Santa Maria Maddalena
La santa della settimana

L’identificazione con una prostituta è frutto di una serie di equivoci, come ha spiegato il cardinale Ravasi. Maria di Magdala fu una fedele seguace di Gesù, stava sotto la Croce e fu la prima, il mattino di Pasqua, a cui il Signore apparve chiamandola per nome. Per questo papa Francesco ha reso più solenne la sua memoria elevandola allo stesso grado delle feste che celebrano gli apostoli
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È patrona dei penitenti e venerata anche dalla Chiesa d’Oriente. La Chiesa latina era solita accomunare nella liturgia le tre donne di cui parla il Vangelo e che la liturgia greca commemora separatamente: Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta, la peccatrice «cui molto è stato perdonato perché molto ha amato», e Maria Maddalena o di Magdala, l’ossessa miracolata da Gesù, che ella seguì e assistette con le altre donne fino alla crocifissione ed ebbe il privilegio di vedere risorto.
L’identificazione delle tre donne è stata facilitata dal nome Maria comune almeno a due e dalla sentenza di San Gregorio Magno che vide indicata in tutti i passi evangelici una sola e medesima donna. I redattori del nuovo calendario, riconfermando la memoria di una sola Maria Maddalena senz’altra indicazione, come l’aggettivo “penitente”, hanno inteso celebrare la discepola alla quale Gesù apparve dopo la Risurrezione.
È questa la Maddalena che la Chiesa oggi commemora e che, secondo un’antica tradizione greca, sarebbe andata a vivere a Efeso, dove sarebbe morta. In questa città avevano preso dimora anche Giovanni, l’apostolo prediletto, e Maria, Madre di Gesù.
Ma era davvero una prostituta?
Riguardo a Maria Maddalena (o Maria di Magdala) c’è lo stereotipo, ormai ampiamente diffuso, che classifica questa donna evangelica come una prostituta redenta da Cristo.
«La tradizione», come ha scritto il cardinale Gianfranco Ravasi, «ripetuta mille volte nella storia dell’arte e perdurante fino ai nostri giorni, ha fatto di Maria una prostituta. Questo è accaduto solo perché nella pagina evangelica precedente – il capitolo 7 di Luca – si narra la storia della conversione di un’anonima “peccatrice nota in quella città”, colei che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli. Si era così, senza nessun reale collegamento testuale, identificata Maria di Magdala con quella prostituta senza nome. Ora, questo stesso gesto di venerazione verrà ripetuto nei confronti di Gesù da un’altra Maria, la sorella di Marta e Lazzaro, in una diversa occasione (Giovanni 12, 1-8). E, così, si consumerà un ulteriore equivoco per Maria di Magdala: da alcune tradizioni popolari verrà identificata proprio con questa Maria di Betania, dopo essere stata confusa con la prostituta di Galilea».
La discepola che rimase fedele a Gesù fino all’ultimo
Maria Maddalena fu fra coloro che maggiormente amarono Cristo, dimostrandolo. Quando giunse il tempo del Calvario, era insieme a Maria Santissima e a san Giovanni, sotto la Croce (Gv. 19,25). Non fuggì per paura come fecero i discepoli, non lo rinnegò per paura come fece il primo Papa, ma rimase presente ogni ora, dal momento della sua conversione, fino al Santo Sepolcro.
Per il Messale romano, nel giorno dedicato a Maria Maddalena, il 22 lgulio, è stata scelta una lettura del Cantico dei Cantici: «Mi alzerò e perlustrerò la città, i vicoli, le piazze, ricercherò colui che amo con tutta l’anima. L’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi incontrarono i vigili di ronda in città: “Avete visto colui che amo con tutta l’anima?”» (Ct. 3,2), un amore perseverante che il Signore premiò, rendendola degna di essere «apostola degli apostoli»: fu la prima ad annunciare la sua resurrezione.
L’elogio di San Gregorio Magno
San Gregorio Magno ha parole straordinarie (Om. 25,1-2. 4-5; PL 76,1189-1193) per colei che fece di Cristo l’unica ragione di vita. «Ella si recò la Domenica di Pasqua al Sepolcro, con gli unguenti, per onorare il Signore. Ma non lo trovò: “Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva” (Gv. 20,10-11). In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. (…) Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità: “Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato” (Mt. 10, 22). Cercò dunque una prima volta, ma non trovò, perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. (…) I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell’attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri. (…) “Donna perché piangi? Chi cerchi?” (Gv. 20,15). Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui. “Gesù le disse: Maria!” (Gv. 20,16).
