MCCJ
P. Tarcisio Agostoni
STORIA dei MISSIONARI COMBONIANI
DEL CUORE DI GESU
Testo:
PARTE PRIMA
PORTARE IL VANGELO NELLA VALLE DEL NILO
CAPITOLO SECONDO
Cristianità nella Valle del Nilo
Il Primo Millennio.
Durante le persecuzioni del Terzo Secolo (Decio 250, Diocleziano 289-305) molti Cristiani si rifugiarono nell’Egitto Meridionale. Per loro deve essere stato facile prendere contatti con gli abitanti della Nubia che vivevano fra Assouan e Khartoum. Atanasio, Vescovo di Alessandria dal 328 al 372, creò un vescovado a File a Sud di Assouan: conosciamo i nomi di sei Vescovi i quali occuparono la Sede fra il 325 ed il 543.
La crescita della Cristianità nella Nubia è dovuta all’influenza di Costantinopoli: nell’anno 529 l’imperatore romano Giustiniano, voleva mandarvi missionari. Sua moglie, Teodora, seguace dell’eresia Monofisita, lo anticipò e mandò il suo sacerdote, Giuliano, con un messaggio per il Governatore dell’Egitto Superiore. In questo messaggio lo minacciò di morte qualora permettesse il messaggero dell’imperatore di arrivare per primo nella Nubia (Regno di Nobatia).
Nel 580 DC l’intera Nubia era apparentemente Cristiana: il Re di Soba (Khartoum) scrisse in quell’anno al Re di Dongola: “Cristo è con noi”. Non è chiaro come ebbe luogo una così massiccia conversione, ma scavi archeologici effettuati nel 1960 nel deserto della Nubia suggeriscono che i Re di Nobatia (Nord), Makuria (Centro) e Alodia (Khartoum e le terre a sud di essa) furono convertiti per primi, poi seguiti dalla loro popolazione.
Le stesse scoperte archeologiche indicano una presenza Cristiana che durò un millennio fra il sesto ed il sedicesimo secolo. Furono trovate chiese costruite in uno stile tipico. Degna di nota fra queste chiese è la Cattedrale di Faras che si trovava a circa 300 km a sud di Assouan, con conventi, tombe con simboli Cristiani, 160 affreschi, 800 iscrizioni in lingue differenti (greco, copto, nubiano, arabo). Nella Cattedrale di Faras fu trovata una lista con i nomi di 27 Vescovi. Quando questi Cristiani nubiani vennero in contatto con i musulmani provenienti da Nord, furono gradatamente assorbiti dalla loro religione, come accadde in Nord Africa, come abbiamo già avuto modo di vedere. Una delle ragioni di questo dissolvimento è anche dovuta al fatto che i sacerdoti erano forniti dall’Egitto e non fu fatto nessuno sforzo di preparare gli indigeni al sacerdozio. La cultura locale, comunque mantiene alcuni usi e costumi che derivano dalla passata storia Cristiana (vedere Vantini, “Christianity in the Sudan”, pagine 206-208).
Gli Esploratori europei alla ricerca delle Montagne della Luna.
Claudius Ptolemy, un geografo del Secondo Secolo di Alessandria d’Egitto, era convinto che esistessero le “Montagne della Luna” le cui nevi nutrivano il lago dal quale sorgeva il Nilo. Non esiste nessun riscontro storico, tuttavia, che altri, a parte gli abitanti locali, abbia visto questa favolosa montagna e le sorgenti del Nilo fino al secolo diciannovesimo. Alcuni ritenevano che le sorgenti del Nilo si trovassero sul Lago No nel Chad o nell’Etiopia Sud Ovest.
Verso la fine del 18° secolo, il desiderio di esplorare l’interno dell’Africa divenne impellente per svariate ragioni: il commercio, la politica, curiosità, o soltanto spirito d’avventura. Possiamo suddividere questo periodo in tre fasi:
- 1788-1848. Un certo numero di associazioni furono formate, come quella di Sir Joseph Banks “per promuovere la scoperta delle parti interne dell’Africa”; o Società geografiche come quella di Parigi (1821), Berlino (1828), di Francoforte 1836) Pietroburgo (1845), Vienna(1856). Circa 500 esploratori persero la vita cercando di portare a termine queste esplorazioni, e per di più con scarsi risultati.
