Sabato della V settimana di Quaresima
Ez 37,21-28   Ger 31,10-13   Gv 11,45-56: Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, ossia la risurrezione di Làzzaro, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Commento

di Silvano Fausti
Non si dice più nulla di Lazzaro qui, mentre a noi sarebbe interessato sapere se lo avessero slegato o no. Dipende da te adesso, dipende da te, dipende dal rapporto che hai con la morte e con la vita: se sleghi lui, sleghi te. Se tu hai un’altra visione della morte, hai un’altra visione della vita, sei illuminato sulla vita e allora sei sciolto, cammini, sai che la tua vita va incontro al Padre attraverso i fratelli. La reazione davanti a ciò che è accaduto è che molti credono. Quindi è la reazione di chi dice: “Così è bello”. Alcuni denunciano, i capi decidono di uccidere. Noi abbiamo un falso modello di uomo che uccide l’uomo, sono i modelli che tutti abbiamo. Chi è quello che eleggiamo per capo noi…in tutto il mondo? Quelli che ci dominano, ci scrutano, ci opprimono, ci tolgono la libertà, perché vorremmo essere come loro. Ma questo è essere non-uomini, questo è il pastore della Morte. Lui vuole darci il pastore della Vita! Siamo tutti liberi e che ci serviamo e amiamo gli uni gli altri, non che ci serviamo a vicenda e i prepotenti dominano sempre… Questa è l’uccisione dell’uomo che ci porta tutti nel sepolcro. Gesù viene a donarti la Vita e la Vita in abbondanza e la Vita è l’amore del Padre e dei fratelli. Non ce n’è altra, l’altra è morte! Per questo i capi decidono di ucciderlo, sono i falsi pastori…e siamo noi in quanto ci identifichiamo con i nostri capi che ci scegliamo perché ci rappresentano, rappresentano la menzogna che è in noi e a noi ci va benissimo. Per questo c’è l’illuminazione del cieco al capitolo 9. Chi è il fango di Gesù, capire chi è l’uomo, l’umanità, quest’uomo nuovo che è figlio di Dio, che dà la Vita. E Gesù verrà ucciso, appunto dai capi, ma proprio così Lui darà la Vita per tutti. E allora questa è la beffa del potere di Dio su tutti i potenti della terra che proprio quando credono di averlo sconfitto, Lui ha vinto! Perchè prorpio allora dice: “Vedrete che è vero che voi sapete dar solo la morte, io invece do la Vita, anche per voi che mi uccidete”. E questa è la testimonianza di Dio, la sua ira, che ci salva tutti che ci cambia l’immagine di Dio e di uomo, ci fa capire che Dio è Padre e ci ama, ce lo mostra il Figlio e ci fa capire che noi uomini siamo figli.


di Paolo Curtaz
Il segno della resurrezione di Lazzaro è insostenibile. In tutta Gerusalemme non si parla d’altro: Lazzaro passeggia per le strade, tutti lo hanno visto irrigidito nella morsa della morte. Com’è possibile continuare in questo modo? Il Sinedrio decreta la morte di Gesù (e di Lazzaro), il problema va risolto alla radice, senza indugiare ulteriormente! E Caifa’, il temuto sommo sacerdote, fa un’affermazione sconcertante: se Gesù continua con la sua predicazione, certamente verranno i romani a sedare le sommosse. Ora che il tempio funziona non bisogna scomodare Roma, e risolvere le cose fra ebrei. Gesù è pericoloso, suscita attese, smuove le folle, bisogna eliminarlo. Il ragionamento non fa un grinza, ed è perentorio: è meglio che un uomo solo muoia per tutti. E, senza saperlo, Caifa dice il vero: davvero Gesù morirà per tutto il popolo. Giovanni afferma che Caifa’, senza saperlo, sta profetizzando. È una persona squallida, un violento arrivista, un uomo spregiudicato e folle. Eppure dice il vero. Come se l’evangelista dicesse che il ruolo del Sommo sacerdote travalica la sua piccineria. Il sacerdote profetizza con verità, nonostante Caifa.


Meditazione di Papa Francesco:
“Il processo della tentazione”

