MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003
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CAPITOLO TERZO
Dal 1909 al 1919
Introduzione storica
La Prima Guerra Mondiale (1914-1918) recò disturbo sia alle missioni che al nostro Istituto. In Europa gli studenti e i giovani sacerdoti dovettero arruolassi nell’esercito. In Africa i missionari appartenenti alle diverse nazionalità soffrirono tutti in diversi periodi a causa della guerra.
Questa guerra fu chiamata “Guerra Mondiale” perché vi erano coinvolti l’Europa, L’Asia (Giappone), L’America (USA) e l’Africa dove le nazioni in guerra avevano colonie.
È interessante sapere come si scatenò questa guerra.
All’inizio del secolo l’Austria e l’Ungheria erano unite in un unico impero che regnava su diverse nazioni dell’Europa centrale e meridionale. Oltre le due nazioni già menzionate facevano parte dell’impero anche la Slovenia, la Croazia, la Bosnia – Erzegovina, e due delle regioni settentrionali italiane,Trentino e Venezia Giulia.
Sia le industrie che il commercio tedesco erano ben sviluppati. La Germania stava raccogliendo un arsenale di armi e munizioni nonché un esercito possente ed una nuova flotta di navi da guerra. Tutto questo non piacque alla Francia e all’Inghilterra che si allearono. La Serbia rivendicava i suoi diritti sulla Bosnia – Erzegovina.
Il 28 giugno 1914, un terrorista serbo uccise l’erede dell’imperatore Austriaco, Francesco Ferdinando a Serayevo. L’Austria dichiarò guerra alla Serbia credendo che rimanesse una guerra locale, ma la Russia mobilitò il suo esercito a favore della Serbia. La Germania si alleò all’Austria e dichiarò guerra alla Russia (il 1° agosto 1914) e al suo alleato, la Francia (il 2 agosto 1914) e invase il Belgio (il 3 agosto 1914). L’Inghilterra s’impaurì ed intervenne; il Giappone si schierò con l’Inghilterra dichiarando guerra alla Germania (23 agosto 1914); la Turchia, che aveva paura della Russia si alleò con Austria e Germania. Nel maggio del 1915 l’Italia si schierò contro l’Austria per liberare le due regioni italiane che erano sotto il dominio austriaco. Siccome i sottomarini tedeschi affondavano tutte le navi che andavano dall’Europa all’America, gli USA si unirono alle forze alleate contro la Germania (1917). L’America prese il posto della Russia che si era ritirata a causa della rivoluzione istigata da Lenin nell’ottobre del 1917.
Le forze alleate all’inizio del 1918 potevano contare su circa 21.000.000 di soldati mentre l’Austria e la Germania ne avevano circa 18.000.000 e furono sconfitte. L’armistizio fu firmato il 4 novembre 1918 ed il Trattato di Pace il 28 giugno 1919 a Versailles in Francia.
Le nazioni che avevano partecipato alla guerra avevano usato tutte le loro risorse finanziarie ed economiche per lo sforzo bellico, inoltre la stessa guerra fu l’inizio del declino dell’Europa a favore degli USA.
Otto milioni di soldati persero la vita e circa venti milioni furono feriti o resi disabili per il resto della loro vita.
La guerra cambiò completamente tutte le frontiere che erano state laboriosamente costruite nel corso di centinaia di anni di guerre a carattere locale. Nuove armi, artiglieria moderna, fucili, gas venefici, la guerra sottomarina, l’uso esteso delle mine, ed i bombardamenti aerei distrussero completamente le regole delle norme internazionali che erano state riaffermate anche poco tempo prima alla Conferenza dell’Aia del 1907. Blocchi che negavano cibo alle popolazioni, e guerre economiche toccarono da vicino popolazioni che nel senso tradizionale del termine non avevano avuto niente a che fare con la guerra. Inoltre, pensando erroneamente che l’intera popolazione del nemico fosse un bersaglio legittimo, furono prese misure, le più severe possibili, per indebolire le popolazioni dei paesi nemici.
Il Trattato di Pace annientò la Germania e allo stesso tempo non soddisfece l’Italia perché gli alleati non mantennero le promesse fatte. Il nuovo organo internazionale “La Lega delle Nazioni” che avrebbe dovuto tenere la Germania sotto controllo non funzionò. Quindi, benché punita severamente, la Germania continuò ad essere una nazione potente; le cause della Seconda Guerra Mondiale erano già presenti nel Trattato di Versailles.
Secondo Capitolo Generale
(Verona, 3 –12 ottobre 1909) 1
I membri dell’istituto erano 127, di cui 64 Sacerdoti. 46 fratelli, 17 studenti.
I membri del Capitolo erano 16. Nuovi membri del Consiglio Generale:
Rev. Padre Federico Vianello (+ 1936) Superiore Generale; p. Angelo Colombaroli (+1922) p. Giuseppe Bernabè (+ 1922); p. Angelo Abba (+1952); p. Matthias Refeinner (+ 1973).
Eletto il 4 ottobre, p. Vianello non accettò la nomina fino al suo ritorno da Roma dove si era recato a trovare il suo amico Papa Pio X. Il Papa lo incoraggiò ad accettare e a scegliere due dei suoi assistenti. Egli scelse p. Bernabè che nominò in seguito Maestro dei Novizi e p. Reffeiner invece di p. Wilfling il cui nome era stato dato dal Capitolo. Padre Reffeiner era più accettabile al gruppo tedesco.
Dato il suo carattere e la sua spiritualità, P. Vianello mantenne un comportamento da Maestro dei Novizi e da Direttore Spirituale anche durante il suo mandato come Superiore Generale.