- 1848-1880. La maggior parte delle esplorazioni che ebbero successo furono portate a termine da gente come Livingstone, Stanley, Grant, Speke, ed altri inclusi i nostri stessi missionari fra i quali P. Angelo Vinco e P. Ignatius Knoblecher.
- 1880. Le potenze Coloniali europee fanno di tutto per potere controllare il continente. Nel 1884 le più potenti nazioni europee ad una conferenza che ebbe luogo a Berlino divisero l’Africa in sfere d’interesse che ognuna avrebbe controllato. Uno degli obiettivi più ambiti erano le sorgenti del Nilo.
Il Vicariato dell’Africa Centrale
Il tentativo di raggiungere l’Africa Centrale
In seguito a queste ricerche, anche all’interno della Chiesa cattolica si cominciò a parlare della necessità di portare il messaggio liberatore del Vangelo nel cuore dell’Africa. Vi abitavano 100 milioni di persone, si diceva, sfruttate da schiavisti e mercanti d’avorio
Nel 1844 un prete maltese si interessò alla regione: Annetto Casolani era Canonico della Cattedrale della Valletta che aveva viaggiato molto nei paesi arabi e si teneva informato su tutto quello che riguardava le esplorazioni, grazie alla sua conoscenza della lingua araba ed i contatti che aveva con le varie Associazioni britanniche. Dopo aver letto il libro scritto da I. Pallme “Viaggi nel Kordofan”, impressionato dalla crescita dell’influenza islamica fra i neri del Sudan occidentale, egli scrisse alla Congregazione di Propaganda Fide suggerendo di mandare una missione nell’Africa Centrale per contrastare l’avanzata islamica e con essa la schiavitù.
Korfodan e Sennaar erano giù perduti, ma non era troppo tardi per i Nubani, il Kodoro e gli Shilluk, sempre ché ci si muovesse con tempestività. Casolani aveva solo vaghe nozioni sull’ assetto del territorio ma suggerì di partire da Tripoli procedendo poi per Ghadames, il Lago Chad e Timbuktu. Chiunque sarebbe stato a capo di questa spedizione avrebbe dovuto “indossare abiti poco appariscenti, non portare simboli religiosi e far in modo che nessuno indovinasse quale era il suo vero scopo” (Questi suggerimenti si basavano sulle indicazioni che I. Pallme aveva dato agli austriaci.)
Il Cardinale Prefetto di Propaganda si interessò alla cosa, ed avendo richiesto dal Canonico Casolani ulteriori informazioni sulla missione, chiese al Prefetto Apostolico di Tripoli, in Libia, che cosa ne pensasse della proposta. Il Prefetto Apostolico approvò il piano e suggerì Timbuktu come base della missione.
Avendo sentito dire che anche l’arcivescovo Anglicano di Gibilterra si apprestava a mandare una missione da Tripoli nell’Africa Centrale, Propaganda Fide, il 26 gennaio 1846, istituì, senza ulteriori indugi, il Vicariato dell’Africa Centrale.
Confinava con i territori ecclesiastici di Tripoli ed Egitto a Nord, la Prefettura d’Abissinia ad est, si arrampicava su per le Montagne della Luna a Sud e arrivava fino al regno della Guinea ad Ovest. La frase “Il deserto e la così detta Africa Centrale” alla quale si fa riferimento si trovavano grosso modo fra i paralleli 8 e 16 ed i meridiani 4 e 15 ed includevano quelle che oggi sono Sudan, Uganda, Kenya, Tanzania, Burundi, Ruanda, la Repubblica Centro Africana, Nigeria e parti del Congo, Libia, Algeria, e Cameroon.
Il Vescovo A. Casolani
Il Canonico Casolani fu la scelta ovvia per Propaganda Fide come responsabile della missione. Quando ne fu informato, la sua prima reazione fu di dire che lui non era l’uomo adatto a questo lavoro. A seguito di ulteriori pressioni, accettò, ma aggiunse che se doveva guidare la spedizione voleva essere assistito da Gesuiti.
IL Superiore Generale dei Gesuiti, però declinò l’invito a partecipare al progetto dicendo di non avere né mezzi né uomini sufficienti, e soprattutto perché credeva che una Missione nell’Africa Centrale non avesse nessuna possibilità di successo. Ad ogni modo, disse, prima di prendere una decisione in merito, si doveva prima mandare una spedizione per vedere se la cosa fosse fattibile. Solo per quest’ultimo scopo era pronto ad offrire P. Maximillian Ryllo, a quel tempo Rettore del Collegio di Propaganda Fide.
