MCCJ

P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003

CAPITOLO QUINTO
Dal 1919 al 1931

TERZO CAPITOLO GENERALE (Verona 21 settembre 1919)

I membri del Capitolo erano 22. La Congregazione contava 150 membri.

Le elezioni dettero i seguenti risultati: P. Paolo Meroni, Superiore Generale; p. Antonio Vignato, p. Federico Vianello, p. Franz Heymans (+ 1948 all’età di 83 anni) Jacob Lehr (+ 1966 all’età di 89 anni).

PADRE PAOLO MERONI. Nacque a Milano nel 1873 e studiò nel seminario della diocesi della sua stessa città dove si fece notare per la sua grande intelligenza e l’amore per la filosofia e la teologia morale Nel 1896 si unì al nostro Istituto. Dopo la morte del Vescovo Roveggio, egli fu nominato Superiore Religioso del Vicariato, in quanto le autorità ecclesiastiche e religiose erano già divise. Aveva solo 29 anni. Coinvolto in un naufragio nel Mediterraneo durante la Prima Guerra mondiale mentre stava tornando a Khartoum, fu costretto a tornare in Italia. Fu Superiore Generale per 12 anni. È stato l’attore principale della separazione dei membri italiani da quelli austro-tedeschi, Aumentò il numero dei seminari minori, in Italia fu l’ideatore del Bollettino della Congregazione nel 1927. Approntò le norme che i missionari sul campo dovevano seguire. Scrisse undici lettere circolari dove sottolineava l’importanza di una vita spirituale intesa come mezzo per l’apostolato, per la carità fraterna, come senso di appartenenza all’Istituto, senza mai dimenticare l’osservanza delle Regole. A lui dobbiamo il riconoscimento ufficiale di Comboni come nostro Fondatore e come modello per tutti i membri dell’Istituto. Nel primo numero del Bollettino nel 1927, egli auspica che vi vengano pubblicati dei “Passi dalle lettere del nostro grande e santo fondatore”. Nel 1928 (Lettera Circolare n. 2 19/03/28) egli annuncia l’introduzione del processo di Beatificazione di Comboni come “Nostro Primo Fondatore, modello di eroiche virtù principalmente di quelle che sono la base della vita religiosa e apostolica”. Padre Meroni morì a Verona nel 1939. Egli seguiva e auspicava in particolare modo la formazione professionale del Fratelli.

Problemi particolari del Capitolo

Per la prima volta furono istituite delle commissioni per discutere alcuni problemi portati al Capitolo. Gli anni di servizio del Superiore generale e dei suoi assistenti furono ridotti da dieci a sei secondo il Codice di Diritto Canonico del 1917.

Le case nei territori di lingua tedesca avrebbero chiesto di formare una loro propria provincia

I cattolici nelle nostre Missioni, dicembre 1923

Khartoum 2.277

Bahr-el-Ghazal 928

Nilo Equatoriale 6.668 (nel 1919: 2048)

Totale 9.873

QUARTO CAPITOLO GENERALE (Verona 1925)

Membri del Capitolo: 18

Elezioni: P. P. Meroni (+1939 all’età di 66 anni) P. Vianello (+1936 a 62 anni); P. Francesco Saverio Bini (poi Vicario Apostolico di Khartoum dal 1930), morì nel 1953 a 67 anni; P. Pietro Audisio (+ 1943 a 66 anni) P. Domenico Francesconi (+ 1933 a 55 anni).

Problemi particolari: il problema della formazione è ritenuto urgente in special modo per i fratelli; la congregazione deve impegnarsi per la costruzione di una scuola secondaria a Khartoum; il problema delle relazioni fra autorità ecclesiastiche e religiose deve essere affrontato e risolto.

AVVENIMENTI IMPORTANTI FRA IL 1919 E IL 1931

La separazione dei nostri Confratelli austriaci da quelli italiani

Sin dalla morte del Vescovo Comboni erano occorsi dei fatti che possono spiegare meglio le ragioni che portarono alla divisione. Non possiamo, comunque affermare con certezza che tali eventi, in particolare quelli accaduti al di fuori del nostro Istituto portarono alla divisione. In effetti, nessuno, né gli austriaci, né gli italiani la desideravano.

