Venerdì della II settimana di Quaresima
Gen 37,3-4.12-13.17-28 Sal 104 Mt 21,33-43.45: Costui è l’erede. Su, uccidiamolo!

Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Commento

Di chi è questa vigna?
Franco Mastrolonardo
Ciò che Ti dico si compirà e sorgerà il regno nostro. Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge gettarsi al primo mio cenno ad attizzare i carboni ardenti del rogo sul quale Ti brucerò per essere venuto a disturbarci. Perché se qualcuno piú di tutti ha meritato il nostro rogo, sei Tu.
E’ il capolavoro di Dostoevskij, “La Leggenda del Grande Inquisitore”, un mini racconto contenuto nel romanzo “I fratelli Karamazov”. Un racconto immaginato di tipo allegorico, ambientato in Spagna ai tempi della Santa Inquisizione che narra il ritorno di Cristo sulla terra dopo quindici secoli dalla morte. E come la prima volta viene ancora ucciso, anzi bruciato al rogo, dal questo grande inquisitore, il quale lo accusa di avere seminato confusione in una chiesa che si è ormai consolidata e strutturata, e lo rimprovera di voler portare la libertà ad un popolo che è incapace di usufruirne, poiché un popolo felice non può essere libero, ma deve essere sottoposto ad un potere autoritario che decida per lui. E’ interessantissimo. Andatevelo ad ascoltare nei brani correlati.
E’ il miglior commento al Vangelo di oggi. Cosa fanno questi vignaioli? Esattamente quello che fa il grande inquisitore. Si impossessano della vigna la organizzano e si prendono i frutti. Il problema è che quella vigna non è loro. Gli è stata solo affidata. Quella vigna nel racconto evangelico rappresenta il popolo che Dio si è scelto, eletto e santificato e che poi ha affidato ai capi affinché lo custodissero. Ma questi una volta ricevuto il dono da amministrare lo hanno fatto proprio, rivoltandosi contro il datore di lavoro, e uccidendo tutti coloro che in qualche modo gli ricordavano questa appartenenza. Così Dio il creatore è stato ucciso dalle sue creature. Che cosa imbarazzante! Eppure è una storia che continua anche oggi.
http://www.preg.audio


L’inferno del non senso
Luigi Maria Epicoco
Che cos’è la nostra vita? Una vigna che non abbiamo piantato noi ma che per un atto di fiducia da parte del padrone, ci è stata affidata. Sentirsi padroni della propria vita significa dimenticare che nessuno si è dato la vita da solo, e anche se noi la amministriamo come riteniamo più giusto, arriva il giorno in cui dobbiamo rendere conto di come ne abbiamo avuto cura. Quel giorno si chiama morte. Si può anche non credere in nulla ma tutti sanno che non ci si dà la vita da soli e che alla fine moriamo tutti. Gesù usa questa verità universale per aiutare i suoi ascoltatori, e quindi anche noi, a cambiare atteggiamento nei confronti di chi ci ricorda che è sbagliato vivere con un delirio di onnipotenza. Certe volte rifiutiamo Dio semplicemente perché pensiamo che limiti la nostra libertà. Rifiutiamo gli insegnamenti di Cristo perché pensiamo che voglia rubarci tutto quel meglio della vita che per anni abbiamo coltivato. Tutto questo è la menzogna del male che vuole appunto farci chiudere e ripiegare su noi stessi pensando che alla fine riusciremo ad averla vinta sulla proprietà. Ma davanti alla morte chi può sottrarsi? E quando dovremmo restituire il dono della vita che cosa diremo a chi ce l’ha donata? In questa vita possiamo continuare a uccidere il figlio, possiamo continuare a mettere a morte Gesù, ma il nostro destino è chiaro:
«Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».  Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo»”.
Escludere Dio dalla nostra vita non è un affare ma una condanna. Una vita senza senso, o una vita in cui pensiamo di poterci dare da soli un senso, alla fine diventa sempre un inferno.
http://www.nellaparola.it


Paolo Curtaz
Gesù si rende conto di avere fallito la sua missione. La Giudea non è la Galilea e le folle plaudenti che raccoglieva a Nord, ora non ci sono più. Gerusalemme è una città feroce, abituata a tutto, e non si lascia facilmente impressionare da un profeta che viene da un paese sperduto. Le sue parole, i suoi miracoli, la sua compassione, non sono riusciti a piegare la durezza di cuore di chi pensa di avere il controllo della situazione, il controllo di Dio. E nella parabola dei vignaioli omicidi che reinterpreta la triste pagina del profeta Isaia, il lamento che Dio fa per la sua vigna, Israele, che non porta frutti, diventa l’emblema di ciò che sta per accadere. Ma chi ascolta non capisce. L’uomo non accetta di essere solo il custode del creato, e non il padrone. I vignaioli rifiutano di pagare l’affitto, si arrogano il diritto di considerare propria una cosa non loro. Sì, il figlio verrà ucciso fuori dalla città. Ma il proprietario non invierà un esercito per radere al suolo tutto come invocano, ignari, i farisei, ma andrà fino in fondo mostrando il suo vero volto. Gesù ha deciso: forse il fatto di consegnarsi farà cambiare idea ai vignaioli. Forse.

