III Domenica di Quaresima (A)
Giovanni 4,5-42

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4,5-42)
I versetti che precedono l’ampia pericope della terza domenica di quaresima sono utili per comprendere questo passaggio di Gesù per la Samaria.
L’evangelista spiega la partenza di Gesù dalla Giudea dove stava battezzando con il fatto che si ritira davanti ai Farisei. Quando apprende che i Farisei sono giunti a conoscenza dei suoi successi apostolici, interrompe la sua attività e lascia quei luoghi. Si nota una certa fretta di Gesù di lasciare quel posto, infatti chi voleva far presto doveva prender la strada della Samaria, che dalla Galilea consentiva di raggiungere Gerusalemme in tre giorni. Lungo questa strada, Gesù giunse al famoso pozzo di Giacobbe.
Questo tempo forte della Quaresima che viviamo diventi l’occasione di quest’incontro, di questa sosta con Gesù. Egli si fa trovare, se lo vogliamo; basta uscire “dalle nostre abitudini”, “sedersi vicino al pozzo della sua parola e della preghiera” e poi… lasciare che lui ci ami. Senza alcuna paura di essere sanati. É la sola sete che dovremmo avere tutti.
vv.6-9: Il primo segno posto in questi versetti è dato dal pozzo e dall’acqua. Il narratore non si interessa alla città di Sicar, ma al pozzo. La donna dirà che questo pozzo era stato donato da Giacobbe ai samaritani; l’AT ricorda espressamente solo il dono fatto dal patriarca morente della città di Sichem a suo figlio Giuseppe. L’acqua è per un orientale non solo purificazione, refrigerio, ma fecondità, vita. Il pozzo è il luogo degli incontri, qui Mosè aveva incontrato le figlie di Raguele, e s’ erano preparate le nozze di Isacco e di Giacobbe.
Il racconto Giovanneo riporta un contatto con Gen 24: appena lo straniero ha finito di parlare, Rebecca rientra a casa di corsa e dice ai suoi: “ecco quest’uomo mi ha parlato”. Lo stesso farà la samaritana. Gesù è rappresentato seduto sull’orlo del pozzo, potendo noi cogliere ancora una continuità: presso il pozzo la donna scoprirà Colui che è la sorgente che zampilla per la vita eterna. Nel racconto di G. Flavio, presso un pozzo Mosè, in fuga dopo l’uccisione di un egiziano, giunto presso la città di Madianis, si era seduto vicino a un pozzo a causa della stanchezza e della calura del giorno; era l’ora di mezzogiorno, non lontano dalla città (Ant. Giud. II, 254 ss).
Gesù come Mosè è stanco, è affaticato dal caldo di mezzogiorno, entrambi non hanno da mangiare. Questa Samaritana giunge al pozzo ad attingere acqua nell’ora più calda della giornata. Dal testo apprendiamo che questa donna non ha un vissuto limpido perciò evita l’incontro con le altre donne.
L’evangelista non si sofferma su questa esperienza, ma sull’incontro e il colloquio che ne è seguito. E’ Gesù che da la possibilità alla donna di instaurare una relazione con lui, chiedendo un sorso d’acqua. Forse mai nessuno le aveva chiesto una cosa così semplice, dell’acqua, forse mai nessuno si era interessata alle domande che portava in cuore.
Lei viene ad attingere acqua, ma dentro ha una attesa più profonda, una sete più vera. Gesù offre la possibilità di un dialogo, offre la possibilità alla donna di far venire fuori le domande che porta in cuore: l’acqua e il culto: dal v.7 al v.15 e dal v.16 al v.26. La donna è qui come la rappresentante dei samaritani e Gesù, chi è? Forse il Nuovo Israele, che nel deserto sperimenta la sete del popolo, una sete profonda, non solo fisica, ma “non sete di acqua, ma di ascoltare la Parola” (Am 8,11) Ma Gesù di cosa ha sete? Ma è proprio un Giudeo, questo pellegrino che chiede da bere a una samaritana?
vv.10-15: Se la donna conoscesse chi è lo straniero che le chiede da bere le parti sarebbero invertite. Dunque non è Gesù che ha bisogno di un sorso d’acqua, ma la donna che in fondo è andata con una brocca, che non sarà mai piena abbastanza da dissetare. Di fronte a lei c’è un uomo che è capace davvero di soddisfare le interiore necessità umane.
“Dammi da bere”, Gesù ha chiesto da bere alla samaritana, ma ciò di cui lui ha sete è della sete di lei. Gesù ha in se un’acqua viva, non perché il pozzo di Giacobbe ha un’acqua stagnante, non è una cisterna. Gli dice la donna: Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù non risponde, spinge la donna ad andare oltre il fatto: Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». La donna è affascinata dalle parole di Gesù, ma forse non è ancora entrata nello spessore e nella profondità del suo discorso. Gesù dopo averla ascoltata, dopo aver fatto venir fuori il suo pensiero la sua esperienza, spiega che lui non parla del pozzo di Giacobbe, lui vuole donare un’acqua che estingue la sete, che può divenire una sorgente nell’uomo, la cui acqua zampilla.
