MCCJ

P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU
PARTE TERZA
Gli Istituti dal 1881 al 2003

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CAPITOLO PRIMO
Dal 1881 al 1898

LE VICISSITUDINI DELL’ISTITUTO

Le Reazioni all’interno dell’Istituto alla morte di Comboni.

La morte repentina del Fondatore degli Istituti per le Missioni Africane, Mons. Daniele Comboni, afflisse e portò sconforto a tutti.

Rimanevano due iniziative ancora problematiche – gli Istituti a Verona e al Cairo e il Vicariato dell’Africa Centrale. Per continuare, gli Istituti di Verona avevano personale sul luogo, Madre Maria Bollezzoli per le Suore e Padre Giuseppe Sembiante per i Padri e Fratelli.

La prima reazione degli Istituti fu una ferma determinazione di continuare. P. Sembiante scrisse a Roma in questi termini:

“È desiderio di molti qui a Verona che le Missioni ed i nostri Istituti, che devono la loro esistenza al vescovo Comboni, la cui morte non può essere sufficientemente rimpianta, siano preservati come monumento a quel distinto scomparso” 1.

Madre Bollezzoli scrisse alle Sorelle che si trovavano nelle Missioni:

“Siate forti e non scoraggiatevi. Non perdetevi d’animo, ma mantenete il vostro coraggio e continuate senza timore nel campo che la Divina Provvidenza vi ha affidato. Non guardate indietro ma andate avanti con passo sicuro sulle orme del vostro magnifico Padre. Ascoltate le sue grida dalla cima della montagna che egli ha già raggiunto: Avanti! Avanti!” (lettere circolare 18 ottobre 1881) 2

Dello stesso tono erano i sentimenti espressi dai Missionari in Africa. P. Bonomi, Vicario Generale, scrisse a p. Sembiante dal Delen il 7 novembre:

“La notizia è giunta a noi solo ieri. Più che impauriti ci ha lasciato sbigottiti, Non possiamo credere che sia successo, e non abbiamo idea di quello che potrà succedere alla nostra sfortunata missione. La notizia ci ha trovati totalmente impreparati. Ma tutti noi in Khartoum, El – Obeid, e fra i Nubiani, benché tutti noi ne abbiamo sentito la perdita, siamo fermamente determinati di continuare con la nostra santa impresa con la forza che Dio voglia darci e con la Sua Grazia. Saremmo forse indegni di produrre magnifici frutti, ma siamo sempre disposti a soffrire per Gesù Cristo e la sua gloria. Sono certo che questi sono i sentimenti di tutti come dissero nelle loro lettere3.”

“Il Vicariato Apostolico dell’Africa Centrale è stato saggiamente affidato all’Istituto di Verona, ed è da là che assistenza, conforto, e supporto ci giungerà di modo che l’opera che Comboni, si potrebbe dire, ha fondato e alla quale ha dato inizio, possa continuare. …. Chiedo gentilmente di esprimere questi nostri sentimenti a Sua Eminenza, Cardinale di Canossa, di modo che egli non fraintenda il silenzio che abbiamo tenuto fino ad ora significhi che siamo scoraggiati, o anche peggio che siamo inclini a abbandonare tutto. Stiamo tranquillamente aspettando che colui che sarà il responsabile, ci dica cosa ci sia da fare per questa sfortunata Africa, affidandoci alla Divina Provvidenza che ci ha sempre sostenuto nelle circostanze pericolose che abbiamo già passato.” 4

La Reazione delle autorità Ecclesiastiche alla morte di Comboni.

Il Cardinale di Canossa, Protettore dell’Istituto, rimase profondamente scosso dalla notizia della morte di Comboni. Pensava che senza Comboni, l’Istituto non avrebbe potuto andare avanti, e propose, di conseguenza, “di passare l’intera missione al prodigioso don Giovanni Bosco”, Fondatore dei Salesiani5.

I sentimenti del Prefetto di Propaganda Fide non erano più incoraggianti. Il Prefetto infatti, Cardinale Simeoni, rispose alla lettera di p. Sembiante:

“Ho ricevuto la Vostra lettera del 4 novembre 1881, nella quale suggerite che il Rev. P. Francesco Sogaro come successore al defunto Vescovo Comboni nel Vicariato dell’Africa Centrale. In risposta devo informarvi … che, siccome ho scritto al Superiore Generale dei Gesuiti invitandolo a prendere le redini di quella missione, è necessario attendere la sua risposta prima di intraprendere ulteriori consultazioni sulla faccenda”.”6

Quando ricevette questa lettera, p. Sembiante si sovvenne di un nome. Si ricordò che Comboni aveva descritto p. Joseph Ohrwalder, come ottimo missionario, in possesso delle qualità necessarie per l’opera missionaria. Un uomo di preghiera ed azione, pronta a dare la sua vita per il Signore. Perciò p. Sembiante l’8 novembre 1881 rispose a Propaganda Fide menzionando il nome di p. Ohrwalder, ma aggiunse “forse altri missionari potrebbero non essere d’accordo perché è stato ordinato prete dal Vescovo Comboni soltanto l’8 dicembre 1880, 11 mesi prima” (Comboni Archivio, Roma 17/17/64).

Il Ministero degli Affari Esteri austriaco suggerì lo stesso Ohrwalder come successore di Mons. Roveggio (id A/3/5/293).

Avendo ricevuto una risposta negativa dal Superiore generale dei Gesuiti7, Roma cercò qualcuno al di fuori dell’Istituto, mentre pensava anche di dividere il Vicariato e darne una parte alle Missioni Africane di Lione. Anche il nome di Mons., Mathew Kirchner, che era stato responsabile del Vicariato del 1859 al 1861, fu fatto da diverse persone, specialmente dal Console Austriaco di Khartoum; ma il monsignore non accettò per motivi personali.

La prossima scelta cadde su p. Francesco Sogaro, che era già vicino all’Istituto come confessore dei candidati non italiani nei due collegi di Verona. Era parroco della parrocchia S. Giorgio in Braida di Verona. A 17 anni, nel 1956, entrò tra gli Stimmatini, però nutriva il desiderio di andare nelle Missioni. Per questo uscì dall’Istituto nel 1974 (Mons. Grancelli, pag. 449).

Mons. Sogaro viene nominato pro Vicario Apostolico

Mons. Sogaro fu nominato Pro Vicario Apostolico il 21 settembre 1882, ma non fu consacrato vescovo subito a causa della sua cattiva salute. Tuttavia affrontò la responsabilità con grande zelo, lavorando senza sosta per la liberazione dei missionari che erano stati fatti prigionieri del Mahdi.

Dopo un periodo in cui erano state sospese tutte le attività, le Suore ricominciarono a prendere i voti, e candidati vennero di nuovo accettati sia come sacerdoti che come fratelli laici. Il primo obiettivo di mons. Sogaro fu quello di organizzare e guidare personalmente una nuova missione in Africa. La spedizione giunse al Cairo il 18 gennaio 1883, e a Khartoum il 6 marzo dello steso anno.

Una volta a Khartoum si preoccupò eccessivamente: troppo presto si mise in testa che i missionari di Khartoum erano diventati troppo permissivi. Decise di mettere in pratica un piano che aveva già concepito nei primi giorni della sua nomina. Nel luglio 1883, al suo ritorno al Cairo dopo aver visitato Khartoum, che lo aveva lasciato particolarmente scoraggiato, scrisse a Propaganda Fide manifestando il suo piano di trasformare l’Istituto in una Congregazione Religiosa.

“Oltre alla sua lodevole preoccupazione di assicurare una buona formazione ai missionari, sembra che la ragione principale per il suo nuovo piano era la consapevolezza che una certa familiarità fra i missionari non religiosi e le Suore religiose nella missione fosse controproducente ed anche pericolosa per il loro ministero pastorale.” 8

Aveva inoltre la sensazione che, una formazione religiosa più profonda avrebbe garantito un migliore risultato apostolico nelle missioni. Una congregazione religiosa avrebbe rafforzato l’impegno richiesto da quel vasto e difficile territorio.

Infine, dal momento che le Suore erano religiose, Mons., Sogaro riteneva che i sacerdoti che non erano essi stessi religiosi non avrebbero potuto dare assistenza spirituale, in special modo per quanto riguardava i voti e la vita comunitaria. In una lettera da Suez del 18 dicembre 1887, espresse l’opinione che tale cambiamento a lungo termine avrebbe dato più stabilità all’Istituto, indi più unità, continuità efficienza (Vedere Nigrizia, gennaio 1888).

Mons. Sogaro riprese il piano nel 1884 e l’anno successivo, presentandolo sempre come il suo pia­no. In tutto questo tempo egli prese in considerazione di imitare i Salesiani, o i Missionari di Lione, o gli Stigmatini di Verona, per aiutarlo a metterlo in pratica; non fece mai menzione dei Gesuiti. Essendo stato uno Stigmatino egli stesso, fino al 1874, personalmente favoriva questo Istituto fon­dato a Verona dal Beato G. Bertoni.(1777-1853).Anche p. Sembiante apparteneva a quell’Istituto, così pure p. Domenico Vicentini, che era stato proposto dall’Istituto per aiutarlo. Sembra che fin dall’inizio Mons. Sogaro pensasse che l’unico modo di risolvere il problema dell’Istituto del Comboni una volta per tutte, era di amalgamarlo con l’Istituto della “Sacre Stigmate”.

Nel giugno del 1884, con l’appoggio del Cardinale di Canossa, Mons. Sogaro fece formale richiesta all’Istituto degli Stigmatini perché ciò avvenisse. La richiesta fu formalmente respinta da un Capi­tolo speciale chiamato solo per discutere la faccenda il giorno che si celebrano le Stigmate di S. Francesco d’Assisi, il 17 settembre 1884. Il Capitolo dette due ragioni principali per il rifiuto: primo, tale opera potrebbe assorbire tutte le energie e le finanze dell’Istituto, e, secondo, avrebbe distolto l’Istituto dal suo scopo primario, e cioè l’istruzione dei giovani nelle scuole collegi e seminari. 9

Nel 1885 Mons., Sogaro ottenne il permesso dal papa Leone XIII di trasformare l’Istituto, con l’aiuto dei Gesuiti, in una Congregazione religiosa di voti semplici e perpetui.