PADRE FEDERICO VIANELLO nacque a Venezia nel 1872, iniziò il Noviziato nel 1888 e fu ordinato sacerdote nel 1895. Gli fu chiesto di aprire la casa di Brixen il 19 agosto 1896. Tornò alla Casa Madre come Vice Superiore ed assistente al Maestro dei Novizi che all’epoca era p. Voltolina.
Dopo un’esperienza di sei mesi al Cairo, fu richiamato alla Casa madre come Consigliere ed Assistente al Maestro dei Novizi. Divenne poi Vicario generale e Maestro dei Novizi.
Anche dopo il suo mandato come Superiore generale, continuò come Direttore Spirituale degli Scolastici e di tutti i Padri che lo sceglievano come tale. Si può dire che fosse, senza ombra di dubbio, il Padre Spirituale di tutta la Congregazione. Tenne viva, nell’Istituto, la devozione al Sacro Cuore che aveva appreso da P. Asperti e dai ricordi DI Mons. Comboni di cui aveva iniziato a scrivere la biografia. In tutti i membri istillò la devozione al Comboni ed insegnò a tutti i confratelli ad imitare la carità e l’amore fraterno praticati dal Fondatore. Incoraggiava questo comportamento come segno distintivo dei membri dell’Istituto.
Mi sembra opportuno citare quanto ha scritto nella sua lettera del 21-5-14, festa dell’Ascensione:
“Prostrato ai piedi del tabernacolo, colla fronte sulla polvere, nella povertà del mio spirito, ho chiesto a Gesù stesso quale sarebbe stata la parola migliore, quale il migliore augurio, che io avrei potuto rivolgervi. E parvemi che il Redentore divino, additandomi il suo Cuore SS.mo circondato di fiamme, mi dicesse: dai miei Figli, dai Figli del mio Cuore nessun’altra cosa io più ardentemente desidero che la Carità; non è, e non potrà mai essere vero Figlio di questo mio Cuore chi nella Carità non sia eccellente; questa è la caratteristica, questa la bandiera”.
Da queste espressioni si può comprendere la profonda spiritualità di questo Padre, che è stato Padre Spirituale per tutta la sua vita.
Padre Vignato scrive: “Padre Vianello era pieno di risorse e ottimista; ma era soprattutto ammirevole perché umile; era capace di essere attivo perché era mite; illuminato perché pio, perciò condivideva la luce divina.”
Fu molto stimato anche al di fuori della Congregazione, specialmente da parte dei Vescovi e Papa Pio X che lo conobbe personalmente. Padre Vianello non solo predicava la carità, ma soprattutto, la metteva in pratica. Si tenne in continuo contatto epistolare con gli otto confratelli che erano stati chiamati alle armi: inviava danaro a coloro che ne avevano bisogno, pacchi con cibo ai prigionieri, in tutto e sempre mostrando amore paterno e sincera preoccupazione.
La voglia di lavorare e la preoccupazione per i suoi figli prostrarono padre Vianello che era stato sempre di salute cagionevole. Ebbe un forte esaurimento. Fu curato sia a Savona che a Brescia ma non si rimise mai completamente. Chiese il permesso alla Santa Sede di passare il governo della Congregazione al suo Vice, p. Colombaroli (1918) e si ritirò a Venezia presso un suo cugino parroco. Non presenziò al Capitolo del 1919.
Durante il Capitolo del 1909 le differenze fra i due gruppi si fecero notare. Le differenti metodologie missionarie divennero evidenti. Padre Banholzer informò i membri che 49 uomini della tribù Shilluk si erano stabiliti attorno la missione e che, avendo finito la costruzione degli edifici i padri potevano ora concentrarsi sull’evangelizzazione. Una grammatica, un catechismo ed un dizionario nella lingua Shilluk sarebbero stati stampati.
I contrasti fra P. Meroni, Superiore Religioso e Mons. F.X. Geyer, divennero anch’essi evidenti durante questo Capitolo.
Fra le altre raccomandazioni il Capitolo decise che i membri dovessero studiare l’inglese in Inghilterra e l’arabo al Cairo, e che i conti delle spese della comunità religiosa e quelli delle missioni fossero tenuti separati.
Sviluppi all’interno dell’Istituto
- Approvazione definitiva della Costituzione (19 marzo 1910);
- Celebrazione del 25° anniversario della fondazione (16 luglio 1910);
- Circolare n. 6 del 21 maggio 1914: sulla necessità della carità fraterna, il titolo distintivo FSCJ (Fili Sacri Cordis Jesu) cioè Figli del Sacro Cuore di Gesù;
- Apertura del Noviziato di Savona (1915)
- Apertura di una casa a Roma (1910) presso la Chiesa di san Vincenzo e Anastasio, vicino alla Fontana di Trevi, con l’aiuto di Papa Pio X. Restò funzionante fino al 1938 quando fu acquistata la casa a San Pancrazio sul Gianicolo.
Sviluppi nelle Missioni
Sapendo che il Mons. Comboni desiderava che le missioni si estendessero fino all’Uganda, P. Vianello aiutò il Vescovo Geyer ad aprire delle missioni in quella nazione pagando personalmente tutte le spese, chiedendo offerte per questo specifico scopo e scrivendo articoli in “Nigrizia” del quale era editore da più di vent’anni e che continuava a dirigere anche durante il suo mandato come Superiore Generale.
