maggior precisione l’Enciclica Paolina traduce l’obbligo morale come “Dovere di solidarietà”, ed una tale affermazione, anche se nel mondo molte situazioni sono cambiate, ha oggi la stessa forza e validità di quando fu scritta.” (Solicitudo Rei Socialis, n.9)

Tuttavia Papa Paolo sente la necessità di definire il significato di Sviluppo:

“ Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Com’è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto: “ noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo, dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo di uomini, fino a comprendere l’umanità tutta intera “(n.4)

Papa Paolo avrebbe proseguito su questo concetto di Sviluppo nella sua Lettera Apostolica Evangelii Nuntiandi, dove proclama lo scopo dell’Evangelizzazione come “Lo sviluppo integrale della persona umana”.

Se obbedendo al Populorum Progressio o sfidati da altri sani principi, molti confratelli – inclusi coloro che dirigevano le nostre riviste – hanno lavorato nello spirito dell’Enciclica, lo hanno fatto a volte senza aver le idee ben chiare e senza ponderare bene i loro giudizi.

Conferenza Generale dei Vescovi dell’America Latina di Medellin (Colombia 1968)

Se è difficile valutare l’impatto della Populorum Progressio nel mondo, è facile, d’altro canto valutare l’impatto di Medellin nella Chiesa Latino-Americana. Fu una svolta storica: i cambiamenti del Concilio Ecumenico e le indicazioni di Poplulorum Progressio furono applicati concretamente. I documenti e le Direttive date alla Chiesa Universale dal Concilio, i Sinodi dei vescovi, le Encicliche, le Lettere pastorali dei Papi, per loro natura contengono principi generali, e spesso con terminologia difficile da comprendere come alcuni documenti di Papa Giovanni Paolo II. Essi sono, tuttavia, diretti specificatamente ai Vescovi ed i sacerdoti. E’ compito loro interpretare il loro contenuto e renderlo praticamente concreto.

Questo fu il successo di Medellin. In un momento di odio contro le strutture, i Vescovi Latino-Americani riconobbero la loro importanza: e non le distrussero, le resero, invece, visibili a tutti: “ Le Piccole Comunità Cristiane”. Ciò facendo Medellin unì i tradizionalisti e i progressisti: quei tradizionalisti che sono aperti ai segni dei tempi” e quei progressisti che sono aperti ai valori permanenti del Vangelo e della tradizione, cioè, dell’esperienza vissuta attraverso i secoli dalla Chiesa.

La Conferenza di Puebla (n. 1134) ammise che c’erano state delle cattive interpretazioni, e conseguenti deviazioni dello spirito di Medellin: questo accadde perché alcuni membri della Chiesa non furono in grado di bilanciare in modo adeguato la tradizione ed il progresso. Ci furono interpretazioni individualistiche dei “ segni dei tempi” che erano solamente gradite ad alcuni religiosi e sacerdoti.

I seguenti punti basilari sono i principi carismatici di Medellin che sono, a loro volta, applicazioni pratiche del Concilio Vaticano Secondo:

  • Opzione preferenziale per e solidarietà con i poveri.
  • I Vescovi, i sacerdoti ed i religiosi devono testimoniare la povertà evangelica e diventare la voce di coloro che voce non hanno.
  • La Chiesa come popolo di Dio è soprattutto una comunione con Dio e con tutti gli uomini: la fede, quindi, non deve essere vissuta in modo individualistico ma in comunione con tutte le persone che devono dare la priorità all’ ”essere “ non all’ ”avere”.
  • La Chiesa è un servizio ed un sacramento e trova la sua forza nello spirito della collegialità, il principio di sussidiarietà o divisione del potere.

Primo incontro del Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar (SCEAM-SECAM) 1969

Nell’occasione del pellegrinaggio in Africa di Papa Paolo VI, i Vescovi dell’Africa e del Madagascar si riunirono a Kampala per tre giorni alla fine di luglio 1969.

Fu durante quest’incontro che Papa Paolo VI formulò lo spirito di “Maximum Illud” di Benedetto XV: “Adesso, voi africani siete ormai missionari di voi stessi, in altre parole, voi africani dovete continuare la costruzione della Chiesa su questo continente.”

