MCCJ

Note storiche

Questo periodo è caratterizzato dalla Seconda guerra Mondiale che ha quattro particolarità:

1. “GUERRA LAMPO”, per la veloce e inaspettata invasione delle nazioni europee da parte della Germania e di alcuni luoghi dell’Asia Orientale da parte del Giappone.

2. “GUERRA TOTALE”, perché fu usato qualsiasi mezzo disponibile: genocidio di Ebrei da parte di Hitler, bombardamenti strategici che distrussero intere città, aggressioni ciniche e disumane da parte dei nemici. Furono uccise più di 40 milioni di persone, circa 19,5 milioni di soldati e quasi 20,5 milioni di civili innocenti, adulti, e bambini senza nessuna ragione o giustificazione. La terra, il mare e il cielo furono utilizzati appieno per distruggere ed uccidere.

3. “GUERRA NUCLEARE”, in quanto la bomba atomica fu inventata ed utilizzata dagli USA. Una bomba atomica può effettivamente distruggere una grossa città, Quando esplode il fall-out nucleare rimane un pericolo nelle immediate vicinanze dell’esplosione. Le prime città che subirono questi attacchi furono Hiroshima e Nagasaki in Giappone: è stato calcolato che le due bombe uccisero 70.000 persone ciascuna. Il Giappone dovette arrendersi alla devastante potenza degli Stati Uniti.

4. “GUERRA IDEOLOGICA”: è vero che le condizioni imposte alla Germania dopo la Prima Guerra Mondiale furono molto dure per la sua popolazione, ma quello che causò la Seconda Guerra Mondiale fu l’ideologia proposta da Hitler: spezzare l’egoismo della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti, nazioni che dopo la Prima Guerra Mondiale si erano spartite il mondo e avevano sottomesso le razze “inferiori”, specie le popolazioni slave, alla razza “superiore”della Germania, il modello della cosiddetta “razza ariana”.

Il Giappone voleva conquistare e dominare l’Asia Orientale e Meridionale, contro la presenza delle altre tre potenze: la Francia, l’Inghilterra e gli USA. L’Italia si unì alla Germania nel giugno del 1940, nove mesi dopo l’inizio della Guerra nel settembre del 1939. Il dittatore Mussolini impose la guerra alla popolazione e all’esercito italiano che non la volevano. Il resto del mondo era contro la Germania, il Giappone e l’Italia. (L’ASSE). L’Italia si ritirò dalla guerra nel settembre del 1943. La guerra finì in Europa nel 1945 con la sconfitta della Germania e la presenza sempre più incombente degli Stati Uniti nell’Europa Occidentale. In Asia la guerra finì con la resa del Giappone nel 1946 e la sottomissione di molte nazioni orientali all’Unione Sovietica.

La guerra ebbe ripercussioni sull’Istituto e sul personale: in Europa, con la crisi economica, e la mancanza di beni essenziali e cibo, la paura dei bombardamenti – fece sì che i MFSC ne risentisse moltissimo in quanto molti dei suoi membri furono chiamati alle armi e molti perirono.

In Africa: nessun nuovo missionario, la quasi totale assenza di comunicazioni, l’esilio dei missionari, la limitazione dei loro movimenti resero le cose molto difficili, come vedremo nelle pagine seguenti. Molti africani delle colonie dovettero unirsi agli eserciti francesi o britannici e combattere per loro sia in Africa che altrove, specie in Asia.

Membri del Capitolo: 17

Membri dell’Istituto: 417 di cui 5 prelati, 186 sacerdoti, 140 Fratelli, 80 scolastici.

Eletti: P. Antonio Vignato (+1954) P. Agostino Capovilla, Vicario Generale (+1975), P. Giocondo Bombieri (+1964), P. Umberto Mariani (+1979), P. Giovanni Battista Cesana, il quale fu nominato Vicario Apostolico del Nilo Equatoriale nel 1951 e nel 1953, Vescovo residenziale della Diocesi di Gulu. Si ritirò nel 1969 e morì a Verona all’età di 92 anni, (1991).

P. ANTONIO VIGNATO nacque a Gambellara (Vicenza) nel 1878.
La sua vocazione missionaria maturò dopo la visita del Vescovo Roveggio nel seminario. Fece la professione nel 1900, fu mandato a Khartoum nel 1903 e a Bhar-el-Ghazal nel 1904. Il 1913 lo trova in Uganda, il 1919 Vicario Generale dell’Istituto, il 1923 Prefetto Apostolico del Nilo Equatoriale con Sede a Gulu. Nel 1934 si ritira e nel 1937 fu eletto Capitolare per l’Egitto.

P. Vignato è stato l’unico missionario Comboniano ad aver ricoperto cariche sia religiose che ecclesiastiche ad alto livello. Lavorò intensamente sia nel campo apostolico che religioso. Come Superiore Generale, introduce uno stile semplice e nuovo. Nel suo discorso durante il Capitolo sottolineò i seguenti punti:

  • Animazione: “Il mio compito sarà quello di un padre che vi animerà sempre a continuare sulla strada del bene, con coraggio, obbedienza e sacrificio”.
  • Ottimismo: “Il mio compito non sarà quello di un riformatore: se in un Istituto ci sono molti difetti, ci sono molte altre buone qualità”.

Era solito dire: “Dobbiamo istruirci molto, pregare di più, e parlare di meno”.

L’equilibrio della vita religiosa e quella missionaria è ben osservato. Non riusciva a capire come si potesse pensare che la vita religiosa potesse ostacolare la vita missionaria e vice versa.