Padre Crazzolara, allora ancora cittadino austriaco, quando era studente a Brixen – Milland scrisse nel suo giornale: “a Brixen abbiamo professori esterni sia ecclesiastici che laici. Ogni tanto sentiamo parlare della possibilità che noi qui a Milland dovremmo separarci dagli italiani. Non ho mai sentito nessuno reagire in modo positivo a questo suggerimento” (Crazzolara di p. Cisternino: ricerca.)

Ecco alcuni fatti in ordine cronologico.

P. Johannes Dichtl (nato 1857 sepolto in Austria 1889)

Membro dell’Istituto Comboni e a lui molto vicino, lo assisté nelle ultime ore della sua vita. P. Dichtl era convinto che tante difficoltà che l’Istituto doveva affrontare durante quegli anni erano perché la sede dell’Istituto era a Verona. Egli era convinto che in tempi di tribolazione, causata dagli abitanti di Verona, fra i quali il Cardinale Canossa, il Comboni volesse una casa lontano da Verona; e fu per questa ragione che accettò l’offerta della casa a Sestri in Liguria.

P. Dichtl, inoltre osservava che la presenza in Verona da parte dell’esercito austro-ungarico fino al 1866 poteva far pensare che i suoi abitanti non vedessero gli austriaci di buon occhio.

Di conseguenza p. Dichtl decise che all’Istituto Comboni avrebbe giovato se fosse stato trasformato in un Istituto Austriaco per le Missioni all’Estero con la Casa Madre in territorio austriaco.

l 26 giugno 1884, presentò il suo piano all’Imperatore austriaco Francesco Giuseppe a cui l’idea piacque tanto da promettere di aiutarlo in tutti i modi possibili. Lo stesso disse l’Arcivescovo di Vienna.

P. Dichtl presentò il piano di sua iniziativa senza previa consultazione con il Cardinale di Canossa, mons. Sogaro, p. Sembianti, Superiore dell’Istituto di Verona. L’unica persona che ne era al corrente e che aveva informato era il Cardinale Simeoni, Prefetto di Propaganda Fide.

Interferenze del Governo Austriaco

La proposta di p. Dichtl non ebbe ripercussioni sui confratelli, tuttavia, l’ambiente cattolico austriaco ne fu influenzato come abbiamo detto in precedenza. Il governo iniziò a pretendere i suoi diritti sulla missione “austriaca”: I vescovi austriaci erano disposti a fondare un seminario missionario. Questa pretesa ebbe la sua influenza sulla fondazione di Brixen (1896)

Una differente formazione

Non si può negare che allora la formazione variava da una regione all’altra influenzando le relazioni interpersonali delle varie nazionalità specialmente nei territori di missioni. La formazione spirituale impartita a Verona a quei tempi non poteva evitare l’influenza della mentalità piuttosto chiusa che impregnava l’atmosfera religiosa del luogo, una mentalità bigotta che Comboni stesso aveva denunciato. Al contrario, l’atmosfera che regnava nel grande impero austro-ungarico era in grado di creare un più profondo senso di appartenenza, che però era anche nazionalista.

Il cambiamento da Istituto a Congregazione

La maggior parte dei missionari presenti al Cairo erano di nazionalità tedesca o austriaca, essi non ricevettero informazioni tempestive circa i cambiamenti che si avveravano e non ebbero modo di usufruire delle nuove strutture che si stavano approntando. Essi ne furono rammaricati e non accettarono di buon grado il nuovo stile di vita e la totale dipendenza dei missionari dai Superiori Religiosi (Gesuiti) di Verona. L’atteggiamento del Vescovo Sogaro e l’appoggio dell’Austria, come abbiamo visto in precedenza, aggravarono notevolmente la situazione.

Accordo o disaccordo interno?

In occasione dell’apertura delle missioni in Uganda, il Vescovo Geyer voleva che le nuove missioni fossero affidate non a italiani ma a missionari scelti dal tipo di formazione da lui impartita a Brixen. La ragione di questa scelta era quella di poter dare ai confratelli austriaci e tedeschi, che si trovavano per la maggior parte nel Sudan Settentrionale, la possibilità di essere soddisfatti del loro apostolato dato che avrebbero lavorato fra la popolazione nera ben disposta a ricevere il messaggio Evangelico. Il Vicario Apostolico inoltre, aveva notato le discrepanze esistenti e forse anche la discriminazione in atto da ambedue le parti. Se P. Vianello fosse stato d’accordo, il Vescovo sarebbe stato contento, ma non fu così. Questi voleva comunità miste che sarebbero state sapientemente guidate da P. Albino Colombaroli, suo ex novizio.

