MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI
DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003
CAPITOLO SESTO
Il nuovo Istituto dei “Missionarii Filii Sacri Cordis” –
MFSC (Missionari Figli del Sacro Cuore)
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Agostoni – Storia dell’Istituto Comboniano – Parte III – Gli Istituti dal 1881 al 2003 – Cap. 6 – L’Istituto MFSCDownload
OTTAVO CAPITOLO GENERALE (1973)
Mellatz 3 luglio – 5 settembre 1973
ed il periodo 1973 – 1979
Il Nuovo Consiglio Generale
Il Capitolo elesse p. Georg Klose Superiore Generale al primo ballottaggio con 11 voti su 22. I seguenti furono eletti Assistenti Generali: i padri Eric Schmid, Adolf Kampl, Josef Schmidpeter e Anton Maier.
P. GEORG KLOSE. Nacque a Spottau-Schlesien, nella diocesi di Breslau il 24 febbraio 1930. Divenne membro del MFSC prendendo voti temporanei il 1 dicembre 1953, e voti perpetui l’8 febbraio 1959. Fu ordinato sacerdote il 26 luglio 1959. Completò gli studi di filosofia e teologia a Bamburgo e a Roma dal 1955 al 1959 presso la Pontificia Università Urbaniana. Lavorò come missionario nel Perù dal 1959 al 1967. Fu trasferito in Spagna (1968-1973) dove fu rettore del Seminario Minore di Palencia e rappresentante del Superiore Generale, partecipando in questo ruolo al Consiglio provinciale dei FSCJ in Spagna, diventando ardente sostenitore dell’iniziativa che portò alla Riunione dei due Istituti. Dopo la Riunione, per la quale ebbe un ruolo fondamentale durante le varie fasi dì riavvicinamento, diventò Superiore Generale della provincia di lingua tedesca (DSP). Rimase d’allora sempre in quella provincia coprendo vari ruoli di responsabilità come, per esempio, Superiore locale, economo provinciale, procuratore, segretario del consiglio provinciale sempre al servizio dell’Istituto Comboniano.
Osservatori invitati
Durante la prima settimana furono presenti in rappresentanza del FSCJ i padri Chiocchetta e Gilli. Durante la prima sessione che terminò il 1 agosto, i padri Ramiro, Colombo, Eric Grace, Superiore provinciale della provincia londinese, parteciparono alla riunione dal 16 al 18 luglio. Padre Agostani, che era stato espressamente invitato, andò a Mellatz al termine del Capitolo per rispondere alle numerose domande che i capitolari gli vollero porre.
Sviluppi e decisioni del Capitolo
Tema della Riunione
Il primo punto focale del Capitolo fu la discussione della riunificazione dei due Istituti Comboniani. L’argomento non fu del tutto capito dalle differenti mentalità e sensibilità presenti, specie quando si faceva riferimento ai vari aspetti giuridici da adottare. Il 28 ottobre 1969, le Direzioni Generali dei due Istituti crearono una commissione mista: la Commissione per lo Studio della Riunione (RSC) che avrebbe studiato il problema.
I membri della commissione informarono i capitolari circa la corrispondenza fra i Superiori Generali dei due Istituti sul tema della Riunione che era iniziato già nel 1967. I capitolari del MFSC sottolinearono che tutti i membri del RSC erano favorevoli alla Riunione e che forse, perciò, essi mancavano di un punto di vista criticamente razionale al riguardo. Un ulteriore membro che avrebbe rappresentato i sentimenti dei più intransigenti dei MFSC fu aggiunto alla commissione. A questo scopo fu eletto il Capitolare p. Eric Schmid, insegnante presso la Pontificia Università Urbaniana a Roma. Non solo rappresentava i sentimenti della maggioranza, era anche confidente di molti. I Capitolari del Perù ritenevano che il procedimento di riunificazione veniva accelerato, mentre altri ritenevano che la frase nel testo del Referendum “che la Riunificazione dovesse ritenersi non un esperimento, ma un obbligo” era appropriata, provocando non poche perplessità e contenzioni.
Durante la Riunione furono proposti diversi modelli di riunificazione. Vi erano diversi punti di vista condivisi da altri osservatori FSCJ. Data l’internazionalità, ci si rese conto che c’erano valori da preservare. Fu quindi ritenuto necessario che le due Direzioni Generali continuassero nel dialogo fra i due Istituti e con i superiori delle missioni.
