Vangelo del giorno
Martedì della XIX settimana del Tempo Ordinario
Mt 18,1-5.10.12-14: Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:«In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.
Commento
dei monaci Benedettini Silvestrini
Nel vangelo della moltiplicazione dei pani troviamo questa espressione: “Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini” (Mt 14, 21). Questo era senz’altro un segno della scarsa considerazione in cui venivano messe non solo le donne, ma anche i bambini nell’antichità. Erano categorie senza diritti e senza dignità, tanto da non doverli contare nemmeno quando si mangia. Oggi, c’è quasi un’inversione di tendenza, almeno così sembrerebbe: Gesù mette al centro del Regno dei cieli proprio un bambino. Ma, non è un cambio di rotta, siamo sulla medesima scia! Infatti, non si vuole esaltare i bambini per la loro ingenuità o perché sono ammantati da un’aura di purezza, no, il motivo del porre in evidenza tale figura è un altro: chi vuole entrare nel Regno dei cieli, deve affrontare il disprezzo e mettersi all’ultimo posto. Ritorna, quindi, prepotentemente la logica della croce, che si staglia sì come simbolo di ignominia, ma altresì come rotta obbligata per arrivare alla piena realizzazione dell’essere cristiano maturo e consapevole della scelta di fede fatta.
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di Domenico Pugliese
Quel che ci viene proposto oggi sembra quasi andare controsenso rispetto a quello che la società chiede: ottenere il massimo, ambire a grandi risultati, prevalere sull’altro.
Il Signore invece ci richiama alla conversione, ad un vero e proprio cambio di direzione: diventare piccoli come i bambini.
Lui sceglie, si rivela e chiama i piccoli. Ci ricorda che siamo sempre figli: anche quando diventiamo adulti o anziani, quando diventiamo genitori e abbiamo grandi responsabilità, alla base di tutto questo rimane sempre l’identità di figlio. Tutti siamo dei figli amati. E questo ci riporta a pensare che la vita non ce la siamo costruita da soli: l’abbiamo ricevuta in dono.
Molto spesso rischiamo di vivere dimenticandoci di questo, come se fossimo padroni della nostra esistenza; ci sentiamo appagati solo nel momento in cui il nostro ego cresce a dismisura. Ecco, allora, che diventa importante la presenza dei bambini nella nostra vita, perché ci richiamano costantemente alla condizione necessaria per entrare nel Regno di Dio: quella di non considerarci autosufficienti, ma bisognosi di aiuto, di amore, di perdono.
E tutti siamo bisognosi di aiuto, d’amore e di perdono, basta solo porgere la mano al Buon pastore che vuole “che neanche uno di questi piccoli si perda”.
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