Il 30 marzo 1846 Propaganda Fide elesse il Canonico Casolani a capo del nuovo Vicariato, contrariamente a quanto era di solito fare – e cioè affidare un territorio ad un Prefetto Apostolico, e, solo in un secondo temo quando la comunità Cattolica era già di una certa consistenza, ad un Vicario Apostolico, Vescovo. – fu immediatamente consacrato Vescovo, di modo che potesse avere ampi poteri decisionali senza dover continuamente far riferimento a Propaganda Fide. Il 24 maggio 1846 Casolani fu consacrato vescovo, gli fu chiesto di reclutare volontari da portare con se nella sua missione e di partire entro la prima settimana di gennaio 1847.
A marzo del 1847 Casolani si trovava ancora a Malta (nonostante le continue pressioni da Propaganda Fide di mettersi in viaggio per Khartoum), cercando di fondare a Malta un seminario per la missione, mentre aspettava le lettere di raccomandazione per le autorità egiziane e via discorrendo. Si risentì della continua pressione esercitata su di lui e fece notare che il suo piano originale era stato stravolto. Infatti Il territorio affidatogli, adesso includeva (probabilmente su richiesta di P. Ryllo) Kordofan, Darfur e Sennar – che Casolani aveva esplicitamente escluso dal suo Piano. Considerando i nuovi confini e nuove informazioni ottenute sul territorio, era stato deciso che Khartoum sarebbe stata la base; e per arrivarci sarebbero passati dalla Valle del Nilo.
Il 25 marzo 1847 dette le sue dimissioni come capo della missione, disposto, però, a prenderne parte come semplice membro del gruppo (ci andò più tardi, e in effetti, per le autorità, era lui il Superiore della Missione fu a lui che fecero tutti gli onori dati normalmente ad un Patriarca, titolo che egli aveva appositamente scelto).
P. Massimiliano Ryllo
Propaganda Fide accettò le dimissioni del Vescovo Casolani ed il 27 aprile 1847 nominò P. Ryllo capo della Missione con titolo di Pro Vicario. P. Ryllo era un sacerdote Gesuita Lituano che aveva già portato a termine missioni diplomatiche per conto della Santa Sede in Russia ed in Medio Oriente (dove le autorità egiziane avevano una volta messo una taglia sulla sua testa per aver aiutato gli abitanti del luogo a resistere all’occupazione egiziana), parlava diverse lingue incluso l’arabo. Il Superiore Generale dei Gesuiti, P. J. P. Rootmann, lo descrisse come uomo robusto, grande pensatore, pieno di coraggio e zelo, sempre pronto a buttarsi nelle imprese più pericolose e difficili per la gloria di Dio.
Avuto notizia della nomina di P. Ryllo come Pro Vicario, il generale dei Gesuiti scrisse a Casolani dicendogli che a P. Ryllo non doveva essere data nessuna responsabilità per tutto quello che concerneva il danaro. “Egli eminentemente odia tutte le cose terrene, ed il suo comportamento lo porta ad estremi che potrebbero avere delle conseguenze terribili.. cioè debiti e bancarotta”: Gli dette quindi un “angelo custode” per quanto riguardava il danaro in modo specifico, un suo confratello P. Pedemonte (i padri Pedemonte e Knoblecker erano stati mandati in Libano a studiare l’arabo).
Padre Ryllo si mise in viaggio per Alessandria con P. Pedemonte. Fu raggiunto là da due ex alunni del Collegio di Propaganda Fide anch’essi volontari per questo nuovo Vicariato, e che erano già stati nel Libano a studiare l’arabo: lo sloveno Ignazio Knoblecher e l’italiano Angelo Vinco. Quest’ultimo era un prete proveniente dal Collegio di Don Mazza di Verona. Poco tempo dopo arrivò anche Casolani. Siccome Muhammad Ali Pasha riteneva la presenza di missionari nell’Egitto Superiore cosa buona e si teneva in contatto epistolare con papa Gregorio XVI, egli non ostacolò in nessun modo l’avanzamento del gruppo lungo il Nilo (vedere Mc Ewan “A Catholic Sudan Dream”, P. 16). Dopo alcuni mesi trascorsi in Egitto, il gruppo salpa da il Cairo il 28 settembre 1847, e ritardati da Ryllo che era già molto malato di dissenteria, arrivarono a Khartoum l’11 febbraio 1848 (vedere Hill, “The Opening of the Nile Basin”, pagine 31-44).