Il 17 marzo 1973 il Superiore Generale FSCJ, P. Tarcisio Agostoni, si recò al Capitolo parlando ai capitolari delle esperienze nelle varie missioni, con l’intento di rimuovere timori e incertezze. Uno dei partecipanti affermò che aveva risposto a tutte le domande in modo chiaro ed esauriente. P. Agostoni parlò pure del lavoro svolto con altri Istituti e con il clero diocesano nelle missioni.
L’idea di celebrare un Capitolo Generale comune fu discussa e fu suggerito di tenerlo nel 1975 quando i FSCJ avrebbero tenuto il loro Capitolo. Fu discussa con p. Agostoni la possibilità di preparare uno speciale regolamento per l’occasione.
Il risultato delle estenuanti discussioni nel Capitolo furono sintetizzate in una lettera alla Direzione Generale del FSCJ nella quale l’idea di una Riunione fu esposta chiaramente. Fu richiesta una risposta a questa lettera prima di fare ulteriori passi. Così si aprì un nuovo Capitolo per la riunificazione che avrebbe unito i due Capitoli Generali del MFSC e del FSCJ a Ellwangen in Germania nel 1975.
Ulteriori sviluppi e decisioni
Ci fu la richiesta di eleggere un Fratello come assistente nel Consiglio Generale. Questa era una richiesta che era emersa durante la precedente riunione dei Fratelli. La maggioranza dei capitolari fu favorevole a tale elezione e fu richiesto il permesso di Propaganda Fide. Inoltre, sempre con riferimenti ai Fratelli, fu deciso che in futuro almeno tre di loro avrebbero partecipato al Capitolo come delegato. Le modalità della elezione a delegato fu lasciata al nuovo Consiglio Generale. Si sottolineò che i Fratelli avrebbero dovuto essere attivamente coinvolti nella direzione dell’Istituto come missionari con gli stessi diritti dei sacerdoti.
Con riferimento alla nuova Regola di Vita e Direttorio, di cui si doveva preparare una nuova versione, fu fatto notare che la cosa andava per le lunghe. Come richiesto dalla normative emanata da Roma, la nuova Costituzione (Regola di Vita e Direttorio) dovevano fondarsi su basi bibliche, giuridiche, teologiche e sul Fondatore. Fu sottolineato che il bene delle missioni era il principio supremo che doveva regolare l’ordinamento dell’Istituto. In questo senso s’insistette su uno stile particolare nella terminologia da usare. Invece di “vita religiosa” fu suggerito “il nostro stile di vita missionaria”, in quanto il concetto di vita religiosa e vita missionaria era cambiato. Fu ricordato, inoltre, che la nuova Regola di Vita poteva anche essere un modello da adottare nel futuro dai due Istituti una volta che si erano riunificati. Questo punto fu molto dibattuto durante il Capitolo.
Fra gli altri punti discussi c’era la necessità di fare un uso preciso del termine “Kreis”(regione) nel contesto europeo, del Sud Africa e del Perù.
Altro punto molto dibattuto fu quello dell’abito talare. Fu deciso che i membri potevano indossare la tonaca o altro abito clericale, e che ogni membro era libero di vestirsi secondo le usanze del clero e religiosi locali.
Altri punti e suggerimenti furono dati per il futuro, sia per la promozione vocazionale sia per le innovazioni nella vita missionaria, sulla carità fraterna, sulla semplicità di vita, sulla vita comunitaria e la responsabilità di ogni membro per la promozione delle vocazioni.
Furono istituiti segretariati per le diverse aree della vita dell’Istituto (Animazione Missionaria, Formazione e economia), come pure un Consiglio dei Fratelli.
Si parlò anche della formazione nello spirito del Concilio Vaticano Secondo. La discussione si accentrava principalmente sulla formazione dei missionari nelle differenti fasi, come il postulato, noviziato e scolasticato. Fu discussa la fondazione di uno Scolasticato Internazionale ad Innsbruck. Si decise anche di aprire la casa do Bamburgo a studenti FSCJ.
Ci si rendeva conto che i Seminari Minori non erano più strettamente collegati alle missioni e la vita religiosa, essendo essi adesso aperti ad altre vocazioni di vita consacrata. I capitolari si domandavano fino a che punto i programmi dei seminaristi potevano essere mantenuti. Lo scopo della formazione era di formare cristiani maturi aperti al mondo. All’interno di questo scopo fondamentale era necessario inserire un’apertura per la gioventù di dimensione missionaria universale.
Altri punti discussi riguardarono le vocazioni dei Fratelli, la loro formazione, la loro integrazione nella comunità e nelle missioni, l’accompagnamento, la formazione permanente, la specializzazione ed eventuale inserimento nelle attività pastorali.