Nelle sue lettere circolari, ne scrisse 14, riprende i temi cari ai suoi predecessori: la carità, il Sacro Cuore, i voti, le preghiere, la vita comunitaria, cercando sempre di focalizzarli nella vita missionaria.

In modo particolare, nella sua prima lettera all’Istituto, scritta il 28 ottobre del 1937, ricorda che la nostra spiritualità è quelle che ci viene data dal Sacro Cuore di Gesù, una spiritualità che richiede grande carità, zelo e amore sincero fra tutti noi. Questo è lo spirito particolare dell’Istituto.

Durante la sua prima visita a Roma fu incoraggiato dal Cardinale Verde che si occupava della Beatificazione del Vescovo Daniele Comboni, ad essere speranzoso sull’esito della beatificazione. quindi scrisse una lettera circolare indirizzata a tutti i Figli del Sacro Cuore a pregare perché ciò si avverasse, di avere grandi speranze che Comboni “Il Nostro Fondatore” intercedesse per la loro vita spirituale e per la vita di apostolato, di studiare la sua vita e le sue virtù per poter imitare quel grande apostolo che è Comboni, una spiritualità che deve incrociarsi con la nostra (Cfr. Cir. 21, n. 13 e seg. Bolla n. 15)

Era convinto che tutti i membri si dovessero recare nelle missioni, e dopo la guerra ne mandò ben 50.

Punti salienti del Capitolo
  • Il Capitolo chiese che fosse revisionato lo Statuto delle Missioni del 1931, specialmente per quanto riguardava la relazione fra le autorità Ecclesiastiche e Religiose.
  • Fu richiesto che fossero scritte le biografie del confratelli defunti.
  • Nelle Missioni, le preghiere dopo i pasti potranno essere recitate nella sala da pranzo, se non fosse possibile farlo in Chiesa.
  • Tutte le missioni erano tenute a tenere un diario d eventi più significativi per testimoniare le grandi sofferenze dei pionieri.
  • Non si deve permettere di iniziare a fumare a coloro che già non lo fanno.
  • L’apertura di scuole superiori è caldamente incoraggiata ed inviti agli Istituti di Fratelli dediti all’insegnamento di prendere le redini di tale istituzioni sono da incoraggiare.

GLI SVILUPPI NELL’ISTITUTO dal 1937 al 1947

1. Sviluppi interni

L’apertura di nuove case in Italia2

Seminari per Minori. Borgovico, Como, nel 1938, poi trasferito a Rebbio* nel 1941. Pesaro 1940* trasferito dal Seminario Minore di Riccione, già preesistente, dal 1928. Crema nel 1941**.

Noviziati. Dalla separazione con il MFSC, funzionava un solo noviziato in Italia, tuttavia i novizi erano troppo numerosi per un solo Maestro e un nuovo noviziato fu aperto a Firenze nel 1940. Per mantenere lo stesso metodo formativo, un gruppo di novizi che avevano completato il primo anno a Venegono furono invitati a fondare il nuovo noviziato con P. Stefano Patroni (+1966).

Bologna (1943).* In occasione di una esposizione missionaria, tenutasi in questa città dove fu fondata nel 13° secolo la prima Università del Mondo, i Superiori si resero conto della grande simpatia della città. Si decise di aprire una casa con l’intenzione di aprici un Centro di Studi Filosofici, ma era troppo piccola. Un gruppo di confratelli ci andarono a seguire un corso di lingua inglese. Attualmente è la casa provinciale della Provincia Italiana.

Teologia Interna. Fino a quel momento gli scolastici di Verona seguivano le loro lezioni presso il Seminario Diocesano. Siccome il numero dei nostri studenti aumentava i superiori si organizzarono per tenere il corso di Teologia in una nostra casa. Tuttavia, gli eventi della Seconda Guerra Mondiale accelerarono i cambiamenti. Dal 1943 al 1945 la Teologia si tenne a Rebbio (Como) con oltre 100 studenti e eccetto uno, i professori erano confratelli che avevano frequentato le Università romane.

Congresso Missionario di Catechesi (2-4 settembre 1944). Fu organizzato dagli scolastici come preparazione alla catechesi in missione. Furono tenute conferenze sui seguenti temi: 1) Il fanciullo e il Mondo Sovrannaturale; 2) La lezione di Religione; 3) La metodologia di Gesù: Audiovisivi, le Sacre Scritture e la Catechesi, La psicologia del Fanciullo africano. Fu un congresso veramente illuminante del quale p. Vignato fu soddisfatto ed entusiasta.

Verso l’Internazionalità
Apertura in Gran Bretagna (1938)

L’apertura avvenne nel 1938 a causa della crescente necessità per i nostri missionari di imparare l’inglese e conoscere la cultura inglese che influenzava tutte le colonie. Ai quei tempi le nostre missioni si trovavano solo in quei paesi dove si parlava l’inglese. Si sentiva comunque la necessità di avere personale che potesse comunicare in quella lingua.

Prima di allora alcuni sacerdoti erano soliti recarsi in Inghilterra come cappellani nel collegi di Fratelli nelle cittadine di Southampton e Market Dreyton studiando l’inglese durante il loro soggiorno. Molti dei nostri padri come Bini, Negri, Orler, Baroni, Todesco, Bano e Santandrea, solo per menzionarne alcuni seguirono corsi di lingua nei collegi sopra citati.

