MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003
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CAPITOLO DECIMO
Dal 1959 al 1969
NONO CAPITOLO GENERALE
(VENEGONO, 1959)
Il Capitolo
- Membri del Capitolo: 37 (Boll. N. 71)
- Membri dell’Istituto: 1.235 (9 Vescovi, 2 Prefetti Apostolici, 685 sacerdoti, 233 scolastici, 306 Fratelli).
- Eletti: P. Gaetano Briani, Superiore Generale, (1900-1984); p. G. Battelli, Vicario Generale; p. L. Bano (+1983), p. L. Urbani (+1991), p. G. Baj (+1993), assistenti.
P. GAETANO BRIANI. Professò il 1° novembre 1921 a Venegono. Partì per Bahr-el-Ghazal nel 1933 dove rimase fino a settembre del 1947 quando fu eletto Vicario Generale; dal 1953 al 1959 ebbe la carica di Superiore regionale del Bahr-el-Ghazal, con residenza a Wau. Alla fine del suo mandato come Superiore generale (1969), rimase in Italia lavorando in diverse case. Era un uomo onesto e sincero, dedicato al proprio lavoro e all’Istituto con un sincero spirito di fede che mostrò in diverse occasioni. Si rendeva conto della crisi che c’era nell’Istituto, ma decise di non apportare nessun cambiamento sostanziale alle regole, lasciando qualsiasi decisione in merito al Capitolo del 1969. Autorizzò la preparazione di un questionario nel quale le regole, lo stile di vita e le strutture dell’Istituto furono messe apertamente in discussione e affidò il lavoro ad un giovane sacerdote, p. Venanzio Milani che allora aveva 29 anni. Morì a Verona.
Osservazioni particolari
Un religioso fu mandato a presenziare il Capitolo, era p. Clemente da Santa Maria di Punta, O.F.M. Cap., il quale il 6 luglio ricevette uno ad uno tutti i padri presenti per il Capitolo. Egli informò l’assemblea che tutte le decisione avrebbero dovuto essere ratificate da lui personalmente dopo le elezioni. La sua mansione sarebbe stata quella di Assistente dell’Istituto per un certo periodo di tempo. L’assistente religioso in questo particolare Capitolo aveva più poteri di quello del Capitolo del 1953.
La sua presenza era stata richiesta a causa di alcune irregolarità nelle elezioni: una era la sostituzione di Superiori Regionali poco prima della convocazione del Capitolo. Siccome questi erano membri del Capitolo di diritto, alcuni sospettavano che avrebbero potuto votare nel modo in cui volevano i Superiori.
Una ulteriore irregolarità era che le delegazioni venivano ignorate e così escluse dal Capitolo. Il delegato del Messico, che era stato escluso, sottopose il caso alla S. Sede, che intervenne in suo favore. Inoltre, c’erano state troppe interferenze nell’approvazione della revisione delle regole.
Il Capitolo del 1953 aveva chiesto alla Direzione Generale di nominare una commissione per la revisione delle regole. La commissione suggerì dei cambiamenti che sottopose all’approvazione di Propaganda Fide, prima di presentarli al Capitolo. Per un disguido, le nuove regole furono approvate da una persona che non ne aveva l’autorizzazione. Anche tutti i libri contabili e i resoconti della Direzione Generale furono minuziosamente controllati da un altro esperto su autorizzazione dell’assistente religioso, che in pratica agiva come un Visitatore Apostolico. Il 9 agosto, l’Assistente inviò al nuovo Padre Generale i seguenti appunti:
- si deve stabilizzare e rafforzare ciò che è stato fatto durante il mandato del Consiglio generale uscente.
- No a nuove missioni e all’apertura di nuove case fino a quando quelle già esistenti non siano state adeguatamente tutelate.
- Con riferimento alla disciplina: si deve rinnovare e migliorare la vita spirituale: l’osservanza dei voti, il rispetto per i Superiori; la carità fraterna.
- Con riferimento al campo missionario: in ogni parrocchia o stazione affidata all’Istituto ci dovrebbero essere almeno due sacerdoti.
- Con riferimento alle scuole: obbedendo alle prescrizioni pontificie, è necessario dare una preparazione spirituale e culturale adeguata a coloro che sono responsabili per la formazione dei giovani; aumentare il loro numero in proporzione agli studenti, cambiarli solo per motivi seri ed urgenti.
- Con riferimento al campo economico: coprire i debiti esistenti, e non imbarcasi in altre spese future senza avere prima la certezza di avere una copertura finanziare adeguata.
Da quanto sopra esposto, si può vedere chiaramente che cosa aveva in mente la S. Sede quando ha nominato l’Assistente Religioso. Il 14 settembre l’Assistente approvò le decisioni prese dal Capitolo.
Assemblee Precapitolari
Il 24 giugno il Padre Generale annunciò che il 6 luglio sarebbe arrivato l’Assistente mandato dalla S. Sede. Furono perciò formate le seguenti sette commissioni precapitolari:
- Costituzioni, Tradizioni, Manuale di Preghiera da revisionare.
- Direttorio da revisionare.
- “Ratio Studiorum” o programma di studi da approntare.
- Finanze.
- Strutture ed organizzazione.
- Campi missionari.
Fu il più lungo Capitolo mai tenuto fino ad allora, sia per il numero di relazioni fatte, sia a causa delle discussioni nelle commissioni preparatorie.
Le seguenti relazioni furono pubblicate per la prima volta: relazioni del Superiore generale, dell’Economo generale, del Procuratore, dell’Assistente delle “Ausiliarie Comboniane” e di 15 Regioni.
Principali Decisioni del Capitolo
- I Superiori degli Scolasticati vengono invitati ad incoraggiare le inclinazioni personali degli scolastici nei loro studi e nella conoscenza delle lingue: I Superiori Maggiori ne terranno conto per decidere le loro destinazioni finali.
- È da incoraggiare l’istituzione di uno Scolasticato Internazionale per Teologia per la sua grande utilità nell’amalgamare gli studenti.
