MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
Storia dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù
PARTE SECONDA
Gli eventi più significativi della vita di Comboni
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CAPITOLO PRIMO
Comboni dal 1831 al 1872
Dal 1831 al 1859
Daniele Comboni nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda, Italia settentrionale. Il giorno seguente fu battezzato con il nome Antonio Daniele, ma preferiva essere chiamato Daniele soltanto. Suo padre, Luigi e sua madre Domenica ebbero otto figli; solo Daniele visse tanto a lungo da arrivare alla età di 50 anni. Il 20 febbraio 1843 fu ricevuto a Verona dal servo di Dio P. Nicola Mazza il quale avviò Daniele al sacerdozio e alla vita missionaria nel suo stesso Istituto.
All’età di 17 anni, benché sicuro della sua vocazione al sacerdozio, desiderava ardentemente dedicarsi alle missioni nell’Africa Centrale. Il suo primo contatto con il lavoro missionario della Chiesa fu la lettura della vita dei martiri giapponesi scritta da S. Alfonso Liguori. Egli stesso raccontò questo fatto l’anno successivo:
“Fu nel gennaio 1849 che studente in filosofia, nell’età di 17 anni io giurai ai piedi del mio venerato Superiore D. Mazza di consacrare tutta la mia vita all’apostolato dell’Africa Centrale, né mai venni meno colla grazia di Dio per variar di circostanze al mio voto; e da quel punto non ad altro intesi che ad apparecchiarmi a così santa impresa”
(Daniele Comboni, Scritti n. 4083)
Di conseguenza si orientò verso il suo futuro apostolato. Fra le altre cose studiò l’arabo, l’ebraico, lo spagnolo, il francese e l’inglese.
Fu ordinato sacerdote il 31 novembre 1854 e si dedicò alla cura di coloro che erano malati di colera, ottenendo per questo, pubblico encomio dalle autorità civili.
L’anno decisivo per la sua vita missionaria fu il 1857, tre anni dopo la sua ordinazione. Al termine di un ritiro (9 agosto) P. Giovanni Marani degli Stimmatini lo rassicurò dicendogli che aveva certamente una vocazione missionaria per l’Africa.
Con apostolico coraggio si accinse alla dolorosa separazione dai suoi genitori i quali sarebbero rimasti a casa, poveri e soli. Partì per l’Africa il 6 settembre come membro della spedizione dell’Istituto Mazza.
La spedizione si fermò per lungo tempo in Egitto e Comboni ne approfittò per fare un pellegrinaggio in Terra Santa (29 settembre – 16 ottobre) dove visitò i luoghi dove Cristo era vissuto e morto. Fu questo contatto con l’umanità di Cristo che ingrandì e rivelò il Suo amore umano e lo rese ulteriormente consapevole delle necessità umane dei popoli dell’Africa Centrale.
La spedizione partì dal Cairo agli inizi del 1858. Incontrarono Mons. Knoblecher ad Assouan che disse a P. Beltrame:
“Vi raccomando la Missione veronese, della quale sei responsabile. Vi sono già state date le vostre destinazioni, Voi e i vostri compagni sarete i ben venuti alla Santa Croce. Rimarrete là per un po’ di tempo per esplorare il territorio, prendere nota delle usanze e degli abitanti, e studierete la loro lingua. Sceglierete quindi un luogo idoneo alla fondazione della Vostra missione … non so se ci rivedremo mai più. Sono sfinito. Sento che morirò presto.”
(mons. M. Grancelli, D. Comboni, pagine 31-32)
Il suo presentimento si avverò. Stremato ed ammalato Knoblecher morì a Napoli il 13 aprile 1858, aveva solo 38 anni.
Come abbiamo già visto, dopo un interminabile viaggio lungo il Nilo, Comboni raggiunse la Missione di Santa Croce nel cuore dell’Africa il 14 febbraio. In questo luogo, con tutta l’intensità del suo fervore apostolico ebbe il primo incontro con il mondo africano.
Non molto tempo dopo iniziò a soffrire di forti attacchi di febbre i quali spesso lo portavano vicino alla morte e dovette quindi tornare a Verona nel giugno del 1859.
