1 Maggio
Giuseppe lavoratore.
La santità di partecipare all’opera creatrice di Dio


San Giuseppe

Il lavoro è partecipazione all’opera creatrice di Dio e per questo esso apre la strada alla santità: vivere il proprio mestiere come una vocazione significa mostrare al mondo quell’alterità che dà senso all’umana esistenza. Patrono di questa preziosa opera di tessitura dell’Infinito nel quotidiano impegno non poteva che essere san Giuseppe. Il carpentiere di Nazareth con il suo lavoro diede sostentamento alla famiglia destinata a diventare casa di Dio in mezzo all’umanità. Così siamo chiamati a fare tutti noi, donne e uomini: mettere a frutto i nostri doni per fare spazio a Dio in questo mondo e custodire così l’unica vera radice di futuro. La memoria liturgica odierna fu istituita nel 1955 da Pio XII proprio per testimoniare l’importanza del lavoro nella visione cristiana: un messaggio che oggi continua a risuonare in tutta la sua portata profetica.
Altri santi. San Geremia, profeta (650-587 a.C.); san Riccardo Pampuri, religioso (1897-1930).

Matteo Liut
Avvenire


L’attività umana nell’universo.

Dalla Costituzione pastorale “Gaudium et spes” del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.

Con il suo lavoro e con l’ingegno l’uomo ha sempre cercato di sviluppare maggiormente la sua vita. Oggi poi specialmente con l’aiuto della scienza e della tecnica ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta la natura e principalmente in forza dei maggiori mezzi dovuti all’intenso scambio tra le nazioni, la famiglia umana poco alla volta si riconosce e si costituisce come una comunità unitaria nel mondo intero. Da qui viene che molti beni che l’uomo si aspettava soprattutto dalle forze superiori, oggi ormai se li procura con la propria iniziativa. Di fronte a questo immenso sforzo che investe ormai tutto il genere umano, sorgono tra gli uomini parecchi interrogativi. Qual è il senso e il valore dell’attività umana? Come si deve usare dei suoi frutti e delle sue risorse? Al raggiungimento di quale fine tendono gli sforzi sia dei singoli che delle collettività?
La Chiesa, che custodisce il deposito della parola di Dio, fonte dei principi religiosi e morali, anche se non ha sempre pronta la risposta alle singole questioni, desidera unire la luce della rivelazione alla competenza di tutti, perché sia illuminata la strada che l’umanità ha da poco imboccato.
Per i credenti è certo che l’attività umana individuale e collettiva, con quello sforzo immenso con cui gli uomini lungo i secoli cercano di cambiare in meglio le condizioni di vita, risponde al disegno divino. L’uomo, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il mandato di sottomettere a sé la terra con tutto ciò che è contenuto in essa, di governare il mondo nella giustizia e nella santità, di riconoscere Dio come creatore di tutto e, conseguentemente, di riferire a lui stesso e tutti l’universo, di modo che, assoggettate all’uomo tutte le cose, il nome di Dio sai glorificato su tutta le terra.
Questo vale pienamente anche per il lavoro di ogni giorno.
Quando uomini e donne per procurare il sostentamento a sé e alla famiglia, esercitano il proprio lavoro così da servire la società, possono giustamente pensare che con la loro attività prolungano l’opera del Creatore, provvedono al benessere dei fratelli e concorrono con il personale contributo a compiere il disegno divino nella storia. I cristiani pensano che quanto gli uomini hanno prodotto con il loro ingegno e forza non si oppone alla potenza di Dio, né creatura razionale sia quasi rivale del Creatore. Sono persuasi che le vittorie del genere umano sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno.
Quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si amplia la responsabilità, sia individuale che collettiva. Gli uomini non sono distolti dalla edificazione del mondo dal messaggio cristiano, né sono spinti a disinteressarsi del bene dei loro simili, ma anzi ad operare più intensamente per questo scopo.(Nn. 33-34).

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