Festa della TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE (B)
Daniele 7,9-10.13-14: La sua veste era candida come la neve.
oppure 2Pt 1,16-19: Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo.
Mc 9,2-10: Questi è il Figlio mio, l’amato
Qual è il nostro destino? È la luce di Dio, è essere riflesso del suo amore nel mondo, è, insomma, diventare santi. Ecco il messaggio profetico e sconvolgente della festa della Trasfigurazione del Signore. Questa prospettiva verso l’alterità assoluta si aprì davanti agli occhi di Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte dove Gesù rivelò loro il proprio destino di luce. Lì essi ebbero la grazia di ascoltare la voce del Padre che chiedeva loro di ascoltare il Figlio amato, come aveva già fatto subito dopo il Battesimo sul Giordano. La liturgia oggi ricorda quell’avvenimento della vita di Gesù e ci spinge così a guardare l’intera nostra esistenza come un percorso la cui meta è il cuore stesso di Dio. La strada, ci ricorda il Vangelo, passa dall’ascolto di Gesù, la cui vicenda rappresenta il culmine della rivelazione, cioè di quel dialogo speciale tra Dio e il suo popolo avviato fin dal tempo dei patriarchi e dei profeti di Israele. Ed è questo il senso della presenza sul monte Tabor di Mosè ed Elia: in Cristo tutto il tempo, il passato come il futuro, acquisisce un significato nuovo.
Altri santi. Sant’Ormisda, papa (VI sec.); beato Gezzelino, eremita (XII sec.).
Matteo Ziut, Avvenire
La Trasfigurazione non era destinata agli occhi di chiunque. Solo Pietro, Giacomo e Giovanni, cioè i tre discepoli a cui Gesù aveva permesso, in precedenza, di rimanere con lui mentre ridava la vita ad una fanciulla, poterono contemplare lo splendore glorioso di Cristo. Proprio loro stavano per sapere, così, che il Figlio di Dio sarebbe risorto dai morti, proprio loro sarebbero stati scelti, più tardi, da Gesù per essere con lui al Getsemani. Per questi discepoli la luce si infiammò perché fossero tollerabili le tenebre della sofferenza e della morte. Breve fu la loro visione della gloria e appena compresa: non poteva certo essere celebrata e prolungata perché fossero installate le tende! Sono apparsi anche Elia e Mosè, che avevano incontrato Dio su una montagna, a significare il legame dei profeti e della Legge con Gesù.
La gloria e lo splendore di Gesù, visti dai discepoli, provengono dal suo essere ed esprimono chi egli è e quale sarà il suo destino. Non si trattava solo di un manto esterno di splendore! La gloria di Dio aspettava di essere giustificata e pienamente rivelata nell’uomo sofferente che era il Figlio unigenito di Dio.
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Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Commento
di Antonio Rungi
Il 6 agosto di ogni anno, con data fissa, celebriamo la festa della Trasfigurazione di nostro Signore Gesù Cristo sul Monte Tabor, davanti a testimoni come Elia e Mosè e davanti agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Questa festa è meglio conosciuta come la festa del SS. Salvatore e in alcune zone come la Festa del Volto Santo di Gesù.
E’ una festa importante da un punto di vista cristiano, molto sentita dal popolo santo di Dio, perché ci riporta ad uno dei momenti più belli vissuti da Gesù e dai tre apostoli sul monte della gloria. E’ la festa del paradiso, ma anche della Passione di Cristo. Una festa che ci offre l’opportunità in questo mese di agosto di riflettere sul significato non solo della trasfigurazione di Cristo, ma sulla nostra trasfigurazione. Ogni tempo è favorevole perché nella nostra vita ci possiamo e dobbiamo trasfigurare, cioè cambiare in meglio il nostro visto spirituale, ma l’estate ha una carica in più, perché questo possa avvenire, trasformandoci in attenti cristiani che danno spazio alla vita spirituale e che salgono sul monte, insieme a Gesù, a contemplare e a pregare. L’importanza della preghiera e della contemplazione per ogni cristiano è fuori discussione. Senza la preghiera che è il respiro e l’ossigeno dell’anima, difficilmente possiamo affrontare il buon combattimento della vita quotidiana. Certo Gesù, dove aver manifestato la sua gloria, al punto tale che i tre privilegiati apostoli chiedono al Signore di continuare a stare lì, ritornano nel volto della sua umanità e nel volto della sua sofferenza. Riprende il cammino e scende giù a valle, perché l’attende la scalata di un’altra importante montagna, quella del calvario, alla quale fa riferimento riportando alla realtà anche i suoi gioiosi e felici discepoli.