Il concetto di “Missionari Comboniani Laici” iniziò a prendere piede e fu iniziata una collaborazione con sacerdoti diocesani.
Altro punto discusso fu l’argomento riguardante il così detto “Ius Commissionis” e la “Convenzione” (con i Vescovi). Fu fatto notare che le direttive per quanto concerneva il lavoro missionario era in fase di rinnovamento ed aggiornamento, e il fatto che lo “Ius Commissionis “non esistesse più, rendeva necessario il stipulare vere convezioni con i Vescovi.
Si chiese ai missionari e Fratelli in missione di interessarsi attivamente alla stampa e mezzi di comunicazione sociale.
Venne riconosciuta la necessità di modernizzare l’amministrazione della vita economica dell’Istituto e la necessità di avere nuove direttive.
Fu inoltre discussa la presenza dei Missionari Comboniani in Spagna. Fu deciso di lasciare lo “status” esattamente com’era. Inserire una delegazione in quella nazione avrebbe portato confusione, in quanto l’unificazione era già iniziata e la tendenza alla collaborazione pratica aveva già fatto progressi nella provincia spagnola. Fu infatti proposto che i MFSC spagnoli emettessero i loro voti con i FSCJ.
Fu infine dibattuta la questione dell’assicurazione medica. La questione fu chiarita e il Consiglio Generale si prese la responsabilità per le spese relative.
SECONDA SESSIONE DEL CAPITOLO DEL 1973
Mellatz 11-30 agosto
Celebrazione del Capitolo
Parteciparono al Capitolo i seguenti Capitolari: il nuovo Consiglio Generale eletto durante la prima sessione del Capitolo del 1973 – e ciò il Superiore Generale p. Georg Klose, e gli assistenti p. Erich Schimd, Adolf Kampl, Josef Schmidpeter e Anton Maier, assieme ai padri capitolari Konrad Nefzger (Superiore Regionale del Sud Africa, Andreas Thorwarth (Superiore Regionale del Perù), Josef Heer, Josef König, Udo Bumuller. I Fratelli Bernhard Mai, Hermann Engelhardt, Gebhard Schmid e p. Hubert Heller, (delegato del Sud Africa). I padri Anton Pramstrahler e Donaciano Bartolomé (delegati della Spagna) per un totale di 18 capitolari. Gli osservatori FSCJ dal 14 agosto 1975 erano i padri Sina e Fornasari.
Durante i primi giorni della sessione i capitolari furono relazionati su quanto era stato fatto per la Riunione dal 1973 al 1975.
Il 16 novembre 1973 i due Consigli Generali MFSC e FSCJ tennero una riunione. Uno dei risultati di questa riunione fu che il Consiglio Generale MFSC avrebbe scritto una lettera a tutti i membri del FSCJ spiegando la loro posizione. Questa lettera causò molti fraintesi sia in Sud Africa che in Perù. Fu quindi necessario convocare un’altra riunione con il Consiglio Generale FSCJ che ebbe luogo a Roma il 31 dicembre 1974. Si decise di scrivere una ulteriore lettera a tutti i membri FSCJ.
Il 14 Luglio 1975 l’undicesimo Capitolo dei FSCJ dette la sua risposta alla lettera ricevuta a seguito del Capitolo MFSC del 1973.
I capitolari discussero sul contenuto della risposta e cercarono di far si che la loro posizione fosse del tutto chiara. Fu discusso in particolar modo la questione della autonomia regionale, provinciale e delle delegazioni.
I “diritti e doveri” del Superiore competente, la base economica della regione e i suoi rappresentanti, la questione della internazionalità nelle missioni e come affrontarla, nonché le diverse possibilità ed aspetti di un futuro regolamento giurisdizionale con tutto quanto esso comportava. Pur discutendo tutti gli aspetti della questione, si auspicava una futura unione del DSP per diventare un unico, unificato Istituto Comboniano. Tutti i capitolari furono d’accordo che, benché i due Istituti si fossero sviluppati con alcune diversità, pure avevano mantenuto una fondamentale identità che li accomunava.
Furono dati i seguenti suggerimenti:
- Nella sessione comune dei due Capitoli da tenersi il 1° e 2° settembre, i FSCJ avrebbero dato la loro risposta ufficiale alla lettera dei MFSC. A loro volta i MFSC avrebbero avuto l’opportunità di rispondere durante il Capitolo stesso.
- Si doveva elaborare uno speciale statuto comune.
- Dopo l’eventuale decisione per la Riunificazione si sarebbe tenuto un referendum per tutti i membri dei due Istituti.
