Liturgia

Vangelo della Settimana

III settimana di Pasqua
Commento di Paolo Curtaz

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Lunedì 24 Aprile >
(Feria – Bianco)
Lunedì della III settimana di Pasqua
At 6,8-15   Sal 118   Gv 6,22-29: Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna.
Martedì 25 Aprile >
(FESTA – Rosso)
SAN MARCO
1Pt 5,5-14   Sal 88   Mc 16,15-20: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Mercoledì 26 Aprile >
(Feria – Bianco)
Mercoledì della III settimana di Pasqua
At 8,1-8   Sal 65   Gv 6,35-40: Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.
Giovedì 27 Aprile >
(Feria – Bianco)
Giovedì della III settimana di Pasqua
At 8,26-40   Sal 65   Gv 6,44-51: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Venerdì 28 Aprile >
(Feria – Bianco)
Venerdì della III settimana di Pasqua
At 9,1-20   Sal 116   Gv 6,52-59: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Sabato 29 Aprile >
(FESTA – Bianco)
SANTA CATERINA DA SIENA
1Gv 1,5-2,2   Sal 102   Mt 11,25-30: Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
Domenica 30 Aprile >
(DOMENICA – Bianco)
IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)
At 2,14.36-41   Sal 22   1Pt 2,20-25   Gv 10,1-10: Io sono la porta delle pecore.

Lunedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,22-29: Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna.

Commento su Gv 6,22-29
Quante volte anche noi cerchiamo Dio solo perché ci riempie la pancia, perché pensiamo che esaurisca i nostri desideri, le nostre ambizioni. Quante volte anche noi, se siamo onesti, dobbiamo ammettere di cercare Dio perché abbiamo paura della vita, perché non capiamo, perché speriamo che egli ci possa aiutare e sostenere nel nostro cammino. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci si è rivelato un’autentica catastrofe: il messaggio di Gesù era chiaro, davanti alla fame degli uomini il discepolo è chiamato a mettere in gioco tutto quello che ha, anche se poco. La folla ha capito l’esatto contrario: davanti alla fame del mondo ecco che Dio trova le soluzioni. Il peggio accade quando la folla lo cerca per farlo re, chi di noi non voterebbe un governo che invece di chiedere tasse regalasse soldi? Gesù è profondamente amareggiato e alla folla che lo ha raggiunto, spiazzata dall’atteggiamento del Signore, e con verità dice ciò che pensa: lo stanno cercando perché ha riempito loro la pancia. Chiediamoci se la nostra fede, a volte, non assomiglia alla loro e cerchiamo il risorto perché sazia la nostra fame di felicità. Niente di meno.

Martedì 25 Aprile (FESTA – Rosso) SAN MARCO
Mc 16,15-20: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

l passo di Marco appartiene a quello che si chiama “il luogo finale di Marco” che contiene il racconto delle apparizioni e l’ordine missionario dato ai Dodici (Mc 16,14) e con loro alla Chiesa intera (Mt 28,18-20). Il nostro testo comincia con il testamento del Signore. Le prime parole sono un comandamento ed un invio: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”. La Chiesa deve predicare, cioè la sua missione evangelizzatrice è un comandamento del Signore risorto. I destinatari sono tutti gli uomini che esistono al mondo: “ogni creatura”. Ciò indica che tutti gli uomini hanno il bisogno e il compito di ascoltare il vangelo della salvezza. Il contenuto, l’oggetto della predica, è il Vangelo, il lieto messaggio della salvezza attraverso Gesù Cristo, la sua persona e la sua opera. Questo annuncio è chiamato predica, cioè essa è solenne e pubblica, fatta con coraggio e fiducia nel nome di Dio salvatore. Il testo continua insistendo sulla trascendenza dell’annuncio e della sua accoglienza: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,16). Ci troviamo così davanti alle parole più importanti nella vita dell’uomo: salvezza e condanna. La fede e il battesimo sono le parole della vita; l’incredulità è la porta della condanna (cf. Gv 3,14-21).
Vengono poi enumerati una serie di segni miracolosi che daranno credito agli inviati: scacciare gli spiriti maligni, dono delle lingue, immunità contro i morsi dei serpenti e contro i veleni, e infine il dono della guarigione. Tutti questi sono fenomeni carismatici che accompagnano il cammino della Chiesa lungo la storia.
Il testo termina con la proclamazione dell’Ascensione di Gesù e il suo stabilirsi alla destra di Dio (Mc 16,19) e con una breve indicazione sulla realizzazione del comando della missione degli apostoli, che portano il vangelo dappertutto con l’aiuto del Signore (cf. Mt 28,20). Molti segni li accompagnano (Mc 16,20). La Chiesa missionaria è in cammino, il comandamento è indirizzato a tutti.