Sull’esempio di Gesù, anche noi dobbiamo scendere dall’esperienza della contemplazione, dell’isolamento, del silenzio, della tranquillità, dai nostri veri o presunti paradisi e non solo spirituali, in quanto ci attende la vita di ogni giorno con le sue gioie e i suoi affanni, con le sue croci e con i vari calvari da salire. La sequela di Cristo passa attraverso l’assunzione della croce. Chi vuol venire dietro a me prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Ecco l’essere vicino a Gesù, dopo la trasfigurazione sperimentata nella preghiera e nella contemplazione, magari nel silenzio e nella solitudine di un eremo, di un convento, di un ritiro, si può trasformare in un tempo per stare a valle, vicino alle sofferenze degli altri. Oppure, in opposizione allo stile di vita di Gesù, si può trasformare in un tempo di distrazioni, che normalmente ci offre, soprattutto il mese di agosto, dimenticandoci di Dio e della carità verso gli ultimi e i sofferenti. Non si comprende il Tabor senza comprendere la valle delle lagrime, come recitiamo nella preghiera mariana della Salve Regina. “A te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lagrime”.
Stare a valle, ridiscendere dal monte ha anche esso un significato cristiano, se scendendo dopo l’esperienza della preghiera noi possiamo incontrare i volti sofferenti dei nostri fratelli ed asciugare le loro lagrime, spesso nascoste per dignità da questi nostri fratelli e sorelle che sono nella sofferenza e che, per non essere di peso agli altri si tengono tutto per sé custodendo gelosamente, come Maria che conservava tutto nel suo cuore, le loro piccole o grandi sofferenze. Trasfigurarsi con la preghiera è salire con Gesù sul Monte Tabor e contemplare la gioia eterna del volto luminoso di Dio, ma anche salire il Monte del calvario, dove la preghiera di Gesù sull’altare della Croce è espressa attraverso le sette parole che il Maestro pronuncia mentre sta a offrire il suo sangue per noi, per redimerci da ogni colpa ed aprirci le porte del Paradiso, una volta per sempre, e non solo per un breve tempo, come quello sperimentato dagli apostoli sul Monte della gioia. Scrive san Giovanni Paolo II, Papa, nell’Esortazione apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, nel presentare i contenuti teologici del mistero luminoso della Trasfigurazione che “Mistero di luce per eccellenza è poi la Trasfigurazione, avvenuta, secondo la tradizione, sul Monte Tabor. La gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo, mentre il Padre lo accredita agli Apostoli estasiati perché lo ascoltino (cfr Lc 9, 35 e par) e si dispongano a vivere con Lui il momento doloroso della Passione, per giungere con Lui alla gioia della Risurrezione e a una vita trasfigurata dallo Spirito Santo”.
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di Franco Mastrolonardo
L’esperienza della trasfigurazione che abbiamo letto è una vera e propria esperienza di luce.
Vorrei allora partire da questa domanda. Da dove arriva la luce? La risposta parrebbe facile: dal sole. In effetti non è così scontato. Se guardiamo la creazione nella Bibbia, nel libro della Genesi la luce arriva prima della creazione del sole. Dio fece la luce nel primo giorno, mentre gli astri del cielo solamente nel quarto. Quindi la Genesi ci propone una concezione nella quale il sole non è la causa prima della luce del giorno, ma sembra esserne, piuttosto, un segno distintivo, con funzioni di calendario e di lampada per illuminare la terra. Funzione analoga svolge la luna nei confronti della notte.
