25 Aprile
Festa di San Marco
Oggi la Chiesa celebra la festa dell’Evangelista San Marco,
“protagonista” del viaggio di Papa Francesco in Egitto.
La riflessione di Paolo VI su San Marco
(a cura Redazione “Il sismografo” – Luis Badilla)
Come è ben noto venerdì 28 e sabato 29 prossimi Papa Francesco visiterà l’Egitto dove lo attendono come fratello e pellegrino della pace. Accoglieranno al Santo Padre le autorità del Paese, guidate dal generale Al Sisi, i musulmani, in particolare i sunniti con a capo il Grande Imam di Al Azhar Al Tayyeb, la piccola ma coraggiosa Chiesa copta cattolica e la Chiesa copta ordossa del Patriarca Tawadros II.
La Chiesa copta in Egitto fu fondata nel I secolo e questa sua “nascita” è legata storicamente alla predicazione di San Marco, che scrisse il suo Vangelo nel I secolo e quindi portò il cristianesimo in Egitto da Roma ai tempi di Nerone, quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia che successe al padre adottivo Claudio nell’anno 54 e che governò per circa quattordici anni, fino al suo suicidio, avvenuto all’età di 30 anni.
La parola “Copto” deriva dalla parola con cui gli antichi greci indicavano il popolo egiziano autoctono: “Aigyptioi”, poi passata attraverso l’arabo “gipt” e infine divenuta poi “qibt”.
Dalla nascita allo scisma
“Dopo i primi secoli di vita in comunione con Roma nel V secolo, tra il 431 e il 451, si consumò lo scisma della Chiesa copta dalla Chiesa latina e greca. Al Concilio di Efeso (431) le cinque grandi Chiese Madri (Gerusalemme, Alessandria, Roma, Antiochia e Costantinopoli) si erano trovate d’accordo nello stabilire “un’unione perfetta della divinità e dell’umanità di Cristo”. Nel Concilio di Calcedonia (451), invece, fu adottata la formula delle “due nature in Cristo”. La Chiesa di Alessandria rifiutò questa definizione, seguita dalle chiese: apostolica armena, ortodossa siriaca e ortodossa d’Etiopia e ortodossa indiana. Queste chiese rimasero fedeli ai concili precedenti; per questo motivo vengono anche chiamate “pre-calcedonesi”.” (1)
Ripresa del cammino ecumenico
Fra i Copti egiziani e i Cattolici in comunione con Roma è rimasto in tutti questi secoli un anello di congiunzione fondamentale, venerato e riconosciuto dalla due chiese: l’Evangelista San Marco e nel corso della visita di Papa Francesco al Cairo sarà senza dubbio il “protagonista” principale dell’incontro e dell’abbraccio ecumenico nel ricordo di tanti martiri dell’una e dell’altra chiesa.
“Dopo il concilio Vaticano II, Chiesa cattolica e Chiesa copta hanno iniziato un cammino ecumenico di dialogo. Questo ha portato nel 1973 al primo incontro, dopo quindici secoli, tra papa Paolo VI ed il patriarca dei copti papa Shenuda III. Insieme decisero di iniziare un dialogo teologico, il cui frutto principale è stata la dichiarazione comune del 10 maggio 1973, formalizzata poi, dopo l’approvazione del Santo Sinodo della Chiesa copta ortodossa e dopo ulteriori approfondimenti, da una nuova dichiarazione tra delegazioni, avvenuta il 12 febbraio 1988 (la Chiesa cattolica era allora guidata da papa Giovanni Paolo II), che esprime un accordo ufficiale sulla cristologia. La dichiarazione comune sulla fede cristologica mette fine a secoli di incomprensione e di reciproca diffidenza. Così i due pontefici si esprimono: Crediamo che il Nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo, il Verbo Incarnato è perfetto nella Sua Divinità e perfetto nella Sua Umanità. Ha reso la Sua Umanità una con la Sua Divinità senza mescolanza, commistione o confusione. La Sua Divinità non è stata separata dalla Sua Umanità neanche per un momento o per un batter d’occhio. Al contempo anatemizziamo la dottrina di Nestorio e di Eutiche.»” (2)
L’incontro successivo, tra papa Shenouda III e san Giovanni Paolo II, ebbe luogo al Cairo nel febbraio del 2000, durante il pellegrinaggio giubilare. La riunione più recente, a distanza di quarant’anni dall’incontro dei loro predecessori (1973), è del 10 maggio 2013, quando papa Francesco e papa Tawadros II, entrambi recentemente eletti alla guida delle loro Chiese, si sono incontrati a Roma.