Dal 1860 al 1864
Questo periodo fu di riflessione e analisi, di pensieri ricorrenti della sua esperienza missionaria e delle molte morti che avvenivano, dell’apparente impossibilità per gli europei di vivere e lavorare nell’Africa Centrale. Fu a causa della sua disponibilità alle missioni che Don Mazza dette a Comboni il compito (26 settembre 1860) di andare ad Aden a riscattare alcuni schiavi neri per portarli poi a Verona dove sarebbero stati accolti nei Collegi Africani che facevano parte dell’istituto. Passando da Roma (20 dicembre 1860) ebbe la sua prima udienza con Papa Pio IX. Il colloquio fu molto breve e Comboni gli chiese di benedire gli Istituti di Verona e naturalmente quelli africani. Lasciò il Papa con grande pace nel cuore.
Arrivò ad Aden (12 gennaio 1861) e dopo molte tediose formalità poté finalmente partire il 2 febbraio con sette bambini africani. Ebbe molte difficoltà in Egitto per il loro imbarco verso l’Europa, ma alla fine ce la fece. Queste difficoltà erano dovute al fatto che la schiavitù era stata di recente abolita: perciò Comboni dovette provare che non portava quei ragazzi verso la schiavitù. Arrivò a Verona il 18 marzo dove fece tutto il possibile per ché i ragazzi fossero accolti nel migliore dei modi.
Fu nominato Vice Rettore dei Collegi Africani appartenenti all’Istituto Mazza (18 marzo). E lavorò nell’istruzione degli africani per tre anni.
Data la sua posizione, ebbe occasione di recarsi in Germania dove prese contatti con la “Società di Colonia” istituita per il riscatto e cura dei bambini africani schiavi. Tutti i contatti avuti e riflessioni fatte durante quel periodo maturarono la sua vocazione all’Apostolato africano.
Fu infatti, nel 1864, mentre pregava sulla tomba di S. Pietro a Roma (15 settembre) all’inizio del Triduum in preparazione alla beatificazione di Santa Maria Margherita Alacoque, che concepì il suo “Piano per la Rigenerazione dell’Africa” che immediatamente presentò al Prefetto di Propaganda, Cardinale Alessandro Barnabò il 18 settembre, il giorno della beatificazione di Santa Maria Margherita, d a Pio IX il giorno successivo. Su suggerimento del Cardinale Barnabò, intraprese un viaggio attraverso l’Europa (Ottobre) per promuovere le missioni. Passando da Torino pubblicò (dicembre) la prima edizione italiana del “Piano”.
Dal 1864 al 1872
Dopo l’ispirata concezione del Piano, Comboni ritenne di aver ricevuto da Dio la responsabilità delle missioni africane. Si recò in tutta Europa, Francia, Germania, Inghilterra, per promuovere la sua opera e chiedere assistenza finanziaria.
Questo periodo di grandi successi ebbe anche il suo lato oscuro. Mentre era all’estero c’era stato il tentativo di espellerlo dall’Istituto Mazza. Con il cuore pesante Comboni si affrettò a tornare a Verona (giugno 1865) dove si ritrovò con P. Mazza il quale lo accolse come un figlio e lo mandò a Roma (25 giugno). Là, a nome dell’Istituto doveva chiedere una missione in Africa.
Nella ricerca di una missione per l’Istituto, Comboni tenne presente che il Vicariato dell’Africa Centrale era stato affidato ai Francescani responsabili del Vicariato d’Egitto. Si mise in contatto con il Superiore Generale dei Francescani il quale gli suggerì di parlare con P. Ludovico di Casoria. Comboni e P. Ludovico andarono a Roma presso Propaganda Fide per discutere il problema. Furono fatti i seguenti suggerimenti:
- Il territori ad est del Nilo dall’Egitto all’Equatore confinando con l’Etiopia all’Istituto di Don Mazza;
- Il territori a ovest del Nilo fino all’equatore e senza limiti ad ovest, ai Francescani.
Sembra che a P. Ludovico la divisione non andasse a genio, ed il viaggio fino a Scellal di Comboni e il Padre non approdò a nulla.
Nel 1866, inoltre, Padre Tomba, successore di P. Mazza, ufficialmente declinò di prendere alcuna responsabilità per la parte a loro assegnata. Si rese comunque disponibile a mettere a disposizione di Comboni alcune ragazze educate a Verona.