A luglio dello stesso anno fu nominato Vescovo, e fu consacrato a Roma il 2 agosto. Sperava che come Vescovo, la sua precedente richiesta all’Istituto delle Stigmate avrebbe avuto più peso. Invitò, quindi p. Pietro Vignola, il loro Superiore generale alla sua consacrazione. Questo gli dette l’opportunità di fare pressione di nuovo e far sì che il suo piano di amalgamazione fosse accettato. La richiesta fu di nuovo respinta.

I Gesuiti

Essendo stata la sua proposta ripetutamente rigettata, Mons. Sogaro dovette, con riluttanza, rivolgersi ai Gesuiti. Quello che voleva per le missioni era giusto, e pensava che queste sarebbero state servite meglio se si fosse assicurato che i candidati dell’Istituto fondato da Comboni avessero ricevuto una buona preparazione e che fossero formati nelle virtù religiose ed apostoliche. 10

I Gesuiti accettarono. Nel settembre del 1885 Mons. Sogaro iniziò le consultazioni con il Superiore della provincia Lombardo- Veneta e presto ebbe due gesuiti per dirigere e formare i Missionari.

Il pericolo dell’amalgamazione, quindi passò, e l’Istituto fondato da Comboni continuò a vivere la sua vita in modo autonomo. Infatti i Gesuiti avevano accettato solo a condizione che se ne sarebbero andati una volta che l’Istituto fosse stato in grado di stare in piedi da solo. La formazione impartita dai Gesuiti, in un certo senso smorzò la forte spiritualità missionaria del Comboni, tuttavia preservò l’ispirazione missionaria originale e mantenne le missioni dell’ Istituto nelle nuove Costituzioni. La nuova Congregazione dei “Figli de Sacro Cuore” in questo modo preservò tutto il potenziale per una futura riscoperta del carisma originale di Comboni. 11

IL LANCIO DELL’ISTITUTO RELIGIOSO 12

L’inizio dell’istituto religioso.

Il 28 ottobre 1885 due Gesuiti, p. Pietro Frigerio, Rettore e p. Samuele Asperti, Direttore spirituale e Maestro dei Novizi presero possesso della Casa Madre a Verona.

P. Sembianti ex Superiore dell’Istituto di Verona mantenne la direzione della Casa delle Suore Comboniane di Verona, come pure l’amministrazione finanziaria delle Missioni, sempre a Verona. Prese poi i voti nel nuovo Istituto nel 1896 e morì a Brescia il 24 giugno 1914.

Il 28 ottobre 1885.

Questa data è comunemente accettata come la data di inizio della Congregazione Religiosa del “Figli del Sacro Cuore di Gesù”, benché il nome apparì ufficialmente solo dopo molto tempo.

Il Noviziato ebbe inizio il 1 novembre 1885. Iniziò nello stile rigoroso dei Gesuiti, con 12 novizi: un sacerdote, p. A. Roveggio, sei studenti e cinque fratelli. Due di essi, Pietro Baldo e Angelo Prada, erano stati nelle missioni per un breve periodo. Due del gruppo se ne andarono nel novembre 1886. Dieci di loro presero i Voti il 28 ottobre 1887: A. Roveggio, Angelo Colombaroli, Giovanni Bendinelli, Franz Heiman (olandese)., Francesco Sinner (che lasciò l’Istituto nel 1894). E i Fratelli Pietro Fratton, Giovanni Giori, Pietro Baldi, Fiorenzo Dalla Rosa, Angelo Prada.

La prima partenza per il Cairo

Il 24 novembre 1887, p. Francesco Colombaroli: Superiore, p. Roveggio Direttore Spirituale, e i Fratelli Baldi e Giori partirono per il Cairo.

Qui è opportuno osservare che nessuno dalle missioni andò direttamente al nuovo Istituto. Sembrerebbe che le continue tergiversazioni da parte di Mons. Sogaro gli impedivano di informare i missionari in Africa del suo piano di trasformare l’Istituto in una Famiglia Religiosa. Quando ne furono finalmente informati, alcuni furono contenti del cambiamento, altri, specialmente gli austriaci ed i tedeschi ne furono amareggiati soltanto uno di essi si unì all’Istituto nel 1886. Sin dall’inizio l’accaduto creò un’atmosfera di sospetti e malumori da pare degli austriaci e tedeschi verso i nuovo arrivati.

I religiosi, fra l’altro osservavano rigorosamente un certo numero di regolamenti esterni e formalità tipici della provincia Lombardo – Veneta dei Gesuiti dell’epoca.

Era chiaro che i religiosi erano sotto l’autorità morale di p. Asperti. A lui si appellavano continuamente e le sue decisioni erano seguite anche se lui non conoscesse la situazione locale e la vita comunitaria vissuta nelle missioni, né tantomeno delle richieste dell’Apostolato.

Padre Frigerio aveva dato le seguenti direttive ai suoi religiosi:

“Ricordate che siete i primi frutti dell’Istituto che Mons. Sogaro desidera stabilire nel Vicariato. Dovete quindi, comportarvi in maniera così santa da essere additati come esempio da coloro che vi seguono. È una grande responsabilità che avete, ma anche qualcosa per cui Dio Vi ricompenserà” E indirizzandosi al Superiore p. Colombaroli: “Voi, in modo particolare avete il compito di assicurarvi, con gentilezza, ma fermamente se necessario, che la Regola nella quale siete stati formati durante il Vostro Noviziato venga osservata. Se dovessero sorgere dubbi o difficoltà circa le Costituzioni o regole, a volte capita quando nuovi Istituti vengono fondati, rimettete la faccenda al Signore nella preghiera (dovete certamente continuare con lo spirito di preghiera) e scrivete a p. Aperti per avere consigli: è un uomo che si è dato totalmente a Dio, ed ha molta esperienza in queste faccende. Se vi affidate alla sua guida, non ve ne pentirete” (lettera del 15 dicembre 1887).

L’ appellativo “Figli del Sacro Cuore”

Secondo p. Colombaroli. “il Rev. Padre Asperti, considerando la nostra condizione di orfani, voleva che fossimo affidati in modo speciale al Santissimo Cuore di Gesù scegliendo per noi il nobile appellativo di suoi Figli” (Lettera Circolare 3 Giugno 1903; Padre Antonio Todesco riporta questa frase nella sua lettera circolare del 25 ottobre 1955, Circ. 54, Bol. 45)

Durante un discorso tenuto nel 1948 agli scolastici, padre Vignato raccontò della grande gioia di p. Asperti quando giunse la notizia che la Santa Sede aveva approvato il nome.

È risaputo che i Gesuiti sono sempre stati molto assidui nel far conoscere la devozione al Sacro Cuore; padre Asperti concordava con loro e per questo propose questo nome per l’Istituto. Lui stesso apparteneva ad una Associazione che era dedicata al Sacro Cuore chiamata “Amici Anonimi”

Regole

Per essere approvati da Propaganda Fide era assolutamente necessario che l’Istituto avesse delle Regole. Nel 1887, P. Frigerio ne scrisse la prima bozza, ma Roma la rimandò indietro senza approvarla, perché la Congregazione era ancora giovane ed incompleta.

Sembrerebbe che una nuova Bozza fu stilata fra il 1888 ed il 1890, ma non ne è mai stata trovata nessuna copia (p. A. Trabucchi, Bol.154, pagine 15-24).

Il 18 marzo 1894 Papa Leone XIII approvò la trasformazione dell’Istituto di Comboni nella Congregazione Religiosa del Figli del Sacro Cuore di Gesù, ‘ Filii Sacri Cordis Jesu, FSCJ’ ed approvò le sue Regole ‘ quoad substantiam’. Il 7giugno 1895 le Regole furono approvate per un periodo di sette anni., ‘ ad experimentum’. Il 15 marzo 1910 p. Vianello sottopose le Regole a Propaganda Fide di nuovo, e Pio X dette la sua definitiva approvazione.

LE INIZIALI DIFFICOLTA’ DELL’ISTITUTO RELIGIOSO

Difficoltà con Mons. Sogaro

Mons. Sogaro cambiò lo stato giuridico dell’Istituto senza rendersi conto che il cambiamento avrebbe sottoposto i membri ad una nuova autorità religiosa. Voleva il cambiamento per migliorare la formazione data nei seminari di Verona e auspicava un miglior rendimento nelle missioni. Vedeva ancora i missionari come dipendenti da lui come prima dipendevano dal Vescovo Comboni, il suo legittimo predecessore.

Scoprì però che non aveva mano libera nella nomina del personale, nello sviluppo dei piani pastorali e che la fedeltà dei nuovi missionari era divisa. Propaganda Fide non aveva ancora dato chiare direttive circa le relazioni fra le autorità religiose ed ecclesiastiche. Presto ci furono degli screzi fra le due autorità seguite da recriminazioni reciproche.

Fin dal 1889 p,. Sembiante scrisse a propaganda Fide da Verona chiedendo di venire in soccorso dei Gesuiti che erano oggetto di troppe interferenze da parte del Vescovo. Continuò lamentandosi del modi autoritari del vescovo.