Apertura in Uganda
I Figli Del Sacro Cuore erano sempre stati gli unici missionari nel Sudan. Nell’Uganda trovarono una situazione molto differente: Nel meridione i Missionari d’Africa (padri Bianchi) fondati dal Cardinale Lavigerie avevano iniziato la loro evangelizzazione sin dal 1879. Fra il 1885 ed il 1887 vi erano stati 22 martiri che avevano sparso il seme della Cristianità. I Padri di Mill Hill arrivarono in Uganda nel dicembre del 1894.
Il Viaggio
Da Gondokoro (Nord Est di Juba) tre confratelli partirono per Nimule dove arrivarono il 2 febbraio 1910. Fu un viaggio faticoso a piedi attraverso colline, acquitrini e foreste. Nonostante i documenti che i missionari portavano con sé da Khartoum, gli ufficiali britannici alla frontiera erano restii a dar loro il permesso di stabilirsi nell’Uganda settentrionale, nonostante che il permesso era stato accordato due anni prima a condizione che il luogo scelto per la fondazione della missione fosse a sud del parallelo 3° 30’ Nord e vicino ai centri governativi.
La riluttanza degli ufficiali si basava su un certo numero di presupposizioni errate:
- Il clima non era adatto a non africani
- Vi si trovavano pochissimi Cattolici e quindi non era giustificabile la presenza di una missione permanente
- Lo standard di vita primitivo
- La difficoltà che il governo avrebbe avuto a mantenere la loro sicurezza e proteggere le loro vite.
Il Vescovo Geyer si rese conto che tali argomenti riflettevano le personali opinioni dell’ufficiale inglese che era di nuova nomina e gli chiese di mettersi in contatto con il Governatore ad Entebbe.
Ci vollero quattro lunghi giorni per chiarire la faccenda e ottenere il Visto dagli Uffici Centrali di Entebbe tramite la nuova linea telegrafica. Durante la loro attesa i missionari incontrarono una spedizione di turisti guidati dall’ex presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt che sollevò il loro morale manifestando, alla presenza dell’ufficiale, il suo entusiasmo per le missioni Cattoliche ed il loro contributo allo sviluppo dell’Africa, che aveva avuto modo di constatare in tutti i suoi viaggi attraverso il continente.
Koba – Omach
Finalmente il 17 febbraio 1910 arrivarono a destinazione, la stazione governativa di Koba che si trovava sulla sponda orientale del Fiume Nilo, più o meno di fronte all’odierna Pakwach. Era il 31° anniversario dell’arrivo di padre Lourdel e Fratel Aman dei Padri Bianchi ad Entebbe nell’Uganda meridionale. Il nostro gruppo era composta dal vescovo Geyer ed il suo segretario Fr. Augusto Cagol e P. Albino Colombaroli come Superiore. P. Albino veniva dal Bahr-el-Ghazal nel Sudan. Aveva imparato la lingua Lwoo della tribù Jur e fu piacevolmente sorpreso di notare che gli Alur parlavano una lingua simile.
Furono accolti dal signor Paul Hamilton, il Commissario Britannico, figlio del Vescovo anglicano, James Hamilton ucciso per ordine del Kabaka Mwanga Re dei Baganda nel 1885. Accettarono l’ospitalità del capo chiamato Omach, dal quale la località prese il nome.
Mons. Geyer e Fr. Cagol partirono per l’Europa via Kampala e Mombasa. Viaggiando verso Kampala Mons. Geyer visitò diverse missioni dei Padri Bianchi (Missionari d’Africa) dove ebbe modo di constatare personalmente la loro dedizione all’apostolato rimanendo sorpreso del loro successo. Disse al vicario apostolico Streicher che lo aveva invitato a visitare la loro missione a Masaka, esattamente nella Parrocchia di Villa Maria: “Eccellenza, qui non avete una missione, avete una diocesi: quello che vedo qui va oltre quanto mi era stato raccontato. A Khartoum non vi è niente di simile”2 Il Vescovo Streicher gli dette gli Atti del Sinodo tenutosi nell’ottobre del 1909. D’altro canto leggiamo nel giornale di p. Raux “I missionari d’Uganda si sono resi conto che la provvidenza ha dato alla Missione di Khartoum un ottimo Vescovo, la cui umiltà e religiosità sono controbilanciate dalla sua sapienza e zelo” 3
Alla fine di marzo 1910 arrivò un nuovo gruppo di missionari; i padri Luigi Cordone e Crazzolara, i fratelli Clement Schröer e Benedict Sighele. All’inizio del 1911 arrivarono tre sacerdoti, ma questa volta non seguirono la via del Nilo. Arrivarono da Mombasa e poi in treno fino a Kisumu in Kenya sulle sponde del Lago Vittoria. Erano i padri Giovanni Battista Fornasa, Giuseppe Beducchi e Giovanni Audisio. Nel 1913 i padri Luigi Molinaro e Antonio Vignato (superiore) si unirono al gruppo. Con la cooperazione del capo Omach e la sua gente i missionari impararono la lingua, costruirono una cappella, una casa ed una scuola.
La meta principale
La loro meta principale era l’evangelizzazione dei gruppi Alur e Acholi e l’assistenza spirituale ai Baganda (la maggioranza dei quali erano portatori). Mons. Geyer chiese al Vescovo Streicher due sacerdoti da Hoima (Bunyoro) e due catechisti stabili che ottenne. Da notare che la tribù dei Banyoro parla una lingua Bantu Lunyoro, molto simile a quella parlata dai Baganda, cioè il Luganda: ciò rese facile il loro lavoro. Più avanti P. Albino chiese quattro catechisti e ne ottenne tre, ma solo uno di questi, Lazari continuò la sua opera fino alla sua morte a Gulu, dove è sepolto.