Non furono I primi sacerdoti a mettere piede in Khartoum. Nel maggio 1842, un italiano, Luigi Montuori nato in Italia, ma proveniente dalla Francia, della Società di San Vincenzo de Paoli, fuggendo da persecuzioni in Etiopia, aveva aperto una chiesa ed una scuola cattolica nella città, ed aveva anche acquistato un piccolo appezzamento di terreno per un cimitero. Un confratello, P. G. Serao, lo aveva presto raggiunto dall’Italia. Nel 1844, però P. Montuori era ritornato in Etiopia, e poco dopo anche il suo confratello partì. P. Ryllo immediatamente comprò una grande casa con giardino (il rappresentante del governo francese a Khartoum aveva venduto la vecchia casa di P. Montuori. Quest’ultimo, appartenendo ad una Società di origine francese non l’aveva resa disponibile al nuovo arrivato “austriaco”) – e costruì una chiesa. Aprì una scuola per orfani ed ex schiavi, dando loro vitto, alloggio, e di cui vestirsi. Raccolse informazioni circa le prospettive apostoliche a sud di Khartoum (dette un resoconto molto ottimistico) – e così facendo usò tutto il danaro a sua disposizione!
Morì di dissenteria a Khartoum il 17 giugno 1848 lasciando P. Knoblecher come suo Vicario Generale.
P. Ignazio Knoblecher
La Santa Sede nominò Knoblecher, allora ventottenne, come successore di P. Ryllo.
a) P. Ryllo aveva chiesto al Vescovo Casolani di tornare a Roma con le notizie circa il progresso fatto e per recuperare la salute, e a P. Vinco fu dato il compito di reperire danaro. Fu in questa occasione che P. Vinco visitò l’Istituto di Don Mazza e tanto impressionò il giovane Comboni. La partenza di Casolani e Vinco lasciò la Missione con solo due sacerdoti, i Padri Knoblecher e Pedemonte. Per salvare la Missione il Superiore Generale dei Gesuiti mandò soccorsi – due preti, Padri Repetti e Zara e Fratello Olivio che arrivarono a Khartoum nel marzo del 1949.
b) Quando nel 1949 P. Vinco, tornò Knoblecher lo prese con se e con P. Pedemonte si misero in viaggio verso sud su di una barca presa a nolo, aggregandosi ad un gruppo di mercanti di avorio, alla ricerca di altri luoghi dove far sorgere missioni. Arrivò fino il villaggio Bari di Logwek, nelle vicinanze di Gondokoro, a circa 1000 miglia a sud di Khartoum e meno di 200 miglia dai confini dell’Uganda sul 4° parallelo Latitudine Nord. Nessun europeo era arrivato così lontano.
Inizialmente furono ricevuti dal Capo del villaggio, ma alla fine, a causa di stratagemmi adottati dai mercanti, perpetrati su istigazione delle autorità di Khartoum, non fu loro permesso restare e dovettero tornare a Khartoum.
Il viaggio convinse P. Vinco che le prospettive di evangelizzazione fra i Bari erano buone, ma sarebbe stato molto costoso e i missionari avrebbero dovuto recarsi là indipendentemente da mercanti e funzionari governativi.
c) Cercando appoggio in Europa, nel 1859 P. Knoblecher vi torno per una raccolta di fondi. Trovò gli Stati Papali nel bel mezzo di sommosse politiche e lo stesso Papa in esilio a Gaeta (nov. 1848- aprile 1850).Non essendo in grado di dare aiuti finanziari, Propaganda Fide suggerì di chiudere la Missione, almeno per il momento. Il pensiero generale a Roma era che la Missione di Khartoum era troppo costosa da mantenere e che nulla di buono ne sarebbe venuto fuori.
Knoblecher, comunque trovò aiuti in Austria. Chiese all’Imperatore di porre la Missione sotto la protezione del governo austriaco, come appendice della Missione egiziana.
Per protezione s’intende che il governo austriaco di norma chiedeva ai governi locali di garantire ai suoi protetti un passaggio senza incidenti e di sorvegliare sulla sicurezza personale dei missionari, controllare che non fossero molestati nel loro ministero e che i loro seguaci non fossero perseguitati per la loro fede. Faceva in modo inoltre, di non dover pagare dazi per quanto importato. I funzionari austriaci avrebbero curato gli interessi dei missionari nel paese dove soggiornavano, e avrebbe inoltrato danaro, corrispondenza e quant’altro, ricevuto per loro conto.
