Commento al Vangelo
della II settimana di Pasqua
Paolo Curtaz
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Lunedì della II settimana di Pasqua
Gv 3,1-8: Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
Nicodemo è incuriosito da Gesù, ne è affascinato. È un uomo retto, un uomo di Legge, come potrebbe un peccatore compiere i prodigi che Gesù compie? Ma ha paura, teme il giudizio impietoso dei suoi amici farisei, del Sinedrio, non è opportuno manifestare simpatia per il Galileo: va da Gesù di notte. Quante persone conosco che sono come lui! Spaventate dal giudizio degli altri, intimoriti nel definirsi “credenti” o, peggio del peggio, “cattolici”! Persone che pensano di apparire antiquate rispetto ad una presunta modernità che, bene o male, relega il fattore religioso negli “interessi” personali e soprattutto riservato a persone emotivamente instabili… Ma Gesù lo accoglie ugualmente, non lo respinge, e lo invita a riflettere: per cambiare deve avere il coraggio di rinascere dall’alto, deve avere il coraggio di cambiare mentalità. Sembra impossibile, è vero, ma lo Spirito può davvero convertire chiunque, far cambiare la direzione di una barca a vela. E così sarà per il pavido Nicodemo che, alla fine della sua sofferta ricerca, non avrà paura di schierarsi per chiedere il corpo straziato del Maestro, non temerà più il giudizio di un mondo che ormai sperimenterà come “vecchio”…
Martedì della II settimana di Pasqua
Gv 3,7-15: Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.
Nicodemo, anziano, vorrebbe ricominciare, ripartire, rinascere. Per farlo cerca consiglio da Gesù il quale lo invita a rinascere sì, ma dall’alto. È solo a partire da Dio che possiamo rileggere la nostra vita, le nostre scelte, i nostri errori in una prospettiva diversa. Sì, dice Gesù, è possibile ricominciare molte e molte volte, abbandonando una mentalità mondana per abbracciare una visione che ci deriva dalla fede. Ma come possiamo conoscere lo sguardo di Dio? Ascoltando l’unico che lo conosce fino in fondo: il Signore Gesù. Accogliendo la sua parola, meditando i suoi insegnamenti, invocandolo nella preghiera, riceviamo in cambio uno sguardo nuovo sulle cose e su noi stessi. Ma, continua Gesù, dobbiamo concentrare la nostra attenzione soprattutto sulla croce. Meditando la misura dell’amore di Dio che si manifesta nella morte in croce di suo figlio, acquisiamo la sua prospettiva sulla vita. Si può rinascere se facciamo della nostra vita un dono continuo, delle nostre capacità un’opportunità per gli altri, del nostro tempo e delle nostre emozioni un’attenzione rivolta ai fratelli. Nicodemo (e noi) ha ancora molto da imparare.
Mercoledì della II settimana di Pasqua
Gv 3,16-21: Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Dio ha talmente amato il mondo da mandare suo figlio a salvare il mondo. Questa affermazione di Gesù raccolta da un tentennante Nicodemo, capo dei farisei, e riconsegnata ai discepoli, diventa la chiave di lettura del progetto divino sull’umanità. Il nostro Dio ama e salva, desidera la nostra felicità più di quanto noi stessi la sappiamo desiderare. Dobbiamo abbandonare la nostra piccina idea di un Dio severo pronto a coglierci in fallo. Gesù ha dimostrato con la sua predicazione e con la sua vita che il suo Dio è un padre/madre pieno di ogni tenerezza e compassione. Ma Dio non è nemmeno un bonaccione, un innocuo Babbo Natale che dà pacche sulle spalle. La vita è una cosa seria e la felicità un percorso che richiede fatica e costanza: la croce di Gesù testimonia, se ancora ce ne fosse bisogno, fino a che punto Dio è disposto ad amarci e a collaborare alla nostra gioia. Prendiamo molto sul serio il messaggio del Vangelo, siamo stati amati a caro prezzo: accogliamo la proposta di conversione del Signore, lasciamo che sia la sua Parola a guidare i nostri passi, ad orientare le nostre scelte. Oggi viviamo da salvati!