È da tempo che i dottori della legge, anche i sommi sacerdoti, erano inquieti perché passavano cose strane nel Paese. Prima questo Giovanni, che alla fine lo lasciarono stare perché era un profeta, battezzava lì e la gente andava, ma non c’erano altre conseguenze. Poi è venuto questo Gesù, segnalato da Giovanni. Incominciò a fare dei segni, dei miracoli, ma soprattutto a parlare alla gente e la gente capiva, e la gente lo seguiva, e non sempre osservava la legge e questo inquietava tanto. “Questo è un rivoluzionario, un rivoluzionario pacifico… Questo porta a sé la gente, la gente lo segue…” (cf. Gv. 11,47-48). E queste idee li portarono a parlare fra loro: “Ma guarda, questo a me non piace… quell’altro…”, e così fra loro c’era questo tema di conversazione, di preoccupazione pure. Poi alcuni sono andati da lui per metterlo alla prova e sempre il Signore aveva una risposta chiara che a loro, dottori della legge, non era venuta in mente. Pensiamo a quella donna sposata sette volte, vedova sette volte: “Ma nel cielo, di quale di questi mariti sarà sposa?” (cf. Lc. 20,33). Lui rispose chiaramente e loro se ne sono andati un po’ svergognati per la saggezza di Gesù e altre volte se ne sono andati umiliati, come quando volevano lapidare quella signora adultera e Gesù disse alla fine: “Chi di voi è senza peccato getti la prima pietra” (cf. Gv. 8,7) e dice il Vangelo che se ne sono andati, a cominciare dai più anziani, umiliati in quel momento. Questo faceva crescere questa conversazione fra loro: “Dobbiamo fare qualcosa, questo non va…”. Poi hanno mandato i soldati a prenderlo e loro sono tornati dicendo: “Non abbiamo potuto prenderlo perché quest’uomo parla come nessuno” … “Anche voi vi siete lasciati ingannare” (cf. Gv. 7,45-49): arrabbiati perché neppure i soldati potevano prenderlo. E poi, dopo la risurrezione di Lazzaro – questo che abbiamo sentito oggi – tanti giudei andavano lì a vedere le sorelle e Lazzaro, ma alcuni sono andati a vedere bene come stanno le cose per riportarle, e alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto (cf. Gv. 11,45). Altri credettero in Lui. E questi che sono andati, i chiacchieroni di sempre, che vivono portando le chiacchiere … sono andati a dire loro. In questo momento, quel gruppo che si era formato di dottori della legge ha fatto una riunione formale: “Questo è molto pericoloso, dobbiamo prendere una decisione. Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni – riconoscono i miracoli – Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, c’è pericolo, il popolo andrà dietro di lui, si staccherà da noi” – il popolo non era attaccato a loro – “Verranno i romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione” (cf. Gv. 11,48). In questo c’era parte della verità ma non tutta, era una giustificazione, perché loro avevano trovato un equilibrio con l’occupatore, ma odiavano l’occupatore romano, ma politicamente avevano trovato un equilibrio. Così parlavano fra loro.

Uno di loro, Caifa – era il più radicale – era sommo sacerdote disse: “Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!” (Gv. 11,50). Era il sommo sacerdote e fa la proposta: “Facciamolo fuori”. E Giovanni dice: “Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione… Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo” (cf. Gv. 11,51-53). È stato un processo, un processo che incominciò con piccole inquietudini al tempo di Giovanni Battista e poi finì in questa seduta dei dottori della legge e dei sacerdoti. Un processo che cresceva, un processo che era più sicuro della decisione che dovevano prendere, ma nessuno l’aveva detta così chiara: “Questo va fatto fuori”. Questo modo di procedere dei dottori della legge è proprio una figura di come agisce la tentazione in noi, perché dietro di questa evidentemente era il diavolo che voleva distruggere Gesù e la tentazione in noi generalmente agisce così: incomincia con poca cosa, con un desiderio, un’idea, cresce, contagia altri e alla fine si giustifica. Questi sono i tre passi della tentazione del diavolo in noi e qui sono i tre passi che ha fatto la tentazione del diavolo nella persona del dottore della legge. Cominciò con poca cosa, ma è cresciuta, è cresciuta, poi ha contagiato gli altri, si è fatta corpo e alla fine si giustifica: “È necessario che muoia uno per il popolo” (cf. Gv. 11,50), la giustificazione totale. E tutti sono andati a casa tranquilli. Avevano detto: “Questa è la decisione che dovevamo prendere”. E tutti noi, quando siamo vinti dalla tentazione, finiamo tranquilli, perché abbiamo trovato una giustificazione per questo peccato, per questo atteggiamento peccaminoso, per questa vita non secondo la legge di Dio. Dovremmo avere l’abitudine di vedere questo processo della tentazione in noi. Quel processo che ci fa cambiare il cuore da bene in male, che ci porta sulla strada in discesa. Una cosa che cresce, cresce, cresce lentamente, poi contagia altri e alla fine si giustifica. Difficilmente vengono in noi le tentazioni di un colpo, il diavolo è astuto. E sa prendere questa strada, la stessa l’ha presa per arrivare alla condanna di Gesù. Quando noi ci troviamo in un peccato, in una caduta, sì, dobbiamo andare a chiedere perdono al Signore, è il primo passo che dobbiamo fare, ma poi dobbiamo dire: “Come sono venuto a cadere lì? Come è iniziato questo processo nella mia anima? Com’è cresciuto? Chi ho contagiato? E come alla fine mi sono giustificato per cadere?”. La vita di Gesù è sempre un esempio per noi e le cose che sono accadute a Gesù sono cose che accadranno a noi, le tentazioni, le giustificazioni, la gente buona che è intorno a noi e forse non la sentiamo e i cattivi, nel momento della tentazione, cerchiamo di avvicinarci a loro per far crescere la tentazione. Ma non dimentichiamo mai: sempre, dietro un peccato, dietro una caduta, c’è una tentazione che è incominciata piccola, che è cresciuta, che ha contagiato e alla fine trovo una giustificazione per cadere. Lo Spirito Santo ci illumini in questa conoscenza interiore.

4 aprile 2020