Parlò nello stesso modo a difesa delle Suore le “Pie Madri della Nigrizia”. Nel loro manuale di preghiera, esse tolsero la frase “si dedicano al servizio della missione sottoponendosi all’autorità del Vicario Apostolico” 13

La faccenda arrivò a tal punto che il Cardinale prefetto di Propaganda Fide scrisse a Mons. Sogaro il 5 ottobre 1889:

“Sono rimasto molto dispiaciuto dalle diverse critiche che mi sono pervenute dai ben meritevoli Padri Gesuiti che stanno lavorando a Verona per avviare l’Istituto, circa le difficoltà che i missionari della neonata Congregazione stanno affrontando nel mantenere le loro regole nella Missione. Sono arrivati ad asserire che hanno intenzione di lasciare la direzione dell’Istituto, se le cose continuano come stanno andando adesso quando l’opera alla quale si stanno dedicando con tanto zelo in Europa, viene distrutta in Africa. È mio dovere portare a conoscenza di Sua Eccellenza queste critiche e far notare il grande pericolo che l’Istituto di Verona affronterebbe se le difficoltà delle quali si lamentano persistessero ed i Padri si ritirassero dall’incarico che hanno iniziato.”

Il Vescovo Sogaro aveva sperato che i Gesuiti si sarebbero ritirati non molto dopo il 1890. Nella sua lettera a propaganda Fide datata il 20 dicembre 1892, osservò che il piano originale era di tenerli per soli quattro o cinque anni.

Ribadì e difese, inoltre, il ruolo da lui avuto nello stabilire l’Istituto Religioso e asserì che aveva l’autorità di decidere per esso.

“Io, perciò, con l’autorità del Santo Padre e anche con piena consapevolezza di Sua Eminenza Cardinale di Canossa, fui responsabile per l’intero progetto. Ricevetti ed istallai i due Padri della Società di Gesù a Verona, io presentai le Costituzioni per primo adottando per loro il nome di Figli del Sacro Cuore di Gesù. Fu a me che la Sacra Congregazione ritornò queste Costituzioni da riformulare essendo esse state trovate imperfette. Ho dovuto cercare i mezzi per il mantenimento dell’Istituto, come sto ancora facendo. Fu a me, infine che il rev., Padre provinciale della Società di Gesù (dai quali dipendono i due padri che si trovano al nostro Istituto di Verona) riconobbe come legittimo Superiore.”

Ma le cose non cambiarono, e il 10 aprile del 1893. Mons. Sogaro cercò una via di uscita da questa empasse formalmente chiedendo a Propaganda Fide che gli venisse nuovamente data la piena responsabilità dell’Istituto. Il suo piano era di riportarlo allo stato giuridico precedente.

Da parte loro i Missionari dietro suggerimento del Rev. P. Asperti cercarono di risolvere questa incresciosa situazione spostandosi in una nuova area (possibilmente la Somalia) e lasciare a Sogaro il Vicariato. 14 Questo passo avrebbe significato tagliarsi fuori completamente dal campo di lavoro dei missionari reclutati dal Comboni.

Il piano dimostrava quanto i religiosi erano profondamente attaccati alla nuova vita, ma anche quanto l’influenza del Comboni era stata attenuata dai formatori Gesuiti.

Interferenza da parte del Governo Austriaco 15

I retroscena nei quali queste interferenze svilupparono sono rappresentai dai seguenti eventi:

a) nel 1852 Mons. Knoblecker aveva ottenuto dall’Austria la protezione ufficiale del Governo, l’assistenza finanziaria tramite la “Marien Verein” e il personale.

Comboni continuò a ricevere assistenza finanziaria dalla “Marien Verein” durante tutta la sua vita ed anche dalla Imperatrice Madre (danaro per l’acquisto della casa delle Suore a Verona) e da altre fonti austriache.

b) Verona fece parte dell’impero Austriaco fino al 1866, quando passò al governo italiano

c) L’Austria non partecipò alla Conferenza di Berlino del 1884 quando l’Africa fu frazionata fra le potenze europee, ma voleva tenersi il patronato sul vasto territorio del Vicariato.

Il console austriaco al Cairo, signor Heider Eddeger, cominciò a muovere le acque in data 22 giugno 1891, scrivendo al Conte Kolnoky del Ministero affari esteri a Vienna che nella sua opinione non era giusto che un Istituto protetto e sovvenzionato dal governo austriaco avesse la Casa Madre al di fuori dell’Austria: altre nazioni, ad esempio, la Francia avrebbero trovato tale situazione inaccettabile. Suggerì che la missione doveva essere sotto la protezione spirituale del Cardinale Arcivescovo di Vienna. Si doveva trovare una casa entro il territorio austriaco dove gli studenti dell’Istituto sarebbero stati radunati entro un certo lasso di tempo, senza momentaneamente toccare la casa di Verona.

Mons. Sogaro colse l’occasione per risolvere i suoi problemi con i Gesuiti a Verona e i missionari religiosi in Egitto. In una lettera indirizzata al Canonico Mitterutzner datata l’8 ottobre 1892 espresse il suo desiderio di consegnare la casa costruita a San Giovanni in Valle (Verona) per i “Figli del Sacro Cuore” alle Suore Pie Madri. La casa contemplata in Austria avrebbe gradatamente preso il posto della Casa Madre di Verona e sarebbe stata affidata a missionari non religiosi principalmente austriaci e tedeschi. Ai Vescovi austriaci sarebbe stato chiesto di contribuire al suo mantenimento, e un sostanziale aiuto per la sua costruzione sarebbe venuto dalla casa di Verona. Inizialmente la collocazione scelta fu Trento, e più tardi fu spostata a Brixen (Bolzano).

L’interferenza del governo austriaco si fece sentire in modo particolare quando si dovette nominare il successore di Mons. Sogaro: il governo austriaco insisté che la persona dovesse essere un austriaco o un tedesco, e fecero di tutto per far sì che P. F.X. Geyer fosse nominato successore di mons. Sogaro.

L’Istituto Religioso riesce ad avere il suo stato giuridico

A questo punto dovette intervenire Propaganda Fide, sia per sedare la disputa fra l’Istituto ed il Vescovo, sia per tranquillizzare il governo austriaco. Quest’ultimo era sempre stato leale alla Santa Sede, ed il suo imperatore Cattolico aveva ancora il diritto di mettere il veto alla elezione del Papa.

Fu raggiunta una decisione durante una Riunione Plenaria di Propaganda Fide l’11 gennaio 1894 che fu resa pubblica a febbraio dello stesso anno16.

Furono prese le seguenti decisioni:

  • L’Istituto manteneva il suo stato giuridico come Congregazione;
  • Sarebbero stati apportati dei cambiamenti nelle Costituzioni;
  • Il vicariato dell’Africa Centrale è affidato all’Istituto, e cambiati i suoi confini, l’intero Sudan meridionale e l’Uganda settentrionale,che erano stati dati ai Padri Bianchi nel 1878, furono restituiti al Vicariato di Khartoum.

Successivamente, il Cardinale Ledochowsky, Prefetto di Propaganda Fide, prese i seguenti provvedimenti:

  • Chiese al provinciale della Società di Gesù di richiamare p. Asperti, che fu assegnato ad una delle loro comunità a Mantova. Da là si tenne in contatto con l’Istituto (+ 1896)
  • Chiese a Mons. Sogaro di dimettersi, ciò che questi fece senza serbare rancori: era solito dire, “Fintanto che Dio mi tiene in vita, lavorerò per i Figli del Sacro Cuore di Gesù”. Fu promosso Arcivescovo il 14 maggio 1894, Segretario della Sacra Congregazione per Indulgenze il 1 maggio 1900 e Presidente dell’Accademia Ecclesiastica dei Nobili. Morì il 6 febbraio 1912 all’età di 72 anni.
  • Nominò p. F. X. Geyer come Amministratore del Vicariato dopo le dimissioni di Mons., Sogaro.
  • Il 21 maggio 1895 nominò Mons. Roveggio (di 36 anni) Vicario Apostolico con il sottinteso che p. F.X. Geyer avrebbe poi preso il suo posto. P. F.X. Geyer si unì alla Congregazione nel 1896.
  • Per tranquillizzare il Governo austriaco dette il suo permesso per l’apertura di una casa a Brixen, per la quale elargì anche una certa somma di danaro.
  • Chiese a Mons. Roveggio di far richiesta per diventare cittadino austriaco.

L’Istituto ha un grande debito di gratitudine con il Cardinale Ledochowsky. Infatti egli confermò e ribadì che l’Istituto era Missionario, portò la questione alla sua effettiva e logica conclusione, affidando il Vicariato ad uno dei membri più giovani dell’Istituto confermando così la continuità del progetto del Vescovo Comboni e del suo carisma.

In questo modo l’Istituto cominciò il suo vero cammino e fu confermato come Istituto religioso missionario. Uno dei suoi membri, Mons., Roveggio, fu consacrato Vescovo il 21 maggio 1895 e successe a Mons. Sogaro. Fu evitato sia il pericolo di una scissione tra religiosi e non religiosi, come la ricerca da parte di questi di un nuovo territorio di Apostolato. Le regole furono approvate “ad experimentum” per 7 anni (7 giugno 1895). La nuova casa di Verona fu aperta nel 1892, lasciando i locali provvisori del Seminario.

Il Noviziato fu aperto a Brixen il 9 giugno 1896. Il nuovo manuale di preghiera fu reso disponibile nel 1896.

Il Retaggio di Comboni

All’inizio l’Istituto dei Figli del Sacro Cuore di Gesù, (FSCJ), non fu consideratocome estensione del Collegio delle Missioni Africane avviate da Comboni nel 1867. La prima lettera circolare del Superiore Generale non faceva menzione di Comboni come Fondatore. Tipico è il seguente brano da una lettera circolare di p. Angelo Colombaroli, il primo Superiore Generale, scritta il 7 giugno 1903:

“Per molte ragioni noi stessi dobbiamo la nostra esistenza ad una persona santa che fu come un padre per noi e ci amò davvero come con amore paterno. Però mi ricordo ancora come, nelle sue conferenze spirituali che era solito fare quando la nostra Congregazione era solo all’inizio che non avevamo un padre nel vero senso della parola: in quanto il Padre è il Fondatore di una Comunità Religiosa che ha fondato e formato. Fu veramente dovuto alla Divina provvidenza che il Rev. Padre Asperti di venerabile memoria visto la nostra condizione di orfani, volle affidarci in modo speciale al Sacro Cuore di Gesù con il nobile nome di suoi Figli. Sperava che anche noi avessimo un esempio dal quale prendere ispirazione, nel quale avremmo potuto trovare la pienezza della vita e la sorgente di quella amorevole unione che deve regnare fra di noi.” 17.