Quando i Vicariati di Khartoum e Bahr-el-Ghazal furono divisi (1913) il Vescovo Geyer di nuovo propose il suo piano, in quanto riteneva che quello di p. Vianello non funzionasse. A causa della sua insistenza, il 2 aprile 1913 fu firmato un accordo fra mons. Geyer e p. Vianello che stabiliva: “Il Vicariato del Sudan Settentrionale avrà missionari di lingua tedesca mentre il Vicariato del Sudan Meridionale avrà missionari di lingua italiana. Il Superiore Generale, avrà autorità su tutti i membri dell’Istituto secondo la Costituzione”.

Avendo l’autorità per farlo, p. Vianello continuò ad inviare missionari appartenenti ad ambedue le comunità anche in Uganda dove comunque la maggior parte erano di origine italiana. Alcuni missionari, come p. Crazzolara erano di origine italiana, ma cittadini austriaci. Il Vescovo Geyer continuò ad assecondare la sua idea di tenere separati i due gruppi etnici, in base a quello che chiamava uguaglianza, ma che comunque era disuguale dal punto di vista numerico. Il vescovo poi decise di aprire un nuovo campo nel Camerun che apparteneva ancora al Vicariato. La scelta del Camerun e del Ciad che era sotto l’influenza politica tedesca era giustificata dal fatto che aprendo in quella regione avrebbero potuto aprire una casa di formazione in Germania. In questo modo l’Istituto avrebbe potuto contare su un maggior numero di missionari per soddisfare le necessità del Camerun e dell’Uganda. Con il personale disponibile a quei tempi, tale disegno non era comunque attuabile dall’Istituto. Il Vescovo Geyer voleva la “parità” numerica fra i due gruppi etnici; ossia, due Vicariati. I missionari di origine tedesca avrebbero avuto Khartoum ed il Camerun e quelli di origine italiana avrebbero avuto il Sudan Meridionale e l’Uganda. Egli aveva un’altra ragione per desiderare la divisone delle due etnie in Uganda: siccome c’era una grande mancanza di personale, i tedeschi presenti in Uganda avrebbero impoverito il Camerun.

Altri motivi di dissenso si potevano notare dal fatto che nell’Istituto, allora c’erano soltanto i due gruppi etnici, di carattere e mentalità diversi fra di loro. Non dobbiamo, inoltre scordare il nazionalismo di allora. Trento era stata sotto il dominio austriaco fino al 1918.

A questo si può aggiungere la tendenza di generalizzazioni gratuite “ex uno disce omnes” (tutti possono essere giudicati dal comportamento di una sola persona).

Metodologia apostolica

I tedeschi e gli austriaci puntavano in generale alla promozione sociale ed umana, ritardando l’insegnamento del catechismo finché non si arrivasse ad un certo grado di avanzamento puramente sociologico, gli italiani, invece erano per una promozione integrale cioè lo sviluppo dell’uomo intero senza indugi. Il vescovo Geyer accettava ambedue le metodologie; nessuna delle due era migliore dell’altra a patto che la metodologia austro-tedesca fosse solo questione di tempo, e fosse considerata una pre-evangelizzazione.

Il Capitolo del 1919

A seguito delle richieste di P. Wilfling ed avendo ponderato la questione, il Capitolo decise di erigere una provincia nel senso Canonico del termine che comprendeva le case nei territori austriaci e tedeschi con le loro strutture e i loro territori di missione a favore dei confratelli di origine germanica e austriaca.

P. Meroni dette il via alle consultazioni mettendosi in contatto con il Vescovo Geyer (già ritiratosi) sperando che esso avrebbe accettato di diventare il Provinciale, ma il vescovo declinò l’invito. Si può capire.