Comboni, non si disperò: si ricordò delle parole di P. Oliboni sul suo letto di morte: “Se solo uno di voi restasse, esso continuerà la missione”.
Comboni fu incoraggiato a continuare nel suo lavoro da una richiesta del Cardinale Barnabò di fargli avere un resoconto del viaggio in Egitto e a Scellal ed esprimere la sua opinione circa altri passi da intraprendere a favore del Vicariato.
Il suggerimento di Comboni fu di chiedere ai Francescani in Egitto di prendersi responsabilità per i territori della Nubia, per il resto, egli propose il suo piano.
Con l’avvallo del Cardinale Pietro Castellaci, Comboni decise di fondare la propria Società Missionaria con il patronato di Cardinale Ludovico da Canossa, Vescovo di Verona (come avremo modo di vedere più avanti).
Nota: J. H. Speke identificò le sorgenti del Nilo nel 1862.
IL PIANO
I punti salienti del Piano (dall’edizione di Venezia 1865)
Il Piano originale
Esso è contenuto nel “Riassunto del Nuovo Progetto dell’Associazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria per la Conversione dell’Africa presentato alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide da Padre Daniele Comboni dell’Istituto Mazza” (Roma 18 settembre 1864).
Non troviamo l’approvazione formale del Piano: infatti Cardinale Barnabò non presentò il Piano alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide, ma lo tenne a mente quando pensava all’Africa.
Papa Pio IX in una delle udienze fatte a Comboni precisamente quella del 28 ottobre 1865, disse a Comboni “Sono contento del Vostro interesse per la causa dell’Africa. Vai adesso a Parigi e introduci il Piano all’Opera Pontificia per la Propagazione della Fede. Poi il Cardinale Barnabò informerà tutti gli ordinari dell’Africa e firmerà il decreto di approvazione. Vi chiedo anche di pensare a come il Piano possa essere messo in pratica con la collaborazione di altre associazioni Missionarie”. (Sembra che in quell’occasione Comboni riuscì a mettere il Papa con le spalle al muro).
Il manoscritto di questo Piano è in possesso del nostro Istituto, come pure molti altri come il memorandum mandato alla Sacra Congregazione per L’Evangelizzazione dei Popoli (SCEP) il 24 ottobre1864, e le edizioni stampate come quelle del 1865.
Degno di nota è il “Piano per la rigenerazione dell’Africa proposto da Padre Daniele Comboni Missionario Apostolico dell’Africa Centrale” stampato a Roma dalla casa editrice di Propaganda Fide nel 1867. Qui non ha incluso il fatto di essere membro dell’Istituto Mazza: era un missionario Apostolico direttamente al servizio della Santa Sede.
Rimarchevole è la “Lettera e Postulato agli Eminenti Reverendi Padri del Sacro Concilio Ecumenico Vaticano per conto dei Popoli neri dell’Africa Centrale” (Festa del Sacro Cuore 24 giugno 1870). Fu presentato ai Padri del Concilio perché lo firmassero.
Settantuno Padri del Concilio lo firmarono (pagine 131-134). I documenti non poterono essere discussi a causa della guerra d’indipendenza in Italia. L’esercito Italiano occupò Roma il 24 ottobre 1870.
La Sacra Congregazione di Propaganda Fide, molto preoccupata,dovette arrendersi alla realtà dei fatti, e cioè la necessità di abbandonare l’importante missione dell’Africa Centrale, se non si fosse trovato un modo più efficace per convertire gli africani.