- Si autorizza una struttura per le vocazioni degli adulti in Italia (sarà a Crema- Lombardia).
- L’ammissione dei candidati deve prendere in considerazione il giudizio globale dei Superiori e dello staff.
- Esami statali dopo la scuola media: li devono sostenere tutti, la maggior parte di loro, alla fine dei corsi di latino, alla fine del liceo solo alcuni (questo ha validità solo per l’ordinamento scolastico in Italia, altrove si adotterà l’equivalente).
- Si nomina una commissione per la preparazione della “Ratio Studiorum”. Vengono dati riferimenti e criteri da seguire.
Risoluzioni riguardanti le missioni ed i missionari:
- Arua in Uganda ed Esmeraldas in Ecuador vengono erette Regioni a pieno titolo per ambedue i territori.
- Personale nel Sudan:per quanto possibile, deve essere in buona salute e ben preparato.
- Un centro per l’accoglienza dei sudanesi del sud che accorrono a Khartoum sarà controllato dall’Ordinario, ma l’Istituto darà una mano fornendo personale idoneo, possibilmente Fratelli che hanno già operato nel sud.
Uganda:
- La fondazione di un Comboni College a Lira viene approvata. Al nuovo Consiglio Generale viene chiesto di iniziare i lavori quanto prima.
- Si chiede che il numero più alto possibile di missionari venga mandato in Uganda fintanto che la situazione lo consente.
- Viene approvata la proposta di aprire un Centro d’accoglienza per africani, specialmente studenti, che arrivano al Cairo. Modalità operative e nomina di personale idoneo sono lasciati ai Superiori interessati.
- Viene approvata l’iniziativa di mandare studenti africani in Europa ed in America. Si ritiene opportuno nominare un sacerdote in Italia ed un altro negli USA che ricerchino borse di studio, incluse rette universitarie, vitto ed alloggio.
- I confratelli che insegnano nelle scuole delle missioni stanno facendo vera attività missionaria, e devono essere perciò preparati con le necessarie qualifiche accademiche.
- Vengono date istruzioni dettagliate per la cura dei confratelli ammalati di ritorno dalle missioni. Essi devono sentirsi benvenuti e si deve fare quanto possibile per curarli, senza farli sentire un peso. Le spese sono distribuite fra le comunità e le regioni.
IL PERIODO DAL 1959 AL 1969
Sviluppi e l’apertura di nuove istituzioni 1
Seminari Minori
- Messico: San Francisco del Rincón (1959)
- Spagna: Saldaña (1960) **
- Brasile: São Gabriel** (1963) Jeronimo Monteiro** (1965) São José do Rio Preto (1967)
- Italia: Lecce* (1963) Asti** (1967)
- Canada: Brossard**(1966) come centro di animazione
- Eritrea: Decameré (1963)
Noviziati e scolasticati
- In Spagna, Noviziato di Palencia (1960)*
- In Messico, Xochimilco (1962) Nuovo Postulato
- In Spagna, Moncada * (1964)
Formazione Permanente
Nel 1961, il Superiore Generale autorizzò la pubblicazione dell’“Archivio Comboniano” che presenta studi e documenti su Comboni e il Cuore di Gesù. Fu fatto su iniziativa di p. Chiocchetta.
Viene aperto un corso per l’aggiornamento dei nostri confratelli con riferimento ai cambiamenti apportati dal Concilio Vaticano II. Ha la durata di quasi nove mesi. Il primo corso viene tenuto durante l’anno accademico 1964-1965. Durante il corso vengono ripassate varie materie, come per esempio. Dogmatica, Teologia Morale, la Liturgia, le Sacre Scritture.
Nuovi impegni
Un sacerdote viene destinato al lavoro pastorale fra gli emigranti italiani in Olanda ed uno in Svizzera dove apriamo una casa a Gordola (1964) Ambedue gli impegni terminarono dopo il Capitolo del 1969.
Apertura di nuove case
A Madrid in Spagna. Arturo Soria (1959): Nel 1969 Centro della Delegazione provinciale. Esce il primo numero di “Mundo Negro” il 23/03/1960. A Roma costruiamo una nuova casa in Via Luigi Lilio, 80. dove risiedono i membri del Consiglio Generale e gli uffici amministrativi. Vi si trovano anche lo Scolasticato e corsi per la formazione permanente. La Casa fu aperta il 15 marzo 1965.
Erezione delle nuove Regioni
La Regione Iberica. Che comprende Spagna e Portogallo nel 1965.
Tre Regioni in Italia: alla fine del 1964 si fece un esperimento temporaneo suddividendo l’Italia in tre regioni inclusa la nuova regione meridionale, specialmente per meglio promuovere le vocazioni.
Il Congresso dei Superiori Maggiori e Formatori
Si tenne a Roma dal 1 al 9 giugno 1965 secondo le indicazioni del Capitolo precedente. Si stavano vedendo i primi accenni di crisi postconciliare. Il Superiore Generale rese partecipi i confratelli delle difficoltà che incontrava. Il seguente brano dal suo discorso di apertura è indicativo di quanto stava succedendo:
“I giovani confratelli si estraniano dalla tradizione dicendo che i giovani di oggi hanno altri bisogni e perciò deve essere loro permesso di essere formati secondo lo spirito odierno. Quelli di mezz’età vogliono avere la loro libertà perché sono già maturi. Ognuno di questi interpreta le innovazioni del Concilio a modo suo e ciò porta a una vita individualistica con il pretesto di “Aggiornamento”. Questo stato di cose non porta alcun vantaggio alla vita comunitaria sia in patria che nelle missioni. Se avete seguito i discorsi del Santo Padre, potrete aver capito che il significato di “aggiornamento” è il ritorno allo spirito genuino del fondatore usando mezzi moderni per raggiungere gli stesi fini dell’Ordine o dell’Istituto. Lo spirito genuino dei fondatori (e quindi anche di coloro che formarono il nostro Istituto) è lo spirito evangelico. Il Vangelo, perciò è l’unica norma alla quale dobbiamo uniformarci.”