Mons. Sogaro si riferiva a Comboni solo come suo predecessore nella missione 18e nella prima stesura delle Regole ci si riferisce a Mons. Sogaro come Fondatore.

Quando p. Meroni, nel 1923 mandò il suo promemoria a Propaganda Fide chiedendo la separazione dei confratelli austro-tedeschi, fece notare che la Congregazione era stata “fondata in Italia, da Gesuiti italiani con membri che erano per la maggior parte italiani, e per sostituire un Istituto italiano, nel senso etnico, non in un senso esclusivo, politico e nazionalistico” 19.

Esistono diverse ragioni per questo modo di pensare.

Ragioni politiche

Come già detto sopra, l’Austria ribadiva e sottolineava il suo patronato della missione, e l’aiuto finanziario dato: perciò reclamava il diritto di disporne come meglio credeva e trasferirne la Casa Madre nel territorio austriaco.

Ragioni ecclesiali

La struttura dell’Istituto era stata cambiata: era stato introdotto un Noviziato della durata di 2 anni, ed il voto di povertà aveva influito sulla vita dei singoli individui e delle comunità.

Padre Corrado Pistolozzi, Segretario Generale dell’Istituto dal 1959 al 1969, crede che Comboni volesse in avvenire trasformare l’Istituto,che oggi chiameremmo di Vita Apostolica, in un vero Istituto di vita comune con Voti. La sua opinione si basava su diverse testimonianze: la più significativa delle quali sembra essere quella di Mons. Grancelli. Questo affidabile biografo per il 40° anniversario della morte di Comboni scrisse sulla NIGRIZIA del novembre 1921 p. 162, che Comboni “desiderava formare una vera congregazione religiosa, cosa che fu realizzata solo dopo la sua morte”.

Di recente furono trovate delle lettere di Padre Johann Ev. Dichtl che risolvono la questione. In data 29-06-1884, detto Padre fa un rapporto a Sua Emin. Giovanni Card. Simeoni allora Prefetto di Propaganda Fide (SCEP) sulla situazione del Vicariato Apostolico e questo per due ragioni; per informare Propaganda ed ancora: “… per un dovere verso il defunto mio Vescovo e Padre Mons. Daniele Comboni a cui sei ore prima che spirasse fra le mie braccia dovetti promettergli, d’essere fedele a lui e all’ opera sua e di non tralasciar nulla di quanto posso contribuire all’incremento della missione da lui tanto amata e con vigore sostenuta. Lo promisi. “Allora basta e sono contento” erano le sue ultime parole che, di mente presente, lacrimando mi rivolse.In questo rapporto il Padre è pessimista riguardo al futuro del Vicariato; lasciando a parte la guerra e la rivoluzione indica come ragione principale la mancanza di unione tra i missionari: non esiste nessun legame vicendevole, le relazioni fra sacerdoti e i fratelli laici è una cosa confusa.. ecc. e quelle tra superiori e sudditi nelle singole stazioni sono talvolta impossibili.” Il Padre continua citando altre ragioni e conclude “La direzione secondo il desiderio continuo di Mons. Comboni … sarebbe di mettersi in mani di Padri scelti della Compagnia di Gesù, i quali pure, perché pratici di missioni, avrebbero da darci le Costituzioni per le quali ogni membro avrebbe da legarsi con voti semplici e formare così una Congregazione di Missionari per l’Africa Centrale. Questa era l’idea ed è lo spirito di Mons. Daniele Comboni ed in questo solo modo l’Africa si convertirà, ma giammai co’ mezzi come hic et nunc che non sono atti e fanno solo confusione”.

E dopo che i due primi Gesuiti erano arrivati a Verona, pieno di entusiasmo scrive al Canonico Mitterrutzner “Le notizie su Verona sono per me un’assoluta novità! Dio sia lodato! Per quanto tempo mi sono dibattuto perché questo piano optimi patris et Episcopi Danielis fosse realizzato. Adesso che si è realizzato, sono pieno di speranza, che, se Dio vuole anche il resto che Comboni voleva si realizzerà” (Graz,3 dicembre 1995 in CAE Dichtl 34.

Questo desiderio del Comboni, conferma che l’Istituto dei “Figli del S. Cuore” fu una continuazione dell’Istituto che Comboni incominciò nel 1867 nonostante il cambiamento strutturale interno. E questo per due ragioni:

Prima: l’ “Ispiratio primigenia” il suo carisma, la sua spiritualità e il suo scopo. Tutto questo era rimasto immutato. Il carisma era ancora una condivisione nell’amore di Cristo per i più poveri e più abbandonati, i Gesuiti sostenevano la spiritualità del Cuore di Gesù che lo stesso Comboni aveva ricevuto da altri Gesuiti; lo stesso valeva per l’apostolato fra i pagani. 20

Secondo: Il campo di lavoro non è cambiato. A Mons. Roveggio, Figlio del S. Cuore, fu affidato lo stesso territorio e fu il successore di Mons. Sogaro, come questi del Comboni.

Il fatto che i religiosi non reclamassero la continuità del Comboni, oltre al fatto già accennato dell’influenza dei Gesuiti, fu dovuta ai seguenti fatti.

Alcune delle vecchie controversie intorno alla vita del Comboni, come i malintesi con l’ordine di San Camillo, ebbero anch’esse il loro peso in quanto sembrano aver dato adito a dubbi sul carattere di Comboni. Fu solo dopo che Mons. Grancelli ebbe pubblicato la vita del Comboni nel 1922 ed il libro seguente dal titolo “Rivendicazioni” nel 1926, che P. Paolo Meroni scrisse una lettera circolare, No 21, nella quale annunciava che la Causa di Beatificazione del Servo di Dio Mons. Daniele Comboni “il nostro primo Fondatore”, era stata intrapresa.

La lettera continuò dicendo che “attente ricerche su documenti originali hanno dato brillanti risultati cosicché ogni dubbio circa il suo carattere è stato rimosso”.

Nel 1920 i Padri Vignato e Meroni avevano incitato Mons. Grancelli a scrivere la biografia del Comboni e il 30 dicembre 1921 P. Vignato disse a Mons. Grancelli:

“I Figli del Sacro Cuore hanno sempre sentito la necessità di pubblicare la biografia del Vescovo Comboni come modo di ripagare il nostro debito di gratitudine a lui, la nostra sorgente e il nostro fondatore”22

A parte la questione della fondazione dell’Istituto, fin dall’inizio Comboni non era stato mai dimenticato. Il primo Seminario minore fondato in Italia a Brescia nel 1900 fu chiamato “Istituto Comboni”, e quando la sua Chiesa fu consacrata nel 1909 il Bollettino pubblicato in tale occasione affermò che “I figli del Comboni stanno raccogliendo adesso fatti e detti su di lui ed hanno intenzione di pubblicarli in un libro: in questo modo adempiono il desiderio che molte persone hanno avuto da molti anni”.

Nella rivista “NIGRIZIA” 23 troviamo una breve poesia ed un inno in onore di Comboni che Padre. Federico Vianello aveva scritto in occasione di un trattenimento.

Tra coloro che stavano raccogliendo materiale per la biografia 24 troviamo per esempio Mons. Francesco Saverio Bini, negli anni fra il 1914 ed il 1916 quando era il segretario di Padre. Vianello. Il materiale raccolto quindi, fu messo da parte fino al 1920 quando fu consegnato a Mons. Grancelli.

Dopo l’introduzione della causa di beatificazione di Comboni da parte di P. P. Meroni, le cose cambiarono completamente, benché nel noviziato poca enfasi veniva data ad una identità Comboniana.

La nota biografia di Mons. Comboni pubblicata nel 1928 da P. Agostino Capovilla (1898 –1975) contribuì enormemente a rendere Comboni più conosciuto nell’Istituto e nella Chiesa. Ebbe fra l’altro anche consensi da parte di coloro che non avevano niente a che fare con la causa del Comboni stesso.

Papa Pio XI che aveva conosciuto Comboni personalmente, dopo averla letta disse in un discorso che aveva ancora nitido nella sua mente il ricordo “di tale grande, meritevole e venerabile persona: Mons. Comboni”. 25

Come Superiore generale, (1937 – 1947) anche P. A. Vignato fu esplicito nella sua lettera del 13 dicembre 1937 26 quando parlò del “nostro venerato Fondatore” ed incoraggiò i confratelli ad affidarsi alla sua protezione, studiare e meditare su di lui e imitare il “nostro Fondatore”.

Nel 75° anniversario della morte del Comboni, il successore di P. A. Vignato, P. Antonio Todesco nel 1956, decise di celebrare un anno Comboniano.

Il capitolo del 1969 ristabilì completamente Comboni come nostro retaggio. Le nostre Costituzioni attuali espongono tutti gli aspetti della vita di Comboni.

A questo punto, devo aggiungere che fu l’eredità comune di Comboni che preparò la via della Riunione dei due Istituti dei Figli del Sacro Cuore di Gesù (FSCJ) e dei Figli Missionari del Sacro Cuore (MFCJ), fra il 1969 ed il 1979. La prima vita di Comboni era stata scritta in tedesco da Mons. F.X. Geyer nel 1882.

Alla fine degli anni trenta, incoraggiati da P. A. Vignato, gli scolastici iniziarono la Rivista Interna “COMBONIANUM” per pubblicizzare la vita di Comboni e focalizzare i problemi missionari che venivano studiati da diversi gruppi.

