Fede e Spiritualità


I simboli dello Spirito Santo


Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna i simboli dello Spirito Santo (cfr. §694ss). Bisogna comprendere che sono solo simboli che cercano di farci capire la Persona e l’azione dello Spirito Santo.

L’acqua è uno dei simboli che indicano l’azione dello Spirito Santo nel Battesimo, perché dopo l’invocazione dello Spirito Santo diventa il segno sacramentale efficace della nuova nascita: l’acqua battesimale significa che la nostra nascita alla vita divina ci è data dallo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è “acqua viva” che sgorga da Cristo crocifisso e che in noi zampilla nella Vita Eterna.

L’unzione con l’olio è un altro simbolo dello Spirito Santo. Nell’iniziazione cristiana è il segno sacramentale della confermazione. Cristo (Messia in ebraico) significa “unto” dello Spirito di Dio. Gesù è l’Unto di Dio in modo unico: l’umanità che il Figlio assume è del tutto “unta dello Spirito Santo”. Gesù è costituito “Cristo” dallo Spirito Santo.   

Il fuoco simboleggia l’energia trasformatrice degli atti dello Spirito Santo. Giovanni il Battista ha annunciato Cristo come colui che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16), quello Spirito del quale Gesù ha detto: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49). È sotto forma di lingua come di fuoco che lo Spirito Santo si posa sui discepoli la mattina di Pentecoste e li riempie di Lui. San Paolo dice: “Non spegnete lo Spirito” (1Ts 5,19).

Anche la nube e la luce sono simboli dello Spirito, e appaiono nelle manifestazioni dello Spirito Santo fin dall’Antico Testamento. La nube, ora scura e ora luminosa, rivela il Dio vivo e salvatore, nascondendo la trascendenza della sua Gloria: con Mosè sul monte Sinai, nella tenda della riunione e durante la camminata nel deserto. Lo Spirito Santo si ferma sulla Vergine Maria e la copre “con la sua ombra”, perché concepisca e dia alla luce Gesù. Sul monte della Trasfigurazione, “venne una nube e avvolse” Gesù, Mosè, Elia, Pietro, Giacomo e Giovanni. “E dalla nube uscì una voce, che diceva: ‘Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo’” (Lc 9,34­35). È questa nube che nasconde Gesù agli occhi dei discepoli il giorno dell’Ascensione e che rivelerà il Figlio dell’Uomo nella sua gloria il giorno della sua venuta.

Il sigillo è un simbolo simile all’unzione. È su Cristo che Dio “ha messo il suo sigillo” (Gv 6,27), ed è in lui che il Padre ci segna col suo sigillo. Il sigillo significa l’effetto indelebile (incancellabile) dell’unzione dello Spirito Santo nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine [ carattere n.d.r.]. Per questo, questi tre sacramenti non possono essere ripetuti.

L’imposizione delle mani è usata come simbolo perché è imponendo le mani che Gesù cura i malati e benedice i bambini. In suo nome, gli apostoli faranno lo stesso. È attraverso l’imposizione delle mani degli apostoli che viene dato lo Spirito Santo. La Chiesa ha mantenuto questo segno dell’effusione dello Spirito Santo nella sua epiclesi (invocazione) dello Spirito Santo nella consacrazione della Messa.

Il dito è un simbolo dello Spirito perché è attraverso il dito di Dio che Gesù espelle i demoni. La Legge di Dio è stata scritta su tavole di pietra “dal dito di Dio” (Es 31,18), e la lettera di Cristo è stata “scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (2Cor 3,3). L’inno Veni, Creator Spiritus invoca lo Spirito Santo come dito della destra del Padre.

La colomba è un altro bel simbolo dello Spirito. Alla fine del diluvio la colomba lasciata andare da Noè torna con un ramo d’ulivo nel becco, segno che la terra è di nuovo abitabile. Quando Cristo esce dall’acqua del suo Battesimo, lo Spirito Santo, sotto forma di una colomba, scende su di Lui e vi rimane. In alcune chiese, le ostie sono conservate in un recipiente metallico a forma di colomba (o columbarium) sospeso sopra l’altare.