In questa giornata la Chiesa celebra con gioia la memoria dell’evangelista Marco. Il suo Vangelo, il più breve, il primo, probabilmente è stato suggerito dal suo amico e maestro, l’apostolo Pietro. Che compagnia!
Il Vangelo di Marco ha avuto una strana storia all’interno della Chiesa. A causa di una scorretta e approssimativa interpretazione quasi da subito è stato interpretato come se fosse un riassunto del Vangelo di Matteo, ben più sviluppato e corposo. Solo grazie agli studi di critica testuale della seconda metà dell’ottocento, si è invece capita la straordinaria importanza di questo testo all’apparenza così semplice. È Marco ad avere inventato il Vangelo è lui che ha voluto mettere per iscritto quello che la prima predicazione diceva a voce, destinando la sua opera ad una comunità proveniente dal mondo pagarono, forse i cristiani di Roma, che si preparavano a ricevere il battesimo. Un vangelo in presa diretta, vivace, che cerca di rispondere alla domanda: chi è veramente Gesù di Nazareth? È bellissimo pensare che persone concrete come il giovane Giovanni Marco, un adolescente ai tempi di Gesù, abbiano dedicato tanta fatica per condividere con noi la loro straordinaria esperienza di fede. Così la Chiesa avanza lungo i secoli raccontando da bocca a orecchio l’esperienza che uomini e donne come noi, e prima di noi, hanno vissuta. Ringraziamo Marco per la sua fatica, per la sua passione, per il suo coraggio.

Martedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,30-35: Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo.

Commento su Gv 6,30-35
Gesù ha appena sfamato cinquemila capi-famiglia in quello che è il peggiore dei suoi miracoli, quello peggio interpretato. È fuggito quando la folla lo voleva fare re; ora, raggiunto dalla gente, inizia una feroce polemica con chi, invece di cercare Dio per Dio, lo cerca per avere la pancia piena. Gesù chiede di credere nelle sue parole, di fidarsi di lui e la gente cosa vuole da lui? Un segno! Un miracolo, l’ennesimo! Come se non fosse bastato sfamare una tale quantità di persone! Abbiamo sempre bisogno di segni della presenza di Dio, chiediamo sempre miracoli e apparizioni. Abbiamo una fede fragile, lunatica, scostante, altalenante. Invece di fidarci delle Parole del Signore, di imparare a leggere i tanti segni della sua presenza (anche oggi la nostra giornata è riempita di piccoli miracoli quotidiani…) corriamo dietro agli eventi straordinari che solleticano l’emozione senza convertire il cuore. Gesù, invece, viene per sfamare il nostro infinito desiderio di bene e di felicità, a nutrire la nostra anima, a colmare i nostri sogni. Gesù risorto si propone come orizzonte dell’intera vita, non come piccolo amuleto da tirare fuori nei giorni di difficoltà o di fame dell’anima!

Mercoledì della III settimana di Pasqua
Gv 6,35-40: Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.

Commento su Gv 6,35-40
Cosa vuole Dio da me? Che creda in lui? Che osservi i suoi comandamenti? Che obbedisca? Che lo serva? Gesù, nell’impegnativo discorso del pane di vita, ci dice chiaramente che Dio vuole da me una cosa sola: che io mi salvi. Quante volte proiettiamo addosso a Dio le nostre paure, le nostre insicurezze, i nostri fantasmi! Dio, allora, diventa un mostro esigente che pretende dalle sue creature obbedienza cieca. E la nostra vita si trasforma in un’ansiosa prova di abilità, un continuo processo, una prova d’esame. Non è così! Dio non è l’annoiato dispensatore di prodigi, né il potente da convincere, ma un tenerissimo padre che vuole per noi, suoi figli, la pienezza della felicità che egli solo può indicare. Se è così, allora, io e Dio abbiamo molte cose in comune. Principalmente il profondo e radicato bisogno di pienezza. Ma io, se sono onesto, devo ammettere di non sapere veramente cosa mi dia felicità. Dio, invece, sì. Sappiamo da chi andare se vogliamo saziare la nostra fame interiore. Il risorto vuole manifestarci la strada che ci porta verso Dio. Seguiamola con fiducia.

Giovedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,44-51: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Commento su Gv 6,44-51
Quando iniziamo un cammino di fede, coinvolgendo la nostra intelligenza e i nostri sentimenti; o quando alla fine di questo nostro percorso spesso irto di difficoltà ci “arrendiamo” al vangelo e professiamo la nostra fede… allora ci rendiamo conto che, in fondo, dietro tutto il nostro percorso e cammino, il Signore aveva già manifestato la sua discreta vicinanza. Cerchiamo colui che ci cerca, sentiamo che il nostro desiderio del Signore, in fondo, è lui stesso ad averlo suscitato in noi. Ma Gesù va oltre: credere significa avere la vita eterna, cioè la vita dell’Eterno. Spesso, erroneamente, pensiamo che la vita eterna sia qualcosa che ci capita alla fine del nostro sentiero cammino tragitto di vita, in un ipotetico e fumoso futuro di cui non sappiamo molto. L’eternità diventa, allora, una specie di premio per ripagarci di tutte le noiose cose cattoliche che abbiamo dovuto sopportare. Non è così: la vita eterna è già iniziata, la vita dell’Eterno si accende in noi quando crediamo, quando professiamo la nostra fede, quando scegliamo di diventare e vivere come discepoli del Nazareno. E in questo andare l’eucarestia diventa un incontro fondamentale, intenso, un dono che è il pane del cammino, la reale presenza di Cristo.

Venerdì della III settimana di Pasqua
G
v 6,52-59: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Commento su Gv 6,52-59
Ora esagera, il Signore, siamo seri. Ha chiesto alla folla di non cercare Dio per farsi riempire la pancia. Ha chiesto di fidarsi di lui e di credere in ciò che egli dice di Dio. Ha parlato di un Dio che sazia il cuore, che desidera intensamente comunicare all’uomo la sua stessa vita. Un Dio che chiama, che attira tutti a sé, che suscita in noi il desiderio di lui. Ha parlato di un cibo di cui nutrirsi per il cammino, un cibo che sostiene la fede, che anticipa ad oggi l’eternità. Ma ora esagera: chiede di nutrirsi di lui, di mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Non chiede certo di diventare dei cannibali! Ma di entrare in intima comunione con lui (il sangue è segno della vita e della vitalità, la carne il segno della debolezza). Per incontrare Dio dobbiamo essere intimamente uniti a Cristo, diventare suoi contemporanei, fidarci delle sue parole, nutrirci della sua presenza nel segno dell’eucarestia. Sì: io mi fido del Signore Gesù. Fatico, sono preso da mille dubbi e domande, ma mi fido. So che lui e il Padre sono una cosa sola, ho deciso da tempo di non seguire il serioso volto di Dio che mi porto nell’inconscio, ma quello radioso di cui ho fatto esperienza ascoltando e seguendo il Rabbì di Nazareth.

Sabato 29 Aprile (FESTA – Bianco) SANTA CATERINA DA SIENA
Mt 11,25-30: Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