Il Programma del Congresso:
- La vita religiosa e missionaria (p. A. Capovilla)
- Seminari Minori (p. Colombini); Liceo Comboniano (p. Accorsi).
- Noviziato (p. Todesco); Scolasticato di teologia (p. Gusmini)
- Musica Sacra (p. Bonfitto)
- Formazione dei Fratelli (p. Matordes)
- Apostolato (p. Carlesi)
- Animazione e promozione vocazionale (p. Farè)
Conclusioni. Ci furono lunghe discussioni sulle difficoltà incontrate dai formatori in seguito al Concilio Vaticano; c’era una diffusa intolleranza della disciplina e dei metodi formativi tradizionali. Tutto ciò era un sintomo della frustrazione generale dei giovani che portò alla rivolta pacifica del 1968. L’assemblea discusse la possibilità di chiedere a Propaganda Fide di aggiornare la nostra Costituzione almeno “ad tempus” così da essere in linea con il Concilio Vaticano, ma prevalse l’opinione di aspettare fino al Capitolo del 1969. Nel frattempo la confusione dei formatori e dei candidati continuava e alcune della case dovettero essere temporaneamente chiuse.
I primi contatti fra l’MFSC e l’FSCJ
Si stavano facendo approcci informali e personali sin dal 1955, principalmente fra gli studenti e i padri dell’Università Urbaniana.
P. Lechner, l’allora Superiore generale dl MFSC scrisse una lettera il 15.2.63 a p. Briani, Superiore generale del FSCJ circa la possibilità di una Riunione: questo portò alla visita di p. Briani a p. Lechner in Germania.
Durante il Concilio Vaticano II i due Superiori s’incontrarono per prendere in considerazione la possibilità di istituire una commissione mista per discutere il problema: Propaganda era a favore di questa iniziativa.
Il Capitolo Generale del MFSC nel 1967 celebrò il centenario della fondazione dell’Istituto nel 1867. L’occasione portò a una discussione sulla Riunione e un eventuale approccio al FSCJ. I capitolari ne erano a favore a condizione di poter mantenere le loro missioni in Sud Africa e nel Perù. Nello stesso anno, i comboniani FSCJ aprirono due comunità: una in Sud Africa e l’altra nel Perù.
Sviluppi nelle Missioni
Aperture nei territori francofoni
A causa delle espulsioni dei nostri missionari dal Sudan che ebbero inizio nei primi anni sessanta raggiungendo il culmine nel 1964, alcuni di loro erano disponibili e chiedevano di essere ricollocati in altri territori missionari. La presenza del Padre Generale al Concilio Ecumenico dette l’opportunità a molti Vescovi di chiedere che fosse loro assegnato personale. Un’apertura nei territori francofili era una buona idea perché per i numerosi missionari espulsi dal Sudan, il francese non avrebbe creato molti problemi. La lingua francese, fino agli anni cinquanta veniva insegnata per tre anni a tutti gli studenti italiani nelle scuole. Le seguenti nazioni, chiesero ed ottennero personale:
- ZAIRE: nella Diocesi di Nyangara (dic. 1936)
- TOGO: nell’ Archidiocesi di Lomé (1964)
- BURUNDI: nella Diocesi di Bujumbura (1964)
- REPUBBLICA CENTRO-AFRICANA: (1964). Questa apertura era stata dettata dalla necessità di offrire assistenza ai rifugiati provenienti dal Sudan meridionale. I centri maggiori erano Mboki e Obo, nella Diocesi di Bangassou, affidati ai Missionari del Santo Spirito. Fu inoltre aperta una comunità nella capitale Bangui (1967) per servizi logistici verso i due centri sopra menzionati (vedere opuscolo di p. De Angelis).
Ritorno in Etiopia
Dopo l’espulsione del 1942, alcuni dei nostri missionari erano rimasti in Eritrea, la maggior parte dei quali presso il Comboni College. Nel 1964, due dei nostri confratelli, p. Maccani e p. Lonfernini, che erano stati espulsi dal Sudan entrarono in Etiopia senza che nessuno se ne accorgesse. Furono loro, nel 1965, a fondare la nostra missione di Awasa a Sud di Addis Abeba, nella provincia di Sidamo. Furono aiutati dall’internunzio, l’Arcivescovo G. Moioli il quale aveva, in precedenza, acquistato un appezzamento di terreno vicino al Lago Awasa per eventuali necessità della Chiesa cattolica. Durante il Concilio Vaticano II anche lui aveva rivolto la sua richiesta di personale a p. Briani, richiesta che fu accolta. (Per la storia dell’intera vicenda, vedere il testo di p. Lonfernini: “Nelle Vecchie e Nuove Vigne Africane “ed. EMI)
Il Martirio di quattro confratelli nello Zaire
Il martirio di quattro nostri confratelli ed il ritorno di altri in Italia (vedere Boll. N. 72,73,74.: vedere Vol. 1 di “Traduzione in Inglese dei necrologi dei nostri confratelli” 1/7/1965, p. 185.).
Alla fine del 1963, otto dei nostri confratelli espulsi dal Sudan partirono per lo Zaire nella Diocesi di Nyangara che era stata affidata a missionari belgi e olandesi Domenicani amministrati dal Vescovo Francis De Wilde.
I nostri missionari furono assegnati alle missioni di Rungu e Ndedu. Nel 1964 la rivoluzione Simba arrivò fino alle nostre missioni. Tutti i missionari americani e belgi furono arrestati, fra di loro c’erano anche p. Remo Armani, nonostante fosse di nazionalità italiana.
P. REMO ARMANI (1917-1964) Fu ordinato sacerdote nella Diocesi di Trento nel 1941. Fece la sua professione nel nostro Istituto nel 1950 e fu immediatamente mandato a Juba fra gli Azande e nel 1969 a Yambio. Espulso dal Sudan nel 1962, egli fu nominato rappresentante del Superiore Generale per il nuovo gruppo nello Zaire. Risiedeva a Ndedu nord-ovest di quella che è adesso Isiro assieme a p. Merloni, p. Colombo e Fratel Pariani. P. Remo fu fatto prigioniero alla fine di ottobre assieme ad altri missionari.