Il cardinale Massaia, forse a causa della influenza francese chiamò questa protezione la “austrificazione” della missione. Il console britannico a Khartoum, il sig. Petherick, si unì alla protesta asserendo che l’Austria usava i missionari per convertire il Nilo Bianco e farne una colonia Austriaca (vedere Smith, “Le Origini della Missione dell’Africa Centrale”, P. 139 – Idem. Mc Ewan, P. 44.).
La Protezione si manifestò inoltre attraverso l’Associazione Mariana, (“Marien Verein”)fondata da Knoblecher per il reclutamento di missionari e la raccolta di denaro. È ovvio, comunque che da quel momento le opinioni austriache dovevano essere prese in seria considerazione nella scelta del Superiore, e preferibilmente la maggior parte dei missionari avrebbero dovuto essere di provenienza austro – tedesca. Il Comitato centrale dell’Associazione, inoltre, doveva essere tenuto continuamente aggiornato su tutto quanto succedeva. Alcuni osservatori credettero di vedere in questa Protezione un’alleanza dissacrante fra la Chiesa ed il governo austriaco; però l’Austria non ebbe mai ambizioni coloniali sul Sudan, ed i missionari furono sinceramente grati per l’aiuto dato loro.
d) Alla Missione fu accordata la Protezione austriaca il 17 marzo 1851. Il Console austriaco in Khartoum, il barone Muller, il quale aveva messo in grave imbarazzo la Missione fu sostituito. La somma di 1.000 fiorini fu donata per liberare gli schiavi ed i Vescovi di tutte le province austriache furono invitati dall’Imperatore ad organizzare collette di danaro per la Missione.
L’associazione Mariana (“Marien Verein”), fu costituita lo stesso anno a Vienna provocando grande interesse da parte dei missionari. Aveva sedi nelle maggior parte delle province dell’Impero e pubblicava relazioni provenienti dalla Missione per i suoi “Annali”. I suoi membri erano fra i cinque ed i seimila, e durante i primi dieci anni della sua esistenza raccolse 387.432 Fiorini ma dopo questo periodo languì e declinò a causa delle molte morti tra i missionari e le poche conversioni. Nel 1872 Comboni cercò di ridarle vita e ricevette molti aiuti, ma dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1920/1921 l’Associazione scomparse in quanto l’Austria aveva perso il suo impero ed era diventata una piccola Repubblica impoverita.
Nuove Missioni nel Sudan Meridionale
a) La chiusura della Missione dovuta a mancanza di fondi e personale fu quindi evitata, e Roma nominò Knoblecher Pro Vicario il 13 agosto 1851. Ritornò a Khartoum nello stesso mese, accompagnato da cinque sacerdoti sloveni e diversi artigiani laici. Al loro arrivo tutti i Gesuiti furono richiamati dal loro Superiore Generale, e così ebbe fine l’intervento della compagnia di Gesù nel Sudan fino a non molto tempo fa.
Con il danaro raccolto in Austria Monsignore Knoblecher fu in grado di acquistare del terreno a Khartoum (parte del quale appartiene alla Chiesa Cattolica tuttora), la nuova nave “Stella Matutina”, e più avanti il terreno per la Missione di Gondokoro (1853) e Santa Croce (1854). Liberò anche un certo numero di schiavi. L’Associazione Mariana avrebbe anche pagato per il viaggio di andata e ritorno dall’Africa sia dei missionari che degli africani, elargendo anche sussidi alle famiglie dei missionari che ne avevano bisogno.
Con l’aiuto delle nuove reclute alla fine del 1852 Knoblecher si recò a sud e si unì a P. Vinco il quale nel gennaio1851 era tornato fra i Bari e si stava, proprio in quale momento, preparando a partire per andare ancora più a sud alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Padre Vinco, però. si ammalò mentre Knoblecher si trovava ancora là e morì fra le sue braccia il 22 gennaio 1853. (vedere Hill pagine 74-105).
Knoblecher tornò a Khartoum e nel 1858 fece un altro viaggio in Europa alla ricerca di fondi e personale, ma morì durante il viaggio a Napoli all’età di 39 anni (vedere Hill pagine 47-73).