La donna, come Nicodemo in precedenza (3,9), persiste nel suo equivoco, e chiede quell’acqua magica che deve risparmiare ogni fatica, come per il pane (6,34).
vv.16-19: Gesù conduce il colloquio verso una svolta, per ritornare al significato profondo del suo discorso. Invita la donna a chiamare suo marito. Gesù conduce per questa strada la donna non per rilevare il suo comportamento peccaminoso, ma offre una mano per poter avere un cuore libero ad accogliere e ricevere la rivelazione. Egli vuole portare la donna alla fede in Lui (vv. 19.26.29), e quindi provocare nella sua vita un svolta decisiva.
Come accade a ciascuno di noi dinanzi a delle domande profonde e intime, anche la donna risponde in modo evasivo, ma Gesù le svela la conoscenza che ha della sua vita. Cinque mariti e quello che ha ora non è suo marito. L’evangelista non dice quali sentimenti ha sentito la donna, quali moti dell’animo, noi restiamo nel testo con la consapevolezza che la conoscenza di sé è “per una più pura e più matura vita di fede” (GS 62).
Lui il Signore, che scruta e conosce i segreti dei cuori, si è avvicinato a questa donna che ha dimenticato il nome del suo vero Dio e teso le mani a un dio straniero. Ora la donna è sotto lo sguardo infinitamente buono di Dio, sotto la sua luce, in totale trasparenza, senza più schemi e difese, senza opacità e veli, senza più finzioni e doppiezze. E’ davanti a dio e a se stessa.
vv.20-24: La donna pone a Gesù, il profeta, l’antica problematica, oggetto di discussione tra Samaritani e Giudei, sul vero luogo di adorazione di Dio.
Gesù risponde con delle parole rivolte al futuro: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.
Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Viene l’ora in cui ambedue i luoghi perderanno la loro importanza. Quest’ora comincia con Gesù, in lui inizia un nuovo modo di adorazione di Dio. Anche i Samaritani pregheranno il Padre, cioè Dio, quale Gesù lo rivela, perciò i luoghi di preghiera e di sacrificio perdono il loro significato. Ora con Gesù il vero culto di Dio comincia. Dopo il colloquio con Nicodemo i veri adoratori sono quelli generati dallo Spirito (3,3-8).
Il padre cerca tali adoratori, quindi è importante per la donna lasciarsi trovare da Dio attraverso Colui che le sta parlando. Dopo aver messo allo scoperto la sua vita, Gesù vuole portare ad accettare da lui il perdono di Dio e servire il Padre con cuore puro, in spirito e verità. Per questo è necessaria la fede in lui.
vv.25-26: Gesù non è obbligato a dare una risposta, ma vuole portare la donna a credere in Lui, e in lei il popolo samaritano.
vv.27-38: Il colloquio con la donna è interrotto dall’arrivo dei discepoli, i quali restano meravigliati che lui parlasse con una donna, ma nessuno di loro osa chiedere: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». Tutti dosano le loro parole.
Intanto la donna va in fretta a chiamare i suoi conterranei, lasciando la brocca, per correre più velocemente. Lei vuole portare al pozzo i suoi, li vuole portare da quell’uomo tanto misterioso tanto quanto profondo.
La donna ha successo, riesce a far avvicinare al pozzo di Giacobbe i suoi concittadini.
Nel frattempo i discepoli invitano Gesù a mangiare, dopo tutto non era stato lui a mandarli a comprare qualcosa da mangiare? Qui sembra che Gesù usi la stessa tecnica usata per la donna, lì dell’acqua, qui del cibo.
Usa l’immagine del mangiare per esprimere un’intenzione interiore. Anche agli uomini è chiesto un mangiare e un bere in senso traslato, che consiste nel venire a Gesù, nel credere nel “pane del cielo”. Ma essi non comprendono. Gesù vive interamente nell’intima unione con il Padre, riceve da Lui l’incarico di operare e si inchina sulla sua volontà. Invita i discepoli ad alzare lo sguardo e ad osservare i campi bianchi per il raccolto.
vv.39-42: Già in base alla testimonianza della donna molti abitanti di quella località avevano creduto in Gesù, ma questo resta solo lo spunto, la donna è solo una intermediaria, come già Giovanni Battista aveva indirizzato i suoi discepoli all’Unico maestro, a Gesù. I samaritani diventano i rappresentanti di una fede esemplare, anche perché non hanno bisogno di segni e di miracoli, credono già per la semplice parola di Gesù. “Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.
Una particolare attenzione va posta alla confessione dei samaritani: “questi è veramente il Salvatore del mondo”. Gesù è il Salvatore!
Il giorno stesso in cui Gesù nacque, apparve a dei pastori della contrada di Bethleem un angelo del Signore il quale gli annunziò la buona notizia che in quel giorno nella città di Davide era nato il Salvatore, che era Cristo, il Signore.
Maria Chiara Zulato
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