Il ritardo nella Beatificazione del Comboni fu dovuto a due “Reponatur” (1953;1959). Questo fatto provò essere utile perché obbligarono l’Istituto ad approfondire la conoscenza della vita e della spiritualità del Beato Comboni. Abbiamo, così avuto modo di comprendere profondamente e meravigliosamente la sua grandissima personalità.

Il Vescovo Roveggio un nuovo missionario nel campo del Comboni

Quando i primi religiosi andarono al Cairo nel novembre 1887, oltre ad occuparsi dei due Istituti, essi si presero cura della azienda agricola dell’isola “Ghezira” sul Nilo che era stata aperta per offrire rifugio e lavoro a coloro che provenivano dal Sud e a quelli liberati dalla schiavitù. Aprirono la parrocchia e la scuola di Helouan (1887) e la stazione missionaria di Swakim (1889). Nel 1894 aprirono Assuan. IL Cardinale Ledochowsky era dell’idea di farla diventare la nuova sede del Vicariato Apostolico.

Assouan era una buona base anche per dare assistenza spirituale alle famiglie italiane a Shellal, dove si stava costruendo la diga e dove le condizioni di vita non erano salutari.

Quando, dopo la caduta di Omdurman, il 12 settembre 1898, la rivoluzione Mahdista finì e i missionari vennero a sapere che la missione di Khartoum era stata distrutta e la tomba di Comboni dissacrata, il Vescovo Roveggio chiese a Lord Kitchener, il vincitore della Mahdia il permesso di mandare due missionari a Khartoum a vedere lo stato della missione. Dopo tre mesi la richiesta fu rifiutata. Era successo che Lord Kitchener aveva cercato di sostituire i Missionari di Verona con i Missionari di Mill Hill di nuova fondazione inglese, ma il loro fondatore, il Cardinale Vaughan gli rispose che non aveva nessuna intenzione di prendere il posto dei missionari veronesi. La questione fu finalmente risolta con l’intervento del Governo austriaco e gli sforzi del Cardinale Vaughan il quale pensava che il Nostro Istituto aveva ormai avuto l’esperienza necessaria per affrontare le difficoltà del luogo.

LE SUORE COMBONIANE

Le Suore nel frattempo erano giunte al Cairo, Helouan ed Assouan. Le loro regole erano state approvate con il “Decretun Laudis” il 22 febbraio 1897. Un accordo era stato raggiunto con i “ Figli del Sacro Cuore” per il quale questi avrebbero pagato tutte le spese di viaggio alle missioni e dato alle suore un compenso secondo le loro necessità. Così sollevate da preoccupazioni finanziarie sarebbero state in grado di accettare tulle le candidate che si presentassero.

Vi erano stati dei disaccordi sia con Mons. Sogaro che con Mons. Roveggio a causa delle suore che dovevano tornare in Italia per malattia o che dovevano lasciare le missioni per altro motivo. I vescovi si chiedevano se dovevano finanziare le suore che non erano sempre presenti nelle missioni, essendo questa la ragione per cui esse ricevevano il sostegno finanziario..

Le suore avevano effettivamente un argomento valido. Dovevano escogitare qualcosa da far fare alle sorelle non idonee ad andare o tornare nelle missioni. Volevano avere le proprie risorse e non dover sempre elemosinare.

Il Primo Capitolo Generale

Le suore comboniane ebbero il loro primo capitolo generale nel 1898. I risultai delle elezioni furono i seguenti:

Madre Maria Bollezzoli Superiora Generale

Suor Costanza Caldara Vicaria generale

Suor Teresa Marini Assistente generale

Suor Rosa Zabai Assistente Generale

Suor Luigina Gandolfi Assistente Generale

IL SUCCESSO DELLE MISSIONI NEL SUDAN RIDOTTO A ZERO

La ribellione Mahdi

17 anni di lento martirio” si riferisce alla sofferenza dei missionari di Comboni nel Sudan, scritto da Suor Giuseppina Tresoldi, ex Superiora generale delle Suore missionarieComboniane.

Introduzione

Le previsioni dell’uragano che stava per abbattersi sulle missioni nel Sudan erano già state riconosciute da Comboni negli ultimi anni della sua vita. In fatti in una delle sue lettere egli fa riferimento ad un “così detto profeta che affermava di essere stato mandato da Dio, Allah per liberare il Sudan dal dominio dei turchi e dall’influenza Cristiana” che nel s’infiltrava nel paese.

C’era infatti una credenza fra la gente che il profeta che sarebbe stato inviato da Allah verso la fine del tempo si chiamasse Mahdi – che significa “Guidato da Allah” e avrebbe portato una nuova era di pace e giustizia in quei luoghi dove regnava l’oppressione. Egli avrebbe, inoltre, purificato l’Islam e lo avrebbe portato al suo trionfo finale.

Nel giugno del 1881, un certo Mohammed Ahmed, figlio di Abdallah, nato nel 1841 a Dongola, Kordofan si proclamò Mahdi e chiamò i fedeli a fare guerra contro gli “infedeli; cioè i turchi e gli egiziani, in quanto essi praticano la fede di Allah in modo molto fievole ed i non mussulmani. Trovò un gran numero di adepti nel Sudan settentrionale dove la gente si sentiva oppressa dal dominio egiziano che stava imponendo una tassazione al limite della sopportazione. La carestia e le malattie degli anni precedenti avevano anch’esse contribuito largamente a preparare la gente alla rivolta. Inoltre, essi furono vinti alla causa del Mahdi perché prometteva che a chiunque morisse in battaglia egli avrebbe garantito un posto in paradiso, e futura felicità e giustizia a coloro che sarebbero sopravissuti.

Nel marzo del 1882 il Mahdi dette inizio al suo movimento rivoluzionario che sarebbe stato ricordato dalla storia come “Il Mahdi”. Con riunioni qua e là il suo scopo era di fomentare la ribellione fra la gente contro il governo egiziano e attrasse molte persone che lo seguirono pronte a combattere.

Il Governo sia a Khartoum che al Cairo non si rese conto della forza del movimento. L’uomo fu considerato soltanto un visionario ribelle e il Governo mandò solo dei piccoli contingenti di truppe per sedare la ribellione che stava per insorgere. Ma le truppe furono battute per ben tre volte. Se il governo avesse mandato un numero di soldati adeguato, forse il movimento poteva essere annientato al suo esordio.

Questo fu solo uno degli errori iniziali che permise alla rivoluzione di prendere piede.

Le stazioni missionarie Comboniane.

Ai quei tempi vi erano stazioni missionarie a Delen, Malbes, El Obeid, Khartoum e la stazione vicina di Geret.

Delen

In questa comunità troviamo:

  • Suor Amalia Andreis, Suor Eulalia Pesavento e Suor Maria Caprini;
  • Padre Luigi Bonomi, Padre Joseph Ohrwalder, i Fratelli Gabriele Mariani e Giuseppe Regnotto

Già nel gennaio del 1882 quando Suor Teresa Grignoli, come Superiora provinciale fece visita a Delen da El Obeid dove soggiornava la strada per arrivarvi non era per niente sicura. I Baggara, una tribù nomade che si occupava di commerci degli schiavi spesso faceva dei raid nei paraggi di Delen. Essi furono responsabili per il rapimento di Zeinab Alif, Suor Giuseppina Benvenuti nel 1853 dal Darfur e della Beata Bakhita nel 1878 dal Kordofan. Erano acerrimi nemici della Missione e si unirono alla ribellione del Mahdi con grande bramosia

L’8 aprile 1882 i Baggara attaccarono violentemente la missione uccidendo la gente e distruggendo tutto quanto trovarono.

Nel maggio 1882, Padre Losi che era il Superiore delle missioni nel Kordofan, dette ordini da El Obeid a tutti i missionari nel Nubia di lasciare tutto e ritirarsi ad El Obeid, ma per la nostra gente di Delen fu troppo tardi. “El Mahdi” si accampò a Birjet (fra Malbes e Delen), in tal modo i missionari del luogo furono completamente tagliati fuori. Mai nessun messaggero mandato da El Obeid riuscì a raggiungere Delen sano e salvo. Solo coloro che si trovavano a Malbes ebbero abbastanza tempo per raggiungere El Obeid (Malbes dista solo 18 chilometri dal El Obeid,).

A Delen si trovava soltanto un centinaio di soldati governativi, fu impossibile quindi combattere. Vedendo che la situazione precipitava, assieme al capo dei soldati e il signor Roversi, un rappresentante antischiavista che si trovò intrappolato a Delen, i missionari furono d’accordo di tentare la fuga scortati da soldati armati; ma quando tutto era già pronto, (circa 200 persone appartenenti alla missione) i nostri missionari si resero conto di essere stati traditi.

Dopo un pò di tempo ritentarono di nuovo, ma non ci fu nulla da fare. Essi furono fatti prigionieri dal rappresentante del Mahdi, Mac Omar. La missione fu messa a ferro e fuoco dalla gente di Mac Omar. I Cristiani furono torturati per ottenere la loro conversione all’Islam e ciò causò immenso dolore al cuore dei missionari.