Trasferimento ad Occidente del Nilo e a Gulu
Koba era stata scelta perché facilitava le comunicazioni in barca sul Lago Alberto e sul Nilo. Con il pretesto che la zona fosse infestata dalla zanzara Tsetsè, il governo britannico obbligò gli Alur ad attraversare il Nilo e sistemarsi sulla sponda occidentale, mentre gli Acholi dovettero spostarsi a est verso Gulu. Mentre i funzionari governativi si spostavano a Gulu, gli Acholi andarono nella stessa direzione. Gli Alur attraversarono il Nilo verso Ovest entro il 1914. Due missionari, i Padri Colombaroli e Fornasa arrivarono a Gulu il 19 febbraio 1911. Poco dopo furono mandati a Gulu anche i Padri Beduschi e Cordone assieme a fr. Sighele. I missionari di Omach non poterono seguire gli Alur fino al 1917 quando andarono a Orussi e Angal.
Nel frattempo, furono aperte le missioni fra i Madi vicino al Sudan da P. Giuseppe Zambonardi (1912) P. Luigi Molinaro (1913) e P. Umberto Cardani (1914) a Palaro sul Nilo orientale e più tardi a Moyo sulla riva Occidentale del Nilo nel 1917.
Le difficoltà incontrate dai missionari
a. Per quanto riguarda la malaria, qui il clima era migliore che nel Bahr-el-Ghazal, ma era comunque un luogo molto povero e spesso i missionari dovettero tornare in Italia. La prima ed unica morte in questo periodo ebbe luogo nel 1915, quando morì Fr. Nicola Cò di febbre nera.
b. Molto pericolosa era la presenza di animali feroci: elefanti, leopardi e leoni erano sempre in agguato e terrorizzavano tutti. Nel 1915 sulla strada da Omach a Gulu P. Vignato e Fratel Nicola Cò si trovarono nella foresta in balia di un leone ed una leonessa, per sette lunghe ore. P. Vignato scrisse che erano stati salvati dai loro angeli custodi.
c. Difficoltà furono causate da alcuni protestanti e dallo stesso governo. I nostri missionari non erano preparati ad affrontarle ambedue. Le incomprensioni sorsero a causa del fatto che pochi dei nostri missionari capivano o parlavano l’inglese. Anche per questo essi non comprendevano come gli ufficiali inglesi amministrassero le leggi né come si comportassero.
Anche i nostri avevano i loro seri limiti.. Il governo locale sosteneva la religione protestante come praticata in Inghilterra, mentre i nostri naturalmente favorivano la Chiesa cattolica con dedizione e zelo, spesso anche in modo un pò aggressivo. Questo irritava il governo il cui motto era “cooperazione non competizione” fra le diverse religioni. Ora, i protestanti non erano presenti nel distretto di Gulu, quando i nostri missionari vi arrivarono. Il governo chiese loro di occuparsi della scuola frequentata anche dai figli dei capi i quali nel futuro avrebbero preso il posto dei loro padri o zii. Quando arrivarono i ministri protestanti, essi presero le scuole di modo che i capi futuri potessero essere protestanti. I Missionari della Church Missionari Society (CMS) erano giunti nel distretto di Gulu a Lamogi nel 1905, ma se ne erano andati nel 1908. La nostra missione a Gulu fu aperta quando loro non c’erano. Quando nel 1913 essi tornarono furono sorpresi ed interdetti dalla zelante presenza dei Missionari Cattolici.
Alla fine del 1913 il nuovo Commissario Distrettuale, Mr. Postlethwait arrivò ad Atura Port, sul Nilo. Incontrò prima di tutto i due Ministri Protestanti, il signor Wright ed il signor Lees ad Otimodere, il primo villaggio che si incontra entrando nel distretto di Gulu. Lungo il viaggio per Gulu si fermò a Minakulu ed a Puranga, parlò con i capi dei villaggi e chiese loro informazioni circa le loro relazioni con i nostri missionari 4 Quanto segue fu scritto nel giornale 5di p. Crazzolara:
“27 gennaio 1914 – il signor P. R. P. Postlethwait, chiamato dagli indigeni Bwana Gweno (Bwana significa Capo, Gweno significa gallina, lo chiamavano così perché quando visitava i villaggi, chiedeva sempre una gallina) e il nuovo Vice Commissario Distrettuale (ADC). Portò alcuni dei nostri ragazzi a dargli il benvenuto e se la cavarono abbastanza bene a cantare l’inno nazionale inglese. Sono stato invitato a recarmi all’indomani nel suo ufficio. Ogni volta che mi reco da lui, egli, alla presenza di un altro ufficiale continua a dirmi che i Capi sono gli unici ad aver potere sul loro territorio, e che, come essi danno permessi, così possono anche ritirarli, e perfino cacciarci via. I terreni sono “Terreni della Corona” e lui, Commissario distrettuale può affittarci i terreni della Corona al prezzo di 3 Rps al mese per ogni lotto. Il significato di tutto questo parlare era: la Missione deve andarsene da Puranga dove stava costruendo una scuola. Mentre stava andando a Gulu, questo nuovo ADC nominò un nuovo Capo, un giovane protestante – il quale, evidentemente essendo stato ben istruito – dette immediatamente disposizione che la scuola fosse spostata a tre miglia di distanza a Palenga – cosa che facemmo il 6 febbraio 1914. Durante la meditazione del pomeriggio del nostro ritiro mensile il signor Postlethwait ci fece visita. Adesso è ben disposto verso di noi, forse perché ci ha trattato così male, e ha anche fatto una genuflessione entrando in Chiesa.”