Meditazione di Papa Francesco

Venerdì – Non dimentichiamo la gratuità della rivelazione

Ambedue le Letture sono una profezia della Passione del Signore. Giuseppe venduto come schiavo per 20 sicli d’argento, consegnato ai pagani (cfr Gen 37,3-4.12-13.17-28). E la parabola di Gesù, che chiaramente parla in simbolo dell’uccisione del Figlio (cfr Mt 21,33-43.45). Questa storia di un uomo che possedeva un terreno, «vi piantò una vigna – la cura con cui l’aveva fatto -, la circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre – l’aveva fatto bene -. Poi la diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano» (v. 33). Questo è il popolo di Dio. Il Signore scelse quel popolo, c’è una elezione di quella gente. È il popolo dell’elezione. C’è anche una promessa: “Andate avanti. Tu sei il mio popolo”, una promessa fatta ad Abramo. E c’è anche un’alleanza fatta con il popolo al Sinai. Il popolo deve sempre custodire nella memoria l’elezione, che è un popolo eletto, la promessa per guardare avanti in speranza e l’alleanza per vivere ogni giorno la fedeltà.

Ma in questa parabola succede che, quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, questa gente si era dimenticata che non erano i padroni: «I contadini presero i servi, e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Poi mandò altri servi, più numerosi, ma li trattarono allo stesso modo» (v. 35-36). Certamente Gesù fa vedere qui come – sta parlando ai dottori della legge – come i dottori della legge hanno trattato i profeti. «Da ultimo mandò loro il proprio figlio – pensando che avrebbero avuto rispetto per il proprio figlio -. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”» (v. 37-38). Hanno rubato l’eredità, che era un’altra. Una storia di infedeltà, di infedeltà alla elezione, di infedeltà alla promessa, di infedeltà all’alleanza, che è un dono. L’elezione, la promessa e l’alleanza sono un dono di Dio. Infedeltà al dono di Dio. Non capire che era un dono e prenderlo come proprietà. Questa gente, si è appropriata del dono e ha tolto questo essere dono per trasformarlo in proprietà mia. E il dono che è ricchezza, è apertura, è benedizione, è stato chiuso, ingabbiato in una dottrina di leggi, tante. È stato ideologizzato. E così il dono ha perso la sua natura di dono, è finito in una ideologia. Soprattutto in un’ideologia moralistica piena di precetti, anche ridicola perché scende alla casistica per ogni cosa. Si sono appropriati del dono.

Questo è il grande peccato. È il peccato di dimenticare che Dio si è fatto dono Lui stesso per noi, che Dio ci ha dato questo come dono e, dimenticando questo, diventare padroni. E la promessa non è più promessa, l’elezione non è più elezione, l’alleanza va interpretata secondo il “mio” parere, ideologizzata.

Qui, in questo atteggiamento io vedo forse l’inizio, nel Vangelo, del clericalismo, che è una perversione, che rinnega sempre l’elezione gratuita di Dio, l’alleanza gratuita di Dio, la promessa gratuita di Dio. Dimentica la gratuità della rivelazione, dimentica che Dio si è manifestato come dono, si è fatto dono per noi e noi dobbiamo darlo, farlo vedere agli altri come dono, non come possesso nostro. Il clericalismo non è una cosa solo di questi giorni, la rigidità non è una cosa di questi giorni, già al tempo di Gesù c’era. E poi Gesù andrà avanti nella spiegazione delle parabole – questo è il capitolo 21 -, andrà avanti fino ad arrivare al capitolo 23 con la condanna, dove si vede l’ira di Dio contro coloro che prendono il dono come proprietà e riducono la sua ricchezza ai capricci ideologici della loro mente.

Chiediamo oggi al Signore la grazia di ricevere il dono come dono e trasmettere il dono come dono, non come proprietà, non in un modo settario, in un modo rigido, in un modo clericalista.

Venerdì, 13 marzo 2020