Comunque si sentiva la necessità di avere una nostra casa con tutte le necessità e nel frattempo ne avevamo preso in affitto una. Si cercò una proprietà nei dintorni di Londra e acquistammo Sunningdale che durante la Guerra fu requisita dal governo inglese per uso diplomatico. Nel 1940, con la guerra al suo massimo 11 sacerdoti e tre Fratelli furono internati sull’Isola di Man. Questi avvenimenti ritardarono considerevolmente l’opera di promozione vocazionale in Gran Bretagna.

Apertura negli Stati Uniti (1939)

Ci furono tre ragioni per questa scelta: la promozione vocazionale, il lavoro missionario fra i “neri”e la ricerca di aiuti finanziari.

P. Edoardo Mason fu dapprima mandato a cercare un luogo adatto che trovò nella Diocesi di Cincinnati, dove il Vescovo McNicholas ci offrì la gestione della Parrocchia della Santa Trinità e in seguito quella di St. Henry, ambedue situate fra le comunità di colore. P. Mason tornò nel Bhar-el-Ghazal, dove divenne poi Vicario Apostolico. I Padri Amleto Accorsi e Domenico Ferrara, che poi divenne Prefetto Apostolico di Mupoi, rimasero sul luogo per organizzare l’Istituto.

Dopo la guerra, nel 1946 P. Giulio Rizzi fu mandato negli Stati Uniti per esaminare le possibilità di istituirvi un Seminario Minore.

Apertura in Portogallo (1946-47)

Lo scopo era di preparare quei missionari che dovevano recarsi nel Mozambico, una colonia portoghese, e di iniziare la promozione vocazionale. P. Giovanni Cotta (1883 – 1976), un pioniere leggendario, senza sapere una sola parola di portoghese riuscì in poco tempo ad aprire un Seminario Minore a Viseu, (Portogallo Settentrionale).

Fondatori: Gran Bretagna, U.S.A. e Portogallo

P. RENATO BRESCIANI: sempre alla ricerca di iniziative. Mezzane di Sotto (Verona) Verona, 6/8/1914-Verona 22/7/1996.

Entrò nell’Istituto Mazza nel 1926 e lo lasciò nel 1934 per entrare nel noviziato di Venegono. Fece i suoi primo Voti il 7 ottobre 1936, si diplomò in teologia all’Università Urbaniana a Roma e fu ordinato sacerdote l’8 aprile 1939. Fu mandato in Inghilterra per ottenere il diploma del Colonial Course, ma fu internato in un campo sull’isola di Man con altri italiani perché l’Italia era in guerra contro la Gran Bretagna. Durante questo forzato soggiorno funse da cappellano e ispirò molte iniziative. Uno dei Padri che era stato con lui per parecchi anni scrisse:

“Eravamo molto poveri e non si potevano avere offerte per le Missioni. Doveva viaggiare in lungo ed in largo per la Gran Bretagna usando i trasporti pubblici. “Vado a battere cassa” era solito dire. E così andava dagli amici italiani con i quali era stato internato durante la guerra. Aveva un modo di fare che spingeva tutti a dare e fare di più anche da parte dei suoi collaboratori.”

P. Bresciani fu fondatore in Inghilterra, uno dei fondatori del Seminario Maggiore a Tore, nel Sudan; un iniziatore per gli immigranti a Roma.

Durante il Capitolo del 1969 fu deciso di istituire una organizzazione con uffici e personale propri per assistere gli immigrati direttamente. P. Bresciani si offrì volontario per promuovere l’iniziativa e fondò l’ACSE) – Associazione Comboniana per l’Assistenza agli Immigranti. che fu legalmente costituita come Associazione senza fine di lucro nel 1994.

Ancora in Inghilterra, dal 1947 iniziò ad interessarsi alla formazione di studenti asiatici ed africani, organizzando un’assistenza con base ecumenica assieme a pastori Anglicani, Metodisti e laici. Fu come un’opera pilota che si rifaceva alla sua particolare chiamata: l’assistenza agli immigrati, che avrebbe svolto per la maggior parte della sua vita. Solo per dare un’idea della mole di lavoro che svolgeva, si legge dalle statistiche ACSE dall’aprile a giugno del 1986: “Rifugiati 902, Studenti 137, congiunti 191, persone in estrema necessità di aiuto, 304, Presenze totali 15.000. Tutte queste persone necessitano di cibo, alloggio, danaro per alloggio o per viaggi, assistenza sanitaria… Poi ci sono i detenuti del terzo mondo da visitare in prigione. Anche loro hanno bisogno di quasi tutto perché nessuno si ricorda di loro…”

Nel 1987 fondò il SIS (Sudan Information Service) una pubblicazione mensile piena di informazioni sulla guerra nel Sudan e sulle prospettive di pace. Cooptò diverse persone a collaborare con lui per assicurare un futuro alla sua fondazione. Così, nel 1995 fu legalmente costituita L’ASCE come ONLUS con tutti i diritti e doveri che comportava. Fu quindi assicurata la sua stabilità e continuità.

P. Bresciani trovò il modo di dare la sua vita a Gesù che viveva nei Fratelli e Sorelle che incontrava tutti i giorni, senza alzare nessun tipo di barriera che fosse culturale, religiosa o di razza.

In questo impegno di solidarietà umana, p. Bresciani mise tutto se stesso e nel 1996 declinò rapidamente. Dopo 35 giorni in ospedale spirò nella casa Madre di Verona il 7 luglio.