“Il cuore di ogni buono e fedele Cattolico, infiammato com’è dallo spirito dell’amore di Gesù Cristo, sarà sicuramente duramente colpito dall’idea abominevole di vedere la Chiesa sospendere, forse per molti secoli, il suo lavoro per le milioni di anime che languiscono nell’ombra della morte. Dunque la via seguita fino ad ora deve essere cambiata, il vecchio sistema deve essere rivisto ed un nuovo piano deve essere approntato che porterà più efficacemente alla meta desiderata. Questo servirà a rafforzare la virtù sovrumana dell’amore Cristiano, ed espellerà per sempre dalle menti dei filantropi cattolici il pensiero doloroso di lasciare quelle vaste e popolose regioni miscredenti, quando sono chiaramente le più bisognose e abbandonate del mondo” (P. 220)
Centro Operativo
“Su questo importante argomento diciamo a noi stessi: “Non sarebbe la conquista delle tribù della triste Africa meglio raggiunta stabilendo il nostro centro operativo in un luogo dove l’africano vive e non si muta e l’europeo opera e non soccombe?” Il nostro pensiero si è fissato su questa magnifica idea; e la rigenerazione dell’Africa da parte dell’Africa ci sembra essere l’unica via da seguire per portare a compimento tale abbagliante conquista. Questa è la ragione per cui, nella nostra debolezza, ci siamo umilmente permessi di suggerire la strada lungo la quale l’alta meta possa più probabilmente essere raggiunta. Su questa meta sarà accentrato ogni pensiero della nostra vita e per questo saremmo felici di spargere fino all’ultima goccia del nostro sangue. Non osiamo quasi, rispettosamente alzarci, umili quali siamo, per intraprendere una discussione di un problema così Cattolico, che ha, forse tormentato la mente dei migliori pensatori. Nondimeno, saremo perdonati se l’impulso del nostro cuore, dove sentiamo più profondamente il grido di misericordia diretto a tutti noi da quei poveri figli d’Adamo che sono nostri fratelli, dovesse distogliere la nostra mente dalla via della verità e della certezza. Forse il Piano, che splendé davanti a noi mentre piangevamo ardentemente per quelle povere regioni, quando implementato, non avrebbe il vantaggio di arrivare allo scopo più velocemente, mentre in altre missioni i lavoratori apostolici raccolgono i frutti del loro lavoro. Nonostante ciò, però, è verso questa meta che esso va senza tentennamenti, ad essere interamente seguito, necessita unicamente di aver meno giorni di quelli che Dio, seduto sul suo eterno trono, ha decretato per portare a compimento.” (P. 220 –221)
L’intera Africa
“Questo nuovo piano quindi, non riguarderebbe unicamente i vecchi confini della missione dell’Africa Centrale, ma piuttosto, includerebbe tutte le razze africane; di conseguenza estenderebbe e svilupperebbe la sua attività su la maggior parte delle nazione dell’Africa nera. Ora, benché la Santa Sede non abbia mai potuto impiantare la fede in modo permanente fra le grandi tribù dell’Africa Centrale, essa ha, comunque, profuso nella sua amorevole preoccupazione per le isole e le località costiere che circondano la grande penisola africana, e vi ha fondato dodici Vicariati Apostolici, nove Prefetture Apostoliche e dieci Diocesi che fioriscono più o meno splendidamente.” (P. 221)
Gli Istituti da istituire
“Il piano, quindi, che osiamo sottoporre e proponiamo alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide, sarebbe la creazione di innumerevoli istituti per ambi i sessi che circondano l’intera Africa. Questi sarebbero attentamente collocato alla minima distanza possibile dall’interno del continente, in luoghi sicuri ed abbastanza civilizzati, dove sia gli africani che gli europei potrebbero vivere e lavorare.
Questi Istituti per uomini e donne, ognuno situato e approntato secondo i regolamenti delle norme canoniche, ammetterebbero giovani uomini e donne africani allo scopo di educarli nella religione Cattolica e la civilizzazione Cristiana, creando in tal modo un gruppo per gli uomini ed uno per le donne, destinati, ognuno per proprio conto, ad avanzare gradatamente e spargersi nell’interno africano, e la piantare la fede e la civilizzazione che hanno ricevuto.
A dirigere questi istituti sarebbero chiamati gli Ordini Religiosi e Istituto Cattolici per uomini e donne, come approvato dalla Chiesa o riconosciuto o permesso dalla Sacra Congregazione di Propaganda.
Il personale dirigente di questi istituti istruirebbe gli studenti africani secondo le regole e lo spirito delle loro Società, appositamente adattati ai requisiti dell’interno dell’Africa.
Piccoli seminari per le missioni africane sarebbero fondati in Europa con queste finalità: addestrare gruppi di missionari europei per dirigere gli istituti africani come sopra descritto, incominciare nuove missioni fra i popoli africani, ed aprire la strada all’Apostolato africano per tutti i preti laici delle nazioni Cattoliche che potrebbero essere Chiamati da Dio a tale sublime ed importante missione.”
