Il fiume del Sinodo inonda di vita la Chiesa
Dario Bossi, missionario comboniano e padre sinodale


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Le acque del grande fiume sinodale sono sfociate nell’oceano: siamo giunti alla conclusione di tre settimane di intenso discernimento.

Sento che questo Sinodo offre un enorme contributo al mare della Chiesa cattolica, che si arricchisce con i colori e i sapori della vita dell’Amazzonia; proprio come il Rio delle Amazzoni raccoglie acqua da molti affluenti, questo Sinodo ha favorito anche l’incontro di molte esperienze, dall’America Latina e dalle Chiese di altri continenti.
Esattamente come un fiume, questa Assemblea ha avuto i suoi alti e bassi, le sue accelerazioni e i suoi ostacoli. Ma lo Spirito di Dio l’ha guidata: abbiamo sentito questo Spirito presente, attivo e vivo, nel sentimento di fraternità e comunione con cui il Sinodo si è sviluppato.
La percezione dell’urgenza del dramma amazzonico e dell’emergenza socio-ambientale e climatica è chiara e forte. La Chiesa risponde con l’ascolto, che non è un atteggiamento passivo, ma una profezia di incontro, dialogo e alleanza con i più poveri, che questo modello economico condanna a morte.
“Alleanza” è una parola chiave, che ha risuonato molto durante il periodo delle consultazioni sinodali, quando abbiamo ascoltato migliaia di persone e centinaia di comunità panamazzoniche. Sognavano una chiesa che si rendesse presente, che restasse accanto alle vittime. E il Sinodo ha risposto all’altezza. E con decisione.
A fianco delle comunità, a difesa dei loro diritti e territori, la Chiesa ora assume con maggiore consapevolezza e profondità il paradigma dell’ecologia integrale. Tuttavia, vivere l’ecologia integrale in Amazzonia significa, per la Chiesa, la società, la politica e per i diversi modelli economici, riconoscere l’urgenza della conversione. Ecco perché il Documento finale ha la conversione con un filo rosso, perché ritrae una Chiesa che ascolta e riconosce che ha ancora molto da cambiare e da imparare.
Piuttosto che insegnare la strada, la Chiesa amazzonica vuole essere la prima a cambiare: riconosce che deve essere più aperta al dialogo interculturale e interreligioso; assume l’impegno della conversione ecologica, per la quale esistono proposte molto concrete; e acquisisce il coraggio e la fermezza per avvicinarsi alle vittime e alle persone minacciate.
Inoltre, in questo atteggiamento di conversione, la Chiesa apre spazi per nuovi ministeri, nella creatività dello Spirito, con l’ispirazione e il costante nutrimento dell’Eucaristia, definito come un “sacramento dell’amore cosmico”, un incontro di tutte le creature nella celebrazione della Pasqua.
Nel Sinodo abbiamo anche riconosciuto una visione “corta” in relazione alle donne. Ecco un’altra conversione, urgente e necessaria. Papa Francesco si riferisce ad essa quando, nel discorso finale, ha accolto la sfida delle donne: ” vogliamo essere ascoltate!”.
Si chiude ora quella che possiamo considerare la seconda tappa del Sinodo: la prima è stata intessuta nell’ nell’ascolto delle comunità locali. Questa seconda fase è stata di discernimento, un incontro tra i pastori dell’America Latina e altri dal resto del mondo. Si apre quindi la terza fase, di restituzione dei risultati dell’assemblea sinodale a tutte le comunità.
C’è ancora molto lavoro da fare. Ma siamo incoraggiati dalla forza della comunione ecclesiale che abbiamo vissuto in questo ottobre. Abbiamo sentito la forza dello Spirito Santo, che conferma i passi della Chiesa. Anche il vigore di Papa Francesco ha attirato la nostra attenzione. Ma soprattutto la voce delle donne e dei popoli indigeni, che ha risuonato con dignità e fermezza nelle sale del Vaticano e ha avviato nuovi processi, irreversibili, all’interno della Chiesa.
Attendiamo ora l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco, promessa da lui entro fine anno; condivideremo con le comunità amazzoniche intuizioni, piste d’azione e di collaborazione. Cristo continua ad indicare l’Amazzonia, come sfida e opportunità. Ritorniamoci!