P. AMLETO ACCORSI la pietra portante. Imola (Bologna) 1903 – Montclair, New Jersey USA 1978.

Non soltanto nella città di Cincinnati ma sulla costa orientale e quella occidentale, e tutti gli Stati che si trovano nel mezzo, La gente rimaneva a bocca aperta quando sentiva le bellissime storie che raccontava sull’Africa. Riconosceva la sua sincerità e totale dedizione alle missioni. Sarebbe, quindi, diventato la pietra portante della Fondazione Comboniana negli Stati Uniti.

Il Vescovo di Cincinnati Mons. Nicholas, gli riservò un grande privilegio: nel 1943 scrisse a tutte le scuole di Cincinnati chiedendo che venisse accolto p. Accorsi con la speranza che potesse assicurarsi dei baldi giovani pronti a dedicare la loro vita completamente all’Apostolato nel suo Istituto.

Dal 1947 fu l’incaricato delle “Pubbliche Relazioni” dell’Istituto ed ebbe un ruolo chiave nella fondazione di diverse case. La capacità con cui riusciva a comunicare con gli altri e la sua eloquenza lo misero in contatto con un grande numero di persone. Raccontava la sua esperienza missionaria con grande capacità.

Dopo un periodo alquanto infelice come Provinciale in Italia dal 1964 al 1969, p. Accorsi tornò definitivamente negli Stati Uniti per dedicarsi alla animazione missionaria. Predicò 36 Giornate Missionarie in un anno quando, data la sua età, avrebbe dovuto riposarsi di più. La sua salute peggiorò.

Morì a Montclair il 12 gennaio 1978 e fu sepolto a Monroe, nel Michigan. Il Vescovo Ausiliare di Newark, J. Francis presenziò al suo funerale per dargli il suo ultimo saluto. Questo Vescovo di colore era un dono del Sacro Cuore al quale p. Accorsi era devotissimo e rappresentava gli Afro-Americani per i quali aveva lavorato per così tanti anni.

L’autore di “Defining Mission”(I Missionari Comboniani nell’America Settentrionale, di Patricia Durchoz, University Press of America, 199) commenta così p. Accorsi:

“Il Mistero di Accorsi. I missionari Comboniani che lo conoscevano, dipingono un quadro alquanto buio di Accorsi. Dichiarano che viveva una vita estremamente ascetica, e aveva un’aria di saccente quando sacerdoti più giovani chiedevano consiglio. Parlava solo quando lo riteneva necessario ed anche allora era spesso caustico e critico.
I laici dipingono un quadro totalmente differente di lui. Ricordano i loro figli che gli andavano incontro per ascoltare le sue storie e lo ricordano devoto al suo Istituto: così infatti si manifestava a casa loro, con le loro famiglie. Quando si intrecciano questi due punti di vista, quello dei missionari, e quello dei laici, Accorsi ci appare sia coraggioso che acuto; generoso verso le missioni, ma richiedente il massimo da se stesso e dai suoi confratelli; arguto e amabile in pubblico, ma brusco con i confratelli. I documenti risalenti ai tempi di quando era in seminario e i primi tempi nelle missioni dimostrano un Accorsi molto più complesso di quanto molti si aspetterebbero.”(id p. 18-19)

“E per finire, dal 1949 fino a quando dette le dimissioni da Provinciale nel 1959, il ruolo di Accorsi fu fondamentale per la crescita dell’Istituto nell’America del Nord. Mise le fondamenta sulle quali altri potevano costruire. Benché dedito alle missioni africane e alla rigorosa interpretazione delle regole dell’Istituto e la sua spiritualità, sviluppò una profonda stima della cultura americana e la generosità della sua gente. La guida di Accorsi, gli guadagna il titolo di “Fondatore”della Provincia Nord Americana. “(id p. 151-174)

P. GIOVANNI COTTA: un pioniere di grande talento. Mortara (Pavia 17/1/1883 – Arco (Trento) 26/10/76.

Era una di quelle persone nate per sfondare: ciò non significa che non fosse in grado di far funzionare le cose, solo per indicare la sua determinazione ad affrontare e superare difficoltà nonostante le solite frustrazioni.

Voleva entrare nell’Istituto, ma i suoi genitori erano contrari. Dopo aver ricevuto una lettera positiva da Verona, rispose con la seguente lettera:

“Mi trovo nel seminario teologico di Milano, ma Dio volendo, solo per poco tempo. Chiederò consigli domani e manderò una lettera a mio padre. Cercherò di persuaderlo in tutti modi. Me lo ha dettato il Sacro Cuore.. Dopo un paio di giorni mobiliterò tutti i sacerdoti della mia parrocchia che mio padre apprezza, e dei quali parla sempre con rispetto. Questo sarà l’ultimo assalto. Spero che il Sacro Cuore illumini sia mio padre che me stesso. Sono sicuro dell’esito positivo. Voglio dirvi che entro venti giorni scriverò per dire che sono pronto… e verrò. Verrò colmo di gioia, di buona volontà, di pecche, ma mi auguro che avrete pietà di me.”

Era una di quelle persone che non accettava un “No” come risposta. Suo padre dovette dare il suo consenso: “Io personalmente ho negato il mio consenso diverse volte, ma non ho ottenuto il risultato che speravo”, disse il padre. P. Cotta fu uno dei primi ad andare in Inghilterra ad imparare l’inglese (1904), ed imparò la lingua talmente bene che sembrava la sua madrelingua.