- Sarebbe stata nominata una nuova commissione per elaborare una nuova costituzione per tutti.
- La Riunione avrebbe dovuto essere confermata e suggellata dalla Santa Sede.
Per tutti questi sviluppi era sempre necessaria l’approvazione di Roma. Inoltre il referendum doveva essere preparato in modo chiaro e limpido e si doveva basare sulla coscienza personale. Il Referendum non si poteva fare prima del 1976 e il progetto della Costituzione non poteva essere elaborato fintanto che non ci fosse stato il referendum.
Ulteriori passi verso la Riunificazione erano necessari nonché più strette collaborazioni nei vari campi della vita dei due Istituti: le due Direzioni Generali si sarebbero incontrate spesso. Gli aspetti tecnici riguardanti dette riunioni furono quindi elaborati durante la prima sessione del Capitolo Comune di settembre.
La Riunione dei due Capitoli a Ellwangen 1-2 settembre. Per ciò che riguarda questo Capitolo vi rimandiamo al Capitolo Quindici di questo Testo.
Sviluppi nel periodo 1973-1979
Sviluppi in patria
Documenti del Capitolo
Questo compito fu affrontato nel Capitolo del 1973 che produsse i “Documenti Capitolari”. Furono sottoposti all’attenzione della SCEP nell’ottobre del 973 ed approvati “ad experimentum” dalla stessa nell’aprile del 1974. Nella sua relazione al Capitolo della Riunione del 1979 p. Klose, Superiore Generale, fece notare che non si stava dando ai documenti la dovuta attenzione. Una delle ragioni era che i 21 membri del Capitolo che avrebbero dovuto contribuire all’approfondimento dei documenti non volevano rielaborali. Un’altra ragione era che, in vista della Riunione, molti pensavano che i documenti fossero provvisori. Dopo tutto, l’attenzione di tutti era inchiodata sulla questione della Riunione e dopo il 1975 le comunità si concentrarono nello studio del progetto delle costituzioni per gli Istituti riunificati.
Alcuni punti importanti
Dopo il Capitolo furono dibattuti, in special modo alcuni punti di natura spirituale:
- I. Per quanto riguarda il rinnovamento missionario: i confratelli che rimanevano in patria si presero più responsabilità per far conoscere il lavoro missionario nelle chiese locali, sia lavorando come missionari esperti nelle diocesi, sia predicando giornate missionarie.
Molti confratelli partirono per le missioni per la prima volta: dal 1973 al 1979 partirono dei 31 professi: 13 sacerdoti, 12 Fratelli e 6 scolastici. - II. Fu sottolineata la fraterna carità, alla quale siamo comunque già impegnati dal fatto che siamo Cristiani.
- III. Semplicità nella comunione dei beni, che, in generale, era migliorata durante i sei anni precedenti.
- IV. La responsabilità di ogni confratello per la promozione vocazionale che dovremmo sempre tenere presente, senza, tuttavia, scoraggiarci.
Innovazioni nell’organizzazione
L’istituzione di Segretariati:
- il segretariato per la formazione
- il segretariato per il lavoro missionario
- il segretariato per le finanze e l’amministrazione
Esperienze formative per i novizi al di fuori della casa del noviziato, sia in una delle nostre comunità che nelle varie attività pastorali.
Il Consiglio dei Fratelli: oltre che a completare il processo di perfetta uguaglianza di diritti fra i Sacerdoti ed i Fratelli, fu istituito un Consiglio Consultativo dei Fratelli che sarebbe stato direttamente responsabile alla Direzione Generale. Si doveva riunire almeno una volta all’anno, nonché nominare e trasferire i Fratelli. I Documenti Capitolari contengono un’intera sezione riguardante i Fratelli, con direttive chiare per la loro preparazione in vista delle missioni, con l’impegno prioritario di dedicarsi all’insegnamento di arti e mestieri alla popolazione locale.
Inoltre il documento enfatizzava:
- La priorità del lavoro missionario.
- La necessità di far ruotare il personale.
- La formazione continua.
Gli scolastici di Bamberga iniziarono a sentirsi alquanto a disagio nel loro scolasticato. Tutti erano a conoscenza dei cambiamenti del 1968. Alcuni continuarono i loro studi teologici a Wurberg, altri a Rogensberg.
Durante il semestre 1971-72, due scolastici e due postulanti si recarono al collegio internazionale “Canisianum”, diretto dai Gesuiti. Si aggregarono sotto la guida di un esperto padre Gesuita. Nel frattempo alcuni teologi FSCJ si unirono al collegio sotto la direzione di un Sacerdote di una casa appartenente al collegio. Fu solo una soluzione temporanea, in quanto l’Istituto acquistò una sua casa ad Innsbruck sulla Amraserseestrasse, dove lo scolasticato si trova tuttora.