Dopo che l`ha chiamata con l’appellativo generico (…) senza essere riconosciuto, la chiama per nome come se volesse dire: Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale».
Maria si risveglia dall’incubo: «Rabbunì!» («Maestro!»). L’umile penitente Maddalena, diventa testimone del trionfo del Crocifisso. Ora vorrebbe stare lì, in adorazione, e invece no: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv. 20, 17). Porterà Lei l’annuncio agli Apostoli.
Il culto in Oriente legato alla Pasqua
Il culto più antico rivolto a Maria Maddalena, risalente alla fine del IV secolo, è quello che si svolgeva nei riti della Chiesa Orientale la seconda domenica dopo Pasqua, chiamata “delle mirofore”. In quel giorno si commemoravano le donne che il giorno dopo la crocifissione e la morte di Gesù si recarono al sepolcro con gli unguenti per imbalsamarlo.
Tra le mirofore un ruolo importante l’aveva Maria Maddalena, l’unica che è sempre citata in tutti e quattro i vangeli canonici. Il primo centro della venerazione della Maddalena fu Efeso, dove si diceva fosse pure la sua tomba, nell’ingresso della grotta dei Sette Dormienti; si sposta poi a Costantinopoli, dove all’epoca di Leone il Filosofo (nell’886) sarebbe stato trasferito il corpo, e si diffonde poi nella Chiesa Occidentale soprattutto dall’XI secolo.
In Occidente venerata come “l’apostola degli apostoli”
La diffusione del culto in Occidente avvenne soprattutto grazie all’Ordine dei Frati Predicatori, secondo la testimonianza di Umberto de Romans: “Dopo che la Maddalena si è data alla penitenza, è stata resa dal Signore così grande per grazia, che dopo la Beata Vergine non si trova donna alla quale nel mondo non si renda maggior riverenza e non si dia maggior gloria in cielo”.
L’Ordine dei Predicatori l’annoverò nel numero dei suoi patroni. Frati e suore l’onorarono col titolo di “Apostola degli Apostoli”, come viene celebrata nella liturgia bizantina, e paragonarono la missione di Maddalena, di annunciare la risurrezione, col loro uffizio apostolico.
Il culto di Maddalena si diffuse in Europa e i suoi devoti costruirono numerose chiese in suo onore: la più nota è quella gotica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume (1295) dove è conservato quello che si dice sia il teschio della santa, ma la prima in cui si formò il culto di Maria Maddalena è l’abbazia di Vezelay dove già nel 1050 si diceva fosse conservato il corpo.
Papa Francesco il 3 giugno 2016 ha istituito la festa liturgica di Maria Maddalena
Il 3 giugno 2016 la Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato un decreto con il quale, «per espresso desiderio di papa Francesco», la celebrazione di santa Maria Maddalena, che era memoria obbligatoria, viene elevata al grado di festa liturgica. Il Papa ha preso questa decisione durante il Giubileo della Misericordia, ha spiegato il Segretario del dicastero, l’arcivescovo Arthur Roche, «per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata». Maria di Magdala faceva parte del gruppo dei discepoli di Gesù, lo aveva seguito fino ai piedi della croce e, nel giardino in cui si trovava il sepolcro, era stata la prima testimone della resurrezione, “testis divinae misericordiae”, come la definisce Gregorio Magno.
«Cristo», ha detto l’arcivescovo Roche, «ha una speciale considerazione e misericordia per questa donna, che manifesta il suo amore verso di Lui, cercandolo nel giardino con angoscia e sofferenza», con quelle che sant’Anselmo definisce le «lacrime dell’umiltà. Perciò è giusto», conclude Roche, «che la celebrazione liturgica di questa donna abbia il medesimo grado di festa dato alla celebrazione degli apostoli nel Calendario Romano Generale e che risalti la speciale missione di questa donna, che è esempio e modello per ogni donna nella Chiesa».
Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa.
Maria Maddalena, venuta al sepolcro, e non trovandovi il corpo del Signore, pensò che fosse stato portato via e riferì la cosa ai discepoli. Essi vennero a vedere, e si persuasero che le cose stavano proprio come la donna aveva detto. Di loro si afferma subito: «I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa»; poi si soggiunse: «Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva» (Gv 20, 10-11).