Più avanti, p. Meroni ci ripensò e non aspettò di consultare il Capitolo seguente come avrebbe dovuto fare. Inoltre visto che p. Lehr era membro della Consulta, p. Meroni ritardò di radunarla per oltre un anno (l’intero 1922) prima della decisione di separarsi. Si consultava con i due assistenti a Verona, i padri Vianello e Vignato. Abbandonò la questione della Provincia e propose la fusione o la separazione come soluzioni radicali.

Padre Meroni respinse la Provincia perché, secondo lui, gli austriaci e i tedeschi accettavano candidati con troppa leggerezza per poter controbilanciare il numero di membri italiani, egli non avrebbe potuto controllarla. Aveva l’impressione, basata su fatti concreti che i confratelli germanici avevano i loro segreti che tenevano nascosti al Superiore generale. Considerò anche lo sbilanciamento giuridico di una provincia da una parte e tutto il resto sotto la diretta responsabilità del Consiglio Generale.

Egli propose una fusione con un solo Noviziato a Venegono chiudendo Brixen.Gli austro -tedeschi rifiutarono. La separazione secondo lui era l’unica via rimasta e così fu. Propaganda Fide mandò un suo inviato per una inchiesta approfondita e con rammarico permise la separazione. A questo punto, il Vescovo Geyer, interpellato dalla Santa Sede, dette il suo benestare alla separazione. La scelta su con chi stare fu lasciata ai singoli membri ed alcuni di loro di origine germanica decisero di restare comunque con la FSCJ, da allora chiamata “I veronesi”. Al momento della separazione questi erano 148 mentre i membri del MFSC erano 54.

La separazione giuridica, da parte della Santa Sede ebbe luogo il 27 luglio 1923. La convenzione finanziaria per la divisione dei beni ebbe luogo più tardi (importante specialmente per le proprietà del Cairo).

In conclusione, si possono trovare interessanti alcuni stralci del giornale di p. Crazzolara già citato.

“La maggior parte dei membri di origine germanica furono internati in un campo per stranieri al Cairo per quattro anni. Non si parlò mai di una separazione, e se così fosse stato, “ l’informatore” fra di loro che aveva riportato alcune faccende piuttosto spiacevoli al Superiore Generale, non avrebbe, certamente mantenuto la bocca chiusa”.

Difatti i confratelli di lingua tedesca volevano solo una provincia in senso canonico, rimanendo all’interno della congregazione e non una separazione che invece poi fu forzata dai sentimenti contrari mostrati poi contro di loro.

Difatti, p. Meroni dovette rifiutare personale tedesco che desiderava restare con la FSCJ, altrimenti non ne sarebbero restati che pochi con il nuovo Istituto. Per P. Meroni e i suoi collaboratori la separazione era ormai diventata un’ossessione. I padri di lingua tedesca continuavano a ripetere: “Verona ci ha dato il benvenuto dalla porta e adesso ci butta fuori dalla finestra! …”

Attenzione: Dalla fine della prima Guerra Mondiale, perduta dalla Germania contro gli inglesi e i loro alleati, ai missionari di origine germanica non era permesso recarsi nelle colonie britanniche. In una lettera all’Arcivescovo di Westminster, Cardinale Browne, il Ministero Indiano degli Affari Esteri gli chiese di informare il Vaticano di questa decisione, benché fosse probabile che il governo tedesco chiedesse di rivedere la questione.

Il 19 maggio 1919, il Cardinale informò la Segreteria di Stato inviando una lettera di copertura. Nella sua lettera, espresse l’opinione che non sarebbe stato saggio premere sul governo britannico perché in quel momento l’opinione pubblica era alquanto risentita a causa del trattamento ricevuto dai prigionieri di guerra da parte del governo tedesco.

Ciò nonostante, mons. Geyer, voleva insistere di mandare missionari non italiani a Khartoum. Su suggerimento di un certo mons. Kelly, il Vaticano gli chiese di non spingere la sua richiesta. Insistere avrebbe portato a misure ancora più aspre.

L’insistenza di mons. Geyer era dovuta alla sua amicizia personale con il Governatore di Khartoum il signor Stack. Difatti, Stack gli aveva permesso di recarsi in Europa nella primavera del 1921 e di tornare con il suo segretario, un sacerdote tedesco.