Alcuni novizi avrebbero voluto studiare teologia in Sud Africa, ma andarono anche loro ad Innsbruck.
Un movimento fu fondato come associazione laica
L’idea fu di aggregare uomini laici alle nostre comunità. Molti fecero domanda ma pochi avevano un vero spirito missionario. Era un esperimento da valutare con calma.
Crisi negli Istituti (vedere il Capitolo XIV)
Come in tutti gli Istituti ecclesiastici del tempo, anche nel nostro Istituto sorsero diversi problemi. Il problema finanziario sorse principalmente per i Fratelli, per l’eventuale facilitazione al loro inserimento nella società. Questo era ritenuto necessario di modo che si sentissero completamente liberi di restare nell’Istituto o di andarsene. Il Consiglio Generale stava già aiutando alcuni Fratelli che avevano lasciato l’Istituto e quindi non vedeva la necessità di ottemperare a tale richiesta. Fu scelta un’assicurazione sociale statale. Per beneficiarne, era necessario pagare una somma annuale. Tuttavia in seguito la provincia fece un’assicurazione privata.
Nel maggio del 1977, il Consiglio Generale ebbe un’udienza privata con Papa Paolo VI per parlare con il Santo Padre dei problemi più urgenti come la Riunione e le difficoltà che incontravano nel campo dell’Apostolato in luoghi come il Sud Africa. Il Papa li accolse calorosamente e benedisse il loro lavoro.
Sviluppi nelle Missioni
Apertura nel Kenya
Padre Uhl andò in Kenya per insegnare Filosofia nel Seminario nazionale per due anni.
Fratelli per Gilgil nel 1974. Furono nominati dei Fratelli per fondare un Villaggio Politecnico a Gilgil nella Diocesi di Nakuru. I Fratelli si recarono in Tanzania a studiare la lingua Kiswahili e nel 1975 tornarono per costruire il villaggio. Era il 1975. Nel 1978 poterono aprire la scuola e le officine per insegnare falegnameria, meccanica e la lavorazione della pietra.
La vendita dei manufatti, si trattava principalmente di arredamento che poteva aumentare le entrate finanziare. A volte la gestione del villaggio lasciava a desiderare per cui fu lasciato e consegnato alla diocesi.
Sud Africa
In questo periodo e negli anni successivi, piuttosto che aprire nuove missioni, l’attenzione dei missionari era volta a riconsiderare la metodologia seguita nel passato. Dovettero cambiare i loro metodi pastorali tradizionali in quanto le politiche governative avevano apportato cambiamenti nella società.
“I catechisti erano molto richiesti, ma questa politica dovette essere abbandonata per mancanza di finanziamenti. Il declino delle vocazioni fece sì che si dovesse fare sempre più affidamento sui fedeli come i leader delle comunità locali.
Venne introdotto ogni sorta di ministero, come, ad esempio catechisti volontari addestrati: fu fondato l’Istituto Lumko che si occupò di questo compito. Tutte queste evoluzioni portarono a sviluppare il metodo pastorale chiamato “Piccole Comunità Cristiane”.
Negli ultimi anni c’è stato un forte declino nei battesimi, confessioni e matrimoni. In generale questo avvenne per tutte le Chiese: “Siamo tutti una sola famiglia con nomi diversi”. Penso che dovremo affrontare le nuove sfide, cioè come rendere la Chiesa di nuovo attraente, oltre che alle scuole e gli ospedali” (Nefzger, p. 200).
Alcuni osservatori sostengono che questo modo di fare, cioè di non più convertire, non è nuovo tra i sacerdoti e missionari più giovani, ovunque si trovino. È vero che la salvezza non è solo nella Chiesa Cattolica, ma Gesù Cristo non venne solo per salvare le nostre anime, ma per darci i mezzi per addolcire il lavoro che porta alla nostra salvezza come la Chiesa ed i Sette Sacramenti che non sono comuni a tutte le Chiese o Religioni. Ognuno dei Sacramenti ci da una grazia speciale per rendere attivo il significato del sacramento.
Il Battesimo ci dà la Grazia Santificante che include i doni di Fede, Speranza e Carità; i sette doni dello Spirito Santo e le Virtù Cardinali. Il Sacerdozio ed il matrimonio: la vita del sacerdote e quella famigliare al giorno d’oggi sono talmente difficili da affrontare, che la Grazia Sacramentale è particolarmente necessaria.