Fu ordinato nel 1909 e mandato a Khartoum a dirigere la scuola. Organizzò una banda musicale di 40 strumenti che suonava durante i concerti e le feste. Fondò la scuola superiore a Gulu in Uganda (1923-1930). Mandato poi a Detwok, Malakal, fra gli Shilluk, iniziò un progetto di agricoltura che ebbe molto successo.(1930-1935).

Trovò il castello di Venegono e ne iniziò la ristrutturazione. Incaricato di cercare una casa in Inghilterra, fu lui a trovare Sunningdale. Di ritorno a Verona, iniziò a sistemare il museo con moderne metodologie.

Il Portogallo fu uno dei molti luoghi dove fu in grado di sfondare.

P. Cotta arrivò a Lisbona il 1 aprile del 1947, ospite di una famiglia che conosceva. Si recò a far vista al Nunzio Apostolico ed al Patriarca di Lisbona. Poi iniziò il suo viaggio verso il Portogallo settentrionale. Si fermò a Fatima, e s’impegnò per la ricerca di fondi per la nuova fondazione. La Madonna riconobbe la sua grande devozione e il suo affidamento alla Provvidenza. Continuò il suo viaggio e la Madonna lo guidò fino a Viseu dove arrivò il 23 aprile 1947.

Il Vescovo della Diocesi, D. José da Cruz Moreira Pinto, stava celebrando la festa del Patrocinio di San Giuseppe, sposo di Maria. Quello stesso giorno stava completando una Novena per chiedere a San Giuseppe che fosse concessa una casa religiosa nella sua diocesi. Così p. Cotta non solo trovò un posto, ma anche un appoggio, non solo per un Istituto religioso, ma anche missionario.

Con la benedizione del Vescovo, p. Cotta andò in cerca di un luogo adatto. Sapeva di un grande appezzamento di terreno in vendita, Ma arrivò troppo tardi per accaparrarselo. Ciò nonostante quello era proprio quello che cercava. Essendo un uomo che non conosce il significato della parola “No”, lasciò sul campo un santino di San Giuseppe, benedetto dal Vescovo. Quando l’acquirente, un medico, venne a sapere dei piani del missionario, decise di vendergli il terreno allo stesso prezzo che lo aveva pagato. La fede di p. Cotta aveva trionfato. Nel novembre del 1947, p. Cotta si recò a Verona con un grandioso progetto per un seminario. Dovette ridimensionare le sue proposte, ma tornò alla carica a metà del 1948, purtroppo senza danaro. I nostri Fratelli, guidati da un nostro esperto costruttore, fratel Egidio Locatelli, (+ 2000), arrivarono a Viseu ed il progetto decollò.

Quando iniziarono i lavori, il fondatore mendicante dovette partire. Lo attendeva un nuovo impegno dell’Istituto: la parrocchia di Elm Park a sud di Londra, un sobborgo nella diocesi di Brentwood.

Il segreto di p. Cotta risiedeva nel suo fervore religioso e missionario maturato con la sua consacrazione a Dio, la sua venerazione per il Fondatore, nella di cui missione aveva lavorato, Khartoum. “Un autentico uomo di Dio”, disse di lui un confratello che lo aveva conosciuto. Nonostante i suoi difetti, era un uomo concreto, eminentemente spirituale, molto apprezzato come direttore spirituale.

Nostra Madonna di Fatima a Milano: una nuova sfida all’età di settant’anni.

L’erezione di un Santuario dedicato alla Madonna di Fatima nei sobborghi di Milano fu l’ultima sfida del nostro infaticabile e vitale campione.

Costruì una casetta modesta e una cappelle dedicata alla Madonna di Fatima. I suoi piani, però non furono approvati dall’allora Cardinale Arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini che poi divenne Papa Paolo VI (1963).

Un giorno, un corto circuito causò un incendio che rase al suolo tutto, fuorché le travi di metallo contorte dal fuoco. Quella distruzione ridusse p. Cotta alle lacrime, ma non perse coraggio. Quello che sembrava un disastro mosse le acque per una ricostruzione. Centinaia di firme furono recapitate alla Curia. Fu eretta una nuova e più grande cappella, sempre prefabbricata, benedetta dal Vescovo Ausiliare di Milano Mons. Ferrarono (8-12-1969). Padre Cotta era stato trasferito a Verona. Attualmente c’è una chiesa permanente e il “Centro Ammalati p. Ambrosoli Giuseppe”, una clinica per Missionari Comboniani ammalati.

Sviluppi nelle Missioni

Apertura nel Mozambico (1947)

Andando a Roma dove sarebbe stato nominato cardinale, Mons. C.T. De Gouveia, arcivescovo di Lorenço Marques (Maputo) si fermò a Khartoum. Rimase piacevolmente impressionato dal lavoro dei nostri missionari, tanto che tramite la Segreteria di Stato, invitò l’Istituto a lavorare nella diocesi di Nampula (Mozambico Settentrionale). P. G. Zambonardi che fu mandato a fare un sopralluogo, nella sua relazione scrisse che i due terzi della popolazione seguivano le religioni tradizionali, la maggior parte dei restanti erano musulmani e di cattolici ce ne erano ben pochi. L’offerta comunque fu accettata anche perché i Superiori temevano che i missionari italiani non avrebbero più ottenuto il permesso di lavorare nelle colonie britanniche a causa della guerra appena finita.

