XXXIII Settimana del Tempo Ordinario
Commento di Paolo Curtaz
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Lunedì 14 Novembre > (Feria – Verde) | Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) Ap 1,1-5;2,1-5 Sal 1 Lc 18,35-43: Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo! |
Martedì 15 Novembre > (Feria – Verde) | Martedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) Ap 3,1-6.14-22 Sal 14 Lc 19,1-10: Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. |
Mercoledì 16 Novembre > (Feria – Verde) | Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) Ap 4,1-11 Sal 150 Lc 19,11-28: Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca? |
Giovedì 17 Novembre > (Memoria – Bianco) | Santa Elisabetta d’Ungheria Ap 5,1-10 Sal 149 Lc 19,41-44: Se avessi compreso quello che porta alla pace! |
Venerdì 18 Novembre > (Feria – Verde) | Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) Ap 10,8-11 Sal 118 Lc 19,45-48: Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri. |
Sabato 19 Novembre > (Feria – Verde) | Sabato della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) Ap 11,4-12 Sal 144 Lc 20,27-40: Dio non è dei morti, ma dei viventi. |
Domenica 20 Novembre > (SOLENNITA’ – Bianco) | XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo 2Sam 5,1-3 Sal 121 Col 1,12-20 Lc 23,35-43: Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno. |
Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 18,35-43: Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!
Passa Gesù il Nazareno. Il cieco, Bartimeo secondo san Marco, siede ai bordi della strada per riuscire a racimolare qualche spicciolo dai pellegrini che affrontano l’ultima salita che li separa dalla città Santa. È ai margini, fuori dalla città, dipende totalmente dagli altri che, peraltro, non lo guardano con commiserazione ma con sdegno perché punito dalla cecità a causa dei suoi peccati. Ma sente che qualcosa si muove e chiede. Passa Gesù il Nazareno, questo gli dice la folla. Vi viene in mente una migliore definizione di Chiesa? La Chiesa è l’insieme dei discepoli che dice a tutti i ciechi che sono ai margini della società: Passa Gesù il Nazareno. Questo dobbiamo annunciare ad ogni uomo, che Dio passa, che è sulla nostra strada, che lo possiamo incontrare. E che ci guarisce nel profondo, ci toglie dalla cecità in cui siamo sprofondati, che ci toglie dalla condizione di mendicare. Passa Gesù il Nazareno, anche nella nostra vita, ancora in questa giornata. Siamo chiamati ad accorgercene, ad accoglierlo, ad ascoltarlo, a lasciare che, oggi e sempre, ci doni la luce per raccontare a tutti coloro che incontriamo, mendicanti come noi, che Dio ci viene incontro.
Martedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 19,1-10: Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
Zaccheo è curioso, molto. Dalla vita ha ricevuto tanto: denaro, potere, obbedienza, ma poco affetto: nessuno ama un esattore delle tasse, men che meno un capo. Certo, la gente non lo ama, ma i soldi scorrono abbondanti nelle sue mani e riempiono le sue tasche. Ha saputo che da Gerico passerà quel tale, il falegname diventato profeta. Vuole vederlo: nella città che sorge in mezzo al deserto non capita di frequente di vedere un profeta ma la folla si prende una piccola rivincita e non gli lascia posto. Cresce la curiosità e Zaccheo sale su un sicomoro che costeggia la strada. La folla si eccita, eccolo! E Gesù si ferma proprio sotto l’albero e si autoinvita. Sono tutti strabiliati, Zaccheo per primo. In casa sua? In casa di un peccatore! Scende e lo accoglie, non sta più nella pelle, la gioia che lo invade è più grande di ogni soddisfazione, di ogni conquista. Si converte, restituisce il maltolto, il resto lo darà in elemosina, si rovina con le sue mani ma che gli importa ora? Se Gesù gli avesse detto: so che sei un ladro ma se restituisci i soldi verrò a casa tua, Zaccheo non sarebbe mai sceso. La conversione non è mai la condizione per meritarsi il perdono, è il perdono e l’accoglienza che suscitano la conversione!
Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 19,11-28: Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?
Il tempo che viviamo, la nostra vita, la storia, è un tempo di transizione che da Dio torna a Dio, dalla pienezza torna alla pienezza. In questo tempo di mezzo il Signore ci affida l’annuncio del Regno, nonostante i nostri limiti, le nostre fatiche, le nostre incoerenze. La Chiesa, cioè la comunità dei discepoli, è chiamata a rendere testimonianza al suo Maestro e Signore, a renderlo presente nelle cose che fa e che dice. Ognuno di noi ha ricevuto, per tale scopo, un dono prezioso a servizio degli altri: un tesoro, un gruzzoletto da far fruttificare. Luca parla di monete d’oro, Matteo di talenti, un’immagine immediata ed efficace per indicare il valore di ciò che siamo. La fede valorizza ciò che siamo, fa fiorire le nostre capacità, le esplicita. Può essere la nostra capacità all’ascolto o la bravura organizzativa o la compassione o la capacità di relazionarsi con gli altri: tutti possediamo delle qualità, dono di Dio, e siamo chiamati a metterle a disposizione del Regno. Non commettiamo l’errore di nascondere il talento, di sotterrarlo, di ripiegarci su noi stessi dicendo che non valiamo a nulla: non è umiltà ma mancanza di gratitudine verso Dio!
