Vangelo del giorno

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

di Luigi Maria Epicoco
Ogni volta che voglio pregare mi ritornano alla mente queste parole del Vangelo di Matteo:
“Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”.
Questa annotazione di Gesù fa diminuire drasticamente ogni mio tentativo di riempire lo spazio della preghiera con molti ragionamenti e molte parole. So che sono capito anche se dico poco e se quello che dico (o non dico) lo scelgo con cura. La preghiera del Padre nostro che Gesù aggiunge immediatamente dopo questa annotazione è esattamente un’accurata scelta di ciò che è essenziale dire. E tra tutte le poche cose che Gesù indica in questa preghiera, la cosa che più deve rimanerci impressa è la parola Padre. Se Dio non è Padre, e noi non ne siamo convinti allora la nostra preghiera non è cristiana, e non ha nessuna vera efficacia. Questo è un aspetto su cui dovremmo fermarci tutti a riflettere. Ma alla fine del Vangelo Gesù dà una sorta di verifica se per noi è chiara o meno la paternità di Dio:
“Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.
Il perdono è la grande verifica della paternità di Dio, infatti solo se Dio è mio Padre mi posso permettere di perdonare perché è Lui a fare giustizia per me, e soprattutto se è Padre anche il mio nemico è mio fratello o mia sorella.
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dei Dehoniani
Rimanere nel segreto del Padre, come Gesù ci esorta a fare, significa entrare in una relazione filiale, dove la vera ricompensa che riceviamo consiste proprio nel poter dire, nella verità della nostra esistenza: «Abbà! Padre!». Essere figli trasforma tutte le relazioni di cui s’intesse la nostra vita: diventiamo tra noi fratelli e sorelle, in una comunione esistenziale che si esprime anche come elemosina, cioè come condivisione dei beni, perché tutto ciò che siamo e possediamo lo riceviamo in dono, quale eredità che un padre lascia ai propri figli. Se il Padre è «nostro», il pane non può più essere «mio».
Quello di Dio è un pane per tutti i suoi figli. Non possiamo trasformarlo in oggetto di contesa, di competizione, di conquista. Non può essere mangiato nella solitudine, o tra pochi, ma nella condivisione con tutti, senza escludere alcuno. Cambia di conseguenza il nostro rapporto con i beni della terra. Dall’accaparramento vorace ed egoistico, occorre giungere al digiuno, che significa anche rinunciare a ciò che desidererei fosse solamente mio, per renderlo un bene di tutti. Il digiuno cambia il nostro rapporto con le realtà creaturali, delle quali la nostra vita non può fare a meno, per riconoscere e onorare la loro destinazione universale.
Come ci ha ricordato papa Francesco con la Laudato si’, nella visione evangelica l’ecologia non può che essere integrale (cf. in particolare il capitolo IV, che ha proprio questo titolo: «Un’ecologia integrale», poiché, spiega il n. 137, una vera attenzione all’ambiente deve includere le dimensioni umane e sociali). La relazione con i beni della terra coinvolge dunque tutte le altre relazioni, quelle fraterne e sociali tra gli uomini, quelle religiose e teologiche con Dio. Parlare di ecologia integrale significa infatti mettere in relazione le singole parti con il tutto. Tale è la visione di Gesù, come emerge da questo capitolo sesto di Matteo: per Gesù la preghiera non può essere separata dall’elemosina o dal digiuno. La relazione con Dio trasforma la nostra relazione con gli altri e con il creato.
Questo, forse, è l’esaudimento che il Padre sempre concede alla nostra supplica, il modo nel quale ci rivela la sua volontà, fa crescere in mezzo a noi il suo Regno, santifica il suo nome di Padre, non semplicemente concedendoci di invocarlo ma rendendoci suoi figli, così che la sua paternità possa risplendere nella nostra filialità. Un secondo tratto emerge da questa pagina evangelica. Tra le diverse richieste con le quali Gesù ci educa a pregare il Padre, una sola viene ripresa e sviluppata: quella relativa al perdono. «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15). Ecco ancora saldamente intrecciate la nostra relazione con Dio e quella con gli altri.
Dio non condiziona il suo perdono al nostro; ci ricorda però che il suo perdono è fecondo, cambia il cuore, lo rende nuovo, trasformandolo da cuore di pietra in cuore di carne. E il segno più evidente e sicuro di un cuore rinnovato è proprio la sua capacità di perdonare. Spesso sorgono tra noi tensioni o conflitti, o vere e proprie rotture relazionali. Paolo stesso ne fa viva esperienza con i cristiani di Corinto, per quanto ami la loro comunità. Paolo non sfugge ai problemi, non si rassegna, rimprovera, corregge, difende la verità del vangelo che ha annunciato da ogni possibile contraffazione o tradimento.
Giunge a dire parole severe, che definisce persino un po’ folli (cf. 2Cor 11,1), con il desiderio non solo di un chiarimento, ma di una riconciliazione. Il vero perdono è anche questo. Non solo dimenticare o cancellare quanto accaduto, o andare oltre senza rimanere bloccati o abbandonati nel male, ma aiutare l’altro a lasciarsi rigenerare e rinnovare da un perdono che è autentico proprio perché efficace, fecondo, trasformante.
Padre santo e misericordioso, tu ti sei rivelato nel tuo Figlio unigenito, mostrandoci che cosa significhi dimorare in una vera relazione filiale, insegnandoci non solo a chiamarti Padre, ma anche come farlo, con quali atteggiamenti interiori, con quali gesti esteriori. Gesù ha voluto vivere il suo essere figlio facendosi nostro fratello universale. Consentici di dire «Padre nostro» soltanto a condizione di farci gli uni custodi degli altri, in una fraternità sincera e trasparente.
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