Un giorno il Governatore Generale dell’Uganda arrivò a Gulu e Mons. Vignato scrive:
“Pensammo fosse nostro dovere, o comunque opportuno, andare a fargli visita e presentare i nostri saluti a nome della missione. Vi andai con p. Crazzolara ma dovemmo purtroppo tornare alle nostre capanne senza essere stati neanche ammessi nella tenda dove il governatore riceveva. Mentre stavamo arrivando alla missione dissi a p. Crazzolara: “ Potremmo mai essere più umiliati di così?” 6
d. Gli stregoni creavano difficoltà. Siccità, carestie e un’epidemia si abbatterono sulla zona est della tribù Acholi (Distretto di Kitgum). Gli stregoni incolparono l’uomo bianco e la folla uccise due Catechisti, Daudi Okelo e Jildo Irwa venerati dai laici cattolici e che furono beatificati come martiri il 20 ottobre 2002. 7
P, Molinaro, che si trovava fra i Madi parla di altre difficoltà incontrate dai missionari nell’apprendimento della lingua Madi che è più difficile delle lingue Lwoo (Alur, Acholi, Lango ecc..)
“I bambini erano felici di insegnarci parole e frasi nuove e noi ci tenevamo occupati a prenderne nota nei nostri quaderni per poter scoprire qualche regola grammaticale. Scoprimmo presto che i bambini si burlavano di noi. Quello che ieri chiamavano bianco, oggi era nero. Avevamo anche capito che gli anziani non volevano che s’imparasse la loro lingua. La ragione ci era perfettamente chiara. Volevano tenerci lontano dal loro modo di vivere così che non fossimo capaci di capirli. Gli anziani pregavano e speravano che ci scoraggiassimo e che ce ne andassimo. Ci trattavano come i Jadia (gli schiavisti) o gli Equatoria (egiziani).Dopo diversi tentativi trovammo la soluzione. Avevamo sempre bambini attorno a noi, e dando loro una caramella o un santino eravamo in grado di farli parlare. In questo modo apprendemmo nuove parole da scrivere nei nostri quaderni. Man mano che usavamo le parole e le frasi apprese in questo modo, la gente sorpresa si chiedeva come avevamo potuto conoscere quelle frasi. Gli anziani non erano contenti del progresso che facevamo nell’apprendimento della loro lingua e la loro ostilità veniva trasmessa ai bambini che ci venivano a trovare. Furono picchiati e fu loro proibito di avvicinarsi a noi.”8
e. Certi episodi di maltrattamenti degli africani ebbero ripercussioni amare sui nostri missionari 9come si può leggere dal giornale di P. Crazzolara:
“Il 1° dicembre 1911 – il Capo Abok (conosciuto come Awic) di Payira viene mandato in esilio ad Entebbe e il vecchio Aaluja pure viene portato via assieme a lui. Naturalmente Awic vuole conservare la sua indipendenza come Rwot (Capo) tradizionale. È sottomesso agli ufficiali inglesi solo in apparenza. Per legittimare questa presa di posizione, gli ufficiali hanno affisso una lista dei suoi vecchi misfatti: anni fa aveva nascosto una pistola che “era scivolata” dalla cintura di un agente governativo, due anni fa aveva rubato un certo numero di mucche che appartenevano a Okello Moaka ed altro ancora. Questi sono effettivamente dei crimini, ma rientrano nella norma della vita degli indigeni. La vera ragione è che aveva contrastato attivamente l’autorità britannica.. e quindi doveva andarsene. Misero al suo posto il figlio Aliker, un alunno della scuola CMS e come suo assistente un altro dei figli di Awic, Aliker Lawang Abok. Come loro interprete misero un uomo di Payira, Abraham Gwara, un ex schiavo dei commercianti di schiavi.” (Payira: clan dominante nella tribù Acholi)
I maltrattamenti che alcuni ufficiali britannici infliggevano agli indigeni aumentò le sofferenze dei nostri missionari. P. Zambonardi narra il seguente episodio:
“Un Vice Commissario Distrettuale, certo Armstrong, durante una visita a Palaro, voleva che gli fosse dato avorio gratis. Un capo locale dei Madi, Ayo Kabir, che rifiutò subì 50 colpi di korbash (nerbo di pelle di ippopotamo). Un altro grande capo rifiutò e a lui furono dati 100 colpi alla fine dei quali il signor Armstrong lo finì a calci davanti allo sconcerto e disgusto della sua gente che rese omaggio ad un vecchio e rispettato capo che lasciava 12 mogli e bambini. La gente lo chiamò “ Bwana Mutu”(Capo cattivo).”
P. Zambonardi continua:
“Per costringere la popolazione a dir loro dove erano state nascoste le armi, in un villaggio, i Nubis raccolsero le donne ed i bambini e legarono il loro dito medio con uno spago che venne pio legato al loro gomito. Si poteva, così inserire un bastoncino di legno nello spago e usarlo come una chiave per “caricarlo” torturando le povere vittime. Le loro urla arrivarono fino in cielo!
Io alzai la mia voce contro tale barbarie ma il caporale non smise anche se gridavo che se non consegnavano le armi la colpa era soltanto mia. Scrissi un resoconto sull’accaduto all’Ufficiale e denunciai i mezzi usati contro la popolazione e, come missionario non potevo tollerare tale comportamento, specialmente contro donne e bambini.”