L’apertura del “Comboni College” in Asmara (1947)

L’alto standard del Collegio diede ai Comboniani, rappresentati da P. Armido Gasparini, un’ ottima reputazione in tutta l’Etiopia. Più tardi sarà ben accolto come Vicario Apostolico di Awasa nel Sidamo date la sua fama ed esperienza.

Particolari difficoltà nel Sudan ed in Uganda

Queste difficoltà sorgevano dal fatto che la nostra missione di Kodok si trovava alla frontiera con l’Etiopia, Le stesse difficoltà colpirono anche il Bahr-El-Gebel e l’Uganda, poco lontane. L’Etiopia era occupata dall’Italia, perciò i missionari che operavano nelle Colonie Britanniche non erano visti di buon occhio.

Missio sui Juris di Kodok. Tutti i nostri missionari dovettero abbandonare le missioni e le numerose tombe dei nostri Sacerdoti, Fratelli e Suore. Il territorio fu affidato alla Society of St, Josef (Mill Hill) di fondazione inglese, con Decreto della Santa Sede del 4/8/1938.

Prefettura di Bahr-el-Gebel. Questa Prefettura stava per fare la stessa fine di Kodok, ma negoziati fra il “Colonial Office” e la Santa Sede portarono a cambiare solo il responsabile della Missione. P. Zambonardi dette le dimissioni, ed il suo posto fu dato ad un missionario di origine non italiana, p. Serafino Turtkovic, dell’Erzegovina che morì in un incidente motociclistico mentre viaggiava da Lira a Gulu nel luglio del 1938. Gli succedette p. Stefano Mlakic, bosniaco, dal 21 ottobre 1938.

Residenza coatta. Durante la Seconda Guerra Mondiale, tutti i nostri missionari furono trasferiti dall’Uganda Settentrionale all’Uganda meridionale. I Sacerdoti ed i Fratelli furono trasferiti al Seminario maggiore di Katigondo, nella Diocesi di Masaka. Le Suore Comboniane in due diversi luoghi: alcune nel convento di un Istituto locale, le Piccole Suore di San Francesco, a Nkokonjeru, nel Vicariato di Kampala; altre, in una scuola-convitto per ragazze a Nkozi, nel Vicariato di Rubaga. Alcuni Padri Bianchi furono mandati a sostituire i nostri dal giugno del 1940 al dicembre del 1941. Le suore non furono sostituite. Questo fu un periodo di grande sofferenza per il Vescovo Mons. Angelo Negri a causa di incomprensioni con p. Hughes, Padre Bianco, che era il responsabile della situazione ma che andò oltre nell’esercizio dei suoi compiti. Per due anni, dal settembre del 1940 all’agosto del 1942, tutti i missionari del Bahr-el-Gebel furono confinati in sole tre missioni.

Ritiro dall’Etiopia

All’inizio del 1942, gli inglesi aiutati dagli “Ascari” locali cacciarono le truppe italiane ed entrarono nel territorio di Gondar. Mons. Villa, assieme a tutti i missionari furono deportati a Saganeiti in Eritrea il 15 febbraio 1942. Un anno più tardi, nell’agosto del 1943, mons. Villa ed alcuni altri rientrarono in Italia. Mons. Villa lavorò presso la Sacra Congregazione delle Chiese Orientali e nel 1946 diventò Vescovo Ausiliare di Subiaco (nei pressi di Roma), nella Diocesi di Porto e Santa Ruffina. Morì il 13 novembre 1960.

I nostri primi Martiri

Molti nostri missionari morirono in Africa, ma fino al 1941 nessuno di loro era morto per morte violenta causata da africani.

P. DELAI ALFREDO (1913-1941) fu il primo a morire vittima della guerra e quello che riteneva il suo dovere: rimanere nella missione. Quando arrivarono i soldati, uscì dal suo nascondiglio mostrando loro un Crocefisso a significare che non era un nemico, ma un ascari lo colpì alla schiena con tre fucilate a distanza avvicinata su ordine di un ufficiale britannico, Era il 26 aprile 1941.

P. ARPE ANGELO (1886-1946). Un missionario pioniere nel difficile distretto di Bahr-el-Ghazal. Vi arrivò nel 1912 dove fondò la missione di Mboro nel 1925. Un cristiano, Rafael ebbe un litigio con Leone, il capo dei catechisti della missione che sospettava avesse una relazione con sua moglie. Il giorno della festività di “Tutti i Santi”, Rafael stava per uccidere Leone, ma non trovandolo, andò alla casa del Sacerdote e colpì P. Arpe con una lancia. Continuò nella sua ricerca e non trovando Rafael, tornò da P. Arpe che era stato solo ferito, e lo finì trapassandolo. Per porre fine alla follia omicida dell’assassino, il catechista Placido a sua volta uccise Rafael sempre con una lancia. Placido era il padre del Cardinale Arcivescovo Mons. Gabriel Zubeir di Khartoum.

Testimoni

P. GIUSEPPE ZAMBONARDI: un uomo per tutte le stagioni. Gardone Val Trompia (Brescia 14/2/1884 – Arco 5/6/1970.

P. Giuseppe Zambonardi potrebbe essere chiamato un uomo per tutte le stagioni a causa delle molteplici sue fondazioni.

Nel 1911, al suo arrivo in Uganda, fondò la prima missione Palaro fra la gente Madi. In seguito lavorò con la tribù dei Logbara, le lingue di questi due popoli sono simili, ma molto difficili.