Martedì 24 novembre, i paracadutisti arrivarono a Stanleyville (Kisangani). Durante una delle ultime trasmissioni radio da parte del capo della repubblica popolare fu dato l’ordine di uccidere tutti gli ostaggi. I ribelli di Paulis (Isiro) iniziarono le esecuzioni prima dell’arrivo dei paracadutisti nel Congo (Zaire). La sera del 23 novembre, quando era già buio, ordinarono ai prigionieri di uscire, li fecero inginocchiare e li percossero. P. Armani si alzò dicendo che era italiano, mentre le rappresaglie erano indirizzate verso i belgi e gli americani, ciò non fece nessuna differenza perché fu ucciso immediatamente con una pallottola alla testa.
Così, verso le nove di sera p. Armani offrì la sua vita in sacrificio al Signore per la salvezza dei suoi cari africani. Fu il primo ad essere ucciso. I Padri Piazza, Migotti e Zuccali, come pure Fratel Mosca incontrarono la loro fine a Rungu.
P. LORENZO PIAZZA (1915-1964) Fu ordinato sacerdote nel 1960 e lavorò presso diversi Seminari Minori Nel 1953 si laureò presso l’Università Cattolica di Milano con la tesi sull’arte degli Azande che raggiunse nel 1955, a Mupoi. Fu espulso nel 1963.
P. EVARISTO MIGOTTI (1922-1964) Già da seminarista rimase impressionato dalla vita di Comboni per cui si unì al nostro Istituto quando fu ordinato sacerdote nel 1948. Il suo primo incarico fu in Etiopia, per poi passare dieci anni fra gli Azande dal 1953 al 1963.
Di carattere semplice e buono, lavorava con generosità e con obbedienza. Il suo comportamento era quello di un religioso esemplare.
Quando abbracciò sua madre per l’ultima volta, questa gli disse “Padre Evaristo, sei appena scampato alla morte nel Sudan perché adesso vuoi andare nel Congo dove stanno uccidendo tutti i bianchi?” “Madre”, rispose il figlio “Credo che se Iddio mi chiedesse di morire da martire, non sarei degno di tale enorme grazia”
P. ANTONIO ZUCCALI (1922-1964) Entrò nel Noviziato di Venegono l’11 settembre 1943, alla fine del primo anno di Teologia proveniente dal seminario di Bergamo. Lasciare la famiglia fu per lui un atto eroico. Suo padre e uno dei suoi fratelli erano nell’esercito, ed un altro doveva presentarsi in quei giorni presso il Distretto Militare.
Lasciò a casa la madre e due sorelle. Arrivò a Isoke, Bahr-el-Gebel nel 1951. Si trovò subito a lavorare in un campo immenso. I cristiani della missione erano 8.000 su una popolazione di 80.000, con un incremento di circa 1.500 Cristiani all’anno. Approfittando di un periodo di libertà dal ministero, si dedicò alla costruzione di circa 30 cappelle in mattoni. Molte di esse furono erette sotto la sua personale supervisione.
Dirigeva una scuola d’artigianato con un buon numero di apprendisti e vari istruttori. Dette un vigoroso impulso alle conversioni di adulti e organizzò l’Azione Cattolica anche nei villaggi più piccoli impegnandone i membri a guidare le preghiere nelle cappelle. Promosse la vita Cristiana, in particolare aiutò a risolvere delicate situazioni familiari.
Fu trasferito a Torit nel 1959 e a Rungu nel 1963.
Martirio. Quando i Simba arrivarono a Rungu i missionari si nascosero. Fr. Mosca che sopravvisse all’eccidio, descrive gli accadimenti:
“La mattina del 30 novembre, dopo quasi una settimana di vita randagia nella foresta, i maestri vennero a dirci che i Simba li avevano minacciati di morte e avrebbero eseguito il loro piano se non fossimo usciti dal bosco.
Facemmo allora consiglio e decidemmo di comune accordo di arrenderci per salvare la vita a quella povera gente che aveva fatto tanto per noi, anche se sapevamo con tutta certezza di andare incontro alla morte. Ci confessammo tutti con serenità pensando al glorioso sacrificio che il Signore ci chiedeva per il bene delle anime a noi affidate e per tutto il Congo”.
Quando uscirono dal bosco i padri Piazza, Migotti e Fr. Mosca furono portati fino al fiume Bomokandi, fucilati, e gettati nel fiume. Ma Fr. Mosca riuscì a nuotare. Ci disse:
“Fui fatto scendere e sedere sul ciglio della strada, a pochi passi dall’imboccatura del ponte, con la faccia verso il bosco. Prima di spararmi (tiravano con un solo fucile perché scarseggiavano le munizioni) il capogruppo mi ordinò in francese: ‘Mostra la tua faccia!’ obbedii meccanicamente senza fiatare.
Mi stavo rigirando verso il bosco che rintronò la fucilata. Provai un forte colpo alla spalla sinistra, vicino al collo, e il braccio rimase come paralizzato. Fui indeciso un attimo sul da farsi: se mi fossi voltato mi avrebbero sparato un altro colpo, Con mente lucidissima seguii l’ispirazione di lasciarmi cadere pesantemente sul fianco destro, come morto. Intanto il sangue usciva a fiotti dalla ferita.
Io fui il penultimo ad essere gettato nel fiume. L’ultimo fu il cadavere di p. Piazza. La grazia del Signore mi assistette anche il quel momento e non ebbi il minimo tremito di paura al pensiero che avrei potuto sfracellarmi contro le pietre o contro un pilone del ponte, o annegare. Fortunatamente toccai l’acqua con la schiena e appoggiando i piedi sul greto riuscii ad aggrapparmi ad un pilone.”