Non è nostra intenzione indugiare nel porre in rilievo come nella vita e nell’attività esterna di Caterina le beatitudini evangeliche abbiano avuto un modello di superlativa verità e bellezza. Tutti voi, del resto, ricordate quanto sia stata libera nello spirito da ogni terrena cupidigia; quanto abbia amato la verginità consacrata al celeste sposo, Cristo Gesù; quanto sia stata affamata di giustizia e colma di viscere di misericordia nel cercare di riportare la pace in seno alle famiglie e alle città, dilaniate da rivalità e da odi atroci; quanto si sia prodigata per riconciliare la repubblica di Firenze con il Sommo Pontefice Gregorio IX, fino ad esporre alla vendetta dei ribelli la propria vita.
[…] Caterina da Siena offre nei suoi scritti uno dei più fulgidi modelli di quei carismi di esortazione, di parola di sapienza e di parola di scienza, che san Paolo mostrò operanti in alcuni fedeli presso le primitive comunità cristiane. […] Ed invero, quanti raggi di sovrumana sapienza, quanti urgenti richiami all’imitazione di Cristo in tutti i misteri della sua vita e della sua Passione, quanti efficaci ammaestramenti per la pratica delle virtù, proprie dei vari stati di vita, sono sparsi nelle opere della Santa! Le sue Lettere sono come altrettante scintille di un fuoco misterioso, acceso nel suo cuore ardente dall’Amore Infinito, ch’è lo Spirito Santo. […] Caterina fu la mistica del Verbo Incarnato, e soprattutto di Cristo crocifisso; essa fu l’esaltatrice della virtù redentiva del Sangue adorabile del Figliolo di Dio, effuso sul legno della croce con larghezza di amore per la salvezza di tutte le umane generazioni. Questo Sangue del Salvatore, la Santa lo vede fluire continuamente nel Sacrificio della Messa e nei Sacramenti, grazie al ministero dei  sacri ministri, a purificazione e abbellimento dell’intero Corpo mistico di Cristo. Caterina perciò potremmo dirla la “mistica del Corpo mistico” di Cristo, cioè della Chiesa.
D’altra parte la Chiesa è per lei autentica madre, a cui è doveroso sottomettersi, prestare riverenza ed assistenza. Quale non fu perciò l’ossequio e l’amore appassionato che la Santa nutrì per il Romano Pontefice! Ella contempla in lui “il dolce Cristo in terra”, a cui si deve filiale affetto e obbedienza.
[…] Il messaggio di una fede purissima, di un amore ardente, di una dedizione umile e generosa alla Chiesa cattolica, quale Corpo mistico e Sposa del Redentore divino: questo è il messaggio tipico di santa Caterina.
PAOLO VI, 4 ottobre 1970

Caterina da Siena, patrona dell’Italia e dell’Europa, veglia e prega per noi, oggi e ci invita a rimboccarci le maniche, col suo piglio tutto toscano di donna infiammata dall’amore per lo Sposo. Ascoltiamola.
È sorprendente vedere come lo Spirito agisca nella Storia, suscitando carismi nei momenti di maggiore difficoltà nella Chiesa. In particolare agisce quando, a causa del peccato e dell’incoerenza dei pastori, il gregge rischia di sbandarsi. E quando i pastori non ascoltano più la sua voce e pascono se stessi, ecco che lo Spirito si innervosisce e manda santi a raddrizzare la situazione. In un momento storico in cui il papato era inesorabilmente scivolato fra le maglie della politica arraffona dei potenti dell’epoca, Caterina, donna, illetterata, cittadina di una minuscola e fiera città toscana, alza forte la sua voce in nome di Cristo che le appare e dialoga con lei. Così richiama tutti alla verità: senza peli sulla lingua rimprovera i re arroganti e litigiosi, i cardinali che pensano solo ai denari, il papa, dolcissimo Cristo in terra, che, però, ha abbandonato Roma per Avignone. Con straordinaria originalità, Caterina si lascia condurre dal Signore e, attraverso continue apparizioni, diventa punto di riferimento equilibrato, pieno di buon senso spirituale per il suo tempo. E per ogni tempo che ha bisogno di persone come lei!

Sabato della III settimana di Pasqua
Gv 6,60-69: Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.

Commento su Gv 6,60-69
Se ne va la folla, e fa benissimo. Come si fa a star dietro alla valanga di parole che ha detto? E alle cose che chiede? E al volto di Dio inatteso e incredibile che professa? E all’esigenza di nutrirsi della sua presenza? Chi pretende di essere questo falegname che si è scoperto profeta? Anche noi siamo così: fino a quando Dio ci riempie la pancia va tutto bene: siamo soddisfatti, Dio è buono, il mondo è magnifico. Ma appena Dio diventa esigente, chiede qualcosa di più forte e importante, appena ci mette davanti alle nostre fragilità, allora tutto cambia: preferiamo andarcene piuttosto che continuare ad ascoltare. È duro il vangelo, perché negarlo? È esigente!, perciò, nella storia, abbiamo continuato ad annacquarlo, a modificarlo, a interpretarlo… Sono suoi discepoli coloro che se ne vanno: il Signore sempre ci lascia liberi, sempre. Gli apostoli, storditi, non sanno che fare, non sanno che dire. Nell’arco di poco tempo sono passati dalla gloria al fango: qui finisce la brillante carriera del Messia. E la loro. E Gesù, immenso, libero, straordinario, si gira verso di loro: volete andarvene anche voi? Non li supplica di restare, preferisce restare solo piuttosto che tradire il volto del Padre.