Anche p., Molinaro ha una simile storia da raccontarci: Un altro Commissario Distrettuale, un Cattolico di Malta, Mr. Manara, voleva che gli fossero consegnate tutte le armi. Il compito di raccogliere le armi fu affidato ad un agente (locale). A Palaro l’agente trovò la gente poco cooperativa e appese una dozzina di ragazze per le mani sul tronco di alberi e le percosse fino a quando non sanguinarono per farle parlare. P. Molinaro sentì le loro urla e ordinò all’agente di liberarle sotto la sua responsabilità, non potevano fare niente contro il sacerdote.
Sappiamo comunque che i missionari erano un vero tormento per gli ufficiali in quanto erano effettivamente testimoni oculari del loro comportamento.
Metodologia missionaria
La vita dei nostri missionari era molto difficile ma dava anche soddisfazione. Trovarono che la gente rispondeva ai loro sforzi.
I missionari si presero la responsabilità della formazione integrale della persona, che non è solo corpo o solo anima, ma una realtà che unisce tutte e due.
In effetti, fratelli come Fr. Klement Schroer, Benedict Sighelee, Pietro Poloniato, cominciarono con insegnamenti pratici insegnando il mestiere di scalpellini, falegnami e meccanici (per la riparazione delle biciclette). Iniziarono anche a distribuire medicinali e in sei mesi furono in grado di curare 1.500 persone.
Più avanti il governo britannico chiese ai missionari di istituire una scuola rurale artigianale per addestrare gli indigeni a mansioni artigianali ed essere a disposizione degli ufficiali britannici. Fr. Simeoni Fanti era l’uomo adatto a questo scopo perché era capace di far tutto.
I sacerdoti organizzarono scuole dove l’insegnamento del Catechismo aveva un ruolo preminente, P. Crazzolara, un genio nelle lingue, (in seguito apprezzato a livello internazionale da Etnologi e dallo stesso Governo Britannico) aveva preparato un Catechismo nella lingua Alur.
Inizialmente il Catechismo doveva essere imparato a memoria, ma p. Fornasa lo insegnava attraverso spiegazioni come aveva visto fare dai Padri Bianchi10.Prima del suo arrivo a Omach era stato un mese nelle missioni dei Padri Bianchi raccomandato dai suoi superiori. I padri Bianchi erano la da almeno30 anni. Il primo battesimo dei nostri missionari ebbe luogo nel 1910 quando p. Cordone battezzò un Muganda ad Omach che era già stato preparato nel Catecumenato dai Padri Bianchi al Sud. Si chiamava Enjuba Paul.
Il grande giorno, comunque fu il 6 giugno 1913. P. Fornasa, su indicazione del Vescovo Geyer aveva preparato 12 catecumeni e aveva dato loro tutte le più importanti nozioni riguardanti le più importanti verità della dottrina cristiana e le esigenze morali del cristiano. Questo era allora una innovazione nel sistema vigente nel Sudan sotto l’influenza musulmana. I mussulmani si limitano a far memorizzare (cantare) il Corano.
Fu un privilegio per p. Colombaroli poter battezzare e Cresimare i dodici catecumeni il 22 dello stesso mese.
Il 13 giugno fu testimone del primo matrimonio Cristiano.
P. Crazzolara commentò nel suo giornale: “Questa cerimonia ha fatto una grande impressione sui catecumeni che sono adesso ansiosi di essere istruiti sul Catechismo regolarmente. Un’altra dozzina dovrebbe essere pronta per il battesimo fra non molto”, Aleni, un Catechista cattolico munyoro, addestrato dai Padri Bianchi fu di grande aiuto.
P. Vignato accompagnò Mons., Antonio Stoppani, Prefetto Apostolico di Wau nel suo viaggio verso Kampala nel 1914: questi fu felice di constatare che i Padri Bianchi seguivano una metodologia analoga alla loro. Continuò, inoltre la tradizione di p. Albino: 15 catechisti uomini e tre donne arrivarono a Gulu.
Ulteriori sviluppi
Man mano che il numero delle missioni e dei missionari aumentavano nel Sudan del Sud ed in Uganda, P. Vianello e Mons. Geyer chiesero a Propaganda Fide di dividere il grande Vicariato di Khartoum. Perciò nel 1913 la Prefettura Apostolica di Bahr-el-Ghazal, con sede a Wau fu eretta. Nel 1917 divenne Vicariato Apostolico guidato dal Vescovo Stoppani.
Un ostacolo
Nel 1914 la prima Guerra Mondiale ebbe inizio e le missioni ne soffrirono le conseguenze. Cittadini tedeschi ed austriaci, considerati dai britannici veri e propri nemici, dovettero essere deportati. Anche i cittadini italiani venivano considerati nemici potenziali nel 1914. Nel Sudan ed in Uganda venivano tenuti agli arresti domiciliari. P. Fornasa, all’epoca Superiore ad Omach, dopo le tristi notizie andò in Chiesa e pregò: “Mio Dio, se hai bisogno di una vittima per evitare questa tragedia alla nostra missione, Ti prego di prendere me.” 11
Però, quando l’Italia si unì alle Forze Alleate dichiarando guerra a Germania e Austria, i missionari italiani tornarono a fare la loro vita di sempre, benché limitata dalla impossibilità di ricevere nuovo personale ed altri aiuti.