(P. 223-224)
Formazione adatta alla vocazione missionaria
“La formazione data ai giovani africani deve essere in armonia con le loro stesse idee e deve essere caratterizzata dalle seguenti mete: imprimere e piantare nella loro anima lo spirito di Gesù Cristo, l’integrità dei costumi, fede salda, i principi della morale Cristiana, conoscenza del catechismo Cattolico e gli elementi basilari dello scibile umano. Oltre a questo, a tutti gli uomini verrà insegnata l’agricoltura e una o più professione di primaria importanza; a ogni donna sarà ugualmente istruita nelle più necessarie delle attività femminili. In tal modo i primi diventeranno uomini onesti, virtuosi, ed attivi e le donne saranno madri e spose virtuose. Crediamo che questa applicazione attiva al lavoro, nella quale vogliamo che tutti gli istituti africani siano coinvolti, avrà una potente influenza per il bene morale e spirituale dei singoli africani” (P. 224-225)
“Da ognuno di questi Istituti che circondano la penisola africana, gruppi di uomini e donne verranno formati che a poco a poco si trasferiscono nell’Africa Centrale allo scopo di iniziare e consolidarvi il lavoro redentore del Cattolicesimo, e fondare stazioni missionarie dalle quali brillerà la luce della religione e la civiltà” (p. 225)
Formazione differenziata per gli uomini
“Il gruppo di giovani uomini africani, composto da coloro che sono stati giudicati più idonei per questa grande impresa sarà composto da:
- Catechisti ai quali verrà impartita una conoscenza generale delle sacre scienze;
- Insegnanti che saranno istruiti molto bene sulle più importanti scienze adattabili alle nazioni interne;
- Artigiani, ai quali verranno date conoscenze pratiche delle abilità più utili nelle regioni centrali, renderli contadini virtuosi e capaci, dottori, flebotomi, infermieri, farmacisti, carpentieri, sarti, conciatori di pelli, maniscalchi, muratori, ciabattini, e quant’altro.
Questo gruppo di artigiani diventeranno anche i buoni ed onesti commercianti che promuoveranno e parteciperanno alla vendita dei prodotti da loro fabbricati o coltivati e all’importazione di merci. Questo commercio gradualmente creerà ed introdurrà quella prosperità che innalzerà i neri dalla loro abbietta povertà ed impotenza alle condizioni delle nazioni civilizzate. Da tutti questi elementi della industria indigena saranno prodotti i mezzi materiali per mantenere e sviluppare le missioni Cattoliche nell’interno dell’Africa.” (P.225-226)
Formazione differenziata per le donne
“Il gruppo di giovani africane, similmente formate fra quelle che sono più idonee al grande scopo sarà composto da:
- Istitutrici, alle quali verrà data la più completa istruzione sulla religione e morale Cattoliche.
- Insegnanti e casalinghe che promuoveranno l’educazione femminile nella lettura, scrittura, contabilità, filatura, cucito, tessitura, la cura dei malati, e la pratica di tutte le abilità riguardanti l’economia domestica più utili nei paesi dell’Africa Centrale” (P. 221)
I sacerdoti
“Dalla classe dei catechisti formata da giovani africani, un gruppo sarà scelto composto da coloro che più si distinguono per la loro santità e conoscenza e nei quali sembra esserci la disposizione a diventare sacerdote. Essi saranno diretti verso il sacerdozio. Nell’istruire questo gruppo speciale, la grande mole di materie che obbligatoriamente vengono studiate in Europa verranno evitate. L’insegnamento si limiterà a quelle materie teologiche e scientifiche che sono di primaria importanza, tali da essere sufficienti per i requisiti e necessità di quei paesi.. Inoltre, data la veloce crescita fisica ed intellettuale degli africani, non vorremmo che questo addestramento si prolungasse ai 12 o più anni che sono normali in Europa. Consideriamo sei, otto anni sufficienti, secondo i casi” (P. 226-227)
Vergini della Carità
“Fra le giovani donne africane coloro che non sono attratte al matrimonio sarà similmente scelto il gruppo delle Vergini della Carità, formato da quelle che si sono distinte per la loro santità e nell’insegnamento pratico del catechismo, lingue ed attività domestiche”.