Possiamo affermare che Knoblecher aveva anticipato il Piano di Comboni. Aveva intatti in animo di fondare una scuola per l’istruzione di catechisti a Khartoum, ed in Europa per i sacerdoti del luogo. In ognuna delle stazioni missionarie, i missionari dovevano istruire quei bravi giovani che erano disposti a cooperare con loro. Pensò di chiamare delle Suore per l’istruzione delle ragazze, ma non ebbe successo (vedere Mc Ewan pag. 34).
b) La Spedizione Don Nicola Mazza. Durante il suo viaggio verso l’Italia Mons. Knoblecher incontrò ad Assouan un gruppo di cinque sacerdoti ed un fratello provenienti dal Collegio di Don Mazza in Verona che stavano andando verso Khartoum. Fra di loro si trovava Daniele Comboni, allora un giovane sacerdote di 26 anni.
Don Nicola Mazza aveva fondato due collegi a Verona per l’educazione di ragazze povere (1828) e giovani intelligenti (1833) che non avevano mezzi per pagare la loro istruzione.
Aveva già dato ospitalità a degli africani nel suo collegio per ragazze a Verona e voleva aprire un collegio per ragazzi da qualche parte nel Sudan. P. Mazza era convinto, come altri suoi contemporanei, come P. M. P. Libermann e Beata Suor M. Javouhey che “Stava all’Africa salvare l’Africa” in quanto missionari europei non avrebbero mai potuto portare il Vangelo all’immenso territorio africano da soli. Avrebbero dovuto essere aiutati da giovani uomini e donne africani istruiti, la cui istruzione sarebbe avvenuta sulle coste del continente dove sia gli africani che i missionari si sarebbero sentiti a loro agio. I migliori di essi sarebbero stati mandati in Europa per ricevere un’istruzione superiore, specialmente quelli che desideravano diventare sacerdoti. Questi africani istruiti, a loro volta sarebbero andati all’interno, avrebbero istruito i loro fratelli e sorelle, aperte delle scuole e fondato nuove colonie Cristiane.
Dei due preti che si erano recati nel Vicariato dell’Africa Centrale nel 1853 a scegliere un posto idoneo, il primo, P. Antonio Castegnaro morì quasi subito dopo essere arrivato a Khartoum (6 febbraio 1854) e l’altro, P. G. Beltrame aveva ispezionato il territorio, era tornato a Verona a fare rapporto e stava tornando con un piccolo gruppo di sostegno. Con P. Giovanni Beltrame c’erano i Padri Francesco Oliboni, Angelo Melotto, Daniele Comboni, Alessandro Dal Bosco, e un laico Fratello Isidoro Zilli.
Uno del gruppo, P. Beltrame stesso rimase come Procuratore a Khartoum, mentre gli altri furono portati da P. M. Kirchner alla Missione della Santa Croce dove P. Joseph Lans era sopravvissuto a P. Bart Mozgan (+ 23 gennaio 1858). Non riuscirono, però a mantenerla.
Il capo del gruppo, P. Oliboni morì entro 40 giorni dal suo arrivo; P. Melotto morì l’anno seguente ed anche fr. Zilli morì a Khartoum (11 giugno 1858). La salute di P. Comboni cedette e dovette essere rimpatriato in Europa alla fine del 1859. I due rimanenti, i padri Beltrame e Dal Bosco partirono nel 1862 quando arrivarono i Francescani. Questi eventi segnarono la fine del coinvolgimento di Don Mazza nel Vicariato dell’Africa Centrale, ad eccezione di un alunno del Collegio, Daniele Comboni.
Mons. Matteo Kirchner
Propaganda Fide nominò successore di Knoblecher con il titolo di Pro Vicario P. Matteo Kirchner, un sacerdote tedesco. Quando Kirchner arrivò, più della metà dei missionari reclutati da Knoblecher erano già deceduti, e rimase con solo cinque uomini. Le prospettive di nuove vocazioni, inoltre erano ovviamente, molto poche; pochi volontari si facevano avanti data l’alta mortalità fra i missionari.
L’istruzione degli africani in Europa segnò il passo con l’abolizione della tratta degli schiavi nel 1854 in quanto diventò molto difficile far uscire i bambini dall’Africa attraverso l’Egitto. Nel Sudan, al contrario, lo schiavismo stava aumentando e gli africani non volevano mandare i loro figli alla missione temendo che sarebbero stati venduti come schiavi. Il clima e l’ambiente europeo, specialmente nel nord, a Verona, erano insopportabili per diversi africani che non sopravvissero, d’altro canto, coloro che si ambientarono bene non si sentivano più a loro agio in Africa.