Presenti al Simposio erano sei cardinali africani: L. Rugumbwa, (Tanzania) P. Zoungrana, (Bourkina Fasso) J. Malula, (Congo) L.E. Duval, (Algeria) A. Siderous, (Egitto) Mc. Cann (Sud Africa); i presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Africa e l’Arcivescovo Pignedoli di Propaganda Fide. Il Papa esortò tutti a lavorare per l’inculturazione per dare al Vangelo un volto africano.

Sinodo dei Vescovi

Durante il Concilio Vaticano, nella Costituzione di Lumen Gentium n. 22 ed il Decreto Christus Dominus sull’ufficio pastorale del Vescovi n. 4-6, la collegialità dei Vescovi assieme al Papa e fra di loro sottolinearono: “ L’ordine dei Vescovi è il successore nel collegio degli Apostoli nel loro ruolo d’insegnanti e pastori ed in esso il Collegio Apostolico viene trasmesso assieme al loro superiore, il Pontefice Supremo.”(Christus Dominus n. 4) Fu lanciata l’idea che tale collegialità non fosse esercitata soltanto nell’ambito del Concilio Ecumenico, ma, nascesse, invece, in un Concilio “ che avrà il nome speciale di Sinodo dei Vescovi”. I dettagli verranno indicati dal Pontefice Romano. Il 9 settembre 1965, Papa Paolo VI dette le norme per il Sinodo nella sua lettera apostolica Motu Proprio, Apostolica Sollicitudo. Essa Stabiliva tre differenti tipi di Sinodi:

  • L’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo: composta da vescovi ex officio e Delegati eletti dalle relative Conferenze Episcopali
  • L’assemblea Generale Straordinaria dei Vescovi: composta da vescovi ex officio e dai presidenti delle Conferenze Episcopali.
  • L’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi: composta da membri ex officio e delegati di particolari regioni della Chiesa. Per esempio, l’Assemblea del Sinodo per l’Africa. (1994)

Il primo Sinodo ordinario “ Su opinioni pericolose e l’ ateismo” fu convocato nel 1967; il secondo sul tema “ La Giustizia nel mondo” nel 1971, il terzo sul tema “ L’Evangelizzazione nel Mondo” nel 1974 e dall’ora ogni tre anni. Tutti i Sinodi sono di grande importanza per tutti i membri della Chiesa però il secondo ed il terzo hanno un particolare significato per i nostri missionari.

Il Sinodo sulla “Giustizia nel Mondo“ (1971)

Questo Sinodo identificava il ruolo della Chiesa nel proclamare le opere della Giustizia e nel denunciarne le ingiustizie. Due punti sono importanti:

Primo: La necessità di Giustizia all’interno della Chiesa

“ Mentre è dovere della Chiesa testimoniare la giustizia, essa riconosce che chiunque si avventuri a parlare di giustizia alla gente deve, innanzi tutto essere visto come giusto. Dobbiamo quindi esaminare i comportamenti relativi alle proprietà e lo stile di vita presenti nella stessa Chiesa. I diritti devono essere preservati all’interno della Chiesa. Nessuno dovrebbe essere privato dei suoi diritti ordinari perché è associato alla Chiesa in un modo o nell’altro. Coloro che servono la chiesa con il loro lavoro, inclusi sacerdoti e religiosi dovrebbero ricevere un compenso sufficiente e godere della previdenza sociale vigente nella loro regione. I laici dovrebbero ricevere uno stipendio equo ed avere un sistema di avanzamento di carriera. Ribadiamo che i laici devono esercitare funzioni più importanti e relative alle proprietà della Chiesa e devono condividerne l’amministrazione.”

Questa sembra esser la prima volta che tale affermazione venga inclusa in un documento pubblico – la Chiesa che si auto-accusa. Questo è molto importante per noi missionari: è vero che viviamo di carità, ma non possiamo aspettarci che i nostri collaboratori lavorino per carità. Una riflessione sui salari è sempre necessaria nei cambiamenti che avvengono nei paesi del terzo Mondo: ci battiamo per uno stipendio equo tenendo in mente per quanto possibile il sostentamento della famiglia; questo fa parte dell’insegnamento Sociale Cattolico.