Università
“Per poter sviluppare i doni dei più dotati membri del clero indigeno, e per poterli addestrare come leader abili e illuminati delle comunità Cristiane dell’interno dell’Africa, l’Associazione a capo del nuovo Piano, man mano che il suo grande lavoro progredisce, fonderà quattro grandi università teologico – scientifiche nei luoghi africani più importanti.
In questi centri universitari, come pure in altri luoghi importanti nelle isole e lungo la costa africana, potrebbero essere approntati dei piccoli centri di specializzazione per l’artigianato. Questi sarebbero per i giovani artigiani africani più idonei all’istruzione avanzata. Così introducendo queste attività artigianali che migliorerebbero le condizioni materiali delle immense tribù africane, i missionari avrebbero meno difficoltà ad introdurre la fede in modo più profondo e duraturo.” (P. 224)
La “Novità” del Piano
Il “Progetto per la conversione dell’Africa” è presentato come “nuovo”.
Questa caratteristica di “novità” appare molto chiaramente nel brano che segue. “L’esperienza ha quindi chiaramente dimostrato che il sistema adottato sino ad ora, mentre si è dimostrato utile per la conversione degli atei in altre parti del mondo, è tuttavia improponibile per la rigenerazione dell’interno africano”, e Comboni parla delle sua personale esperienza.
L’originalità del progetto di Comboni è nell’urgenza e risoluzione con cui affronta un dilemma, la profondità del quale è illustrata dalle sue conseguenze: “La terribile idea di vedere la Chiesa sospendere, forse per molti secoli, il suo lavoro per così tanti milioni di anime che ancora languiscono nelle tenebre e l’ombra della morte”.
La novità è anche il fatto che il Piano “Mi è apparso nella mente come un fulmine” Questo ci lascia sorpresi per la sua sovrannaturale originalità.
Una lettera che scrisse da Roma al suo Superiore P. Nicola Mazza datata 20 ottobre 1864, eloquentemente rivela l’eccitazione dal quale nacque il “Nuovo Piano”: “Io credo che questo Piano sia opera di Dio, perché è sgorgato tutto d’un tratto il 15 settembre mentre stavo facendo il triduum alla Beata Margherita Maria Alacoque; e così il 18 settembre, il giorno in cui questa serva di Dio fu beatificata, il Cardinale Barnabò finì di leggere il mio Piano. Ci lavorai sopra per 60 ore consecutive”.
“Fu la provvidenza a guidare la mia mente ed il mio cuore”.
L’altro aspetto dell’originalità del Progetto consiste nel fatto che dall’ora in poi, la via che Comboni era chiamato a seguire era chiaramente segnata davanti a lui, la via per la quale sarebbe vissuto e morto donando tutto se stesso: “Nigrizia o morte!”.
La rigenerazione dell’Africa non si raggiunge unicamente tramite l’istruzione del clero locale e con l’istituire strutture ecclesiastiche come Chiese, Parrocchie o Diocesi. Il punto d’arrivo è la radicale trasformazione dei valori culturali che non sono in contraddizione con il Vangelo. In questo Comboni condivide i punti di vista di altri missionari ma è molto più pratico avendo un chiaro progetto dell’integra promozione della persona umana.
(vedere Gonzalez, Comboni: “En el Corazón de la Mission Africana” pagine 291-292)
Indicativo è quanto Mazza scrisse al Cardinale Barnabò da Verona, 3 febbraio 1865
(vedere Mons. Grancelli, pagina 83):
“A livello teologico, come dico, il progetto (il Piano di Comboni) mi piace, ma prevedo molte difficoltà ancora nel cercare di eseguirlo. Sentivo ed ancora sento di non esser assolutamente in grado di sconfiggerle e conquistare. Questa è la ragione per cui dissi a Padre Comboni che, da parte mia, non avrei osato promuovere tale impresa, ma che non avrei fermato lui dal farlo, in quanto non volevo oppormi a qualcosa per il quale lui si sentiva capace e entusiasta. Gli dissi di non agire come se avesse il mio incoraggiamento, ma piuttosto come se fosse separato ed indipendente da me. Se quest’opera dovesse iniziare, per grazia di Dio, io assieme al mio Istituto saremmo sempre pronti ad aiutare fin dove possibile…Tutto è possibile per Dio.. Questa è la ragione per cui Comboni non è più considerato membro del nostro Istituto”
Il Piano, inoltre non si riferisce soltanto all’Africa Centrale, ma a tutto il continente; include un richiamo a tutta la Chiesa di sentire le sue responsabilità per la conversione degli africani “I più poveri e più abbandonati” e per il loro sviluppo integrale.