Il signor Stack si recò in vacanza in Inghilterra e nel frattempo mons. Geyer ricevette il verdetto finale dal Ministero degli Affari Esteri britannico che confermava quanto già stabilito: i missionari tedeschi non potevano tornare a Khartoum.

IL VESCOVO GEYER passò quanto rimaneva dell’anno 1921 su una collinetta non lontano dal Mar Rosso, chiamata Sinkat. Qui, il clima era più salubre e il vescovo poté riposare come si meritava. (Vedere “Passione per l’Africa” di p. Mario Cisternino MCCJ – Roma 2001 pag. 614-617).

IL Vescovo tornò a Roma nella primavera del 1922. Una volta ritiratosi egli mise in atto un piano che aveva concepito durante la Prima Guerra Mondiale,. Nel suo libro “50 Jahre Ausluddentsehe Missionarbeit” (50 anni di lavoro missionario fatto da un cittadino tedesco all’estero) a pagina 159 egli scrisse:

“Come già avevo fatto durante la guerra, anche adesso utilizzo il mio tempo libero per fare piani per fondate un centro di formazione per il lavoro pastorale fra i tedeschi all’estero. Questo era l’apostolato che immaginavo di fare durante le conversazioni con il Governatore Generale. Gli sviluppi della situazione a Khartoum mi facevano capire che la Divina Provvidenza mi spingeva a non indugiare oltre e mettere in pratica la mia risoluzione.” (traduzione di Fr. Antonio Ellinger)

La Conferenza dei Vescovi Tedeschi di Fulda approvò le sue idee. Lo applaudirono e promisero di approvare i suoi piani. Con l’inflazione alle stelle, era inconcepibile chiedere fondi in Germania. Il vescovo Geyer pensò ai fratelli in Nord America che si erano dimostrati grandi benefattori delle nazioni europee all’indomani del Primo Conflitto Mondiale. All’inizio del 1923, egli si recò negli Stati Uniti. Trovò grande comprensione fra gli americani di origine tedesca i quali accettarono i suoi piani e contribuirono con generosità per il buon esito del piano.

Il Vescovo Geyer rimase 18 mesi negli Stati Uniti, parlò con 21 vescovi e 400 parroci. Presentò il suo problema a 170 assemblee parrocchiali e in 175 scuole, istituzioni e società collegate alla Chiesa. Quei diciotto mesi furono colmi di duro lavoro, tuttavia la generosità mostratagli lo colpì molto. Non erano i ricchi a dar lui i loro contributi, ma la gente semplice. E questo lo commosse ancora di più.

Rasserenato e fortificato dall’esperienza egli fondò “l’Istituto degli Angeli Custodi” Sarebbe stata una comunità religiosa di sacerdoti e fratelli. Egli favoriva una particolare devozione al Santissimo Sacramento e alla Madonna. Negli anni fra il 1926 ed il 1934, la comunità si sviluppò abbastanza bene fino ad arrivare a più di cento membri ed aspiranti.

Dal 1933, la casa madre fu stabilita a Banz in Franconia sul fiume Mainz. Da qui i missionari furono mandati in tutto il mondo. Nel 1934 il primo sacerdote missionario fu mandato a San Paolo in Brasile.

Il Vescovo Geyer aveva fondato la Società degli Angeli Custodi con grande entusiasmo e impegno. All’inizio, tutto sembrava andare per il meglio, ma la Seconda Guerra Mondiale portò alla fine della Società.

IL Vescovo Geyer morì a Roma il 2 aprile del 1943 e fu sepolto nella Chiesa di Banz, in una cappella collocata sotto la torre Nord.

Le notizie sopra riportate sono stralci di un articolo scritto sul Vescovo Geyer da p. Anton Ellinger.