Giovedì della II settimana di Pasqua
Gv 3,31-36: Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
Gesù racconta ad uno spaesato Nicodemo il cuore del suo messaggio: egli è venuto per rendere testimonianza al Padre perché lui e Dio sono una cosa sola. Gesù vuole smontare l’idea approssimativa di Dio che l’uomo si è fatta, ma anche l’idea a volte zoppicante che ne ha Israele. Dio non è uno che ti premia se ti comporti osservando scrupolosamente i suoi precetti, come pensavano i farisei, ma colui che desidera salvarti e opera perché questa salvezza si realizzi. Gesù manifesta il vero volto di Dio: siamo talmente abituati a questa affermazione da non sobbalzare più quando la udiamo! La domanda birichina da porci, allora, è sempre la stessa: il Dio in cui credo è il Dio di Gesù? Conosco molti cristiani che hanno una qualche idea religiosa ma che, spesso, di Dio si fanno un’idea davvero orribile! Tutta la nostra vita diventa una conversione dall’idea di Dio che portiamo nel cuore a quella splendida e adulta raccontata da Gesù. Leggere e meditare correttamente la Parola, scrutarne il significato animati dallo Spirito e guidati dall’esperienza millenaria della comunità cristiana ci permette di verificare continuamente la verità della nostra fede.
Venerdì della II settimana di Pasqua
Gv 6,1-15: Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano.
Ha ragione Filippo, come dargli torto! Sono cinquemila le famiglie presenti, con duecento denari, l’equivalente di duecento giornate di lavoro, si riuscirebbe a malapena a dar loro il necessario per calmare la fame. Fa sorridere il gesto ingenuo e disarmante dell’adolescente che offre a Gesù la propria merenda. Cosa mai si riuscirà a fare con così poco? Eppure Gesù preferisce la folle iniziativa del ragazzo alla ponderata analisi dell’apostolo. Perché lascia spazio alla fantasia di Dio, perché sa che ha a che fare con l’inaudito perenne del Maestro. Perché sa che esiste una dimensione che ci sfugge, che va oltre le nostre analisi corrette. Giovanni è l’unico evangelista a sottolineare questo particolare, a dirci che i famosi pochi pani e pesci che sfameranno la folla provengono da un ragazzo che diventa il modello del nostro agire pastorale, della nostra fede. Invece di passare il tempo a vedere le tante cose che non vanno nella nostra parrocchia e nella Chiesa in generale, mettiamo in gioco quel poco che abbiamo, il resto sarà Dio a farlo. Facciamo nostro quel tocco di follia che ci aiuta ad entrare nel grande sogno di Dio!
Sabato della II settimana di Pasqua
Gv 6,16-21: Videro Gesù che camminava sul mare.
Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci si è rivelato un vero fallimento. Il miracolo che segna l’inizio della fine di Gesù, che scardina il suo ottimismo: no, la gente non è pronta a capire. In questa prospettiva gli evangelisti, dopo il segno, raccontano della tempesta sedata. I discepoli sulla barca dovranno affrontare una tempesta di giudizi e di negatività che contraddistinguerà la loro missione da ora e per sempre. E da sempre la Chiesa lotta fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio: anche se il suo obiettivo per sfamare il desiderio di bene e di felicità dell’umanità, molto spesso subisce incomprensioni e violenze. Quante volte, lungo i secoli, la Chiesa ha avuto la terribile e netta sensazione di affondare! Ma proprio in quei momenti il Signore ci raggiunge nel cuore della notte e ci invita a non avere paura. No, la barca della Chiesa, non può affondare se ha il coraggio di prendere con sé il proprio Maestro e Signore. Davanti ad ogni tempesta, personale o comunitaria, non esitiamo ad invocare l’aiuto del Signore che ci soccorre nel cuore della notte…