Nell’Egitto e nel Sudan i cittadini tedeschi furono internati, 13 dei quali in Egitto, mentre ad altri fu permesso di rimanere nelle stazioni missionarie, ma sotto sorveglianza. I missionari italiani e le loro proprietà si salvarono perché P. Vianello dopo molte peripezie riuscì ad ottenere una dichiarazione della santa Sede che affermava che la missione non era più sotto la protezione austriaca. P. Angelo Colombaroli, Vicario Generale, il quale, nel frattempo era arrivato in Egitto non poté tornare in Italia in quanto era nativo di Trento ed aveva un passaporto Austriaco.
Quando scoppiò la guerra circa 60 membri e novizi della congregazione furono chiamati alla armi. P. Foglio divenne cappellano militare. Fu molto amato sia dagli ufficiali che dai soldati semplici per la sua bontà e per il suo spirito di sacrificio. Fu fatto prigioniero dagli austriaci mentre aiutava un soldato ferito.
Altri missionari ebbero guai a causa della loro nazionalità austriaca, appunto perché l’Austria e la Gran Bretagna appartenevano ad opposte fazione. Per questo motivo fr. Clement Schroer fu mandato in un campo di concentramento in India.
Mons. ANTONIO STOPPANI, un signore ed uomo di cultura al servizio delle Missioni. (Lecco 6/1/1873-Venegono 6/8/1940).
Ordinato sacerdote dal Beato Cardinale Ferrari nel 1895, entrò a far parte della nostra congregazione a Verona. Nel 1899 partì per le missioni.
Fece la sua prima esperienza missionaria nell’Istituto del Cairo in Egitto, dove i rifugiati e schiavi liberati erano stati raccolti. Nel 1902 fu fra i primi missionari a rientrare nel Sudan a Khartoum dove, dopo la rivoluzione Mahdista non rimaneva altro che il ricordo della vecchia missione e tutto dovette essere ricominciato daccapo. Fu Procuratore per otto anni e praticò il suo ministero apostolico fra i cattolici dell’est, gli africani e gli italiani.
Nel 1910 fu trasferito a Wau e nel 1913 divenne il primo Prefetto Apostolico di Bahr-el-Ghazal. Da quel momento le opere di quella missione ebbero un grande sviluppo.
Furono aperte scuole elementari, medie e superiori. Una iniziativa che attrasse la simpatia della popolazione locale e l’approvazione del governo fu l’istituzione di officine con macchinari moderni. Il risultato di questa iniziativa fu la formazione di capaci artigiani in una nazione dove l’artigianato era allo stato primitivo ma allo stesso tempo orientava molti giovani e le loro famiglie verso la conversione. Le autorità governative visto quanto erano in grado di fare i missionari, iniziarono a stimarli ancora più di prima.
La stima era sincera. Il Maggiore E. W. Witley (di famiglia protestante ed assegnato alla provincia del Bahr-el-Gazah) arrivò come Governatore con i preconcetti tipici dei protestanti che erano contrari alle missioni cattoliche. Al suo arrivo, però dovette ricredersi e fu pieno di ammirazione per il lavoro svolto dai missionari e per la bontà del loro Vescovo. Con l’aiuto della grazia divina e l’esempio dei sacrifici di questi pionieri, riconobbe la santità della loro causa e la verità della Chiesa Cattolica. Si propose di sostenere la missione Cattolica, e una volta tornato in patria, si convertì al Cattolicesimo.
I protestanti del Sudan del Sud obiettarono insinuando che la Chiesa cattolica progrediva grazie alla protezione personale del Maggiore Witley. Ciò nonostante il Governatore attribuiva il successo della Chiesa alla santità della sua causa e attraverso i sacrifici dei suoi degni figli ed il loro Vescovo.
Nel 1933, Mons. Stoppani chiese alla Santa Sede di mettere il Suo Vicariato in mani più giovani e partecipò con gioia alla consacrazione del suo successore, Mons. Orler.
Si ritirò a Venegono dove fu amato ed apprezzato per la sua carità, la sua semplice modestia e umile partecipazione alle attività della comunità come qualsiasi altro religioso. Conobbe il dolore delle spine durante la sua vita, come vennero a sapere pochi suoi intimi. Sapeva come restare in silenzio, soffrire, offrire a Dio le sue sofferenze, e pregare in piena fiducia alla “Cara Madonna”, che rimase sulla sua bocca e nel suo cuore fino alla fine.
Io che scrivo ebbi la fortuna di incontralo e conoscerlo proprio a Venegono.
Era anche musicista, compose diversi inni missionari, era un buon pianista. Era il nipote di Antonio Stoppani, famoso geologo e fratello di Madre Pierina, Superiora Generale delle Suore Comboniane che morì a Torit, Sudan Meridionale nel 1933 durante la sua prima visita alle sue sorelle missionarie.
LE SUORE COMBONIANE
Le Suore Comboniane in Eritrea
Nel 1914 l’Eritrea era una colonia italiana.
P. Luigi Bonomi (+ Asmara 1927) aveva trovato una campo di Apostolato nel Vicariato Apostolico di Asmara, come cappellano all’Ospedale “Regina Elena” di Asmara. Con la mediazione del Vicario Apostolico riuscì a far venire le Suore Comboniane per l’ospedale.
P. Bonomi, un ex missionario Comboniano, aveva conosciuto le suore nel Sudan, e le aveva aiutate durante la Rivoluzione Mahdi. Le Suore arrivarono ad Asmara nel 1914. Dovettero affrontare innumerevoli difficoltà da parte degli ufficiali militari italiani di allora. Ciò nonostante dopo dieci anni di dedizione e di testimonianza della loro vita religiosa, guadagnarono la stima ed il rispetto dei militari nonché delle autorità politiche e civili. Nel 1927 fu affidato alle loro cure anche l’Ospedale di Massawa. P. Bonomi fondò anche la scuola “Vittorio Emanuele” per gli Eritrei.
