Domenica delle Palme
e della Passione del Signore


domenica delle palme4

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome. (Fil 2,8-9)

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo
Mt 26,14-27,66

L’itinerario quaresimale è giunto al suo termine. Iniziano i grandi e solenni riti della Settimana definita dalla tradizione la Settimana Santa, perché in essa si compiono i misteri della nostra redenzione. Sta per svolgersi una trama, si interpreta un copione da cui non si può più tornare indietro: l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, Istituzione dell’Eucarestia e del  Sacerdozio ministeriale, il tradimento e la consegna di Gesù ai dottori del tempio, le accuse false, la fustigazione, flagellazione e la condanna a morte del più bello tra i figli dell’uomo, il tragitto sofferto al Calvario, la crocifissione, il compimento delle Scritture con le 7 parole di Gesù in Croce: ai crocifissori: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!” (Luca 23,34). Alla madre e al discepolo prediletto Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio! Ecco tua madre!” (Gv 19, 26-27). Al malfattore pentito: “In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43). “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, citazione del Salmo 22 (Mt 27,46). “Ho sete” (Gv 19,28). “Tutto è compiuto!” (Gv19,30). “Padre, alle tue mani affido il mio spirito”, citazione del Salmo 31 (Lc 23,46); la deposizione e la sepoltura compiuta in fretta in un sepolcro nuovo scavato nella roccia; il ritorno delle donne (le mirofore) alle primi luce dell’alba del nuovo giorno, l’Ottavo giorno, il primo dopo il sabato e lo splendore della risurrezione… In una settimana “si consuma”, nel tempo umano e in un determinato territorio, l’amore di Dio per ogni uomo, di ogni tempo e ogni territorio. I raggi, il fulgore e la grazia di salvezza che scaturiscono da quell’alba irradiano e continuano a seminare bene, salvezza, grazia, benedizione in ogni angolo della terra.

Ogni persona che interviene in questo dramma ha un compito preciso, un ruolo interpretato alla perfezione perché si compisse la Scrittura: “Il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto, essere rinnegato, fustigato, condannato e ucciso, ma il terzo giorno risusciterà!”

Tutto si compie… si compie il mistero d’amore di un Dio che in mille modi aveva parlato al suo popolo, in mille modi gli aveva dimostrato la sua potenza e la sua vicinanza, in mille modi aveva cercato di riportarlo a sé… solo con la venuta del Figlio che accetta di bere il calice che il Padre gli aveva preparato, i mille modi diventano uno… Dio non ha più niente da dire o da dare, ha detto tutto e ha dato tutto nel suo Figlio, l’unigenito, condannato, crocifisso e risorto per la salvezza dell’umanità.

Oggi ha inizio questo dramma, che ha la caratteristica del paradosso e dei contrasti: l’apertura non ha le caratteristiche proprie della drammaticità (anche se la liturgia ci fa leggere l’intera passione secondo l’Evangelista Matteo), ma della gloria: Mt ci presenta l’ingresso di Gesù in Gerusalemme come il corteo trionfale del re-messia, che viene accolto festosamente e osannato come il Re, il profeta. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla avrà un ruolo importante in questo dramma. Oggi gioisce e a chi domanda spiegazioni «Chi è costui?», risponde: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

Nelle domeniche che ci hanno preparato a celebrare la Settimana Santa, in questo Anno A, i testi biblici ci hanno portato a contemplare e a rispondere alla domanda posta dalla gente, dai sommi sacerdoti, dagli anziani, dai demoni… Chi è costui? Una domanda che ritorna anche oggi e che è presente palesemente e velatamente in tutti i Vangeli. Un ritornello continuo quindi e tante le risposte, le più svariate:

  1. La domenica delle tentazioni ci offre una prima risposta: Gesù è vero uomo, tentato come noi, ma vincitore di Satana, il tentatore;
  2. La domenica della Trasfigurazione ci dice che Gesù è vero Dio, splendente della gloria del Padre, l’amato;
  3. La domenica della Samaritana Gesù si auto presenta come l’acqua viva, da cui sgorga la salvezza. I samaritani lo definiranno il salvatore del mondo.
  4. La domenica del cieco nato Gesù si rivela come la luce del mondo, la luce di ogni uomo, di ogni coscienza, si definisce il Figlio dell’uomo;
  5. La domenica della risurrezione di Lazzaro Gesù si dimostra vincitore della morte, dice di sé: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me vivrà in eterno
  6. In questa domenica Gesù si presenta come il re mite, umile che cavalca un’asina, ma i testi proposti dal triduo pasquale ci sveleranno la vera identità di Gesù.