Felipe Aquino | Apr 29, 2016
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I simboli dello Spirito nelle catechesi di Giovanni Paolo II

Udienza Generale del 17 ottobre 1990



1. Nel Nuovo Testamento è contenuta la rivelazione circa lo Spirito Santo come Persona
, sussistente col Padre e col Figlio nell’unità della Trinità. Ma non è rivelazione con i tratti marcati e precisi di quella riguardante le due prime Persone.
L’affermazione di Isaia, secondo cui il nostro è un “Dio nascosto” (Is 45, 15), si può riferire in particolare proprio allo Spirito Santo. Il Figlio, infatti, facendosi uomo, è entrato nella sfera della visibilità sperimentale per quelli che hanno potuto “vedere con i loro occhi e toccare con le loro mani qualcosa del Verbo della vita”, come dice san Giovanni (1 Gv 1, 1); e la loro testimonianza offre un concreto punto di riferimento anche per le generazioni cristiane successive. Il Padre, a sua volta, pur rimanendo nella sua trascendenza invisibile e ineffabile, si è manifestato nel Figlio. Diceva Gesù: “Chi vede me, vede il Padre” (Gv 14, 9). Del resto la “paternità” – anche a livello divino – è abbastanza conoscibile per l’analogia con la paternità umana, che è un riflesso, sia pure imperfetto, di quella increata ed eterna, come dice san Paolo (Ef 3, 15).

2. La Persona dello Spirito Santo, invece, è più radicalmente al di là di tutti i nostri mezzi di avvicinamento conoscitivo.
Per noi la Terza Persona è un Dio nascosto e invisibile, anche perché ha analogie più fragili in ciò che avviene nel mondo della conoscenza umana. La stessa genesi e spirazione dell’amore, che nell’anima umana è un riflesso dell’Amore increato, non ha la trasparenza dell’atto conoscitivo, che in qualche modo è autocosciente. Di qui il mistero dell’amore, a livello psicologico e teologico, come fa notare san Tommaso. Si spiega così che lo Spirito Santo – come lo stesso amore umano – trovi espressione specialmente nei simboli. Questi indicano il suo dinamismo operativo, ma anche la sua Persona presente nell’azione.

3. Così il simbolo del VENTO, che è centrale nella Pentecoste, evento fondamentale nella rivelazione dello Spirito Santo: “Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano (i discepoli con Maria)” (At 2, 2).
Il vento viene spesso presentato, nei testi biblici e altrove, come una persona che va e viene. Così fa Gesù nel colloquio con Nicodemo, quando prende l’esempio del vento per parlare della persona dello Spirito Santo: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3, 8).
L’azione dello Spirito Santo, per cui si “nasce dallo Spirito” (come avviene nella figliolanza adottiva operata dalla grazia divina) è paragonata al vento.
Questa analogia impiegata da Gesù mette in rilievo la totale spontaneità e gratuità di questa azione, per mezzo della quale gli uomini sono resi partecipi della vita di Dio. Il simbolo del vento sembra rendere in modo particolare quel soprannaturale dinamismo, per mezzo del quale Dio stesso si avvicina agli uomini, per trasformarli interiormente, per santificarli e – in certo senso, secondo il linguaggio dei Padri – per divinizzarli.

4. Bisogna aggiungere che dal punto di vista etimologico e linguistico il simbolo del vento è quello più strettamente connesso con lo Spirito.  Qui basti ricordare soltanto il senso della parola “ruah” (Gen 1, 2), cioè “il soffio”.
Sappiamo che quando Gesù, dopo la risurrezione, appare agli apostoli, “alita” su di loro e dice: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22-23).

Occorre anche notare che il simbolo del vento, in riferimento esplicito allo Spirito Santo e alla sua azione, appartiene al linguaggio e alla dottrina del Nuovo Testamento. Nell’Antico Testamento il vento, come “uragano”, propriamente è l’espressione dell’ira di Dio (cf. Ez 13, 13), mentre il “mormorio di un vento leggero”, parla dell’intimità della sua conversazione con i profeti (cf. 1 Re 19, 12). Lo stesso termine è usato per indicare l’alito vitale, significativo della potenza di Dio, che restituisce la vita agli scheletri umani nella profezia di Ezechiele (Ez 37, 9): “Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”. Col Nuovo Testamento il vento diventa dichiaratamente simbolo dell’azione e della presenza dello Spirito Santo.

5. Altro simbolo: la COLOMBA, che secondo i sinottici e il Vangelo di Giovanni si manifesta in occasione del battesimo di Gesù nel Giordano. Questo simbolo è più adatto di quello del vento per indicare la Persona dello Spirito Santo, perché la colomba è un essere vivente, mentre il vento è solo un fenomeno naturale. Gli evangelisti ne parlano in termini quasi identici. Scrive Matteo (Mt 3, 16): “Si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui”(cioè su Gesù). Similmente Marco (Mc 1,10), Luca (Lc 3, 21-22), Giovanni (Gv 1, 32).
A motivo dell’importanza di questo momento nella vita di Gesù, che riceve in modo visibile l’“investitura messianica”, il simbolo della colomba si è consolidato nelle immagini artistiche, e nella stessa rappresentazione immaginativa del mistero dello Spirito Santo, della sua azione e della sua Persona.
Nell’antico Testamento la colomba era stata messaggera della riconciliazione di Dio con l’umanità ai tempi di Noè. Essa infatti aveva portato a quel patriarca l’annuncio della cessazione del diluvio sulla superficie della terra (cf. Gen 8, 9-11).
Nel Nuovo Testamento questa riconciliazione avviene mediante il battesimo, del quale parla Pietro nella sua prima Lettera, mettendolo in riferimento alle “persone . . . salvate per mezzo dell’acqua” nell’arca di Noè (1 Pt 3, 20-21). Si può dunque pensare a una anticipazione del simbolo pneumatologico, perché lo Spirito Santo, che è Amore, “versando quest’amore nei cuori degli uomini”, come dice san Paolo (Rm 5, 5), è anche il datore della pace, che è dono di Dio.