Il gesto profetico di Paolo VI
La cattedrale ortodossa copta di San Marco, chiesa situata nel distretto di Abbasyia al Cairo (e perciò conosciuta anche come cattedrale di Abbassia o Abbasyia), è la sede del Papa Patriarca copto ortodosso Tawadros II. La chiesa è intitolata a San Marco Evangelista, come già ricordato considerato e venerato come il fondatore della Chiesa copta. Alcune sue reliquie sono conservate all’interno del tempio. Nel giugno 1968, papa Paolo VI fece restituire ai copti ortodossi dell’Egitto una parte delle reliquie dell’Evangelista a seguito di una richiesta del patriarca Cirillo VI in occasione delle celebrazioni dei millenovecento anni dal martirio di san Marco. Le reliquie del Santo furono trafugate nell’828 e portate a Venezia. Le parti restituite da Papa Montini furono «deposte con grande devozione» in un altare costruito proprio a questo scopo e si trovano tuttora lì. Nel tempio si venerano anche le reliquie di sant’ Atanasio, patriarca di Alessandria.

L’Evangelista San Marco nelle riflessioni di Paolo VI
(Testo della catechesi nell’Udienza generale del 25 aprile 1967)
Diletti Figli e Figlie!
La vostra visita coincide con la festa d’un santo, che Ci è molto caro: San Marco Evangelista. Perché molto caro? Perché, secondo un’antichissima testimonianza del secondo secolo, quella di Papia, riportata da Eusebio nella sua Storia della Chiesa (III, 39, 15), Marco «era stato l’interprete di Pietro». E così tutta la tradizione successiva (cf. Lagrange, Introdud. XXI, ss.), tanto che San Girolamo, nel suo libro sugli Scrittori ecclesiastici, scrive: «Marco, discepolo e interprete di Pietro, pregato dai fratelli (della comunità) di Roma, scrisse un breve Vangelo secondo quanto egli aveva ascoltato Pietro riferire» (c. 8). E che Pietro avesse particolare affezione a Marco ce lo dice, alla fine della sua prima lettera, Pietro stesso, che scrivendo da Roma ai cristiani dell’Asia Minore, verso gli anni 63-64, nomina solo Marco e gli dà il titolo di «figlio mio» (2 Petr. 5, 13); titolo che indica un’affezione di lunga data, spirituale, e forse anche fondata su qualche parentela familiare (cf. Hophan, Gli Apostoli, 314, ss.).
PROFONDA BENEVOLENZA DEI PRINCIPI DEGLI APOSTOLI
La storia di Marco (di Giovanni, suo nome ebraico, detto Marco, nome latino; cf. Act. 12, 12) è interessantissima; s’intreccia forse con quella di Gesù, nell’episodio del ragazzo che, nella notte della cattura di Lui nell’orto degli ulivi, lo seguiva, dopo la fuga dei discepoli, coperto da un lenzuolo – per curiosità? per devozione? – ma quando coloro che avevano arrestato Gesù, fecero per afferrarlo, il ragazzo lasciò loro nelle mani il lenzuolo, e sgusciò via da loro (Marc. 14, 52). Ma soprattutto la storia di Marco si fonde con quella degli Apostoli: Paolo e Barnaba, specialmente, che egli segue a Cipro nella prima spedizione apostolica (era cugino di Barnaba), e che poi, forse stanco, forse impaurito, giunto a Perge, nella Pamfilia, egli abbandona per ritornarsene solo da sua madre, a Gerusalemme (Act. 13, 13). Paolo ne fu addolorato; tanto che non lo volle compagno, tre o quattro anni dopo, nel secondo viaggio, nonostante che Barnaba intercedesse; così che Barnaba e Marco lasciarono Paolo con Sila per navigare a Cipro (Act. 15, 37-40). Ma poi Paolo deve aver perdonato a Marco la sua prima infedeltà nella fatica apostolica, perché tre volte lo nomina amorevolmente nelle sue lettere (Philem. 24; Col. 4, 10; 2 Tim. 4, 11).