La luce che ci avvolge in effetti non è concentrata in un disco di dimensioni ridotte, ma è presente dovunque in forme e colori diversi: nell’azzurro del cielo sereno, nel rosso dell’alba e del tramonto, nel grigiore delle nubi e delle nebbie, nei colori del paesaggio. Non è così immediato pensare che si tratti della stessa luce, soprattutto quando il sole è già tramontato ed il cielo è ancora luminoso.
Questa complessità della luce riguarda anche la fisica. Newton, uno che se ne intendeva, addirittura scelse di non interrogarsi troppo sulla luce quanto sui colori. Sosteneva che la luce sparisce, rimangono i colori. Sono i colori che spiegano la luce e non la luce i colori. Per Newton la proprietà della luce è un “qualcosa” senza determinare cosa sia effettivamente.
Quindi rispondendo alla domanda iniziale potremmo affermare che l’origine della luce è tanto complessa quanto misteriosa.
A livello esegetico spirituale questa introduzione mi serve a spiegare il fenomeno della trasfigurazione. Il verbo trasfigurare metamorfomai appare in tutta la Bibbia solo quattro volte e, sentite un po’, è sempre al passivo. Questo vuol dire che Gesù stesso non si è trasfigurato, cioè non si è fatto luce da solo, ma Lui stesso è stato illuminato. Da dove, da chi? Non si sa. Sappiamo però che in una esperienza eccezionale di preghiera, come quella del Tabor, si è aperto così totalmente alla luce che le sue vesti sono diventate bianchissime, cioè rivelatrici di luce. Il bianco infatti accoglie tutta la luce, mentre il nero la imprigiona.
Nel creato ogni cosa trova il suo posto, il suo colore. Così anche noi troviamo il nostro colore nel momento in cui la Luce ci attraversa.
Come di un oggetto vediamo un colore, perché è l’unico che riflette mentre gli altri li assorbe, così anche noi di fatto conteniamo tutti i colori ma ne riflettiamo solo alcuni. Dipende dalla nostra capacità di aprirci alla luce. I santi riflettono la Luce in maniera più totalizzante rispetto a noi. Alcuni al contrario potrebbero non riflettere nulla. In fisica sappiamo che il carbone e il diamante hanno le stesse proprietà eppure i colori sono all’opposto, perché il nero trattiene e non riflette, mentre il bianco riflette tutti i colori. Quindi in sintesi tutti noi abbiamo le potenzialità per lasciarci attraversare dalla luce con tante sfumature diverse di colori. Più ci apriamo alla luce divina, più ci apriamo alla trasfigurazione, più ci apriamo a Dio e più diventiamo brillanti, solari e contagiosi della santità.
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di Paolo Curtaz
Senza bellezza non possiamo vivere. Lo sappiamo. Bellezza della natura, bellezza dell’arte, bellezza dei gesti e dell’affetto degli amici. Bellezza che ci porta, in qualche modo verso Dio. E oggi, nel cuore dell’estate, celebriamo la bellezza di Dio, così essenziale per diventare credenti. Marco, nel suo vangelo, scrive che improvvisamente, guardandosi intorno, non videro più nessuno se non Gesù solo, con loro. La conversione alla bellezza è improvvisa. A noi di guardarci intorno e scoprire la bellezza di Dio per giungere anche noi, infine, a vedere solo più Gesù nella nostra vita, e noi assieme con lui. La bellezza convertirà il mondo. E noi, suoi fragili discepoli, siamo spinti a vivere nella bellezza della relazione e della verità, della compagnia degli uomini e della Parola, per dire e dare ai nostri fratelli uomini la speranza di una Presenza che ancora si deve svelare nella sua totalità. Noi, fragili discepoli, siamo chiamati a testimoniare con semplicità e verità che solo Gesù colma il nostro cuore, riempie la nostra anima. La bellezza salverà il mondo, ma di questa bellezza dobbiamo diventare almeno un pallido riflesso.