Vagò per giorni finché cadde di nuovo fra le mani dei “Simba”:
“Dapprima i ‘simba’ mi guardarono con occhi pieni d’odio: poi un ufficiale cominciò a commentare: Ma questo è un miracolo!… Solo Dio ti ha salvato!… Tu sei invulnerabile. Ti faremo Arcivescovo dell’Armata Popolare!”
Mi rifocillarono con pane e margarina. Tutti volevano vedere la mia ferita e ripetevano meravigliati: “Solo Dio ti ha salvato!”. Uno propose di disinfettarmi la ferita con l’acqua.
Quella stessa sera l’ufficiale era andato ad avvertire le suore del mio ritrovamento, e che il giorno seguente mi avrebbero portato da loro per la medicazione.
Il colonnello di Rungu, di ritorno da un viaggio, si disse molto spiacente di sapere che i padri erano stati uccisi e assicurò le Suore che se lui fosse stato presente la strage non sarebbe avvenuta.”
Dopo alcuni giorni arrivarono i liberatori e il Fratello fu rilasciato.
L’uccisione di p. Zuccali. P. Zuccali era rimasto nel bosco insieme al laico Paul Lepêche, sperando che entro pochi giorni sarebbe giunta l’Armata Nazionale a salvarli.
Il mattino del 2 dicembre un indigeno li obbligò ad uscire dal nascondiglio perché – diceva – i ribelli uccidevano non solo chi occultava i bianchi, ma anche chi li aveva semplicemente visti.
I due si diressero verso la missione. La moglie di un maestro, una santa donna, non appena scorse i due padri traditi da quell’uomo tentò di assumersi tutte le responsabilità della loro vita. Il traditore era quasi convinto dalla sue parole, quando all’improvviso sbucò un camion di “simba” che uccisero il Padre e il giovane belga, proprio vicino alla turbina del fiume Rungu.
Il Padre fece in tempo a dare l’assoluzione al compagno e benedire la donna che aveva rischiato la vita per salvarli. I cadaveri vennero gettai nei gorghi del Rungu che è affluente del Bomokandi, e furono portati via dalla corrente. Invano i maestri li cercarono per lungo tratto del fiume.
I nostri missionari di Ndedu e le Suore Comboniane che lavoravano in cinque missioni nella Diocesi di Wamba furono torturati e seviziati per molti giorni, ma furono infine liberati.
Espulsioni di massa dei nostri missionari dal Sudan Meridionale 2
L’espulsione dei missionari dal Sudan Meridionale iniziata nel 1962 terminò nel 1964, quando furono espulsi gli ultimi rimasti. L’espulsione ebbe luogo dal 26 febbraio al 9 marzo: 104 confratelli, 98 Suore Comboniane e 12 padri di Mill Hill, per un totale di 214.
Le accuse furono: attività sovversive ed illegali, ostinazione nello sfidare la legge, incitamento alla sovversione. Il decreto di espulsione si riferisce ad alcuni casi particolari di sacerdoti che erano stati tacciati di tali accuse, ma che erano stati tutti assolti dai magistrati locali. Nessuna accusa fu mossa alle Suore; ciò nonostante furono tutte deportate. Gli Ordinari, cioè il Vescovo Mazzoldi (Juba), Mons. Ferrara (Mupoi/ Tombora) Mons. Te Riele (M.H. Malakal) scrissero una lettera di protesta al governo. La stilarono e firmarono a Khartoum l’8 marzo 1964. Portarono all’attenzione del governo quanto sopra esposto, scrivendo anche:
“Noi sottoscritti, siamo stai nominati da Sua Santità il Papa a guidare le Chiese locali nel Sudan Meridionale: continuiamo nel nostro compito anche se deportati, finché Sua Santità il Papa decide altrimenti. Come guide responsabili di quelle Chiese da diversi anni, conosciamo perfettamente i nostri Missionari, cioè i Sacerdoti, Fratelli e Suore che sono stai deportati con noi. Abbiamo controllato le loro attività attentamente durante quegli anni. Siamo di conseguenza in grado di parlare per loro, anzi, siamo tenuti per giustizia e carità a difendere la loro buona reputazione dato che il loro comportamento è stato corretto, come d’altro canto non sosterremmo le loro colpe se trovati manchevoli.
Ci permetta, quindi, Vostra Eccellenza, di assicurarVi che nessuno dei nostri Missionari ha mai preso parte in qualsiasi modo a “attività distruttive e illegali”. Essi, ognuno di loro, hanno sempre avuto il massimo rispetto per la legge e per le Autorità. Non possiamo, perciò, accettare le affermazioni di Vostra Eccellenza, e vorremmo che i fatti veri, fossero resi di pubblico dominio. Vostra Eccellenza ha reso noto nelle affermazioni fatte al Consiglio centrale: “È mio desiderio cercare la vostra indulgenza per poter attestare nei dettagli tutti gli incidenti ed offese che sono state provate senza possibilità di dubbio, essere state commesse da quella gente Ma il tempo stringe, così mi accontenterò di fare riferimento ad alcuni incidenti quali prova.” Vostra eccellenza, per brevità, cita solo alcuni casi. Possiamo quindi, supporre che abbia citato solo quelli più incriminanti e di conseguenza, siccome siamo in grado di provare che quei casi non dimostrano minimamente le vostre affermazioni sopra citate, neanche quelle non citate aiutano a comprovare quelle stesse asserzioni.”.
Esempi concreti sono citati qui di seguito. Al loro arrivo a Roma furono ricevuti da Papa Paolo VI il quale proclamò la loro innocenza nel modo seguente:
“Venerabili Fratelli, e amati figli! Ammiriamo la commovente testimonianza della Vostra innocenza, confortata dalle lacrime dei vostri fedeli. Deploriamo la primitiva messinscena che non possiede quei veri e propri motivi che dovrebbe avere per essere giustificata. Tale manovra va contro il buon nome ed il progresso civile della Nazione, e offende i sacri comuni diritti di giustizia e libertà.”