Il “Postulato” inviato al Concilio Vaticano I
Con una lettera di accompagnamento Comboni spedì il documento che doveva essere discusso e avvallato dal primo Concilio Vaticano. Fu firmato da 71 vescovi, ma non poté essere discusso in quanto il Concilio fu interrotto.
Riportiamo qui il “Postulato” stesso. Le ragioni date e l’entusiasmo nella presentazione che scaturisce dalla lettera di copertura si comprendono dal testo del Piano.
“Postulato” al Sacro Concilio Ecumenico Vaticano per i Popoli dell’Africa Centrale:
“I Padri sottoscritti, con grande umiltà e fervide suppliche, implorano il Sacro Concilio Ecumenico Vaticano che, mentre guarda con attenzione a tutto il mondo, impietosito dalle necessità di tutti, si degni di rivolgere almeno uno sguardo di compassione all’Africa Centrale. Essa infatti è oppressa da mali gravissimi, supera in estensione più di due volte la superficie di tutta l’Europa e abbraccia cento milioni e più di figli di Cam, cioè, la decima parte di tutta l’umanità”.
“L’Apostolato cattolico ha fatto ripetutamente in ogni tempo degli sforzi grandissimi per far entrare l’Africa nella vera Chiesa di Gesù Cristo. Infatti gran parte delle sue coste fu occupata da molti Vicariati e Prefetture Apostoliche e da alcune Diocesi. Ma il Centro dell’Africa è ancora quasi del tutto inesplorato e sconosciuto e, benché la Sacra Congregazione di Propaganda Fide, specialmente nei tempi più recenti abbia ravvivato la sua sollecitudine per tale causa, tuttavia queste regioni dell’Africa Centrale languiscono ancora quasi abbandonate nella loro miseria, senza Pastore, senza Apostoli, senza Chiesa e senza Fede.”
“Di fronte a questa realtà, i Padri sottoscritti pregano con grande insistenza il Sacro concilio Ecumenico che si degni di persuadere i Vescovi, con una cortese esortazione e con un accordo, a procurare degni operai del Vangelo o qualunque altro aiuto a questa vigna abbandonata del Signore. E, se lo giudicherà opportuno, inviti con la sua solenne autorità tutto il mondo cattolico a soccorrerla, raccomandando la celeste e santa impresa e domandando l’aiuto efficace di tutto il popolo cristiano perché possa rifiorire”.
È di grande interesse notare con quanta passione Comboni scrive al Cardinale di Canossa su questo punto:
“Spero di partire da Alessandria il 1° di marzo, ed all’8 sarò a Roma. Ora che si sta discutendo sugli Affari del Rito Orientale e quindi delle Missioni Cattoliche, non sarebbe la circostanza opportuna perché ella si mettesse d’accordo col Card. Barnabò e con Mons. Delegato per alzare la voce in Concilio in favore dell’Africa Centrale, di 100 milioni di Negri che giacciono sepolti nelle ombre della morte? Non sarebbe un affare di grande rilevanza il proporre e discutere sul modo di conquistare alla Chiesa la decima parte dell’Umanità, che tanti sforzi di 18 secoli non hanno potuto guadagnare a Cristo? Non sarebbe questo il momento di fare un colpo di stato, e d’invocare i lumi della Chiesa, e l’appoggio di tutti i cattolici del mondo rappresentati dai Vescovi del Concilio, per avere in poco tempo uomini e denaro da stringere d’assedio la Nigrizia?
Ah! Monsignore e Padre mio! Mi sembra che sarebbe questo un argomento degno del Concilio. L’E. V. alzi la Voce e dica a Pio Nono: “Emitte, Beatissime Pater, vocem tuam, et renovabitur facies Africae”.(Parlate Beatissimo Padre, e il volto dell’Africa sarà rinnovato.)