Nel 1927, quando fu eretta la prefettura Apostolica di Bhar-el Gebel, fu il nominato Prefetto restando fino al 1938. Comunque portava solo il peso di quell’onore. Non amava la pubblicità e gli onori, e spesso lo si poteva trovare sporco d’olio sotto un camion che non funzionava, poco prima di farsi vedere dalla folla che lo attendeva, nei suoi vestimenti liturgici per una sua visita pastorale o per le cresime.

A lui l’onore di aver fondato quattro nuove stazioni, l’aver iniziato la costruzione del Seminario di Okaru che diede molti sacerdoti sudanesi fra i quali piace ricordare la figura di Saturnino Lohore, sacerdote eroico e patriota, ucciso nel 1968, l’aver organizzato l’Azione Cattolica, e avviato la fondazione del Collegio per maestri e artigiani a Torit.

Anche le comunità Cristiane aumentarono notevolmente di numero. Nel 1938 mons. Zambonardi dovette dare e sue dimissioni per svariate ragioni: la Prefettura di Bhar-el Gebel situata in territorio anglo-egiziano era gestita da missionari italiani e confinava con l’Etiopia che era stata occupata dagli italiani. Mons. Mlakic, di cui abbiamo già parlato, gli subentrò.

Dopo una breve vacanza forzata, in Italia ricevette il permesso di partire per la Prefettura Apostolica di Gondar in Etiopia. Quando la città cadde in mani britanniche fu preso prigioniero assieme agli altri confratelli. Fu poi liberato con il permesso di recarsi a Khartoum ad aspettare tempi migliori.

Poi qualcosa successe. La creazione del primo Cardinale del Mozambico Clemente Teodosio De Gouveia. In viaggio per Roma a ricevere il suo cappello cardinalizio, il nuovo Cardinale si fermò a Khartoum. L’incontro fortuito con i missionari Comboniani sfociò in un invito a recarsi nella sua Diocesi di Nampala nel Mozambico.

Il cardinale aveva visto il magnifico lavoro che stavano svolgendo i nostri missionari, sacerdoti, Fratelli e Suore, nelle scuole e nelle chiese, e rimase fortemente colpito dalla grande crescita della comunità Cristiana.

La Direzione generale non poteva trovare persona migliore alla quale affidare il nuovo compito che mons. Zambonardi. Ciò significò sette ulteriori anni di duro lavoro, con inoltre le sfide di imparare una nuova lingua, e abituarsi ad ambienti nuovi sia per lui che per i confratelli che lo affiancavano. Quando tornò in Italia nel 1953 per il Capitolo Generale gli fu affidata la responsabilità dei missionari Comboniani che lavoravano in Egitto. Lavorò in questo ultimo campo delle sue attività per ben sei anni.

Ci lascia esempi del suo zelo illuminato e nel suo diario di 15 volumi c’è una documentazione che manifesta in modo eccezionale l’attività missionaria dell’Istituto in Africa nella prima metà del 20° secolo, e soprattutto del carisma apostolico di questo generoso figlio di Comboni. che il Signore ha ora ricompensato in Paradiso e che rimane per tutti noi il modello del vero missionario.

P. Zambonardi fu sempre restio a battezzare i catecumeni. Per esempio, un giorno ne esaminò 11 ma ne battezzò solo cinque. Sei dovettero rifare l’esame. P. Zambonardi introdusse le stesse restrizioni nel Mozambico. Voleva che coloro che entravano nella chiesa avessero una fondata moralità.

Voleva, inoltre, che i giovani imparassero a leggere e scrivere. Pubblicava delle “Newsletter” e voleva che i Cristiani riuscissero a leggerle.

Le condizioni a quei tempi erano veramente dure. Una volta scrisse alla sua famiglia di aver fatto un viaggio di 24 ore, per visitare i catechisti. Consumò un paio di scarpe perché dovette andare a piedi. A volte poteva usare una bicicletta, ma non sempre era possibile. Un’altra volta ricevette una lettera dal Superiore che gli chiedeva di andare a Rejaf nel Sudan- 300 chilometri a piedi. Ci mise 15 giorni per arrivare.

Gli piaceva conoscere le tradizioni africane. Scisse nel suo voluminoso diario che fra i Bari del Sudan aveva trovato molte storie della Bibbia distorte. Per esempio, il serpente tentatore, i giganti, il diluvio..

“Un giorno – scrive – rimasi veramente scioccato di sentire che la razza nera discende da un certo Kus. Egli cadde dal cielo durante il diluvio universale, e gli africani sono i suoi discendenti. Nella Bibbia Kus è il figlio di Cam.”

FRATEL CLEMENTE SCHRÖER: Mite, paziente, di poche parole, un gran lavoratore. Keinsingen 1860– Verona 1942.

Un tedesco di origine prussiana, Fratel Clemente si ricordava l’eroica fedeltà della sua famiglia per mantenere la fede cattolica. Fu ammesso ai Voti religiosi il 19 marzo 1892. Fu mandato nel Bahr-el-Ghazal dove visse anni terribile fra il 1904 ed il 1908, dove molti missionari morirono ed altri dovettero andarsene.

Essendo un esperto del Nilo gli fu chiesto da mons. Geyer il 18 febbraio 1910 di portare i primi missionari che andavano da Khartoum all’Uganda, via Juba, sulla barca chiamata “Redentore”.