Entriamo anche noi in questa Settimana Santa, facendoci introdurre dai testi che la liturgia ci fa contemplare e condurre dalla Parola di Dio che illumina il tragitto verso la Croce e la Risurrezione.

vv.1-3: Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un’asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”».

Gesù sta compiendo il suo viaggio verso Gerusalemme. Matteo situa l’ingresso di Gesù nella città santa al cap. 21 del suo Vangelo, dopo che Egli ha ammaestrato i suoi su chi è il vero discepolo: una sequela incondizionata premiata dal centuplo, la ricerca dell’ultimo posto, il servizio, la gratuità, l’essere perseguitati a causa del Regno, la compassione verso chi soffre… Gerusalemme, la città santa, in cui tutto si compie, ci dice la meta del viaggio di Gesù sottolineando la centralità e l’importanza del luogo in cui tutti questi eventi stanno per compiersi.

Le parole di Gesù sanno un po’ di mistero, contengono un imperativo ben preciso per due dei suoi discepoli. Gesù li istruisce su come requisire l’asina e il suo puledro da lui indicati. Gesù e gli altri discepoli si fermano fuori di Gerusalemme, aspettando che i due eseguano gli ordini del Maestro. Devono andare nel villaggio di fronte e prelevare l’asina e il suo puledro e così accade.

vv.4-5: Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”».

Qui Matteo cita Zaccaria 9,9 modificando l’inizio forse in base a Isaia 62,11: “Dite alla figlia di Sion: ecco arriva il tuo salvatore” e rilegge il testo in chiave messianica. Tralascia le altre due qualifiche che Zaccaria attribuisce al re-messia “Egli è giusto e vittorioso”, facendo risaltare l’unica qualità del messia Gesù: «mite». Gesù stesso si era definito al cap. 11 del vangelo di Mt. mite ed umile di cuore, che promette liberazione e la pace agli oppressi.

L’idea del re mite ed umile è rafforzata anche dal fatto che Gesù entra a Gerusalemme cavalcando un’asina. Sull’asina montavano principi, capi e del popolo, la cavalcatura usata nei periodi di pace. E’ la cavalcatura dei profeti e nell’episodio di Balaam è l’asina che riconosce per prima l’angelo del Signore. La Scrittura ce la presenta come la cavalcatura dei potenti: “Benedite il Signore, voi che montate asine bianche e splendenti” (Gd 5,10) cantava Deborah ai potenti di Israele!

Il cavallo invece rappresentava l’animale per la guerra (Zc 9,10) espressione, dunque, di potere e di forza. La richiesta di Gesù dice la sua volontà di qualificare il suo potere come un potere ottenuto attraverso la mitezza, attraverso il servizio e il dono di sé. L’asino è anche l’animale da soma, che porta sul suo dorso i carichi più pesanti e Gesù, cinque giorni più tardi, deriso e percosso, al pari dell’asino, porterà sulle sue spalle il peso più grave e più grande che un uomo potesse portare: il peso del peccato di tutta l’umanità e dell’umanità di tutti i tempi. Gesù cavalca un’asina presa in prestito.

vv.6-8: I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».

I discepoli eseguono gli ordini come Gesù aveva loro indicato, poi misero i mantelli, ed Egli monta sulle bestie ed entra in Gerusalemme cavalcando l’asina e il suo puledro. Ciò che Zc aveva prefigurato si sta realizzando: la folla stende sulla strada i propri mantelli, taglia i rami dagli alberi e li usa come tappeti. E’ l’entrata trionfante di Gesù nella città santa. La folla osanna Gesù, fa festa, il loro grido di acclamazione è ripreso dal Sl 118 al v. 25-26: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”. Hoshî’anna’ vuol dire “dona la salvezza!”. Le parole del salmo sono un’invocazione di accoglienza del Figlio di Davide, infatti più avanti il salmista invita al v. 27 a preparare “il corteo con rami frondosi fino ai lati dell’altare”. Questo ci dice che Gesù non è solo il re mite ed umile, ma è anche colui che viene con l’autorità di Dio, come Signore.

vv.10-11: Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

Ancora una volta uno sconvolgimento da parte degli abitanti di Gerusalemme. Torna la domanda: “Chi è costui?”. Il testo dice che tutta la città era sconvolta, così come era stata presa dal turbamento all’arrivo dei Magi che chiedevano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?” (Mt 2,2-3).