In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trasfigurato.
Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della verità: «Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato» (Mt 10, 22).
Cercò dunque una prima volta, ma non trovò, perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiunsero l’oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell’attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri.
Ha provato questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità. Così Davide che dice: «L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Sal 41, 3). E la Chiesa dice ancora nel Cantico de Cantici: Io sono ferita d’amore (cfr. Ct 4, 9). E di nuovo dice: L’anima mia è venuta meno (cfr. Ct 5, 6).
«Donna perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20, 15). Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui.
«Gesù le disse: Maria!» (Gv 20, 16). Dopo che l’ha chiamata con l’appellativo generico del sesso senza essere riconosciuto, la chiama per nome come se volesse dire: Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale.
Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito grida: «Rabbunì», cioè «Maestro»: era lui che ella cercava all’esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca.
Quando era ancora buio
In questa festa di Santa Maria Maddalena vogliamo metterci sui suoi passi per ripercorrerne il cammino. Con lei scopriamo che l’evento che fonda la nostra fede non conosce il linguaggio dello scombussolamento o del trionfo o dell’esplosione. Nessuno ne è stato spettatore. (…)
Tutto questo quando ancora era buio. La notte non si è ancora diradata ma lo spuntare del giorno si affretta perché qualcuno non ha lasciato che una pietra tombale spegnesse per sempre la sua speranza. È già grazia alzarsi quando davanti a noi è lo sfascio della speranza. Chi, nella notte, accetta di mettersi in cammino trova che la pietra tombale non è più al suo posto. Cammini che iniziano al buio. Mossi solo dalla consapevolezza che non ci sono forze che possono spegnere per sempre il sogno della vita. È ancora possibile frequentare l’impossibile: questo attesta Maria di Magdala. Un altro mondo è possibile, un’altra è Chiesa è possibile, un altro uomo è possibile. Una resurrezione è possibile: c’è ancora posto per la bontà e per l’umanità in questo mondo. Non è scritto da nessuna parte che le forze della morte abbiano comunque il sopravvento. Il nostro compito non è quello di imbalsamare ancora una volta il Cristo e riporre definitivamente quanto grazie ai suoi gesti e alle sue parole abbiamo intravisto come possibile. A noi spetta anticipare l’aurora, affrettare il giorno, superare la situazione della Maddalena la quale non aveva ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risuscitare dai morti.
In questo nostro clima in cui spesso la vita è uccisa e grossi macigni vorrebbero impedire la possibilità di sognare ancora il nuovo noi ci riscopriamo proprio come le donne all’alba del primo giorno della settimana. Proprio per noi risuona oggi l’invito a non aver paura e a individuare la Galilea nella quale ci dà appuntamento. Facendo attenzione che i luoghi nei quali egli si lascia trovare – il Vangelo insegna – non sono soltanto i luoghi religiosi ma la casa, il giardino, la strada, il lago, una locanda. E l’incontro con lui non è mai omologante ma plurale, cioè secondo i tratti e le capacità di ognuno. Ed è sempre un incontro che tocca il cuore perché aperto alla relazione.
La pasqua non è una improvvisa restaurazione della vita. Gesù non va cercato come un corpo passato, la vita non va cercata come una riedizione del passato. È necessario andare oltre: non a caso la traccia del corpo di Gesù è sottratta. L’attenzione deve puntare altrove.
Essa non è il frutto di qualcosa di improvviso, di magico ma l’esito di un processo, di un lento camminare, di una trasformazione della vita che conosce i tratti della quotidianità e della debolezza. La pasqua è il frutto maturo di una vita che accetta di consumarsi, di non essere trattenuta.
Certo, un po’ sbrigativamente l’abbiamo chiamata risurrezione ma abbiamo dimenticato che si tratta di una Pasqua, di una lacerazione, di qualcosa che si rompe, si spezza, si apre perché altro accada. E accade proprio attraverso l’esperienza del tradimento, del peccato, del vuoto e della morte riletti come momento di passaggio alla fede nella misericordia del Padre che oltre la morte. Lo sappiamo: abbiamo paura di frequentare un simile linguaggio perché non sappiamo dove possa portare. Quello della Pasqua è infatti un linguaggio troppo alternativo: nessuno avrebbe immaginato che a comprenderne il messaggio fossero proprio coloro che una cultura e una religione avrebbero escluso.
Antonio Savone
http://acasadicornelio.wordpress.com