Sviluppi in Europa

La Revisione della Costituzione (1924) e del Direttorio generale (1928) secondo il Diritto Canonico del 1917 e l’introduzione della causa di Beatificazione del Vescovo Comboni. (1927)

Nuove Case di formazione: P. Meroni ne incrementò il numero per il futuro sviluppo delle missioni. I seguenti Seminari Minori furono aperti:

Thiene * (1919) per candidati destinati a diventare fratelli, dedicato a San Giuseppe. Ellwangen /Josefstal (1925), Bad Margentheim (1920)**, Trento (1926)* Venegono (16/7/1921), noviziato; dedicato alla Sacra Famiglia; Sulmona** (30/04/1927),

Troia * (1927), Riccione ** (1928), Carraia ** (1931) trasformato in “Liceo Comboniano” nel 1958 e Padova (1931)* dedicato a San Giuseppe. 1

Sviluppi nelle Missioni

1. P. Tranquillo Silvestri (1877-1949) fu nominato Vicario Apostolico di Khartoum (8-11-1924).

2. Nel 1923 fu eretta una nuova Prefettura Apostolica con sede a Gulu chiamata Nilo Equatoriale, comprendeva l’Uganda Settentrionale e Bhar-el-Gebel nel Sudan. Mons. Vignato ne è il Prefetto Apostolico. Sarebbe poi diventato Vicariato Apostolico nel 1934 con Mons. Angelo Negri e Diocesi nel 1953 con il Vescovo Mons. G. B. Cesana.

3. Dalla Prefettura del Nilo Equatoriale, nel 1927 fu distaccata la prefettura del Bhar-el-Gebel con Mons. Giuseppe Zambonardi Prefetto Apostolico. Divenne Vicariato nel 1951 con il Vescovo Mons. Sisto Mazzoldi e Archidiocesi nel 1975 affidata al clero locale. Il primo Arcivescovo fu Mons. Ireneo Dud, già vescovo della Diocesi di Rumbek.

4. A seguito della creazione della Provincia Settentrionale in Uganda da parte del governo, i distretti Lango e Karamoja furono affidati al Vicariato del Nilo Equatoriale con sede a Gulu vicino al nuovo centro amministrativo del Governo. La missione di Lira (Lango) fu fondata nel 1930 da P. Casari e Fratel Chiavegato. Nel distretto di Karamoja, la missione di Kangole fu fondata nel 1933 da P. Molinaro e Fratello Lorandi, essi furono raggiunti da P. Luigi Moizi più avanti.

5. Nel 1930 il Vescovo Silvestri si ritirò e Mons. Francesco Saverio Bini fu nominato Vicario Apostolico di Khartoum.

6. Un Direttorio per le Missioni fu pubblicato nel 1931 (Bolla n. 5 p. 114.) che era più strutturale che pastorale. Era comunque stato preventivamente approvato da Propaganda Fide il 20 novembre 1930.

Altre norme furono emanate dal Consiglio Generale per aiutare i missionari, incoraggiare la carità, la preparazione del personale ed il mantenimento del voto di povertà. Norme riguardanti coloro che lasciavano le missioni (Circolare n. 17)

PADRE GIUSEPPE AMILCARE BEDUSCHI un impavido pioniere, missionario entusiasta

Milano 1874 – Detwok – Sudan Meridionale 1924.

Padre Giuseppe è un tipico esempio di missionario Comboniano, vibrante ed impavido. Un infaticabile fondatore di stazioni missionarie, entusiasta animatore in patria, esemplare nel suo tenero amore per gli africani e i confratelli.

Formato nei seminari milanesi (1887-1895). Si innamorò dell’Africa sin da giovane, perciò chiese di essere ammesso come membro dei missionari Comboniani. Lasciò la sua casa senza chiedere il permesso dei genitore che amava veramente, e senza dire dove andava. Andò a Verona dove studiò teologia e iniziò il suo noviziato.

Suo padre si trovò un giorno a Verona per affari e si insospettì di quello che stava facendo il figlio e andò a cercarlo in San Giovanni in Valle. Quando seppe quello che suo figlio stava facendo egli si infuriò e gridò “Bugiardo, traditore!” e se ne andò senza aggiungere altro.

Il Novizio, affranto, scrisse una lunga lettera piena di affetto ai genitori, chiedendo che capissero la sua scelta chiedendo il loro affetto e perdono che ricevette dopo un pò di tempo.

Fu ordinato prete nell’agosto del 1899 e a settembre dello stesso anno si trovava già al Cairo a studiare l’arabo. Nel 1901 accompagnò p. Roveggio a Lul. Fu il primo a studiare la lingua Shilluk, e contribuì molto alla costruzione della missione e all’aumento della produttività nei campi della gente, insegnando come irrigare i campi, l’uso dei buoi e dell’aratro per arare la terra ecc.