Secondo: il diritto della Chiesa di proclamare la giustizia

“La Chiesa ha ricevuto da Cristo la missione di predicare il messaggio del Vangelo, che contiene il richiamo all’uomo di allontanarsi dal peccato ed avvicinarsi all’amore del Padre, alla fratellanza universale e di conseguenza alla richiesta di giustizia nel mondo. Questa è la ragione per cui la Chiesa ha il diritto, di più, il dovere, di proclamare la giustizia a livello sociale, nazionale, e internazionale, denunciare le ingiustizie quando i diritti fondamentali dell’uomo e la sua stessa salvezza lo richiedono. La Chiesa, ovviamente non è la sola responsabile della giustizia nel mondo; essa, tuttavia, ha una specifica responsabilità che si identifica con la sua missione di dare testimonianza dinanzi al mondo, della necessità d’amore e di giustizia contenuti nel messaggio del Vangelo.

Di per sè non spetterebbe alla Chiesa – in quanto essa è una comunità religiosa e gerarchica – offrire soluzioni concrete per la giustizia nel mondo nelle sfere sociali, economiche e politiche. La sua missione riguarda difendere e promuovere la dignità e i diritti fondamentali della persona umana.”

Il Sinodo sull’Evangelizzazione (1974)

Il terzo Sinodo del Vescovi si occupò delle “ Evangelizzazione nel mondo moderno”. Questo incontro cambiò le procedure del Sinodo. Difatti, i due Sinodi precedenti pubblicarono essi stessi il testo completo, i risultati delle loro discussioni e le decisioni prese.

Quando i due segretari del Sinodo presentarono la loro bozza per l’approvazione il Sinodo ne rifiutò la metà. Era il giorno prima della chiusura, che cosa si poteva fare? Il defunto Cardinale Marty, Arcivescovo di Parigi e il Cardinale Suenens, Arcivescovo di Mechelen- Bruxelles, suggerirono ai Padri presenti al Sinodo di dare tutto il materiale al Papa e, il Sinodo avrebbe pubblicato un “Messaggio”. Al seguente Sinodo del 1977, sulla “ Catechesi” i Vescovi erano rimasti così contenti della esortazione Apostolica “ Evangelii Nuntiandi” che con larga maggioranza proposero di seguire la stessa procedura e di passare al Papa le loro “Proposizioni” e “Risoluzioni “ approvate durante l’ultima sessione. Da questo materiale il Papa avrebbe potuto preparare e pubblicare la lettera connessa.

Contenuti L’Esortazione Apostolica di Papa Paolo VI fu molto apprezzata per il suo contenuto chiaro ed esaustivo ed il suo stile semplice, segni di una mente matura e saggia.

Descrizione (non definizione) di Evangelizzazione

Proclamazione e attività pastorali. “ Nelle attività di evangelizzazione della Chiesa ci sono, naturalmente, certi elementi ed aspetti sui quali si deve insistere. Alcuni di essi sono talmente importanti che ci sarà semplicemente la tendenza ad identificarli con l’evangelizzazione nel senso di proclamare Cristo a coloro che non lo conoscono, di predicare, di catechizzare, di conferire il battesimo e gli altri Sacramenti,” (n.17)

Fondare una Chiesa Vivente. “Nella sua totalità, l’evangelizzazione – oltre a predicare il messaggio – consiste nel fondare la Chiesa, che non esiste senza la forza trainante che è la vita sacramentale che culmina nell’eucarestia.” (n. 20)

Riguardante la vita nel suo insieme. “ Ma l’evangelizzazione non sarebbe completa se non considerasse l’incessante interscambio del Vangelo con la vita concreta dell’uomo, sia personale sia sociale. Questa è la ragione per cui l’evangelizzazione implica un messaggio esplicito, adattabile a situazioni differenti che si realizzano costantemente, che riguardano i diritti e i doveri di ogni essere umano, circa la vita familiare, senza la quale la crescita personale e lo sviluppo sono praticamente impossibili, circa la vita sociale, circa la vita internazionale, la pace, la giustizia, e lo sviluppo.” (n. 29)

Necessariamente legata alla promozione umana. “ Fra l’evangelizzazione e la promozione umana – sviluppo e liberazione, – ci sono difatti profondi collegamenti. Questi includono: un ordine antropologico, in quanto l’uomo che sarà evangelizzato non è un essere astratto ma soggetto a stimoli sociali ed economici.