6. E ancora: l’azione e la Persona dello Spirito Santo sono indicate anche con il simbolo del FUOCO.
Sappiamo che Giovanni Battista annunciava sul Giordano: “Egli (cioè il Cristo) vi battezzerà in Spirito e fuoco” (Mt 3, 11).
Il fuoco è fonte di calore e di luce, ma è anche una forza che distrugge. Per questo nei Vangeli si parla di “gettare nel fuoco” l’albero che non porta frutto (Mt 3, 10); si parla anche di “bruciare la pula in un fuoco inestinguibile” (Mt 3, 12). Il battesimo “in Spirito e fuoco” indica la potenza purificatrice del fuoco: di un fuoco misterioso, che esprime l’esigenza di santità e di purezza di cui lo Spirito di Dio è portatore.
Gesù stesso diceva: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12, 49).
In questo caso si tratta del fuoco dell’amore di Dio, di quell’amore che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5, 5).
Quando il giorno di Pentecoste sopra le teste degli apostoli “apparvero lingue come di fuoco”, esse significavano che lo Spirito portava il dono della partecipazione all’amore salvifico di Dio. Un giorno san Tommaso avrebbe detto che la carità – il fuoco portato da Gesù Cristo sulla terra – è “una certa partecipazione dello Spirito Santo”.
In questo senso il fuoco è un simbolo dello Spirito Santo, la cui Persona nella Trinità divina è Amore.

Udienza Generale del 17 ottobre 1990


1. Nel suo intervento nella sinagoga di Nazaret, all’inizio della vita pubblica, Gesù applica a sé un testo di Isaia che dice: “Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’UNZIONE” (Is 61, 1; cf. Lc 4, 18).

È un altro simbolo che dall’Antico passa al Nuovo Testamento con un significato più preciso e nuovo, come è avvenuto per i simboli del vento, della colomba, del fuoco, dei quali abbiamo visto nelle ultime catechesi il riferimento all’azione e alla Persona dello Spirito Santo. Anche l’unzione con l’olio appartiene alla tradizione dell’Antico Testamento. Ricevevano l’unzione prima di tutto i re, ma anche i sacerdoti e talvolta i profeti. Il simbolo dell’unzione con l’olio doveva esprimere la forza necessaria all’esercizio dell’autorità.
Il testo citato di Isaia sulla “consacrazione con l’unzione” riguarda la forza di natura spirituale necessaria all’adempimento della missione data da Dio a una persona da lui scelta e mandata.
Gesù ci dice che questo eletto di Dio è lui stesso, il Messia: e la pienezza della forza a lui conferita – pienezza dello Spirito Santo – è la sua proprietà di Messia (= Unto del Signore, Cristo).

2. Negli Atti degli apostoli, Pietro accenna similmente all’unzione ricevuta da Gesù, quando ricorda “come Dio consacrò con l’unzione di Spirito Santo e di forza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10, 38). Come l’olio penetra il legno o altre materie, così lo Spirito Santo pervade tutto l’essere del Messia-Gesù, conferendogli la potenza salvifica di curare i corpi e le anime. Per mezzo di questa unzione con lo Spirito Santo, il Padre ha operato la consacrazione messianica del Figlio.

3. La partecipazione all’unzione dell’umanità di Cristo in Spirito Santo passa su tutti coloro che lo accolgono nella fede e nell’amore. Essa avviene a livello sacramentale nelle unzioni con l’olio, il cui rito fa parte della liturgia della Chiesa, specialmente nel battesimo e nella cresima. Come scrive san Giovanni nella sua prima Lettera, essi hanno “l’unzione ricevuta dal Santo”, ed essa “rimane”, in loro. Quest’unzione costituisce la fonte della conoscenza: “Avete l’unzione ricevuta dal Santo e tutti avete la scienza”, così che “non avete bisogno che alcuno vi ammaestri . . . la sua unzione vi insegna ogni cosa” (1 Gv 2, 20. 27).
In questo modo si adempie la promessa fatta da Gesù agli apostoli: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1, 8).