Nel 1902 p. Roveggio lo volle con se come compagno per il suo secondo viaggio verso l’Equatore per fondare altre missioni.

Nel 1903 fece arrivare le Suore fino a Lul e nel 1904 fondò la stazione missionaria di Tonga.

Nel 1911 fu mandato in Uganda per aiutare nella fondazione della missione di Gulu. Fondò anche la stazione missionaria a Minakulu. Nel 1915 si recò a Kitgum anche là per aiutare nella fondazione della missione. Presenziò al Terzo Capitolo nel 1919 e rimase in Italia per animazione missionaria fino al 1922.

Nel 1923 tornò fra gli Shilluk dove fondò la stazione di Detwok e ivi morì il 10 novembre 1924.

Padre Beduschi non si accontentava solo di fondare missioni anche se in questo compito eccelleva; la sua principale preoccupazione ed azione era l’evangelizzazione. Non mancò mai di impartire una lezione di catechismo, e traeva speciale conforto da quelle impartite ai giovani che amava e di cui si curava. Insegnava il catechismo con passione, spiegandolo con semplicità. Si occupava dei malati con amore sincero.

Quando, nel 1917, la missione di Gulu fu chiusa per ordine governativo, a causa del vaiolo, egli chiese di poter rimanere fra i malati, incurante del pericolo. Era sempre sensibile ai loro bisogni. Gli piaceva amministrare battesimi in “articulo mortis” (in pericolo di morte).

Nei due periodi che si trovò in Italia dal 1909 al 1911 e dal 1919 al 1922, fu come un medicante per i suoi fratelli e sorelle africani.

Per l’animazione missionaria egli visitò tutte le parrocchie più importanti nelle diocesi di Milano e Como. I suoi giorni di visita erano sempre preceduti da un’ora di adorazione, confessione e comunione per le necessità delle missioni. Terminava la sua giornata con una conferenza e proiezioni serali.

Egli era solito insistere molto sulle preghiere. Nei seminari parlava molto a proposito della perseveranza nella vocazione.

Istituì e formò comitati missionari nelle principali città d’Italia. Continuava a chiedere ai gruppi di lavorare affinché si potessero fondare e mantenere le missioni.

A Roma due parrocchie si presero cura delle Missioni di Torit (Sudan) e di Moyo (Uganda), a Bologna della Missione di Opari (Sudan), a Padova della Missione di Angal (Uganda), a Milano della Missione di Detwok (Sudan)e a Verona della Missione di Rejaf (Sudan). Si tenne sempre in stretto contatto con i comitati e i parroci delle parrocchie, La sua animazione missionaria fu tale da rimanere a lungo nei cuori di coloro che lo ascoltarono ammirando il suo zelo e il suo entusiasmo.

MONS. PAOLO TRANQUILLO SILVESTRI un camminatore lento ma perseverante un infaticabile lavoratore per la Chiesa in Uganda e nel Sudan. Livigno (SO) 11/04/1876- + Rebbio (CO) 22/01/1949.

Entrò nel seminario di Como dove conobbe mons. Roveggio, Vicario Apostolico dell’Africa Centrale. La prima volta fu scosso dal lavoro missionario. Fu ordinato sacerdote nel 1901 ed entrò nel Noviziato a Verona nel 1905. Due anni più tardi era già in Africa nella missione di Kayango (Bahr-el-Ghazal).

I suoi particolari talenti, la sua salute, il suo buon umore erano quanto necessitava in quelle missioni difficili da gestire da ogni punto di vista e che richiedevano tatto nella conduzione.

I confratelli ammiravano la sua attività apostolica così da prenderla come esempio e emularla. L’unica cosa di lui che non approvavano era la sua noncuranza sulla necessità di cibo e riposo.

Fu mandato a Khartoum North come procuratore delle Missioni, quando ebbe inizio la Prima Guerra Mondiale. Il personale tedesco non era ben visto a causa della guerra, la sua prudenza e la sua serenità gli furono di grande aiuto a sedare i bollenti spiriti politici.