Il Superiore generale portò i confratelli deportati in un pellegrinaggio a Lourdes.
L’espulsione di dieci missionari dall’Uganda.
Nel febbraio del 1967 ci fu l’espulsione di dieci missionari dall’Uganda. Prima dell’ordine di deportazione formale, la notizia era loro già arrivata in via riservata. Il Vescovo Tarantino di Arua ed il vescovo Cesana di Gulu cercarono di bloccare il provvedimento e chiesero di poter parlare con il Presidente Obote. Anche il vescovo Cypriano Kihangire cercò di fare quello che poteva… Il presidente si rifiutò di incontrali. La ragione data ufficialmente era che i Padri stavano aiutando i Rifugiati Sudanesi, ma quasi nessuno dei sacerdoti espulsi aveva avuto a che fare con i rifugiati. La vera ragione erano i sentimenti cattivi dei due membri non cattolici del Parlamento ugandese, uno del West Nile, e l’altro di Kitgum, Acholi, i quali temevano che lo zelo dei missionari, rivolto principalmente alla formazione giovanile, avesse mire politiche; ma questo non era per niente vero. Dopo la caduta di Obote, alcuni missionari poterono tornare in Uganda.
Altri Martiri
p. Barnabas Deng. (1936 – 1965) Alcuni dei confratelli Sudanesi rimasero sul posto dopo l’espulsione dei missionari. P. Barnabas fu uno di loro. Il sacerdote ebbe modo di avvicinarsi ad uno dei missionari espulsi in partenza da Aweil e disse: “Padre prega per noi: ci rivedremo soltanto in Paradiso”. Fu ucciso vicino ad una caserma militare lunedì 23 agosto per nessuna apparente ragione.
p. Luigi Corsini (1928-1963) Fu trovato, ucciso sulla spiaggia che si trova nei pressi della missione di Todos Santos, nella California messicana. Aveva una ferita al collo: segno dei Massoni. È possibile che fosse venuto a conoscenza di qualche loro azione segreta o che avesse denunciato le ingiustizie di qualcuno di loro.
p. Marco Vedovato (25/4/30-19/10/68) Egli apparteneva alla nuova comunità della Parrocchia di Pastos Bon, a circa sessanta miglia da Balsas nel Maranhão, Brasile Settentrionale.
La sera di sabato 19 ottobre, 1968, tornando da una visita ad una cappella, era molto stanco e decise di fermarsi a riposare a Mirador. Era molto nervoso e si stancava facilmente in quel periodo, difatti, il mese seguente sarebbe tornato in Italia per un periodo di ferie. In una casa vicina stavano dando una festa che durava ormai da molte ore. Verso le 11.30 di sera, il missionario non potendo chiudere occhio, si alzò ed andò a chiedere di fare meno rumore. Egli pensò che tutto sarebbe finito lì e si voltò per tornare a letto. In quel momento, un giovane di vent’anni, che suonava la fisarmonica, gli sparò ripetutamente dei colpi di pistola ai reni. Il sacerdote cadde. Fu portato in una farmacia poco lontano ma morì venti minuti più tardi.
TESTIMONI
MONS. PIETRO VILLA:
Un vero figlio del Sacro Cuore fino alla morte.
Milano 18/1/1889 – Roma 13/11/1960.
Fu ordinato prete il 10 giugno 1911. Durante la Prima Guerra Mondiale fu chiamato alle armi dove restò per quattro anni come tenente, guadagnandosi anche una medaglia. Alla fine della guerra tornò alla sua parrocchia, ma solo per tre anni, perché il Signore lo aveva chiamato alla vita missionaria. Prese i primi voti nel 1923 e nel 1926 fu mandato nel Sudan.
A Khartoum egli mise in piedi la Procura Centrale, fondò il Comboni College e acquistò la famosa barca “Pio IX” che dette un servizio incommensurabile a tutti i missionari.
Fu nominato Assistente Generale al Capitolo del 1931. Nel 1935 fu richiamato alle armi e nominato Tenente Cappellano a Mogadishu. Nel 1937 fu nominato Prefetto Apostolico di Gondar (Etiopia) dove si dedicò immediatamente al lavoro pionieristico guadagnando l’ammirazione sia dei Copti che dei Mussulmani. In poco tempo scuole-cappelle furono costruite in diverse località dove gli indigeni vivevano senza nessun conforto religioso. Tali promettenti attività terminarono con i bombardamenti e le espulsioni della Seconda Guerra Mondiale. Mons. Villa fu deportato a Saganeiti (Eritrea) nel 1942 e un anno più tardi tornò in Italia nella vana speranza di poter di nuovo ottenere un visto per ritornare di nuovo in Etiopia.
Dopo un periodo di servizio presso la Curia di Roma per gli Affari Copti ed Etiopici, Mons. Villa il 1° maggio 1946 fu consacrato Vescovo Ausiliare del Cardinale Tisserant per la diocesi suburbana di Porto e Santa Rufina. Con lui, la Sacra Congregazione delle Chiese Orientali fu in grado di portare avanti molti lavori indispensabili per la vita religiosa nella diocesi, in Italia, in Grecia, in Egitto, ecc. Benché vivesse una vita povera e reclusa, era molto richiesto per la sua rettitudine, la sua passione per il lavoro, e la sua esperienza. Fu Vice Presidente dell’associazione Nazionale per l’aiuto ai Missionari e Grande Priore dell’Ordine del Sacro Sepolcro.
Finì i suoi giorni in un’umile stanzetta di un istituto religioso. Morì il 13 novembre 1969. Il suo funerale fu veramente impressionante sia per la quantità che la qualità dei partecipanti.
A causa del suo ufficio visse per molti anni al di fuori della comunità, ma come molti altri Vescovi Comboniani rimase attaccato all’Istituto. Faceva spesso visita alla nostra comunità romana di San Pancrazio (allora l’unica a Roma), si considerava parte di essa e non mancava mai alle nostre festività.