Questo è quello che Gesù intendeva quando disse: “Mi è stata data ogni autorità in cielo ed in terra. Perciò andate e fate discepoli in ogni nazione, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo insegnando a tutti ad eseguire tutto quanto vi ho ordinato” (Matt. 28:20).
Le scuole missionarie
“La fondazione di scuole missionarie era parte integrale della politica pastorale nel Sud Africa: arrivare ai genitori attraverso i bambini. I genitori, fra l’altro erano contenti che i loro figli ricevessero una buona educazione. Questa politica ebbe molto successo, anche se ci furono alcuni battesimi proprio a causa della scuola, i quanto la legge prescriveva che solo cattolici battezzati potessero frequentare le nostre scuole. Nel 1953 fu passate la legge “Bantu Education Act”, ma i Vescovi decisero di continuare comunque nella loro politica aprendo scuole private. Fu istituito un fondo ad hoc che diede più di un milione di Rand. Chiesero a tutti gli insegnanti di lavorare per uno stipendio più basso di quello governativo, e lo fecero per un po’ di tempo, ma il governo sistematicamente metteva in atto la sua politica.
Furono chiuse molte scuole per via della legge “Group Area Act”e tutto ad un tratto ci si ritrovava con scuole vuote perché la gente doveva andare a vivere altrove.
Un ulteriore “aiuto”, si fa per dire, venne dagli agricoltori che si rifiutavano di dare il permesso ai loro “bambini”di frequentare le nostre scuole. Gi ispettori scolastici sostenevano questo punto di vista e incoraggiavano gli agricoltori ad aprire delle piccole scuole “Perché il livello “standard 2”è più che sufficiente per i bambini neri.”Un ulteriore problema veniva dal fatto che si dovevano togliere i “punti neri”nelle aree bianche; avendo forti ripercussioni negative per i collegi convitto. Nel 1967 si dovette chiudere Maria Trost. Tuttavia quello che veramente fu il colpo di grazia per le scuole cattoliche fu il rifiuto da parte del governo di riconoscere i collegi cattolici per la formazione dei maestri, ossia l’istruzione para-universitaria per insegnanti di fede cattolica, come quelli di Inkamana e Mariannhill, che dovettero chiudere. La mancanza di fondi significò che gli insegnanti non potevano più essere pagati. I Vescovi dovevano quindi prendere una decisone: chiudere del tutto o dare al governo le loro scuole. Forse dobbiamo ringraziare Dio che la Chiesa non è, adesso, coinvolta nella crisi scolastica in atto” (Nefzger p. 201).
Raramente s’insegna religione ai bambini ed adolescenti nelle scuole. Quello che prevale oggi, in quanto più fattibile, è l’insegnamento religioso impartito ai bambini prima o dopo la S. Messa, o durante la settimana.
Le nostre Missioni e l’Apartheid
All’arrivo dei nostri missionari in Sud Africa nel 1923, la Chiesa Cattolica aveva due aree di lavoro: La Chiesa dei “Settlers”, principalmente per i bianchi, e la “Chiesa Missionaria che si dedicava alla “gente di colore” o neri. Questa situazione si aggravò nel 1947 dopo che fu passata la legge sull’apartheid, ed il razzismo si insinuò in ogni aspetto della vita sociale e istituzionale. I bianchi non potevano intrattenersi in nessun modo con la gente di colore se non come padrone-servo. Anche le Chiese risentirono di questo stato di cose e benché la Chiesa Cattolica non fosse in nessun modo razzista, alcuni cattolici ed anche alcuni sacerdoti tendevano ad esserlo.
I nostri missionari si erano recati in Sud Africa essenzialmente per gli africani e per “deformazione professionale” tendevano a lavorare per e con la gente di colore, senza però dimenticarsi dei bianchi, facendo anche visite nelle loro case. Cercarono in tutti i modi di ottenere i permessi necessari per recarsi nei raggruppamenti riservati ai neri (township). Dovettero accettare di subire minacce e rappresaglie da parte delle forze di polizia. Questo succedeva in special modo quando la Chiesa Cattolica, avendo iniziato a mandare forti messaggi anti-apartheid, iniziò ad essere coinvolta con i neri nella lotta contro le leggi vigenti.
Il nostro particolare coinvolgimento nella lotta contro l’apartheid era di permettere riunioni di sindacalisti e di altre organizzazioni di incontrarsi, in contrasto con la legge fatta dai bianchi, all’interno delle missioni. I nostri missionari venivano spesso minacciati dalle forze di sicurezza governative le quali tentarono, per esempio, di dar fuoco e riuscendoci nel secondo tentativo, al salone parrocchiale di Witbank.
