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Chiavi di lettura e spunti di riflessione proposte da Herminio Otero accompagnano la speciale edizione in lingua spagnola dell’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” edita e diffusa in Argentina, Colombia, Messico e Spagna da Ppc. La prefazione, che pubblichiamo in una nostra traduzione, è del cardinale arcivescovo di Barcellona.

(Juan José Omella) Il grande scrittore francese Léon Bloy (1846-1917) termina il suo libro La donna povera con una frase toccante e memorabile: «non c’è che una sola tristezza: quella di non essere santi».

Non escludo che questa frase abbia influito su Papa Francesco in quanto, essendo stato professore di letteratura in gioventù, cita spesso poeti e romanzieri francesi come Léon Bloy o Georges Bernanos, tra gli altri. In termini positivi, direi che l’esortazione «rallegratevi ed esultate» (Matteo 5, 12) è un invito a vivere la gioia delle beatitudini, o la gioia di essere santi.

Il genere “esortazione apostolica” mi sembra adattarsi bene a Papa Francesco. Un’esortazione non ha lo spessore né il tono magisteriale di un’enciclica; ha bensì la spontaneità di un consiglio ed è fondamentalmente orientata alla vita pratica. Il magistero teologico di Francesco è eminentemente spirituale e molto incentrato sulla vita comune dei cristiani. È un pastore con i piedi per terra.

La sua prima esortazione apostolica è stata Evangelii gaudium (“La gioia del Vangelo”), definita da lui stesso come il testo programmatico del suo pontificato.
La seconda, dal titolo Amoris laetitia (“La gioia dell’amore”), è una grande riflessione sull’amore cristiano e una vera e ampia lezione sulla teologia e sulla morale del matrimonio e della famiglia.

La terza, di cui ci stiamo occupando ora, ha come titolo Gaudete et exsultate (“Rallegratevi ed esultate”), frase che rimanda al discorso della montagna e alle beatitudini.

Risulta molto significativa la ripetizione, nei titoli dei tre documenti citati, della parola latina gaudium (gioia, allegria, pace). Francesco vuole seguire le orme di san Francesco d’Assisi, l’uomo della pace, della gioia, del rispetto per il creato e per ogni persona umana. E vuole porre i cristiani sulla strada maestra della gioia perché «un santo triste è un triste santo».

Il Santo Padre è consapevole che la secolarizzazione avanza, specialmente nel continente europeo. Sa che i cristiani, in molti luoghi, si sentono “minoranza”, lievito nella massa. Ma, con un atteggiamento molto francescano, si propone di aiutarci a non perdere l’allegria, la gioia e la pace della fede. Nonostante tutto, in qualsiasi circostanza o luogo, la gioia della santità è possibile. Con il morale basso e senza la gioia della fede, Francesco ci dice che possiamo offrire poco a un mondo che, malgrado la scristianizzazione generale, manifesta un desiderio di ricerca e un’autentica fame spirituale. Com’è bello offrire ai fratelli il nostro tesoro migliore, che è la fede, che è la gioia di saperci amati e salvati dal Signore!

La terza esortazione di Francesco riprende in profondità una delle linee dottrinali evidenziate dal concilio Vaticano II: la chiamata universale alla santità. E dice alla maggior parte del popolo di Dio, al cristiano medio, al «vicino della porta accanto», che la santità, essendo grazia e dono di Dio, è un ideale accessibile a tutti i battezzati, a tutti coloro che saranno capaci di accogliere con umiltà le beatitudini di Gesù come un dono, come una grazia e come una gioia nello Spirito santo.

Aprendo il cuore a Dio, accogliendo il suo messaggio, lasciando che Lui ci modelli dal di dentro, riusciremo a essere santi perché la santità è lasciare che Dio ci cambi il cuore e che siamo trasparenze del suo amore e della sua pace.

L’Osservatore Romano, 30-31 luglio 2018