Anche adesso la domanda sull’identità di colui che è entrato in città si fa forte e pressante. La folla che non è ancora corrotta, intaccata dall’odio e dall’invidia dei sommi sacerdoti e dei capi del popolo, riconosce in Gesù il profeta da Nazareth di Galilea! Con quest’ultima affermazione Mt ci presenta Gesù come il messia pacifico e salvatore, che entra nella sua città come Figlio di Davide e Signore, ma anche come il profeta che compirà il suo destino di profeta rifiutato, perseguitato e ucciso (Mt 13,57e 23,37).  Un momento di trionfo effimero, proprio di un solo giorno; ma servirà almeno per suscitare delle domande sull’identità di Gesù. Anche alcuni greci ne chiesero informazione a Filippo: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21).

La folla che oggi grida: “Osanna”, fra cinque giorni griderà più forte “Crocifiggilo!” e lo sentiremo nella lettura della Passione in questa domenica e il Venerdì Santo.

La celebrazione di oggi mettendo insieme i due atteggiamenti della folla che prima lo acclama e poi lo condanna, ci fa capire come è facile dimenticare l’amore di Dio, lasciarsi andare al peccato, rinnegare il Signore. Tutto il male, che si compie sulla terra, in qualche modo si è condensato in quei fatti: la violenza, la sete di potere, l’invidia, il tradimento degli amici, la viltà, l’adulazione dei potenti, la malizia, lo sfregio della dignità umana, le insinuazioni, la menzogna e quant’altro di male gli uomini fanno, tutto è presente nella passione di Gesù.

A Dio è presente tutto il male del mondo, il male morale e anche il male fisico. Il paradosso è che proprio questo dolore, questa sofferenza è stata accettata e questo male è stato ribaltato, è diventato in mano a Dio lo strumento attraverso il quale Egli ci ha salvato. L’amore di Dio ha vinto questo male e lo ha fatto diventare redenzione. Gesù sa che va incontro alla sua ora; è venuto per questo, anche se umanamente sente tutta l’angoscia dell’orto degli ulivi, sa invocare e compiere la volontà del Padre, che è il vero bene per Lui e per tutti.

La domanda: “Chi è costui?” ci accompagni in questi giorni e vedremo come la risposta ce la fornirà lo svolgersi degli eventi, Gesù stesso al pretorio, in tribunale, sulla Croce, e infine nell’evento della tomba vuota. Incontreremo tanti personaggi che davanti all’evidenza sono ciechi, nell’amicizia rinnegheranno, nell’esercizio del loro potere se ne laveranno le mani; ma incontreremo altri come il centurione che riconoscerà la vera identità di quell’uomo, le pie donne che compiranno i gesti della sepoltura, Nicodemo che prenderà il suo corpo, il Cireneo costretto a portare con lui la croce… a testimonianza della diversità dell’uomo di porsi davanti al mistero di un Dio che, come diceva Paul Claudel “non è venuto a spiegare la sofferenza: è venuto a riempirla della sua presenza”.

Ognuno ha un ruolo, una parte nella Passione che Gesù continua a vivere. Sappiamo entrare in questo grande ed ineffabile mistero oppure ne vogliamo stare fuori, come indifferenti e insignificanti spettatori? Siamo disponibili a vivere questa settimana lasciandoci interrogare da Gesù, stare con Lui, accompagnarlo nel suo destino di profeta perseguitato e ucciso?
Crediamo che dopo il Calvario c’è una luce perché ora il velo è squarciato: Dio è visibile e il suo volto è il volto di un Dio consegnato per Amore? A noi la risposta davanti a questo Dio!

Maria Chiara Zulato
http://www.figliedellachiesa.org