Organizzazioni diocesane cattoliche come le associazioni di giovani lavoratori e di studenti, e Commissioni di Giustizia e Pace, guidavano la lotta contro l’apartheid. Fu fondata l’Organizzazione Urbana Ecumenica “Diakonia” ispirata dal Vescovo di Durban, mons. Denis Eugene Hurley (OMI), che fu sempre fortemente coinvolta nella lotta contro l’apartheid. I nostri missionari, si adoperavano per aiutare il Vescovo Hurley nei suoi sforzi, Si deve comunque dire che quello che mancava nel passato in Sud Africa nell’insieme, e in questo includiamo i nostri missionari, era la coscientizzazione della gente secondo la Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica. Nel 1987 il Vescovo Hurley scrisse:
“La nostra più evidente debolezza come Chiesa è di non aver promosso un’educazione sociale della nostra gente nel senso Cristiano del termine e capire i gravi problemi culturali ed economici del nostro paese. Non siamo stati profetici in questo. Non abbiamo veramente evangelizzato.”(da The Catholic Church in Contemporary Southern Africa “di Brian & Denis – Cluster Publications.p. 159)
Ciò nonostante, il primo documento sulla necessità di coinvolgimento fu il “Call to Conscience” (Chiamata alla Coscienza). Il tema principale della pubblicazione era “Di fare quanto in nostro potere nel creare una società Cristiana che fosse giusta, stabile e in pace con se stessa nella nostra nazione.” Il significato di tale affermazione era il fatto di non considerare più soltanto i diritti umani in senso astratto, ma una più chiara articolazione dei problemi sociali e politici che influenzavano la gente e dei quali, adesso,si preoccupava la Chiesa. Questi includevano la ridistribuzione della ricchezza, il lavora migratorio, la mancanza di disponibilità di istruzione superiore per la gente di colore, il diritto dei neri di organizzarsi in sindacati dei lavoratori, l’imprigionamento e l’esilio di coloro i cui punti di vista non erano quelli del governo. Dobbiamo far notare, qui, che molta della saggezza tradizionale africana in questo momento promuoveva la separazione della vita religiosa da quella sociale. La religione doveva essere relegata alla dimensione “spirituale”della gente e non immischiarsi con il sociale. In questo documento, tale posizione venne fermamente rifiutata dai leader della Chiesa (id. pagine 159-160).
Perù
La Seconda Casa dell’Istituto Miraflores a Lima
Nell’ottobre 1978 fu aperta una nuova casa per l’animazione missionaria.
Terza casa dell’Istituto a Lima (Aprile 1979)
Siccome la promozione vocazionale attraeva giovani ci fu bisogno di acquistare una nuova casa a Lima come postulato e per la promozione vocazionale.
Padre Andrès Thorwarth, fu nominato Superiore Regionale ma continuò a risiedere a Cerro de Pasco fino al 1976.Nel 1978, si celebrò il quarto anniversario della presenza dei nostri missionari nel Perù.
In quell’occasione l’assemblea Pan-Americana degli Animatori Missionari fu fissata da celebrarsi in occasione della visita dei due Superiori Generali, p. Tarciso Agostoni e p. George Klose. Nel 1979, furono pubblicati i primi numeri delle riviste preparate e stampate in Perù “Esquila Missional”e “Aguiluchos”.
Problemi Pastorali
Come per tutti i paesi emergenti, uno dei problemi più grossi era la formazione dei giovani. Tramite i mezzi moderni di comunicazione sociale, il modello di vita occidentale stava invadendo i paesi del terzo mondo. Gli africani, in particolare, non si rendevano conto del veleno sociale che veniva iniettato nelle loro menti. C’era bisogno di scuole cattoliche sotto la direzione di uno o due sacerdoti.
P. Jakob Wellenzohn sentì la necessità di formare gruppi per giovani nelle parrocchie di Ulcamayo e Carfuemayo. Questi ebbero successo e presero piede altrove. Erano principalmente per giovani e ragazzi.
P. Josef Schmidpeter fondò le società Kolping per il coinvolgimento dei laici per la formazione cristiana, umana e professionale di uomini donne e bambini.
MONS. LORENZO UNFRIED: un buon pastore per tutti. Umbau – Germania 13/09/1918 – Tarma, Perù 30/11/88. All’età di vent’anni prese i voti, l’età giusta per essere chiamato alle armi e poi partecipare alla Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Fu fatto prigioniero sul fronte russo e rimase in Russia fino al 1948. Una volta tornato a casa si dedicò agli studi di teologia che terminò con la sua ordinazione sacerdotale il 30 aprile 1950.