E dei rapporti fra l’apostolo Pietro e Marco, oltre a quelli accennati, poco sappiamo; ma ci basta qui far nostra la conclusione della tradizione e degli studi moderni: il Vangelo di San Marco è una riproduzione scritta della catechesi narrativa dell’apostolo Pietro a Roma; esso riflette, senza intenti letterari, ma con grande semplicità e vivezza di particolari, i racconti di S. Pietro circa le memorie di lui; la sua documentazione è principalmente, se non la sola, la parola stessa dell’Apostolo, riportata come la relazione genuina d’un testimonio oculare, che conserva di Gesù la più immediata impressione.
LA RIPRODUZIONE SCRITTA DELLA CATECHESI DI PIETRO
La figura di San Pietro, nel secondo Vangelo, quello appunto di Marco, appare con qualche particolare risalto, sebbene non mai adulata, ma meglio delineata, anche nella descrizione dei suoi falli; ma è la figura del Maestro, quella «di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Marc. 1, 1), che campeggia umile e grande insieme, semplice e prodigiosa, meravigliosa, avvincente. Non è una figura idealizzata, descritta con fantasia d’artista; è una figura veduta, quella veduta da Pietro. «Raccontando la storia del Cristo, egli la viveva di nuovo. Egli udiva parlare il Signore, lo vedeva muoversi ed agire» (Huby, S. Marco, XXII).
Perciò San Marco ci ha lasciato in brevi pagine disadorne e non sempre ordinate, ma estremamente sincere e vive, l’immagine di Cristo, come San Pietro la ricordava e la portava scolpita nella semplicità fedele, umile ed entusiasta del suo cuore, realisticamente. Ecco perché Ci è caro San Marco: egli ci riporta il profilo di Cristo, nello sfondo del disegno sinottico primitivo (cf. Vannutelli), visto da San Pietro. E San Pietro, offrendoci la visione sensibile e scenica di Cristo, c’introduce alla conoscenza di Cristo quale veramente è; una conoscenza che solo la fede in qualche modo può afferrare e penetrare.
L’INSEGNAMENTO PER I FEDELI DI OGGI
Ed ecco anche perché a voi, diletti Figli e Figlie, che oggi vediamo in così grande numero ed in tanto fervore intorno alla tomba di San Pietro, raccomandiamo ciò che più preme, ciò che più vale: la conoscenza di quel Gesù, che Pietro qui a Roma, per il mondo intero, annunciò; l’adesione a quella fede in Cristo Signore, per amore del Quale egli fu apostolo e fu martire; fede che qui potete attingere, dove l’autenticità evangelica la sigilla, e dove essa si perpetua nella sua nativa e limpida veracità e nella sua coerente e secolare fecondità nel magistero della Chiesa ed è simboleggiata dalla stabilità della pietra, che da Cristo all’Apostolo fu data in nome e alla Chiesa per fondamento.
Poco altro sappiamo di San Marco; da Roma egli si recò in Egitto e fu il fondatore riconosciuto della Chiesa di Alessandria; le sue reliquie, Venezia gloriosa e devota le custodisce; ma il suo Vangelo di qua soprattutto rifulge, dove Pietro e Paolo, suoi maestri, fecero di Marco l’Evangelista contrassegnato dal simbolo del leone. Un atto di fede in Cristo, e un atto d’amore a Lui sono attesi da voi, Figli carissimi, per dare a questa Udienza il suo pieno significato ed il suo merito; ed è ciò che vi invitiamo a fare col Credo, che alla fine dell’udienza, prima di congedarvi con la Nostra Benedizione Apostolica, insieme noi canteremo.
(1) – (2) – Fonti di Wikipedia.