Una parola del Santo Padre in Concilio, un’adesione dei Vescovi, sì, tutti i cattolici del mondo presterebbero attenzione, e butterebbero quattrini per l’Africa, e sorgerebbero Apostoli per la Nigrizia.
Si degni, Monsignore, di riflettere su questo pensiero, e abbia il coraggio di insistere, di pregare, di seccare tutti i R. mi Padri, e soprattutto il Cardinale Nostro Prefetto, e non li lasci fino a che non ha attenuto l’intento. La Sacra Famiglia, spero, farà questa grazia a me, ai miei compagni, ai nostri Istituti, che pregano per questo scopo quotidianamente.”
(Messaggio di Daniele Comboni n. 57)
Conclusione
Fu così quindi che Comboni realizzò la preghiera del moribondo P. Francesco Oliboni alla missione nella Santa Croce (26 marzo 1858)
“Fratelli, io muoio, e sono felice di morire, perché questo è il volere di Dio; ma non dovete perdervi d’animo per questo; non lasciate che le vostre risoluzioni si offuschino, continuate il lavoro che avete cominciato anche se rimanesse solo uno di voi, non deve darsi per vinto e capitolare. Dio vuole la conversione degli africani Io muoio con questa certezza nel cuore”
(Mons. Grancelli ib. P. 37).
Alla celebrazione del centenario della morte del Cardinale Lavigerie, fondatore dei Missionari dell’Africa, (Padri Bianchi) nel 1992, P. François Renault (MA) scrisse nel suo libro che il Piano di Comboni probabilmente ebbe una decisiva influenza sulle imprese Missionarie del Cardinale Lavigerie. (1825-1892)
Dopo aver spiegato il piano di Comboni e spiegato la ragione del suo motto “Salvare l’Africa con gli Africani”, l’autore fa riferimento all’incontro di Cardinale Lavigerie con Comboni a Parigi nel 1865. Poi scrive:
“Il piano di Comboni fu approvato dalla Santa Sede ed egli visitò un certo numero di nazioni europee alla ricerca di comunità religiose disposte ad eseguirlo. Fu durante una di queste visite che incontrò Lavigerie a Parigi nel 1865. Come Vescovo di Nancy, Lavigerie non era direttamente toccato dal piano di Comboni. Sembra, tuttavia, che questo ed altri incontri con Comboni, fecero una grande impressione su di lui. La sua idea dell’Algeria come “Il Portale dell’Africa” echeggia il piano: Istituti sulla costa africana da accogliere giovani provenienti dall’interno da poi rimandare a casa come evangelisti e civilizzatori. Anche Comboni stesso aveva suggerito Algeri come luogo idoneo per gli Istituti che aveva in mente. Una volta istallatosi in Algeri, Lavigerie non perse tempo nel far sua l’idea della “Rigenerazione dell’Africa da Africani.” Benché egli non abbia mai menzionato il suo incontro con Comboni, deve aver avuto grande interesse nel grandioso eppur realistico progetto che corrispondeva così bene alla sua stessa visione. “Interesse” è in effetti una parola troppo blanda. Il sogno fatto a Tours di un uomo dalla pelle scura che gli si avvicina per chiedere aiuto lo stimolò a prendere un impegno pratico.”
Più avanti nello steso testo l’autore accenna al principio del Cardinale Lavigerie, e cioè:
“I missionari, quindi, devono soprattutto essere degli iniziatori, pionieri, ma il lavoro duraturo può solo essere portato avanti dagli africani stessi, essendo essi diventati Cristiani e apostoli a loro volta. Ecco un’applicazione della formula che abbiamo già incontrato: la rigenerazione dell’Africa da parte degli africani. Comboni ne aveva parlato nel suo Piano per la Rigenerazione dell’Africa, un’opera che aiutò Lavigerie prendere coscienza della sua vocazione missionaria.” (pagine 175-176)
Inoltre. “il resoconto del Vicariato nel Sudan del sud di Comboni illustrava la tragica situazione molto chiaramente.” (P. 226)
Questa affermazione indica che l’interesse di Lavigerie nel commercio degli schiavi non ignorava gli appelli fatti da Comboni e la sua campagna contro lo schiavismo.