Poco prima della sua morte confidò ad uno dei nostri padri che, siccome la sua salute stava peggiorando, stava pensando di ritirarsi ed andare a vivere in una delle case dell’Istituto. Gli fu detto che egli era il Diacono di S. Carlo al Corso, a Roma e che il suo posto era là. Egli però aggiunse che tale carica non era abbastanza importante da tenerlo fuori dalle case dell’Istituto e che “Il mio posto è là. Sono sempre un figlio del Sacro Cuore.”
P. ERNESTO FIRISIN:
Il padre della Parola.
Gorizia 5/1/1887 – Mupoi 25/8/1961
Il filosofo Nietzsche fece una raccomandazione ai sacerdoti: “Voi stampate Bibbie e predicate, scrivete molto, ma a meno ché la Bibbia non sia scritta sui vostri volti, non riuscirete mai”
P. Ernesto era un uomo con la Bibbia stampata sul volto. Il popolo Azande gli voleva così bene che gli dettero anche un nomignolo: “Basangambori”, che significa “L’uomo della Parola di Dio”, perché la sua vita era come quella che sarebbe stata quella di Gesù se Egli fosse vissuto fra il popolo Azande.
Piccolo di statura, ma con una grande anima e pieno di zelo, passava fra gli Azande come un infaticabile “Apostolo della Parola”, un titolo bellissimo per un missionario, e meritevole per colui che nei suoi 57 anni passati da missionario non aveva altra ambizione che insegnare il catechismo., spiegarlo e portare la grazia a quella povera gente.
Fu il primo sacerdote missionario al quale fu concesso di restare a Wau, la capitale di Bahr-el-Ghazal.
Nel 1906 con il permesso del governo centrale di Khartoum, p. Firisin poté aprire la prima scuola per l’insegnamento dell’inglese. Naturalmente le autorità musulmane locali non ne furono contenti.
Quanti sacrifici e pene gli costò la prima scuola! Prima qualcuno incendiò il dormitorio. Quando p. Firisin protestò, il governo rispose dicendo che non poteva garantire l’incolumità di nessuno in quel paese. Una settimana più tardi un altro incendio distrusse un altro dormitorio e una chiesetta costruita con canne e fango.
Il buon padre si rimboccò le maniche e continuò nel suo lavoro, convinto che avrebbe portato frutti spirituali. Difatti, a partire dal 1907, la scuola iniziò ad essere frequentata non solo dai figli di mercanti e soldati, ma anche da bambini pagani. Così la proibizione dell’insegnamento del catechismo scemò a poco a poco e nel 1911, fu amministrato il battesimo ad alcuni bambini.
Dal 1913 alla sua morte nel 1961, egli visse a Mupoi, la Missione Madre degli Azande. Era sempre in viaggio, a piedi, in bicicletta, con il motorino o un’auto traballante. Ancora oggi, nel 2001, esso è ricordato come il primo e più importante missionario. Anche se gli africani amano ballare e cantare, P. Giorgetti, il grande compositore di canzoni Azande è al secondo posto dopo P. Ernesto.
Egli lavorò molto per la scuola e scrisse diversi testi. Vale la pena ricordare i suoi libri di lettura Azande per la terza e quarta elementare, il piccolo catechismo per gli anziani, ed una grammatica della lingua Zande, una breve biografia di mons. Comboni e la traduzione del libro di Tobia. Sono molti i libri scritti da lui ciclostilati o battuti a macchina: testi di storia, geografia, aritmetica e agricoltura. Innanzi tutti però si deve ricordare la sua spiegazione del Catechismo in lingua Zande, un opera in tre volumi, l’ultimo dei quali incompiuto.
Quando non fu più in grado di viaggiare al di fuori della missione offrì al Signore la sua debolezza. Voleva insegnare il catechismo fino a oltre 80 anni. Quasi cieco si recava ogni giorno presso la scuola di catechismo con l’aiuto di un bastone. Chi lo stava cercando lo poteva trovare in chiesa vicino al confessionale o presso i catecumeni.
Quando fu quasi del tutto cieco, un ragazzo lo guidava nei villaggi. Questa cosa rimase impressa nella gente, non dimenticarono mai un vecchio uomo bianco cieco che conosceva bene i loro padri e nonni, meritava venerazione ed attenzione. Erano grati della sua presenza e delle sue parole.
Un governatore protestante ebbe a dire: “Non conosco i santi cattolici, ma credo che siano uomini come Firisin. Se dovessi immaginare un santo penserei a Firisin”.
Il suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio fu un avvenimento straordinario per tutti gli Azande. Il Maggiore Larken, Capo del Distretto di Tombora nei primi anni della missione di Mupoi gli scrisse da Londra:
“Quale soddisfazione deve provare al pensiero di così tanti anni di sacrificio per il benessere dei nostri cari Azande … Se dovessi scorgervi a cento metri dopo così tanti anni, vi riconoscerei immediatamente, e sarei colmo di gioia.”
Tanti furono i suoi meriti che nel 1955 la “Royal Africa Society” di Londra lo insignì con una medaglia di bronzo per il lavoro svolto per la gente Azande e il 6 luglio 1956 il Vice Governatore di Equatoria gli dette la medaglia durante una cerimonia solenne.
La sera del 25 agosto 1961 egli spirò serenamente, per entrare a far parte della gloria di Dio meritandosi una medaglia invisibile.
P. FRANCO SIRIGATTI:
Guidato dalla Provvidenza.
Milano 15/10/1921 – Mangobeiras 30/11/63.
Possiamo descrivere Franco come un uomo intelligente che sempre, ansiosamente, guardava avanti. Iniziò a frequentare l’università nelle facoltà umanistiche, poi s’iscrisse a medicina, e poi a agraria. Cosa stava cercando?
Durante la seconda Guerra Mondiale (1939-1945) Franco prese parte alla resistenza contro il dominio tedesco nell’Italia settentrionale. Un giorno un partigiano fermò p. Parodi mentre stava trasportando cibo per i 120 scolastici sfollati a Rebbio. Il suo camioncino fu portato da un soldato in una vallata per essere puntualmente svuotato del contenuto. Il capitano Sirigatti però ordinò di lasciare P. Parodi libero di tornare a casa con tutte le provviste.