Clemente era mite, paziente, ed attento. Oltre ad essere un marinaio, era anche abile infermiere, cuoco, coltivatore nonché provetto falegname ed intagliatore. La gente era piena di ammirazione quando lo guardava lavorare nella sua bottega. Dicevano “Quanti mestieri conosce questa gente di Khartoum! “primi ad essere convertiti dal suo comportamento furono i padri con i quali viveva. Di poche parole, metodico e riservato, attraeva i bambini. C’è un piccolo altare a Gulu nella cappella privata del Vescovo che è un ricordo di Fratel Clement… Un ricordo della sua bravura come intagliatore e della sua devozione al Santo Sacramento. Aveva scelto un legno pregiato e duraturo per la sua opera.

Dopo vent’anni di vita missionaria la guerra gli giocò un brutto colpo; fu mandato in India nel campo Jakdah nell’Himalaia. P. Vignato scrisse così di lui:
“Aveva il dono della fortitudine, non era mai demoralizzato, continuò con il suo lavoro di falegname anche in missione. Con il danaro che cercavo di fargli avere durante i primi mesi comprò una sega, una pialla ed altri arnesi che gli servivano per lavorare e così potersi fornire di generi di prima necessità. Dopo non volle che gli mandassi altro danaro e mi rimandava tutto quello che riceveva scrivendo che era contento con quello che aveva e che non gli serviva altro. Con la sua esemplare disciplina e docilità nel far avere coloro che si trovavano nel campo quanto poteva con il suo lavoro, si guadagnò la loro amicizia, Come premio gli fu data l’opportunità di recarsi presso i Gesuiti due volte a settimana, a due ore di cammino, per poter continuare le sue pratiche di pietà.

Due anni dopo la guerra tornò nel suo paese natio. Scrisse soltanto: “14/02/1920, è arrivato il momento di tornare a casa, ad Essen”. Al momento della divisione dell’Istituto, non tutti i confratelli tedeschi erano contenti della divisione, toccava al superiore decidere su chi accettare, secondo il loro carattere. Quando Fratel Clement chiese di rimanere nell’Istituto italiano, fu subito accettato dal Superiore Generale.

Dopo una breve vacanza presso la sua famiglia e un po’ di riposo a Verona fu mandato a Thiene come responsabile del laboratorio di falegnameria dove rimase per vent’anni. Quando si ammalò, andò a Verona dove celebrò i suoi cinquant’anni di professione. Morì il 20 giugno 1942 all’età di 82 anni.

Egli è un esempio della tradizione di quei confratelli che nel Sudan, nell’Uganda o in Sud Africa a Glen Cowie e Maria Trost riuscirono a raggiungere un sereno equilibrio fra il lavoro e la preghiera.

La nuova evangelizzazione è la capacità di vivere nella contemplazione del mondo moderno.

Senza rendersene conto né pensando di farlo, il piccolo e paziente pastore, fu un grande costruttore di comunità: coloro che costruiscono le comunità potrebbero essere i superiori ma, difatti coloro che sono i fondatori spirituali sono quelli che costruiscono le vite altrui con il loro amore ed i loro gesti.

Si può dire che i Fratelli come Fratel Clement portano significato, concretezza e realismo. A causa della natura della nostra tradizione, la presenza del Fratello è sempre impellente e necessaria nella chiesa, nella comunità religiosa e nella società.

LE SUORE COMBONIANE

Settimo Capitolo Generale (1937)

Elette:

  • Madre Carla Troenzi – Superiora Generale
  • Suor Felicita Valentini – Vicaria Generale
  • Suor M. Santina Alemanni – Assistente e Segretaria
  • Suor Benedella Colombo – Assistente
  • Suor Prassede Zonin – Assistente

Nel periodo 1937-1946, 16 nuove comunità furono aperte nelle missioni, 12 delle quali in Eritrea, mentre in Italia ce ne erano 43. Questo era dovuto alla Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) quando era quasi impossibile intraprendere viaggi verso l’Africa.

La presenza delle Suore nel Medio Oriente iniziò nel 1939 quando accettarono la responsabilità dell’Ospedale italiano nell’Oman. Fu il primo ospedale italiano in Giordania, fondato dall’Associazione “Ernesto Schiaparelli”. Sia il Re Hussein che la Famiglia Reale ne avevano una enorme stima. La stessa Associazione invitò le Suore a gestire l’Ospedale Italiano di El –Karak sulle montagne siriane.

Ottavo Capitolo Generale (1946)

Questo Capitolo avrebbe dovuto aver luogo nel 1943, ma ciò non fu possibile a causa della Seconda Guerra. Mondiale.

Partecipanti: 27

Elette:

  • Madre Carla Troenzi – Superiora Generale
  • Suor Afra Manzana – Vicaria Generale
  • Suor Santina Alemanni – Assistente e Segretaria
  • Suor Germana Nicolini – Assistente
  • Suor Candida Bigoni – Assistente

In questo periodo si verificano le seguenti importanti aperture:

  • 1947 – Gerusalemme: un dispensario sul Monte Sion (per un anno?).
  • 1949 – Libano: servizio presso l’Ospedale Tell Chiha- Zahle nel Libano e Aleppo in Siria.
  • 1950 – Due scuole in Aden a Streamer Point e Crater che furono chiuse nel 1973.
  • 1950 – USA. Nell’ambito dell’espansione per la promozione vocazionale e animazione missionaria, le Suore non potevano ignorare gli Stati Uniti. I primi luoghi furono Richmond in Virginia e Chastang in Alabama nel 1950. Gli afro – americani avevano attirato il loro interesse.

1 Bolla n. 15

2 Quelle case con un solo * hanno cambiato funzione, con due** sono state vendute.