Nello Spirito, dunque, è la fonte della conoscenza e della scienza, in lui la sorgente della forza necessaria per rendere testimonianza alla verità divina. Nello Spirito è anche l’origine di quel soprannaturale “senso della fede” che, secondo il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 12), è l’eredità del popolo di Dio, secondo quanto dice san Giovanni: “Tutti avete la scienza” (1 Gv 2, 20).

4. Anche il simbolo dell’ ACQUA appare spesso già nell’Antico Testamento. Presa in modo molto generico, l’acqua simboleggia la vita elargita da Dio alla natura e agli uomini. Leggiamo in Isaia: “Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in sorgenti” (Is 41, 18): è un’allusione all’influenza vivificante dell’acqua. Il profeta applica questo simbolo allo Spirito, mettendo in parallelo acqua e Spirito di Dio, quando proclama quest’oracolo: “Io farò scorrere acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido; spanderò il mio Spirito sulla tua discendenza . . . cresceranno come erba in mezzo all’acqua . . .” (Is 44, 3-4). Così viene indicata la potenza vivificante dello Spirito, simboleggiata dalla potenza vivificante delle acque.

Inoltre, l’acqua libera la terra dalla siccità (cf. 1 Re 18, 41-45). L’acqua serve anche a soddisfare la sete dell’uomo e degli animali. La sete d’acqua viene presa come similitudine della sete di Dio, come si legge nel libro dei Salmi: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 42, 2-3).

L’acqua è infine il simbolo della purificazione, come si legge in Ezechiele: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli” (Ez 36, 25). Lo stesso Profeta annuncia la potenza vivificante dell’acqua in una suggestiva visione: “Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente . . . Mi disse: «Queste acque escono di nuovo nella regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sboccate in mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà . . .»” (Ez 47, 1. 8-9).

5. Nel Nuovo Testamento la potenza purificatrice e vivificante dell’acqua serve per il rito del battesimo già con Giovanni, che sul Giordano amministrava il battesimo di penitenza (cf. Gv 1, 33). Ma sarà Gesù a presentare l’acqua come simbolo dello Spirito Santo, quando in un giorno di festa esclamerà davanti alla folla: «Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, “fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno»”. E l’evangelista commenta: “Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui; infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7, 37-39).

Con queste parole si spiega anche tutto ciò che Gesù dice alla samaritana sull’acqua viva, sull’acqua che viene data da lui stesso. Quest’acqua diventa nell’uomo “sorgente di acqua zampillante per la vita eterna” (Gv 4, 10. 14).

6. Sono tutte espressioni della verità rivelata da Gesù sullo Spirito Santo, di cui è simbolo l’“acqua viva”, e che nel sacramento del battesimo si tradurrà nella realtà della nascita dallo Spirito Santo. Qui confluiscono anche molti altri passi dell’Antico Testamento, come quello sull’acqua che Mosè, per ordine di Dio, fece uscire dalla roccia (cf. Es 17, 5-7; Sal 77, 16), e l’altro sulla sorgente accessibile alla casa di Davide . . . per lavare il peccato e l’impurità (cf. Zc 13, 1; 14, 8); mentre il coronamento di tutti questi testi si troverà nelle parole dell’Apocalisse sul fiume d’acqua viva, limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita . . . Le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni . . . (Ap 22, 1-2). Secondo gli esegeti, le acque vive e vivificanti simboleggiano lo Spirito, come lo stesso Giovanni ripete più volte nel suo Vangelo (cf. Gv 4, 10-14; 7, 37-38). In questa visione dell’Apocalisse si intravede la stessa Trinità. È anche significativo quel riferimento al risanamento delle nazioni mediante le foglie dell’albero, alimentato dall’acqua viva e salubre dello Spirito.

Se il popolo di Dio “beve questa bevanda spirituale”, secondo san Paolo, è come Israele nel deserto, che attingeva “da una roccia che era il Cristo” (1 Cor 10, 1-4). Dal suo fianco trafitto sulla croce “uscì sangue e acqua” (Gv 19, 34), in segno della finalità redentrice della morte, subita per la salvezza del mondo. Frutto di questa morte redentrice è il dono dello Spirito Santo, da lui concesso in abbondanza alla sua Chiesa.

Davvero “sorgenti d’acqua viva sono uscite dall’interno” del mistero pasquale di Cristo, divenendo, nelle anime degli uomini, come dono dello Spirito Santo, “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14). Questo dono proviene da un Donatore ben discernibile nelle parole di Cristo e dei suoi apostoli: la Terza Persona della Trinità.