P. Parodi sarebbe poi diventato Vescovo della Diocesi di Balsas. Durante la guerra P. Sirigatti aveva visto tanta sofferenza, miseria e morti, per cui decise di dedicare la sua vita a coloro che soffrono.
Accadde un’altra coincidenza provvidenziale: Sirigatti si recò Inghilterra per i giochi Olimpici, si ammalò e fu ricoverato nell’ospedale italiano di Londra dove incontrò p. Prina, un Comboniano, che lo invitò nella nostra casa di Sunningdale. Ci andò, gli piacque il Noviziato e vi trovò la serenità e la sua futura vita.
Nel gennaio del 1951 l’autore di questo libro fu curato da p. Franco. Soffrivo di febbre asiatica che allora fece più di 3000 vittime in Inghilterra.
Due anni dopo la sua ordinazione (12 giugno 1954), fu mandato a Balsas. Qui, i due anni di facoltà di medicina che aveva frequentato furono provvidenziali. Ad un certo punto cominciò a pensare che la gente lo vedeva più come medico che sacerdote. Questo fatto lo tormentava perché l’esercizio del sacerdozio era la ragione per cui egli si trovava fra quella gente.
Il medico locale sebbene fosse ateo iniziò ad apprezzarlo e a consultarlo per i casi più complicati, tanto che, solo su suggerimento di p. Franco egli si accingeva ad operare quei casi difficili per i quali divenne famoso. Spesso, quando il medico rinunciava a curare un paziente perché non c’era più niente da fare, p. Franco riusciva a curarlo. Coloro che non potevano recuperare fisicamente, trovavano comunque una cura spirituale – cosa della quale molti necessitavano.
Iniziò una “Repubblica dei Ragazzi” in una località chiamata Samboiba. In quel clima freddo e Protestante riuscì a portare quel calore ed entusiasmo che appassionarono ed affascinarono i ragazzi, tant’è che anche i ragazzi protestanti riuscirono ad ottenere il permesso dei genitori a partecipare.
Sfortunatamente il progetto morì con lui perché lo iniziò durante l’ultimo anno della sua vita. Però, il Centro per l’educazione Rurale e Welfare Sociale (CAER) che iniziò per primo, per la promozione delle maestre che insegnavano nei villaggi, ebbe il sostegno del Vescovo e non solo sopravvisse alla sua morte, ma, divenne la base sulla quale crebbero piccole comunità Cristiane.
I suoi viaggi apostolici divennero estremamente spossanti; aveva così tanto da fare come sacerdote e il suo lavoro come medico stava sottraendogli tutte le energie. Sia nei centri che nelle piccole cittadine passava le sue nottate al capezzale di coloro che soffrivano. Anche se fosse stato in buona salute, il suo ritmo di lavoro era tale da non potere continuare a fare quel genere di vita. Soffriva di mal di stomaco e di un cronico esaurimento nervoso. Lo stress e le emozioni della gioventù quando era partigiano, i suoi viaggi apostolici e la sua preoccupazione per la sofferenza della sua gente non miglioravano, certo, la sua salute.
Un giorno, il 29 novembre 1963, di ritorno da un viaggio apostolico, egli invitò coloro che erano soliti recarsi a messa tutti i giorno ad una “Messa Straordinaria”. Due ragazze che arrivarono fino alla porta della chiesa seguirono questa ‘Messa Straordinaria’, Mentre stava aprendo la porta della sacrestia cadde. “Consummatum est”. La Messa finì al sacrificio della Croce. La sua consacrazione fu accettata e bruciò come incenso.
LE SUORE COMBONIANE
Le Suore Comboniane in Spagna (1963)
Le suore non potevano ignorare la Spagna per la promozione Vocazionale e l’animazione Missionaria. Sono anche presenti in diverse nazioni dell’America Latina. Fu nel 1963 che le prime suore italiane arrivarono a Madrid in un bel posto non lontano dal centro. Barcellona fu la seconda città dove si stabilirono, ma solo fino al 1974. Attualmente (1995) esse hanno quattro comunità in Spagna,. La loro residenza è a Madrid, il Postulato a Murcia, una comunità aperta nel 1980.
Undicesimo Capitolo: 22 luglio – agosto 1964
Il Consiglio Generale
- Madre Teresa Costalunga – Superiora Generale
- Suor Irma Sala – Vicaria Generale
- Suor Natalizia Carollo – Assistente Generale
- Suor Emma Cazzaniga – Assistente Generale
- Suor Veronica Morris – Assistente Generale
Negli ultimi mesi del 1964, circa 30 Suore dovettero abbandonare le cinque Missioni del Congo che erano loro affidate a causa della Rivoluzione Simba. Nessuna delle Suore fu uccisa.
Statistiche alla fine del 1964:
- Suore Professe – 1.990
- Novizie – 124
- Postulanti – 43
- Totale – 2.157
Suore Comboniane in Kenya
Il primo impegno delle Suore Comboniane in Kenya fu a Ngandu nel 1965 nella Diocesi di Nyeri a nord di Nairobi. La diocesi era stata affidata ai Padri della Consolata nel 1962. Ma quando arrivarono le Suore, la Diocesi era affidata ad un vescovo Kenyota mons. Cesare Gatimu (1921- 1987). A Ngandu esse si occupavano di una scuola secondaria femminile che, negli anni ’70, eccelse, ottenendo per la IV classe i migliori risultati scolastici di tutto il paese per quattro anni consecutivi.
Seguirono altre comunità: Laisamis il 24 gennaio 1966 e Marsabit il 7 ottobre 1966. Attualmente hanno diverse comunità ed un Postulato a Ting’ang’ con la residenza Provinciale a Nairobi.
1 Le case con un * hanno cambiato funzione, due ** sono state vendute.
2 Vedere Bollettino n. 169