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Mercoledì della I settimana di Quaresima
Gio 3,1-10   Sal 50   Lc 11,29-32: Non sarà dato che il segno di Giona.
Commento su Luca 11,29-32

Testo del Vangelo
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Commento

di Silvano Fausti
Vediamo allora questa generazione, quando si parla di “questa generazione” nella Bibbia si intende che è sempre cattiva perché è sempre questa quella cattiva, perché il futuro sarà bello forse (una volta si diceva così), il passato certamente era migliore!
I defunti sono sempre buoni!
Non nocciono più, difatti! Mentre questo mondo, questo, è veramente perverso! È vero, è sempre solo questo. E per definizione “malvagia”, “maligna”. E qui Gesù dice dov’è la malvagità, la malignità di questa generazione, che era la sua, era quella dei profeti, era quella di Adamo, è quella attuale.
Sta nel cercare segni, da Dio.
Mi fermo prima un po’ sul segno. Il segno è fondamentale perché l’uomo, in fondo è tutto possibile alla cultura, l’intelligenza stessa è capire i segni della realtà ed è dura. C’è un minimo anche d’intelligenza umana. Se prendi il guinzaglio il cane capisce che è un segno che esce a passeggio con lui, si mette a saltare. Quindi anche l’animale capisce dei segni. L’uomo è quello che sa leggere tutta la realtà come segno dell’amore di Dio per gli uomini. Come la sua bellezza, che si comunica a ogni creatura – leggete il Cantico delle creature -. È questione solo di saperli leggere.
Il segno poi è fondamentale in tutte le scienze: si deduce dai segni delle conclusioni, poi si trasmette attraverso segni convenzionali che gli altri sanno leggere in modo che possono capire la stessa realtà.
Quindi il segno è qualcosa che ti indica la realtà, ma non è mai da confondere con la realtà, se indichi allo stolto la luna ti guarda la punta del dito. Noi in genere cerchiamo i segni, la punta del dito. Invece Dio ci indica un’altra cosa! Tra l’altro Dio i segni li da abbondantemente. Tutto quello che c’è è segno. La terra è segno suo, tutto quello che c’è di bello e di buono al mono è segno suo, tutte le persone, anche quelle che noi detestiamo, è segno della sua infinita fantasia, del suo amore infinito che ha dato la vita per tutti, anche per quelli che noi diciamo peccatori, cioè saremmo noi. Anche per i cattivi, sì, se comprendiamo di essere tra quelli.
Quindi tutto è segno di amore, di dono di Dio. E dove noi vediamo il male, lì è segno di un amore più grande, del perdono, della misericordia di Dio. Quindi nulla è sottratto a Dio.
L’uomo è quello che leggendo i segni sa riportare tutta la creazione a Dio e dice Abbà” a nome di tutto il creato.

di Paolo Curtaz
Per convertirci non abbiamo bisogno di segni prodigiosi o di eventi traumatici nella nostra vita. Abbiamo accanto a noi l’essenziale: la Parola, la testimonianza, la gioiosa esperienza della Chiesa. Abbiamo accanto a noi profeti come Giona che, nonostante la loro incoerenza e la loro pavidezza, annunciano nella Ninive in cui viviamo il primato di Dio. Abbiamo accanto a noi, nella Chiesa, persone sagge come Salomone che riescono a non farsi prendere dal delirio di onnipotenza e si fanno carico degli altri con prudenza. Comportiamoci come gli abitanti di Ninive che si vestirono di sacco e fecero penitenza e come la regina di Saba, disposta a venire da lontano per poter ascoltare la rara saggezza di Salomone! Non come i contemporanei di Gesù, talmente assuefatti all’annuncio di Dio da non riuscire a smuoversi dalle loro presunte certezze, anche dalle certezze di fede. Ben più di Giona c’è qui, ben più di una rara saggezza! Possiamo accedere a Dio sotto i segni sacramentali della sua presenza, senza paura. Il Signore Gesù si è donato totalmente e ci rende possibile l’accesso al Padre: è questo il tempo della conversione!

Meditazione di Papa Francesco

Dio delle sorprese

All’omelia il Pontefice si è soffermato soprattutto sul brano del Vangelo di Luca (11, 29-32) in cui Gesù apostrofa le folle che si accalcavano per ascoltarlo come «una generazione malvagia» perché «cerca un segno».