Un progetto importante fu il “Villaggio della carità” inaugurato nel 1938 e proprietà dell’Istituto. Oggi è conosciuto con il nome “casa Comboni” ed è la residenza delle suore responsabili per le diverse attività missionarie. Altri ospedali e scuole furono affidati alle suore. Un progetto sociale “l’Istituto della Sacra Famiglia” fu aperto nel 1938, un ostello per studenti, quasi tutti orfani. Dette ospitalità a molti missionari, principalmente Comboniani che avevano dovuto abbandonare le loro missioni in Etiopia a causa della guerra contro l’occupazione italiana. Un passo raro nella storia fin ora dei nostri Istituti fu la fondazione della Università Cattolica di Asmara. Ottenne il Riconoscimento della Santa Sede nel 1960. E fu approvata dal governo etiope nel 1965; fu nazionalizzata nel 1979.
Nel 1982, tutti gli istituti religiosi dovettero lasciare le scuole e case che avevano; le suore, comunque sono ancora presenti nella università come insegnanti e testimoni evangeliche.
La Formazione delle Suore eritree
Sei ragazze iniziarono il loro Postulato l’11 febbraio del 1938. Presero i voti nel 1942, ma solo come Pia Associazione “Pie Sorelle della Nigrizia”. Questo è un procedimento alquanto normale da parte della Santa Sede, per rallentare la fondazione di nuovi Istituti. Nel 1947, l’associazione fu incorporata nell’Istituto delle Suore Comboniane. Attualmente le Suore di origine eritrea sono circa 150.
Le Suore Comboniane in Uganda – 1918
Esattamente come Comboni, i nostri missionari apprezzavano la presenza delle Suore che ritenevano indispensabili. Padre A. Vignato a nome dei missionari, chiese all’allora Superiora Generale, Madre Caldara di mandare delle suore in Uganda. Esse arrivarono l’8 dicembre 1918, via Nimule, e furono accolte da p. Vignato stesso. La loro responsabile era Suor Carla Troenzi che era già stata missionaria nel Sudan e fu poi Superiora Generale delle Suore Comboniane.
Le altre sorelle erano Suor Amalia Lonardi, Suor Camilla Uberti, Suor Luigia Quaglia, e Suor Rosalba Ghirlanda. Le suore impararono la lingua locale e iniziarono ad occuparsi delle lezioni di catechismo delle ragazze indigene.
Insegnarono anche i primi elementi di educazione domestica per migliorare la loro vita, distribuivano medicine, e iniziarono veri e propri ambulatori.
Col tempo fondarono anche scuole per ragazze, la prima delle quali fu a Gulu diretta da Suor Angioletta. Fu da questa scuola che uscirono i primi membri della Congregazione delle Suore di Maria Immacolata fondate dal Vescovo Mons. Angelo Negri nel 1942.
L’apertura delle missioni nell’Uganda realizzò i sogni del Comboni. Anche dopo che l’Uganda passò ai Padri Bianchi, Comboni, infatti, continuò ad esserne interessato dando suggerimenti ai missionari come se fosse ancora un suo territorio. L’interesse per l’Uganda rimase tale fino alla sua morte.
Per esempio, il 23 agosto 1881 Comboni scrisse al Cardinale Simeoni della grande tensione e crescente pericolo di guerra in Uganda fra Mutesa, Re dei Baganda (Sud) e Kabarega potente Re dei Banyoro (Ovest).
L’amico di Comboni, il Governatore Bey ritornò a Comboni tre lettere che esso aveva scritto ai missionari Livinhac, Barbot e Lourdel che allora non potevano essere consegnate a Rubaga, sede dei Padri Bianchi. Bey assicurò Comboni che le avrebbe mandate via Zanzibar e gli furono date assicurazioni che lo stesso Emin Bey si sarebbe recato presso i due re per cercare di riconciliarli (Vedere Scritti n. 6957-6958).
Le Suore durante questo periodo le Suore tennero due Capitoli.
Elezioni del 1910:
- Madre Costanza Caldara Superiora Generale
- Suor Francesca Dalmasso Vicaria Generale
- Suor Lavinia Vecchietti Assistente Generale
- Suor Melania Zorsi Assistente generale
- Suor Rosa Pighi Assistente Generale
Elezioni del 1919:
- Madre Costanza Caldara Superiora Generale
- Suor Melania Zorsi Vicaria Generale
- Suor Lavinia Vecchietti Assistente Generale
- Suor Maria Garonzi Assistente Generale
- Suor Rosa Pighi Assistente Generale
Da notare che madre Caldara fu scelta per la terza volta. La Santa Sede dette il suo permesso per solo tre anni dato che era in corso la guerra, però siccome nel 1922 la situazione era sostanzialmente rimasta la stessa, Cardinale Bacilieri, Vescovo di Verona, decise di estendere il periodo senza indire il Capitolo.
1 Atti del Capitolo 1909, Archivi, Roma
2 Bollettino 1938.
3 Research papers on Uganda (monografie di ricerca sull’Uganda) di p. M. Cisternino
4 padre M. Costernino, ib.
5 P. M. Cisternino, ib.
6 P. M. Cisternino, ib.
7 P. A. Meneghini; Storia dell’Uganda, pagine 436-437. Editrice Pigrizia, Bologna 1923.
8 P. M. Cisternino, ib.
9 P. M. Cisternino, ib.
10 P. M. Cisternino, ib.
11 P. M. Cisternino, ib.