Siccome si diceva in giro che i prigionieri sarebbero stati portati al cospetto del Mahdi, i Missionari, il 15 settembre 1882, si unirono ai Cristiani che si trovavano attorno alla missione e celebrarono l’ultima Eucaristia nella Cappella di Dilling (Delen). Era la festività della Madonna Addolorata. Fu un momento molto doloroso per tutti quelli che si trovarono là. Maria Santissima era con loro e realmente ne parteciparono la sofferenza

Il 18 settembre 1882 iniziò “la via del calvario”: Mac Omar voleva raggiungere “El Mahdi” che era accampato a Boga vicino ad El Obeid. La distanza era di circa 200 chilometri, ed i nostri sette missionari dovettero fare tutta la strada a piedi. All’inizio avevano dei cammelli che potevano cavalcare, ma presto fu tolto loro tutto, anche le scarpe. Strada facendo erano bersaglio di insulti e pestaggi da parte di coloro che si radunavano ai margini della strada per vedere passare gli infedeli! Padre Ohrwalder fu costretto a portare il Crocefisso di bronzo della loro cappella perché Mac Omar voleva portarlo al Mahdi come trofeo, ma durante la prima notte I padri Ohrwalder e Bonomi riuscirono a seppellirlo in un luogo dove nessuno lo avrebbe mai più trovato, e in quel modo evitarono che esso venisse dissacrato dai mussulmani come avevano in mente di fare. Il viaggio durò nove terribilmente lunghi e dolorosi giorni. Era la stagione delle piogge, questo significava erba alta, profondi stagni da attraversare, un sole implacabile, nessun cambio d’abito,… quando arrivarono al campo furono assaliti dagli arabi che vi si trovavano e a stento scamparono la morte. Furono portati davanti al Mahdi che provò in tutti i modi di convertirli all’Islam: “O mussulmani o morte” fu l’ultimatum dato ai missionari, i quali con voce unanime dissero: “Siamo pronti a morire”. Che cosa sentirono quella notte?: Mentre i nostri sette padri e suore si preparavano ad offrire la loro vita per Cristo e per la rigenerazione dell’Africa, le parole del nostro Fondatore “o Nigrizia o Morte” riecheggiavano nei loro cuori. Suor Amalia si ricordò delle parole pronunciate dal Papa Leone XIII a Roma prima di partire per il Sudan. Il Papa chiese loro: “Mie figlie avete il coraggio di andare in quelle terre dove potreste anche andare incontro al martirio?” Le Sorelle risposero: “Sì, se il Signore fosse tanto misericordioso da renderci degne di tale grazia”. Le Suore ripetevano queste parole l’un l’altra. Comboni spesso ripeteva che il vero Apostolo non si tira indietro neanche davanti alla morte”. Esse erano serene e calme. Padre Bonomi, come leader del gruppo scrisse un messaggio che tutti firmarono e che speravano sarebbe stato portato in Italia. Suor Maria Caprini aveva con se una Reliquia della Santa Croce, la baciarono tutti e si abbandonarono poi ad un sonno pieno di pace. C’era una magnifica cometa in cielo ed essi la videro come la stella del Martirio, ma …

La mattina seguente, il signor Geoge Stambulie, un mercante di El Obeid che si era convertito all’islam per non finire in prigione, andò a salutarli. Tutto era pronto per la loro morte. Un messaggero mandato dal Mahdi arrivò a prendere i Missionari per portarli da lui. Camminarono per mezz’ora certi di camminare verso la loro morte. Alla presenza del Mahdi furono loro poste altre domande ma i nostri missionari erano determinati: essi erano fedeli a Cristo, e la MORTE fu quello che avevano scelto. “A Morte” furono le ultime parole pronunciate dal Mahdi. Ma proprio in quel momento un interprete del Corano disse: “Non puoi fare questo, il Corano proibisce l’uccisione di coloro che sono consacrati a Dio a meno che non vengano trovati con armi nelle loro mani”.

Per i nostri Missionari quelle parole portarono una grande delusione! Un martirio molto più doloroso li attendeva. Nel campo venivano continuamente tormentati. Il signor Stambulie li aiutò a costruire una capanna. Si ammalarono tutti a causa degli stenti che sopportavano. Invocarono la morte e la morte venne!

Il 27 ottobre, 1882, un mese dal loro arrivo al campo Suor Eulalia Pesavento si sentì molto male e una terribile febbre la stroncò. Aveva 26 anni. Nessuno dei sei rimanenti ebbe abbastanza forze per seppellirla.! E fu difficile trovare qualcuno per farlo. Per danaro, un arabo acconsentì di trascinare il corpo a circa 100metri di distanza e coprirlo con la sabbia! Il 31ottobre 1882, dopo soli quattro giorni, di nuovo di notte, morì Fratello Gabriele Mariani all’età di 29 anni. Il 7 novembre 1882, fu Suor Amalia Andreis, la Superiora della comunità che morì all’età di 29 anni. Era cosciente che la sua ora era giunta e fu con grande sofferenza che lasciò sola Suor Maria Caprini, la più giovane del gruppo. Le sue ultime parole furono di esortarla a fare da madre e sorella ai quattro missionari superstiti.

Alla fine di novembre il tempo migliorò, e i missionari si rimisero in forze. Fra l’altro ebbero notizie e aiuto da El Obeid.

El Obeid

Lasciamo adesso i quattro sopravvissuti a Boga e andiamo ad El Obeid a vedere come vivevano la situazione.

Nella comunità di El Obeid vivevano Suor Teresa Grigolini, Superiora Provinciale, Suor Concetta Corsi, Suor Caterina Chincarini, Suor Elisabetta Venturini, e la nuova professa Suor Fortunata Quascè con p. Losi, Superiore, p. Paolo Rossignoli e Fratello Isidoro Locatelli.

El Obeid era una cittadina dedita al commercio di circa 10.000 abitanti. Era circondata da colline per cui il clima era abbastanza buono. Il governo manteneva una guarnigione ben fornita e un forte ben protetto. La missione continuava ad occuparsi delle sue varie attività ma sentiva che la tempesta si stava avvicinando. Suor Teresa Grigolini era dell’idea di andare a Khartoum con gli altri Cristiani che stavano per lasciare la città, ma il Superiore della Missione non seppe prendere una decisione in merito ed alla fine quando decisero di andarsene, fu loro negato il permesso. Il Governatore credette che se avesse dato il permesso alle suore di andarsene, se ne sarebbero andati anche i commercianti, rendendo la vita ai cittadini di El Obeid molto problematica.

Le suore decisero allora di spostarsi dentro il fortino e andarono ad abitare nella casa di Marietta Combatti, una ex schiava, che era stata istruita a Verona ed era tornata in Egitto come catechista.

All’inizio di settembre 1882 Padre Losi, come ispirato, chiamò tutta la gente della missione in chiesa. Celebrò l’ultima Eucarestia e dispensò dai voti coloro che erano consacrati dicendo loro di rinnovarli giornalmente, se lo desideravano. Siccome nessuna delle suore aveva ancora preso i voti perpetui, fu particolarmente difficile per loro.

L’8 settembre 1882, le forze del Mahdi attaccarono El Obeid, ma furono respinte. La città fu posta sotto assedio e la vita divenne insopportabile. I missionari cercavano di dare aiuto a coloro che erano affetti da malattie varie, ma cominciarono anche loro a sentirsi male. A novembre ebbero la buona notizia che i missionari di Delen erano al campo di Boga, non molto lontano e mandarono Marietta Combatti a portare loro aiuto. Al suo ritorno raccontò quello che era accaduto a Delen e della morte dei tre missionari. A dicembre p, Losi si ammalò di peste e morì il 27 dello stesso mese. Aveva 44 anni. Dal diario di Suor Teresa si sa che lo seppellirono a soli due metri dalla loro abitazione. Dentro le mura del forte la vita non poteva continuare e i soldati stremati si arresero alle forze del Mahdi.

Il 19 gennaio 1883 la città capitolò e momenti terribili seguirono. Le case furono messe a fuoco e fiamme, la gente fu torturata così da confessare dove erano stati sepolti eventuali tesori. Entrarono nella casa delle Suore come lupi affamati, scavarono anche dove era stato sepolto p. Losi alla ricerca di cose di valore. Ai missionari fu imposto di diventare musulmani o morire. La loro reazione fu la stessa dei missionari di Delen. A parte p. Rossignoli e fra Locatelli i quali, ahimè, pronunciarono la fatidica frase “Allah è l’unico Dio e Maometto è il suo Profeta” gli altri scelsero tutti la morte. La scelta fatta da p. Rossignoli non gli impedì di soffrire tutte le sofferenze degli altri missionari, e Suor Corsi ebbe l’ardire di dire ai soldati “ Voi siete cani, non soldati”. Fu picchiata e lasciata a terra sanguinante. Gli abiti delle Suore furono strappati, i loro oggetti religiosi portati via e furono picchiate a sangue.

Dopo due giorni di questo inferno furono portate dal Mahdi al campo di Boga. Era il 21 gennaio 1883, e dopo essere state interrogate a lungo, cercarono di persuaderle a convertirsi all’Islam. Furono poi portate con gli altri missionari di Delen e grande fu l’emozione nel ritrovarsi tutti assieme. Erano contenti di essere di nuovo un gruppo ma tristi perché le loro condizioni erano veramente disastrose “Come scheletri ambulanti.” scrisse uno dei sopravvissuti.

Dopo circa tre settimane di permanenza al campo un incendio distrusse quasi tutte le capanne del campo inclusa quella dei missionari. Adesso non rimaneva loro nulla. Il signor Strambulie venne di nuovo in loro soccorso e fece costruire due piccole capanne. Per poter sopravvivere si dettero tutti da fare, chi intrecciava cesti, chi cuciva, etc.., qualsiasi cosa per poter vivere. Fu in quel periodo che p. Bonomi bruciando delle ossa e mischiando la polvere con della colla riuscì a ottenere un liquido che usò come inchiostro. Scrissero delle lettere a Khartoum ed anche le preghiere comuni che erano troppo difficili da tenere a mente. Le preghiere comuni furono un modo di alleviare le loro pene nell’unione con il Signore. Si confessavano spesso e apprezzavano molto la vicinanza l’uno dell’altro.

Le Suore per la maggior parte del tempo restavano all’interno delle capanne per paura di essere insultate dai soldati, ma i Padri uscivano, anche se sorvegliati dagli arabi e battezzavano quei bambini in fin di vita o riconciliavano con la Chiesa quei Cristiani provenienti dal medio Oriente che avevano abbandonato la Fede abbracciando l’Islamismo.