Mons. Kirchner prese una drastica decisione per salvaguardare la salute dei suoi missionari: rimosse tutti i missionari dal Sudan e aprì una nuova casa per loro a Shellal, appena oltre il confine nel Sud dell’Egitto. Shellal era un luogo molto più salubre di Khartoum, e sarebbe diventata la nuova sede dove istruire gli africani, e dove i missionari in arrivo avrebbero potuto abituarsi al clima. Da Shellal nei mesi fra settembre e maggio, quando il clima era più sopportabile, i missionari si recavano in missione verso sud a visitare quelle missioni che avevano temporaneamente abbandonato.
Ma il piano non funzionò. Senza missionari, la stazione delle Missioni di Gondonkoro era stata sequestrata dai mercanti, quella della Sacra Croce era andata distrutta, mentre quella di Khartoum era in grave necessità di riparazioni. Per le ragioni esposte sopra, alla fine solo uno sparuto gruppo di giovani arrivò fino a Shellal. Nel frattempo, ad ottobre 1860 il numero dei missionari era ridotto a cinque.
Con rammarico fu constatato che il sistema seguito fino ad allora per il reclutamento di volontari per il Vicariato non aveva funzionato e se la Missione doveva assicurarsi un regolare afflusso di personale essa doveva essere affidata ad un Istituto.
Il tentativo Francescano
Siccome i Francescani già operavano in Egitto, ed il Francescano P. Ludovico di Casoria si occupava dell’istruzione di giovani provenienti dal Vicariato dell’Africa Centrale a Napoli, la Provincia di Styria dell’ordine Francescano in Austria fu interpellata da Kirchner ed essa accettò la responsabilità della Missione. Mons. Kirchner ritornò alla sua diocesi in Germania ma si tenne in contatto con la missione fino alla sua morte, e, alla morte di Comboni gli fu anche offerto di diventarne responsabile, ma egli rifiutò.
Fra il 1861 ed il 1863 i Francescani mandarono alla missione 51 missionari: otto sacerdoti, due seminaristi, nove fratelli, e 32 laici appartenenti al Terzo ordine.
Senza tenere conto delle proposte fatte da Kirchner di restare in Shellal, il Superiore e Pro Vicario P. Giovanni Reinthaler, lasciò un prete e tre laici a Shellal a custodire la casa e si mise subito in viaggio per Khartoum e per Santa Croce aprendo anche 2 nuove stazioni missionarie.
Entro cinque mesi dal loro arrivo nel Sudan 22 membri erano deceduti, incluso il loro leader P. Reinthaler, molti erano malati, e la maggior parte erano, naturalmente, scoraggiati. Nessun volontario voleva venire dall’Egitto o dall’Europa a prendere il posto di coloro che erano deceduti.
Il Pro Vicario fu accusato di essere troppo esigente. C’era inoltre frizione fra i membri italiani e quelli austriaci della spedizione, riflettendo così le frizioni politiche fra Germania Austria ed Italia (Verona che era stata nell’impero Austriaco fino ad allora passò all’Italia nel 1866 alla fine della “Guerra dei Sette giorni”). Inoltre due terzi del gruppo erano laici poco preparati ad affrontare le terribili privazioni che la missione richiedeva. Erano preoccupati per le loro famiglie a casa, e poco uniti fra loro per essere un drappello di battaglia.
La missione chiude
La Santa Sede concluse che il Vicariato dell’Africa Centrale era un territorio impossibile da mantenere e la chiuse come Missione indipendente. Coloro che erano rimasti o volevano restare, potevano farlo e sarebbero dipesi dal Vicario Apostolico d’Egitto che avrebbe preso cura del territorio dalla sua sede al Cairo.
Fra il 1848 ed il 1863, 46 missionari erano morti nel Sudan, 24 fra il 1848 ed il 1860, 22 fra il 1861 ed il 1863, senza, per altro, essere riusciti a stabilire una struttura permanente, a dimostrare che la Missione aveva preso l’avvio. Dai racconti dello steso Vescovo Comboni, essi avevano fondato quattro stazioni missionarie e battezzato circa cento pagani, inclusi bambini. Nel 1867 gli unici missionari rimanenti erano un sacerdote e due laici a Khartoum e a Scellal. Gondokoro fra i Bari come pure Santa Croce fra i Dinka furono chiuse.