Il 1 marzo 1920 fu nominato Superiore della missione perciò trasferì la sua residenza a Gulu. Qui fece un ottimo lavoro: visitava le stazioni e i catecumenati con ogni mezzo a sua disposizione, incoraggiando, consigliando, e stimolando il personale a fare sempre di più. Fece migliaia di chilometri a piedi o in bicicletta, che, dovette spesso spingere. Le storie che circolavano sui suoi viaggi alle montagne di Imotong e Didinga divennero celebri.

Alla fine di un anno passato in Italia a recuperare la salute (soffriva di mal di testa, insonnia e mancanza di appetito), l’8 novembre 1924 fu nominato Vicario Generale di Khartoum. Partì nel mese di febbraio 1925 e fece il suo ingresso a Khartoum a marzo. Avrebbe preferito vivere la vita dura di frontiera delle missioni, ciò nonostante affrontò le sue nuove responsabilità con successo. Nello steso periodo furono aperte le stazioni di Atbara, Port Sudan e il Collegio Comboni a Khartoum. Queste imprese furono storiche per le nostre missioni sudanesi.

La sua salute peggiorava rapidamente costringendolo a dimettersi. Si ritirò nel nostro seminario di Rebbio dove morì.

MONS. FRANCESCO SAVERIO BINI: saggio, intelligente e prudente nelle pubbliche relazioni. Medicina, (Bologna) 26/01/1886- Venegono (Varese) 11/05/1953.

Nel Capitolo del 1925 fu eletto Assistente Generale e nel 1928 Vicario generale. Durante questo periodo p. Bini lavorò molto per aumentare il numero delle Scuole Apostoliche sotto la direzione di P. Meroni, fondandone 5 in Italia.

Nel gennaio del 1931 mons. Bini si trovava già nel suo Vicariato a Khartoum. In quel periodo la missione non aveva grande prestigio a causa delle strutture piccole ed inadeguate. Con l’arrivo di mons. Bini le cose cambiarono radicalmente e iniziò a fiorire. Entro pochi anni fu in grado di inaugurare la cattedrale, completare la casa vescovile, aumentare il numero delle scuole, costruire nuove chiese e abitazioni per i sacerdoti in Atbara e Port Sudan. Aprì El Obeid e ampliò Omdurman. Tutto ciò lo fece con prudenza, con intelligenza, e rispetto per le diverse nazionalità. Era in buoni rapporti con le autorità civili e militari, e aveva fiducia nei suoi collaboratori. Nel suo 20° anniversario come Vescovo (1950) il Santo Padre mostrò la sua soddisfazione nominandolo “Assistente al Soglio”, titolo molto considerato nel Vaticano.

Mons. Bini rimase a Khartoum finché la salute glielo permise Morì nella nostra casa di Venegono l’11 maggio 1953 durante una vacanza in Italia consigliata dai medici.

È difficile calcolare quanto la prudenza e l’abilità di mons. Bini abbiano influito nelle sue relazioni con le differenti nazionalità con cui era in contatto, riuscendo a mantenersi in buone relazioni con loro, in special modo con le autorità civili e militari che mostrarono rispetto e fiducia nei suoi confronti, anche durante la Seconda Guerra Mondiale.

Era un uomo tutto d’un pezzo del quale ci si poteva fidare ciecamente. Un amico e consigliere al quale ci si poteva rivolgere per qualsiasi consiglio. Conversava piacevolmente ed era anche un abile mimico. La sua pietà e le virtù erano solide. La sua serenità era profonda specie nei momenti di sofferenza e lotta.

Tuttavia, la caratteristica più rilevante della sua vita deve essere rilevata nell’amore per la sua vocazione missionaria e per la Congregazione, per la quale visse e lavorò, anche quando divenne Vicario Apostolico.

SUORE COMBONIANE

Quinto Capitolo Generale 19/07/1925

Elette

  • Madre Costanza Caldara Superiora Generale
  • Suor Pierina Stoppani Vicaria Generale
  • Suor Romana Negri Assistente Generale
  • Suor Rosa Tinazzi Assistente Generale
  • Suor Elisa Tolmer Assistente Generale

Nell’agosto del 1925, l’Istituto aveva 20 postulanti, 50 novizie, 260 professe delle quali 170 si trovavano nei territori di Missione.

1 Le case contrassegnate con * hanno cambiato la loro funzione, con ** sono state vendute.