I missionari videro balenare pallide speranze di liberazione. A giugno del 1883 si venne a sapere che truppe guidate dal generale Hicks marciavano verso il Kordofan, ma il 4 novembre quando finalmente sferzarono l’attacco le truppe furono distrutte dall’armata del Mahdi e la situazione dei prigionieri peggiorò. Suor Teresa Grigolini riuscì ancora a mandare loro notizie a Khartoum. Biglietti scritti su piccoli pezzi di tessuto bianco, non c’era carta. Esortò la gente di Khartoum di lasciare la città e di rifugiarsi i Egitto perché le forze del Mahdi sarebbero presto arrivate alla Capitale.

Nel dicembre 1883, Marietta Combatti riuscì a recarsi a Khartoum portando messaggi al Governatore e all’arrivo scoprì che i missionari, erano tutti andati via l’11 dicembre. I missionari presenti nella missione allora erano, P. L. Hanriot, i Fratelli C.P. Santoni, Domenico Donizzoni, le Suore Giuseppa Standola, Vittoria Paganini, Matilda Lombardi e Fortunata Zanoli, solo fratel Polinari era rimasto. Di ritorno a El Obeid, Marietta portava viveri per i suoi compagni, ma gli arabi rubarono tutto quanto essa aveva.

Nel marzo 1884, il signor Strambulie che non aveva più fiducia nel Mahdi e aveva difficoltà a tirare avanti, decise di scappare ed invitò i missionari ad unirsi a lui. Le loro speranze crebbero, ma furono di nuovo sottoposti a sofferenze. Il messo del Mahdi li raggiunse, e ordinò loro di seguirlo fino alla casa di Abdullahi. Iniziò così un nuovo e più atroce martirio. Ad ogni loro rifiuto di diventare musulmani venivano brutalmente torturati. Un giorno Abdullahi disse loro apertamente che non li avrebbe uccisi, sapendo che era quello che desideravano, ma li avrebbe fatti soffrire … e soffrirono veramente molto.

Furono dapprima separati. La separazione serviva per spezzare le loro forze. Suor Teresa, Suor Concetta e Suor Maria furono mandate presso altri gruppi di donne ed uomini da torturare, furono torturate brutalmente prima di essere date come schiave a tre delle mogli dei generali del Mahdi. Era il 1 aprile 1884. Anche gli uomini furono separati: P. Rossignoli e Fratel Regnotto furono mandati ad El Obeid mentre p. Bonomi p. Ohrwalder e Fratel Locatelli, dopo essere stati torturati furono separati e mandati come schiavi del Califfo ad un nuovo campo.

Il 5 aprile del 1884, il Mahdi dette ordini di spostare l’intero campo a Rahad oltre El Obeid (circa 650 chilometri da Khartoum). Fu un’esperienza terribile per la nostra gente, separati, schiave delle mogli del Califfo. È incredibile come possono essere sopravvissuti a tale prova. Suor Concetta Corsi, in particolare era alla mercé di una donna malvagia. Quando cominciò il viaggio verso Rehel fu costretta a camminare scalza attraverso il deserto e si ridusse talmente male che pregò la sua padrona di lasciarla morire smettendo così la sua agonia. La moglie del Califfo, però, fece legare Suor Corsi ad un cammello e la fece trascinare. Dopo un pò di tempo la donna la abbandonò. Era notte. Un uomo le andò vicino e la suora cominciò a piangere. Altri uomini volevano abusare di lei,. Per sfuggire loro chiese di essere portata davanti al Mahdi dicendo “Voglio essere portata dal Mahdi per recitare la formula”. Al suo cospetto, però disse che non aveva nessuna intenzione di abbracciare l’Islam. Il Mahdi replicò che la formula sarebbe lentamente entrata nel suo cuore. “La trattò bene”.

Le tre Sorelle rimaste nella casa di Abdullahi, Suor Caterina, Suor Elisabetta e Suor Fortunata non ebbero sorte migliore. Suor Fortunata, essendo sudanese, fu la prima ad essere presa di mira e torturata, quasi in fin di vita, lasciata agonizzante finché fu ordinato di portarla davanti al Mahdi. Fu torturata in innumerevoli modi e lasciata per morta. Il peggiore trattamento fu riservato a Suor Elisabetta; lasciata legata ad un albero tutti pensarono che fosse morta. Fu poi portata dal Mahdi su una barella avendo perso conoscenza.

Il 17 aprile 1884 le Suore furono di nuovo riunite ma erano in un tale stato che solo guardarsi l’un l’altra era doloroso. Alcune di loro erano sfigurate da tagli e ferite orrende. Dalle “memorie” di Suor Teresa Grigolini possiamo leggere ciò che accadde. Ricorda il fervore di ciascuna di loro all’inizio del loro cammino verso il Calvario, come le parole del Fondatore le aiutavano a continuare, come l’idea di dare le loro vite per Cristo sulla Croce fosse un piacere.. si sarebbero confortate e aiutate fra di loro. Ma di notte, specialmente quando erano sole … senza una stella nel cielo.. la morte tanto agognata non veniva; continuava, invece, la loro angoscia. Una volta di nuovo insieme, la preghiera veniva facilmente alle loro labbra e nel loro cuore come un tocco ristoratore del Signore. “Iniziammo una Novena al Cuore di Gesù … -scrisse Suor Teresa – avevamo tanto bisogno di forza per affrontare la prossima Stazione della Croce che avremmo dovuto presto incontrare”.

Furono di nuovo chiamate dal Mahdi. Questa volta fu gentile con loro, tanto che pensarono che sarebbero tornate in patria, invece il Mahdi disse che per la loro protezione avrebbero dovuto sposarsi.

Furono istruite quotidianamente da un catechista sull’Islam. Le suore erano angosciate. Se solo avessero avuto uno dei padri vicino per chiedergli cosa fare! Il signor Slatin l’ex Governatore austriaco del Kordofan, anch’esso prigioniero venne in loro soccorso. Suggerì che fingessero matrimoni con greci e siriani del campo; suggerimento che era l’unica alternativa a diventare concubine del Califfo. Era la legge mussulmana che impone che nessuna donna deve essere indipendente. Il signor Slatim convinse le Suore e prese accordi per far celebrare i matrimoni davanti al Califfo mandato dal Mahdi. Le suore furono di nuovo divise: Suor Teresa Grigolini, Suor Fortunata Quascè e Suor Caterina Chincarini andarono a tre greci che accettarono il ruolo di “marito”. Suor Concetta Corsi, fu data a Fratel Isidoro Locatelli. Suor Elisabetta Venturini e Suor Maria Caprini erano troppo malate per potersi sposare e fu loro permesso di andarsene. Suor Elisabetta con Suor Concetta e Suor Maria con Suor Teresa. Era l’8 maggio 1884.

In agosto 1884, il Mahdi espresse il desiderio di spostarsi a Khartoum a circa 650 chilometri di distanza, convinto di poter sconfiggere le truppe di Gordon Pasha. Dette ordine di spostare l’intero campo da Rahad a Khartoum. Prima di partire il Mahdi mandò i padri Bonomi e Ohrwalder a El Obeid con padre Rossignoli e Fra’ Regnotto. Fra’ Locatelli e le Suore andarono a Khartoum. Era l’8 agosto quando iniziarono il viaggio e raggiunsero Omdurman, nei pressi di Khartoum il 23 ottobre 1884; tre interi mesi di viaggio allucinante attraverso il deserto. Nel frattempo Suor Teresa ricevette notizie da Assouan. Padre Speeke informava i missionari che si stava preparando la loro fuga. Suor Teresa informò il Padre che scappare sarebbe stato impossibile perché erano sempre sotto stretta sorveglianza. Lo informò anche dei missionari che erano stati rimandati ad El Obeid.

Il 26 gennaio 1885, Khartoum cadde nelle mani del Mahdi che si stabilì in Omdurman. Il battaglione inglese fu sconfitto e sia Gordon che Wilson uccisi. Il Mahdi quindi pensava euforicamente di poter arrivare fino alla Mecca, ma, dopo il suo arrivo a Khartoum malattie e carestie si sparsero attraverso l’intero Sudan.

Nessuno mai saprà ciò che dovettero sopportare, l’intensità della sofferenza delle sorelle e fratelli nei lunghi anni fra gennaio 1885 e settembre del 1898 quando furono finalmente liberati. Le loro memorie, diari, lettere e relazioni possono solo darci un’idea dell’angoscia da loro provata.

Il 4 giugno 1885, qualcuno riuscì ad arrivare fino ad El Obeid a liberare p. Bonomi. L’uomo non poteva portarsi dietro più di un prigioniero e dopo molte titubanze dovette abbandonare gli altri tre, p. Bonomi accettò di andare con lui promettendo di fare il possibile per liberare tutti.

Il 22 giugno 1885, il Mahdi morì. Il suo successore era il suo vice Abdullahi che era ancor peggio del Mahdi.

Il 7 ottobre 1885, tentarono di scappare di nuovo, questa volta da Omdurman. Furono scelte per questa impresa Suor Fortunata Quascè e Suor Maria Caprini. Fu molto rischioso e difficile ma arrivarono sane e salve al Cairo il 9 novembre 1885.

Nel frattempo la vita al campo divenne ancora più insopportabile. Fame, malattie, nessun che andava in loro aiuto, i mesi passavano e neanche p. Bonomi si faceva più vivo. Le Suore ebbero la sensazione di essere state abbandonate. Era dura anche per i “falsi” mariti che si aspettavano aiuto, anche loro dalle missioni. Suor Concetta Corsi ebbe la peggio. Fratel Locatelli ne abusò, lei rimase incinta, e lui la abbandonò.