«È evidente che Gesù parla ai dottori della legge», che «parecchie volte nel Vangelo» gli chiedono «un segno». Essi, infatti, «non vedevano tanti segni di Gesù». Ma proprio per questo «Gesù li rimprovera» in diverse occasioni: «Voi siete incapaci di vedere i segni dei tempi», dice loro nel Vangelo di Matteo ricorrendo all’immagine dell’albero del fico: «Quando il suo ramo diventa tenero e germogliano le foglie è vicina l’estate; e voi non capite i segni dei tempi».

È bene interrogarsi sul motivo per cui i dottori della legge non capivano i segni dei tempi, invocando un segno straordinario. Ecco alcune risposte: la prima è «perché erano chiusi. Erano chiusi nel loro sistema, avevano sistemato la legge benissimo, un capolavoro. Tutti gli ebrei sapevano che cosa si poteva fare, che cosa non si poteva fare, fino a dove si poteva andare. Era tutto sistemato». Ma Gesù li spiazza facendo «cose strane», come «andare con i peccatori, mangiare con i pubblicani». E questo ai dottori della legge «non piaceva, era pericoloso; era in pericolo la dottrina, che loro, i teologi, avevano fatto nei secoli».

Si trattava di una legge «fatta per amore, per essere fedeli a Dio», ma era divenuta ormai un sistema normativo chiuso. Essi «semplicemente avevano dimenticato la storia. Avevano dimenticato che Dio è il Dio della legge», ma è anche «il Dio delle sorprese. E anche al suo popolo, Dio ha riservato sorprese tante volte»: basti pensare a «come li ha salvati» nel mar Rosso dalla schiavitù d’Egitto.

Nonostante ciò, comunque, essi «non capivano che Dio è sempre nuovo; mai rinnega se stesso, mai dice che quello che aveva detto era sbagliato, mai; ma sorprende sempre. E loro non capivano e si chiudevano in quel sistema fatto con tanta buona volontà; e chiedevano» a Gesù di dar loro «un segno», continuando a non capire invece «i tanti segni che faceva Gesù» e rimanendo in un atteggiamento di totale «chiusura».

La seconda risposta all’interrogativo iniziale va ricondotta al fatto che essi «avevano dimenticato che erano un popolo in cammino. E quando uno è in cammino trova sempre cose nuove, cose che non conosce. E queste cose dovevano assumerle in un cuore fedele al Signore, nella legge». Ma, anche in questo caso, «un cammino non è assoluto in se stesso, è il cammino verso un punto: verso la manifestazione definitiva del Signore». Del resto, tutta «la vita è un cammino verso la pienezza di Gesù Cristo, quando verrà la seconda volta. È un cammino verso Gesù, che tornerà nella gloria, come avevano detto gli angeli agli apostoli il giorno dell’ascensione».

Insomma, «questa generazione cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona»: ovvero «il segno della risurrezione, della gloria, di quella escatologia verso la quale andiamo in cammino». Però molti dei suoi contemporanei «erano chiusi in se stessi, non aperti al Dio delle sorprese»; erano uomini e donne che «non conoscevano il cammino e nemmeno questa escatologia, al punto tale che quando in Sinedrio, il sacerdote domanda a Gesù: “Ma di’, tu sei il Figlio dell’uomo?” e Gesù dice: “Sì, e vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza, venire sulle nubi del cielo”, questi si stracciarono le vesti, si scandalizzarono. “Ha bestemmiato! Bestemmia!”, gridavano». Il segno che Gesù dà per loro era una bestemmia.

Per questo motivo, Gesù li definisce «generazione malvagia», in quanto «non hanno capito che la legge che loro custodivano e amavano era una pedagogia verso Gesù Cristo». Infatti «se la legge non porta a Gesù Cristo, non ci avvicina a Gesù Cristo, è morta». E per questo Gesù rimprovera i membri di quella generazione «di essere chiusi, di non essere capaci di conoscere i segni dei tempi, di non essere aperti al Dio delle sorprese, di non essere in cammino verso quel trionfo finale del Signore», al punto «che quando lui lo esplicita, essi credono che sia una bestemmia».

Da qui la consegna finale a riflettere su questo tema, a interrogarsi sui due aspetti, chiedendosi: «Io sono attaccato alle mie cose, alle mie idee, chiuso? O sono aperto al Dio delle sorprese?». E ancora: «Sono una persona ferma o una persona che cammina?». E, in definitiva, «io credo in Gesù Cristo e in quello che ha fatto», cioè «è morto, risorto… credo che il cammino vada avanti verso la maturità, verso la manifestazione di gloria del Signore? Io sono capace di capire i segni dei tempi ed essere fedele alla voce del Signore che si manifesta in essi?».

(Domus Sanctae Marthae Lunedì, 13 ottobre 2014)