Traggo dal suo diario alcune descrizioni riguardanti le visite da lui fatte agli abitanti delle Ande.
29/8/56: Huacrachuco. Sono arrivato qui dopo un viaggio fatto in parte a dorso di mulo ed in parte a piedi. Abbiamo coperto 270 miglia in quattro giorni. In pratica, nel territorio ci sono quattro parrocchie nessuna delle quali ha un sacerdote residente. L’ultimo giorno è stato il più difficile. Abbiamo passato ore camminando in solitudine sugli altopiani, nessun albero, nessun cespuglio, neanche un’anima viva, nessun segno di vita. Una tempesta di neve nella parte più alta di questa solitudine deserta, aumentava la tristezza di questa terra montagnosa semi deserta.
Huacrachuco è la capitale della provincia. Sono arrivato qui poco prima di sera di un giorno d’estate. Le strade strette sono piene di gente; è la festività di santa Rosa di Lima, Patrona della città. Il rintocco delle campane suonate a festa mi danno il benvenuto. È passato un anno senza che ci sia stata la visita di un prete. Le autorità e una banda di musicisti mi accompagnano in processione fino alla mia stanza. Una tazza di caffè forte mi rinvigorisce, mentre qualcuno si prende cura del mio mulo. Più tardi quella sera cantiamo le preghiere serali in una chiesa quasi buia.
2/9/56: Huacrachuco. Ricevo molte lettere dai cristiani dei villaggi vicini chiedendomi di far loro visita. “A Sua Eccellenza, il Vicario della Diocesi di Llata” e “Al Parroco della Chiesa di Dio che passa”. È veramente doloroso vedere come il parroco debba curare le necessità pastorali dei parrocchiani spostandosi da un villaggio all’altro.
3/9/56: Oggi ho visitato Huaichao, a solo 15 chilometri da Huacrachuco. Sono il primo prete che sia stato nel villaggio da 12 anni. La gente ha sete di Dio. Gli indiani sono molto religiosi e vogliono soddisfare questa sete in qualsiasi modo possibile: alcuni di essi hanno abbracciato il protestantesimo, e posso capire il perché data la loro sete di Dio.
4/9/56: Lascio Huacrachuco e mi incammino verso San Bonaventura, ma ho promesso alla gente di qui che sarei ritornato. Il villaggio dista 40 chilometri. Mi fa da guida un ragazzino. Il nostro cammino passa da un burrone all’altro su sentieri sconnessi, su e giù continuamente; ogni tanto si sente il mormorio di un fiume che scorre giù nella valle.
Sono impressionato da come la gente di queste parti riesca a muoversi e camminare per giornate intere ad una altitudine di 4000 metri, portando grossi pesi sulle loro spalle”.
Le vicissitudini e gli spostamenti di p. Lorenzo sono all’ordine del giorno per i nostri missionari che lavorano sulle montagne del Perù.
Il diario di p. Lorenzo finisce con la seguente annotazione:
“Tutti questi viaggi e visite richiedono al sacerdote fino all’ultima goccia della sua forza fisica e forse ancora di più alle sue risorse spirituali.”
Dopo alcuni anni passati in altre parrocchie, p. Lorenzo, di nuovo a Llata nel 1964, per portare a termine la costruzione del Santuario della Madonna del Consiglio, fu trasferito a Cerro de Pasco come Vicario Generale di Tarma e parroco di San Miguel in Cerro de Pasco. Vi restò fino al 1969, quando fu nominato Vescovo ausiliare di Arequipa. Fu poi nominato Vescovo Ordinario di Tarma.
Adesso riposa nella cattedrale in attesa della Resurrezione.
Pensando alla sua vita si può riassumere il suo operato come quello di un buon pastore. La lettera pastorale scritta ai suoi fedeli Cristiani è emblematica:
“Io umile servitore di tutti e vostro Vescovo, segno dell’unità della nostra Chiesa con la Chiesa Universale di Cristo, desidero essere: per i Cristiani, un padre; per gli apostoli laici, un animatore e promotore; per coloro che non praticano nessuna fede, colui che li sta cercando; per i poveri, qualcuno che porta loro aiuto e che gli starà vicino; per gli afflitti, un consigliere; per i malati, un visitatore; per i giovani, la speranza della Chiesa e per la nostra patria un amichevole sostenitore per aiutare i giovani a ricevere la torcia fiammeggiate d anziani.”
Un programma di ministero episcopale veramente commovente.