Il 28 marzo 1886, i tre missionari di El Obeid arrivarono al campo di Omdurman e il 25 aprile si incontrarono con le suore. Questo incontro portò un raggio di luce nelle loro vite, ma una volta di nuovo tutti uniti ebbero la sensazione di essere stati abbandonati da tutti, anche da Dio. Suor Teresa si rivolse ad un ufficiale al Cairo, un cero signor Messedaglia la di cui figlia era prigioniera anch’essa nel campo. Era convinta che né i missionari al Cairo ne quelli di Verona si curavano di loro. Chiese all’uomo di mettersi in contatto con la sua famiglia a Verona per ottenere un aiuto. Nel 1887 Messedaglia andò a Verona e le notizie che portava aggiunsero dolore e sconforto sia ai missionari in Egitto che alla Casa madre di Verona da dove seguivano attentamente l’evolversi della situazione ed anche mandato innumerevoli aiuti. Il campo però era impenetrabile e nessun aiuto arrivò mai ai missionari. Mesi ed anni passavano lentamente e dolorosamente. Alla fame e malattie che imperversavano nel campo si aggiunsero anche la violenza. Gli arabi sospettavano degli uomini che avevano accettato di far finta di diventare mariti delle suore e uno di loro, Cocorempas, fu minacciato di essere portato davanti a Abdullahi se non pagava per mettere la cosa a tacere. L’odio stava aumentando. Gli arabi fanatici adesso stavano per mettere le suore e i loro “mariti” alle corde. Minacciarono di portare le suore all’harem del califfo e di fare decapitare gli uomini. Padre Ohrwalder intervenne e pregò Suor Teresa di sposare veramente Cocorempas e salvare, in questo modo le altre suore ed i loro falsi mariti. L’angoscia di Suor Teresa è profondissima: “Piansi per un anno intero pensando che anche il Signore mi avesse tradita …”. Era settembre del 1890.

Fr. Polinari, che era rimasto a Khartoum con i missionari, l’11 dicembre 1883, si riunì ai nostri prigionieri nel campo di Omdurman e il 27 1890, confortato da p. Ohrwalder e le Suore morì all’età di 54 anni.

Nel 1891 ci fu un’epidemia di tifo. Suor Concetta Corsi, sola dopo la morte del suo bambino, abbandonata da fr. Locatelli, viveva assieme alle Suore e aiutava i malati. Lei stessa contrasse il morbo e morì il 3 ottobre 1891 all’età di 37 anni. La via del Calvario per coloro che rimanevano non era ancora finita.

Alla fine di ottobre si aprì un altro spiraglio. Qualcuno venne a liberare i prigionieri,ma non era in grado di portarli via tutti. Furono liberati p. Ohrwalder e le suore Caterina ed Elisabetta. Suor Teresa rimase da sola! Dopo la fuga coloro che rimasero furono duramente puniti, Teresa fu messa in prigione con suo marito assieme a p. Rossignoli e fr. Regnotto.

Era il 29 novembre il giorno in cui P. Ohrwalder e le due suore riuscirono a scappare dal campo dei prigionieri. Arrivarono in un luogo sicuro il giorno della festa della Immacolata Concezione, l’8 dicembre.

Per coloro che rimasero prigionieri il calvario continuava. Fr. Regnotto, incapace di continuare a vivere nel campo in quelle atroci condizioni formò una famiglia. P. Rossignoli fece del suo meglio per essere di aiuto dove poteva. Teresa era l’angelo del campo. Molte persone si rivolgevano a lei per aiuto. “Tutti sapevano che io ero una suora” scrisse nelle sue memorie.

Tutto ciò durò fino al 2 settembre 1898 quando l’esercito anglo egiziano a seguito del generale Kitchener sconfisse le forze del Mahdi e liberò tutti i prigionieri di Omdurman. Nell’ottobre del 1899 p. Ohrwalder, accompagnato da P. L. Banholzer rientrò a Omdurman “salutato con entusiasmo da tutti i suoi amici”. Da quel giorno ebbe inizio lo sviluppo del quale siamo noi adesso testimoni. Come figli indegni, dopo oltre un secolo di sofferenza, sì ma anche di successi, i missionari di oggi lavorano per realizzare i sogni di quegli impavidi pionieri Knoblecher Comboni.

Padre Johann Dichtl, profeticamente, scrivendo a proposito della desolazione delle guerre Mahdi termina il suo libro Der Sudan (Graz, 1884), con queste parole: “Possa Dio portare presto la pace ai popoli del Sudan.. Possa Egli dar loro la Sua benedizione, affinché dal dolore del presente possa derivare un futuro migliore … e che lo Stato e la Chiesa possano equamente portare a termine la loro missione per la civilizzazione del Sudan”.

Questa è stata una vera storia di Martirio!. le figli ed i figli di Comboni provarono di aver acquisito appieno lo spirito del loro Fondatore. Il suo amore per Cristo e lo zelo per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Si potrebbe pensare che la missione nel Sudan allora fosse stata un fallimento ma non è per niente vero … fu il seme che si disfa nel suolo per dare molti frutti

Non appena fu possibile tornare nel Sudan, infatti, P. Ohrwalder si recò a Khartoum per vedere di trovare un posto dove istituire una nuova missione, Nell’ottobre del 1900 due suore erano già tornate a Khartoum per continuare l’opera.. come disse il Fondatore: “Io muoio ma il mio lavoro continuerà”.

Alcuni commenti

C’erano diverse ragioni per spingere i seguaci del Mahdi a combattere per liberarsi dal dominio Turco:

  • La violenza dell’Egitto sia nella conquista come nel dominio del Sudan, fu oltre misura;
  • Eccessive tasse;
  • L’abolizione dello schiavismo nel 1877, privava i capi mussulmani del commercio più redditizio di allora;
  • Degradazione morale;
  • L’imposizione di Cristiani come capi o Amministratori (solo un mussulmano può guidare i musulmani));
  • Il declino dell’autorità dei capi egizi chiamati “Khedivè”;
  • Il fatto che alcune potenze europee cristiane avevano occupato nazioni islamiche;
  • L’emergere della eccezionale personalità di Mohammed-el-Mahdi, al quale si attribuivano tre qualità:
  • Egli era L’Imam: il capo dei veri musulmani che è un gruppo mistico dell’Islam prevalente nel Sudan.
  • Il successore di Mohammed, il Fondatore dell’Islam; si presentava così dicendo di essere colui che avrebbe riportato l’Islam al suo ruolo primario nella società islamica.
  • Egli era il Mahdi, il profeta designato a venire prima della fine del mondo.

Non solo asseriva di essere il padre dell’indipendenza del Sudan, e riformista, ma l’immagine stessa di Mohammed, il Fondatore dell’Islam, che gli era sempre accanto: era il suo ultimo ambasciatore.

  • Fece introdurre il suo nome nella formula tradizionale per la professione della fede che risale al Fondatore.

“Io professo che non c’è altro Dio oltre Allah, professo che Mohammed è l’ emissario di Dio e che Mohammed Ibn Abd Allah è l’emissario di colui che ha mandato.”

  • Se qualcuno non crede in lui, e così facendo rigetta l’inviato di Dio: è automaticamente un infedele.
  • Tutte le altre religioni preesistenti nel Sudan sono proibite; la sua è l’unica ammissibile, l’unico movimento islamico che insegni l’autentica sottomissione ad Allah – tutti gli altri movimenti islamici sono illegittimi e tutti i seguaci delle altre religioni sono infedeli.

I Copti Cristiani e gli Ebrei di Khartoum, ufficialmente pronunciarono la professione di fede di Al-Mahdi e seguivano anche le preghiere nelle moschee, ma privatamente praticavano le loro proprie religioni.

Terminato la Mahdiyah, ognuno ritornò alla sua religione d’origine, rafforzati dalle traversie passate.

Padre Camillo Ballin, esperto conoscitore del Mahdi sostiene che:

“Il Corano accetta l’esistenza di monoteisti. Come per esempio, ebrei e cristiani che praticano la loro religione in nazioni islamiche, fintanto che obbediscono alle autorità politiche musulmane. Questo non fu permesso dalla Mahdiyah, e quindi questo movimento deve essere considerato al di fuori della dottrina islamica.” (cfr. Il Cristo e il Mahdi, Una comunità Cristiana nel suo contesto Islamico. EMI Bologna 2002).

1 Aldo Gilli Storia dell’Istituto missionario Comboniano 1881-1885 p. 10.

2 Suor Elisa Pezzi, L’Istituto Pie Marie della Nigrizia 1881 – 1901, p. 6

3 A. Gilli ib. p. 9

4 A. Gilli ib. p. 6

5 A. Gilli ib. P. 9

6 A. Gilli, p. 22

7 A. Gilli, ib. P. 23

8 A. Gilli, ib. P. 57

9 A. Gilli, ib. P.83

10 A. Gilli, ib. P. 87

11 A. Gilli ib. p. 172. Per quanto concerne tutto questo capitolo vedere anche il testo recente (Comboni en el Corazon del la Misson Africana.- 1993 di p. Fidel Gonzales pag. 429-448. Editorial Mundo Negro.

12 Vedere p. F. Gonzales ib. Pag. 480-494

13 Suor E. Pezzi ib. Pagine 310-313

14 F. Gonzalez, ib p. 525

15 F. Gonzalez, ib p. 520

16 F. Gonzalez, ib p. 526-528

17 P. P. Chiocchetta, Daniele Comboni “ Scritti per l’evangelizzazione dell’Africa, “ p. 175.

18 A. Gilli ib. P. 175.

19 Sussidi per il Capitolo 1969, n. 9 Riunione con i Figli Missionari del Sacro Cuore (MFSC)

20 F. Gonzalez in Bollettino n. 129, pagine 18-22.

21 Vedere Bollettino 2 marzo 1928

22 Mons. Grancelli: Mons. Daniele Comboni, Missioni Africane Verona, 1922.

23 Nigrizia, maggio 1895.

24 Positio p. XV-XVI

25 Positio p. 1346

26 Bollettino, n. 15, 1937.