L’ordine teologico, in quanto non si può dissociare il piano della creazione dal piano della redenzione. Quest’ultimo riguarda le concrete situazioni di ingiustizia che devono essere combattute e della giustizia che deve essere restaurata.

L’ordine eminentemente evangelico, che è quello della carità. Come si potrebbe proclamare il nuovo comandamento senza promuovere la giustizia e la pace, il vero autentico progresso dell’uomo? (n. 31)

Un messaggio di liberazione. “ E’ risaputo in quali termini i Vescovi provenienti da tutti i continenti ne parlarono all’ultimo Sinodo (1971) specialmente i vescovi del Terzo Mondo, con un accento pastorale risonante della voci dei milioni di figli e figlie della Chiesa che compongono quei popoli. Popoli come ben sappiamo, che hanno intrapreso con tutte le loro energie la lotta per sconfiggere tutto ciò che li condanna a restare ai margini della vita: carestie, malattie croniche, analfabetismo, povertà, ingiustizie nelle relazioni internazionali specialmente negli scambi commerciali, situazioni di neo-colonialismo economico e culturale, a volte altrettanto crudele del vecchio colonialismo politico. La Chiesa, come hanno ribadito i Vescovi, ha il dovere di proclamare la liberazione di milioni di esseri umani, molti dei quali sono i suoi stessi figli, il dovere di assistere alla nascita di questa liberazione, di testimoniare e assicurarsi che questo sia fatto. Questo non è estraneo all’evangelizzazione.” (n. 30)

Senza riduzioni o ambiguità. “Qualsiasi definizione parziale o frammentaria che cerchi di rendere la realtà dell’evangelizzazione in tutta la sua ricchezza, complessità e dinamismo lo fa solo con il rischio di impoverirla nonché distorcerla. E’ impossibile afferrare il concetto di evangelizzazione a meno che si tenti di tenere a mente tutti i suoi elementi essenziali.” (n. 7)

Non possiamo ignorare il fatto che molti, anche quei Cristiani generosi che capiscono le drammatiche questioni che comportano il problema della liberazione, nel loro desiderio di impegnare la Chiesa nello sforzo per la liberazione, sono di frequente tentati a ridurre la sua missione alle semplici dimensioni di un progetto temporale. Ridurrebbero i suoi scopi ad uno scopo unicamente accentrato sull’uomo, della cui salvezza essa è il messaggero, ridotto unicamente ad un benessere materiale. La Sua attività, dimentica di tutte le preoccupazioni spirituali e religiose, diverrebbe simili ad iniziative di ordine politico o sociale. Ma se questo si avverasse, la Chiesa perderebbe il suo significato fondamentale. Il suo messaggio di Liberazione non avrebbe più nessuna originalità e sarebbe facilmente aperta a manipolazioni e monopolizzazioni da parte di sistemi ideologici e partiti politici. Essa non avrebbe più nessuna autorità per proclamare la libertà nel nome di Dio. Questa è la ragione per cui, abbiamo desiderato enfatizzare nello stesso discorso dell’apertura del Sinodo, “ La necessità di esprimere chiaramente la finalità squisitamente religiosa della evangelizzazione. Essa non avrebbe ragione di esistere se dovesse distaccarsi dall’asse religiosa che la guida: il Regno di Dio innanzi tutto, nel suo significato integralmente teologico …” (n. 32)

Dopo aver ben spiegato il significato dell’evangelizzazione il Papa ne descrive i contenuti come:

  • L’evangelizzazione delle culture.
  • La primaria importanza della testimonianza della vita.
  • La necessità di una proclamazione esplicita.
  • Il fulcro del messaggio: la salvezza in Gesù Cristo.
  • Un concetto evangelico dell’uomo implica una necessaria conversione del cuore e di attenzione da parte di tutti a partire dai leader.
  • L’esclusione della violenza.

Un importante affermazione: “ La chiesa è evangelizzatrice, ma essa stessa deve essere evangelizzata.” (n. 15)