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Perché «diventare immortali» se già assomigliamo al Creatore?
Il 2045 sarà l’anno in cui – pagando, s’intende – potremo «diventare immortali». Lo annuncia Panorama (il numero in edicola), che descrive anche come si farà. Non è difficile, lo spiega con molta sicumera il neuroscienziato olandese Randal Koene a San Francisco (Usa): basta «mappare tutto il cervello umano» e trasferire in un computer «l’enorme capacità di calcolo della mente umana» con un apposito software (l’insieme di informazioni memorizzate su un supporto informatico).
Purtroppo certi scienziati (ma sarà meglio chiamarli «tecnici») sono a volte ingenui o miopi o superbi (o, in ultima analisi, ignoranti): come se il cervello umano fosse soltanto un insieme di cellule e di collegamenti, insomma una specie di computer oppure un organo sostituibile come il fegato. Anche ammesso (e non concesso) che sia la sede fisica e anatomica dell’«io pensante», uno “scienziato” dovrebbe sapere che, staccato dal suo “io” umano, un cervello perderebbe ogni attività e capacità.
L’uomo, egregio professor Koene, non è una macchina smontabile fatta di mattoncini sostituibili, come il Lego. La mente, patrimonio esclusivo dell’uomo, non è il cervello, ma è ciò che lo fa funzionare. Insomma l’uomo ha una particolarità che spesso sfugge ai “sapienti”, ma che i “piccoli” conoscono: assomiglia a Dio. A Koene, che non lo sa, si è affiancato, per sostenere i costi delle ricerche, il magnate russo Dmitry Itskov, padrone di un impero mediatico. Senza la vera sapienza, neanche i soldi fanno miracoli e la scienza è poco più di nulla.
A cura di Pier Giorgio Liverani Avvenire, 18/05/2014