Narrarsi per avere senso

ENZO BIANCHI

Anish Kapoor, Dirty corner, Fabbrica del Vapore, MilanoLa forza della narrazione consiste nella sua capacità di dare senso. Non è la cronaca dei fatti, ma la loro narrazione che produce senso e così rende vivibile il mondo. Nel racconto i fatti divengono umani, cioè una trama di eventi significativi. La narrazione ha il potere di inserirci coscientemente nel tempo dando unità a ciò che altrimenti resterebbe sconnesso e lascerebbe l’uomo in balìa del non-senso.

La narrazione stabilisce una cornice che dà forma al racconto e all’esperienza narrata: ponendo un inizio e una fine, il racconto rende comprensibile ciò che altrimenti non lo è: la narrazione crea la sequenzialità dei fatti e così crea un’unità strappando il vissuto dalla frammentazione che lo minaccia.

La narrazione dà senso perché dà forma. Essa è formatrice per eccellenza. La vita stessa abbisogna di una forma, forma che le è data dalla concatenazione che dà senso a gesti altrimenti isolati, disperati e disperanti. La narrazione, poi, valorizza la funzione “dativa” del pensiero: essa è rivolta “a” qualcuno, sicché instaura ed è essa stessa una relazione.

La narrazione incontra il desiderio di riconoscimento del destinatario, ne dice l’importanza, unisce in unità passato, presente e futuro, testimonia di una parola originaria che precede colui che racconta, crea un orizzonte comune tra narratore e destinatario del racconto e inserisce quest’ultimo in una comunità di senso con colui che narra.

In particolare, al cuore della narrazione biblica vi è la storia di Dio, o, se vogliamo, il Dio della storia, ciò che Dio ha compiuto per il suo popolo, il Dio che si è fatto conoscere ai figli d’Israele nella storia: la fede in un Dio che si manifesta nella storia non può che essere un “credo storico”, e dunque, non può che esprimersi in narrazioni. Nella Bibbia, tali narrazioni sono spesso inserite in contesti rituali destinati a essere ripetuti di generazione in generazione negli spazi famigliare e cultuale trasmettendo così la fede di generazione in generazione.

Forma di lotta contro la morte, la trasmissione si svolge nella dinamica interazione di memoria, rito e narrazione creando l’unità diacronica del popolo di Dio e facendo delle diverse generazioni una comunità. Al cuore della Bibbia cristiana i vangeli si presentano come narrazioni scaturite dalla fede pasquale e tese a suscitare e approfondire la medesima fede. Al cuore di queste narrazioni vi è la “storia di Gesù”, colui che nella sua stessa persona è il perfetto narratore di Dio: radicare la propria storia nella storia di Gesù è il proprio della fede cristiana che si presenta come costitutivamente relazionale.

ENZO BIANCHI

Il Sole 24 Ore, 18 maggio 2014