“Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri” (Marco 9,50)
Un granello di sale quotidiano per dare sapore alla tua giornata.

CROCE E INCARNAZIONE
Per comprendere il significato della morte redentrice di Cristo, dobbiamo cogliere il senso dell’incarnazione. Ognuno di noi è nato nel tempo, dal non-essere. Entriamo in una vita precaria e fugace, per crescere nella stabilità della vita senza fine. Chiamati dal nulla dalla Parola di Dio entriamo nel tempo, ma nel tempo possiamo trovare l’eternità, perché l’eternità non è un flusso di tempo che, non ha mai fine. L’eternità non è qualcosa. È Qualcuno. L’eternità è Dio stesso, che è possibile incontrare nel fluire effimero del tempo e attraverso quest’incontro, tramite la comunione che Dio ci offre per grazia e amore nella libertà reciproca, possiamo accedere all’eternità e condividere la vita stessa di Dio, diventare, nelle parole audaci di Pietro: “Partecipi della natura divina” (2Pt 1,4).
La nascita del Figlio di Dio è diversa dalla nostra. Egli non entra nel tempo dal nulla. La sua nascita non è l’inizio di una vita, di una vita destinata a crescere per sempre; è la limitazione di una pienezza che esisteva prima che il mondo avesse inizio. Colui che possedeva la gloria eterna con il Padre, prima di tutti i secoli, entra nel nostro mondo, nel mondo creato, nel quale l’uomo ha portato il peccato, la sofferenza, la morte. La nascita di Cristo è per lui non l’inizio della vita, bensì l’inizio della morte. Egli accetta tutto ciò che appartiene alla nostra condizione e il primo giorno della sua vita sulla terra è il primo giorno della sua ascesa verso la croce.
Da “La preghiera giorno dopo giorno” di Anthony Bloom (1914 – 2003).
Bloom è stato vescovo della diocesi di Sourozh, nella chiesa ortodossa russa. È un autore spirituale molto conosciuto per i suoi scritti e predicazioni sulla preghiera e la vita cristiana, caratterizzati dalla semplicità coniugata alla profondità spirituale.