Giovedì 17 Novembre >
(Memoria – Bianco) Santa Elisabetta d’Ungheria
Nessuna scusa, nemmeno per chi occupa posti di prestigio: ognuno può diventare compagno di viaggio degli ultimi e degli emarginati. La lezione oggi, nella Giornata dei poveri, ci viene da santa Elisabetta d’Ungheria, figlia di un re e autentica “regina della carità”. Nata nel 1207, fu data in sposa, giovanissima, all’erede del trono di Turingia, Ludovico IV. Madre a 15 anni, rimase vedova a 20, decidendo di ritirarsi prima ad Eisenach e poi nel castello di Pottenstein. Decise infine di scegliere come dimora una modesta casa di Marburgo, una scelta avversata dai parenti che la privarono dei figli. Nonostante le difficoltà, Elisabetta non abbandonò il progetto di una vita offerta a Dio e ai poveri: fece costruire a proprie spese un ospedale ed entrò nel Terz’ordine francescano. Visse da mendicante fino alla morte nel 1231. (Avvenire)
Giovedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 19,41-44: Se avessi compreso quello che porta alla pace!
Piange, il Maestro. Piange sconsolato nel vedere rifiutata la sua proposta di salvezza. Piange sconsolato perché, anima sensibile, sa bene che il rifiuto della salvezza incupisce i rapporti e le relazioni degli abitanti della città, tronfi del loro nuovo tempio, convinti di non avere bisogno di salvezza, né, tantomeno, di profeti improvvisati. Piange davanti all’inspiegabile e malsana reazione dei suoi concittadini, davanti al maldestro esercizio della libertà che, invece di avvicinarci alla felicità, ce ne allontana drammaticamente… Piange davanti alla violenza che già vede, in embrione, serpeggiare nei cuori di chi già sogna un nuovo futuro per Israele. E quel pianto ci svela la profonda umanità di Dio, la sua passione, il suo cuore ferito. Gesù non reagisce stizzito davanti al rifiuto, lasciando che tutto vada in rovina, ma prende a cuore ciò che accade. Non fa l’offeso, è autenticamente scosso da ciò che accade. Non ha paura della tenerezza, come direbbe papa Francesco, non ha paura dei sentimenti. E noi, figli di questo Dio, non abbiamo paura dei sentimenti e lasciamo che la compassione ci abiti…
Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 19,45-48: Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.
Gesù caccia i venditori dal tempio: non vuole che la casa di preghiera diventi un mercato. Lo fa con passione, con durezza, con un gesto talmente forte che susciterà la reazione rabbiosa dei sacerdoti e degli scribi che ne decretano la morte. Gesù caccia i mercanti dal tempio, anche dal nostro tempio, dalle nostre chiese, dalla nostra cristianità. Quando pensiamo di poter mercanteggiare con Dio, quando pensiamo che sia un potente da convincere, da manipolare, da blandire, quando riduciamo l’incontro a superstizione e la fede a strumento per ottenere ciò che vogliamo, Gesù ci caccia dal tempio. Interroghiamoci severamente sulla nostra fede, se a volte anche noi finiamo per ridurre le nostre parrocchie a mercato, quando i personalismi invece di fornire talenti a servizio degli altri diventano manifestazione di potere, quando un piccolo gruppo di fedelissimi si rinchiude nel fortino col proprio parroco per fare il bello e il cattivo tempo, quando la parrocchia non diventa il primo gradino della scala che conduce a Dio ma una spietata dogana che decide arbitrariamente di negare tale accesso. Dio non voglia che Gesù debba cacciare anche noi dalla sua casa di preghiera!
Sabato della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Lc 20,27-40: Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Grande Gesù! Conosce bene la Scrittura, l’ha meditata, né fa un’esegesi ampia, profonda, corretta. Davanti all’assurda trappola ingegnata dai sadducei per metterlo in difficoltà riguardo alla resurrezione dai morti, verità in cui non credono, Gesù riesce a spostare il dialogo dall’esempio paradossale della vedova ammazza mariti al senso profondo delle pagine bibliche. Se nel roveto ardente Dio si è presentato come il Dio dei patriarchi, argomenta, significa che li ha davanti, che sono lì presenti, che sono vivi. Quindi è il Dio dei viventi e tutti vivono in lui, non solo nel ristretto spazio della vita terrena ma ben oltre. Mi stupisce sempre, il Signore: fossi capace io ad argomentare in questo modo davanti alle sciocche obiezioni che talvolta mi tocca affrontare, persone che per pura provocazione si inventano ogni sorta di ragionamento contorto pur di non aprire gli occhi davanti alla trasparente verità del vangelo! Viviamo questa giornata in compagnia del Dio dei vivi che ci dona vita. E comportiamoci da vivi, fin da ora, perché sappiamo bene che possiamo vivere trascinandoci o prendendo in mano la nostra giornata…