
A dieci anni dalla nascita, nel Sahel la cosiddetta Grande muraglia verde sta riuscendo a contrastare la desertificazione in alcuni dei territori più a rischio nel cuore dell’Africa e sta portando sviluppo alle popolazioni. A riferirlo sono esperti ambientali e ong. Il progetto, ideato nel 2007 dall’Unione africana (Ua) e lanciato l’anno dopo, prevede di piantare alberi in una zona di 12 milioni di ettari, una striscia lunga 7700 chilometri e larga 15, che corre dal Senegal fino a Gibuti e attraversa 11 paesi. Studi hanno dimostrato che ogni anno il deserto avanza di due chilometri, causando una perdita di circa due milioni di ettari di zone verdi. In 50 anni sono stati cancellati dalla mappa 650.000 chilometri quadrati di terre arabili, l’equivalente della superficie della Francia. L’immensa barriera vegetale è in grado di bloccare venti e sabbia provenienti dal deserto e nel contempo migliorare la qualità dei terreni. Una volta terminata sarà la più grande struttura vivente al mondo, tre volte la dimensione della grande barriera corallina, che dovrebbe riuscire ad assorbire 250 milioni di tonnellate l’anno di anidride carbonica, creare 350.000 posti di lavoro e dare cibo a 20 milioni di persone.
Esperti ambientali hanno precisato però che impoverimento e siccità dei suoli non sono causati solo dall’avanzata del deserto; tra le cause, c’è anche il diboscamento e lo sfruttamento eccessivo dei terreni da parte dell’uomo per l’agricoltura, la pastorizia e l’urbanizzazione. A queste attività si aggiungono gli effetti del riscaldamento globale, molto sentiti ai margini del deserto, alle porte dei centri abitati. Drammatiche le conseguenze: calo della produttività agricola e di pastorizia, scomparsa di specie vegetali e animali, carestia e migrazioni forzate.
E come detto, a dieci anni dal varo del progetto della Grande muraglia verde si stanno stilando i primi bilanci. Il rimboscamento procede ma con un ritmo lento: la Grande muraglia è stata realizzata finora soltanto al 15 per cento, principalmente in Senegal e Etiopia, dove finora la superficie tornata verde raggiunge i 55.000 ettari e l’altezza degli alberi è di circa due metri.
Va detto che la muraglia deve fare i conti con finanziamenti insufficienti, nonostante l’entusiasmo iniziale di governi e partner internazionali, e con l’instabilità in diversi paesi teatro di scontri tra gruppi armati e atti terroristici che rendono gli interventi impossibili. Nel nord del Senegal ogni anno durante la stagione delle piogge il suolo viene lavorato e giovani alberi vengono piantati su particelle di 500 ettari recintate per proteggerle dal bestiame. Così dal 2008 circa due milioni di alberi sono stati messi a terra. In Senegal e in Etiopia sono visibili i primi effetti positivi della muraglia verde.
In dieci anni è migliorato lo sviluppo socio-economico delle comunità locali grazie alla creazione di nuove attività redditizie. In Senegal sono soprattutto le donne a gestire giardini che producono frutta e verdure destinate all’autoconsumo e vendute sui mercati locali. Molti allevatori hanno cominciato a diversificare la propria attività, riducendo la loro dipendenza dalla pastorizia.
L’Osservatore Romano, 15-16 gennaio 2018