I Domenica di Quaresima (A)
Matteo 4,1-11
Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato


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In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». (…)
(Letture: Genesi 2,7-9; 3,1-7; Salmo 50; Romani 5,12-19; Matteo 4,1-11)

Quando il diavolo si avvicina e sussura: seguimi…
Ermes Ronchi

Se Gesù avesse risposto in un altro modo alle tre proposte, non avremmo avuto né la croce né il cristianesimo. Ma che cosa proponeva il diavolo di così decisivo? Non le tentazioni che ci saremmo aspettati, non quelle su cui si è concentrata, e ossessionata, una certa spiritualità cristiana: la sessualità o le osservanze religiose. Si tratta invece di scegliere che tipo di Messia diventare, che tipo di uomo. Le tre tentazioni ridisegnano il mondo delle relazioni: il rapporto con me stesso e con le cose (pietre o pane?); con Dio, attraverso una sfida aperta alla fede (cercare un Dio magico a nostro servizio); con gli altri (il potere e il dominio).
Dì che queste pietre diventino pane! Il pane è un bene, un valore indubitabile, ma Gesù non ha mai cercato il pane a suo vantaggio, si è fatto pane a vantaggio di tutti. E risponde giocando al rialzo, offrendo più vita: «Non di solo pane vivrà l’uomo». Il pane è buono, il pane dà vita ma più vita viene dalla bocca di Dio. Dalla sua bocca è venuta la luce, il cosmo, la creazione. È venuto il soffio che ci fa vivi, sei venuto tu fratello, amico, amore, che sei parola pronunciata dalla bocca di Dio per me. E anche di te io vivo.
Seconda tentazione: Buttati, così potremo vedere uno stormo di angeli in volo… Un bel miracolo, la gente ama i miracoli, e ti verranno dietro. Il diavolo è seduttivo, si presenta come un amico, come chi vuole aiutare Gesù a fare meglio il Messia. E in più la tentazione è fatta con la Bibbia in mano (sta scritto…). Buttati, provoca un miracolo! La risposta: non tentare Dio, attraverso ciò che sembra il massimo della fiducia nella Provvidenza e invece ne è la caricatura, perché è solo ricerca del proprio vantaggio. Tu non ti fidi di Dio, vuoi solo sfruttarlo, vuoi un Dio a tuo servizio.
Nella terza tentazione il diavolo alza ancora la posta: adorami e ti darò tutto il potere del mondo. Adorami, cioè segui la mia logica, la mia politica. Prendi il potere, occupa i posti chiave, cambia le leggi. Così risolverai i problemi, e non con la croce; con rapporti di forza e d’inganno, non con l’amore. Vuoi avere gli uomini dalla tua parte? Assicuragli pane, miracoli e un leader e li avrai in mano. Ma Gesù non cerca uomini da dominare, vuole figli liberi e amanti, a servizio di tutti e senza padrone alcuno. Per Gesù ogni potere è idolatria.
«Ed ecco angeli si avvicinarono e lo servivano». Avvicinarsi e servire, verbi da angeli. Se in questa Quaresima io fossi capace di avvicinarmi e prendermi cura di qualcuno, regalando un po’ di tempo e un po’ di cuore, inventando una nuova carezza, per quel qualcuno sarei la scoperta che «le mani di chi ama terminano in angeli».

Una parola nel deserto
Clarisse Sant’Agata 

In questi primi passi nel cammino quaresimale la liturgia ci pone la Parola come luogo di misura della nostra vita, come una luce per guidare il nostro cammino di conversione per ritornare al Signore nell’obbedienza e nell’ascolto e per aprirci ai fratelli nell’amore e nel servizio. Questo cammino quaresimale di ritorno a Dio e ai fratelli, la madre Chiesa ci chiede di viverlo come comunità ritrovando la verità del nostro vivere insieme e ci viene chiesto di sottoporci a gesti concreti per vincere ciò che cerca di far regnare la divisione. Gesù stesso ha iniziato il suo ministero in questo modo, ha contrastato la tentazione con gli stessi esercizi che la Chiesa ci indica come strumenti in questa lotta quaresimale: il primato della Parola di Dio, la ricerca della solitudine, del silenzio e della vita di preghiera per rafforzare la fiducia in Dio; la scelta di servire contro l’istinto del dominio; il digiuno che guarisce dal senso di possesso sulle cose e aiuta ad accoglierle con gratitudine e riconoscenza per condividere con libertà.

“Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo” L’esperienza della messa alla prova nel deserto riguarda un discernimento, la disponibilità a vivere per e della parola di Dio. È la Parola di Dio che permette di attraversare la prova. Nel deserto solo la custodia della Parola permette di leggere con lucidità il presente e di trovare in essa la forza per attraversarlo. La dimensione della prova tocca l’essere figlio di Gesù e abbraccia l’intera sua vita. La sua esistenza è stata una lotta per conservare la sua relazione di figlio con Dio. Diábolos è colui che distoglie e separa. È la voce che scinde filialità divina e filialità umana, che vuol negare che il legame d’amore che unisce Gesù al Padre gli permetta di assumere in modo sano la propria condizione umana. Gesù, mediante l’obbedienza alla Parola di Dio, resiste alla tentazione che vuole dividere figlio di Dio e figlio dell’uomo, che vuole inserire sfiducia in questa relazione. Nella tentazione il nemico cerca di piegare la realtà al suo bisogno mediante il proprio potere, Dio stesso è funzionale e strumentale alla sua sicurezza. Il principio che insinua il tentatore è salvarsi da se stessi, nel senso di sfuggire alla propria limitatezza di creatura, che si ritiene insignificante e priva di valore.

«Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». La voce che divide parte con la comparsa della fame, di una mancanza, di un vuoto. Quello che Gesù però rifiuta di possedere e dominare sedotto dalla voce del divisore “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, lo riceve in dono. Gesù rifiuta di trasformare le pietre in pane ma nel Padre nostro insegnerà a chiedere il pane di ogni giorno, quel pane che riceviamo nelle nostre mani. Nel racconto delle moltiplicazione dei pani con i cinque pani e i due pesci posseduti dai discepoli, non tenendoli per sé ma condividendoli, sfamerà la folla. Da una povertà donata nasce vita per tutti e in abbondanza. Nell’ultima cena il pane spezzato e donato diventa il simbolo di una vita donata per amore. Gesù è un uomo, senza alcuno sconto sulla condizione umana. Gesù ascolta sé e riconosce quello che c’è in lui, il bisogno, ma non si lascia dominare da esso. La Scrittura chiede in Dio e con Dio di amare la propria condizione di creatura e di bisogno. La negazione del limite della morte e il prostrarsi all’idolo testimoniano che crediamo in un Dio nemico della vita limitata, in una incompatibilità fra l’essere creatura limitata e imperfetta e Dio. La perversione riguarda sia il volto dell’uomo sia il volto di Dio.

Gesù, inoltre, nelle sue risposte cita il libro del Deuteronomio, in cui si chiede di ricordare il tempo del deserto per vivere bene nella terra promessa. L’intelligenza del passato narrato dalla Scrittura deve essere capace di esprimere il suo senso per l’oggi. Gesù non risponde alle tentazioni, appoggiandosi solo sul suo “io”, ma alla storia della relazione fra Dio e il suo popolo. La vita dipende dall’alleanza con Dio. L’essenziale che fa vivere è la relazione di alleanza con Dio. Questa è una promessa, è la scoperta di un’altra opportunità di vita davanti a sé. La Parola di Dio custodisce per ogni generazione questa promessa di vita donata, per questo pedagogia del dono e dell’ascolto sono intrecciate. Gesù non risponde in modo intimistico ma lo fa sottomettendosi alla legge dell’alleanza, che costituisce un popolo di fratelli e sorelle, mentre la via della tentazione vuole isolarci e separa dagli altri.

«Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù” La seconda tentazione accade nella città santa, nel tempio, nel luogo deputato all’incontro con Dio e in cui il popolo sta alla presenza di Dio, e riguarda la Scrittura. I luoghi destinati a custodire l’alleanza diventano pietra di inciampo. Gesù rifiuta il soccorso degli angeli come un suo diritto e alla fine del racconto lo riceverà in dono. Gesù rifiuta lungo il ministero di dare un segno dal cielo altro da quello della passione e morte; Gesù rifiuta di chiamare in aiuto nel Getsemani dodici legioni di angeli; rifiuta di assecondare le richieste di chi lo deride ai piedi della croce, così si manifesta come l’obbediente alla Parola del Padre, il vero tempio in cui questa Parola è viva. In questa obbedienza Gesù riceverà in dono l’angelo che ne annuncia la resurrezione. Gesù rifiuta di ricevere i regni del cosmo e insegna ai suoi di non essere come i governanti delle genti e i capi. Gesù riceve in dono dal Padre tramite la sua passione, morte e resurrezione quello che ha rifiutato dal divisore.

Questo sarà ancora più evidente nella terza tentazione in cui la signoria di Dio nella storia nella sua universalità si realizza nell’uomo Gesù che ha rinunciato a dominare sugli esseri umani. Ha rifiutato di usare il suo rapporto d’amore con il Padre, rimanendo in questa obbedienza che trova gioia nella fiducia incondizionata in Dio e che ha fatto della vita di Gesù, un canto di lode a Colui che ama l’uomo: «Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Tutte queste tentazioni costituiscono una sfida e una negazione della realtà di Gesù e ritroveremo lo stesso meccanismo che muove questa brano nella scena della crocifissione.

Anche noi in questo cammino quaresimale siamo chiamati ancora una volta sulla via della conversione, dell’ascolto obbediente alla Parola perché possiamo conformarci alla vita di Cristo per fare del nostro essere uomini, persone che resistono alla tentazione del dominio e del possesso, che non temono di vivere la loro figliolanza e si aprono a ricevere se stessi come dono di Dio per la vita degli altri, a vivere nella riconoscenza e nella gratitudine.

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La lotta contro le tentazioni
Enzo Bianchi

Il tempo della Quaresima è un tempo di prova, di lotta, di resistenza alle tentazioni che ci assediano, è un cammino nel deserto orientato al dono di Dio, all’incontro con lui. Per questo nella prima domenica di questo tempo liturgico ci viene svelata la realtà della tentazione subita da ogni essere umano, subita da Gesù stesso, anche lui “figlio di Adamo” (Lc 3,38). Significativamente, la Lettera agli Ebrei ci svela che “Gesù stesso è stato messo alla prova (pepeirasménos) in ogni cosa come noi, senza cadere in peccato” (Eb 4,15). Dunque ha vinto le tentazioni, ma non è stato esente da esse, perché nella sua umanità vera e concreta c’era la fragilità, la debolezza della “carne” (sárx).

I vangeli non temono di presentarci un Gesù tentato dal demonio, dall’avversario, Satana, potenza che induce l’uomo al male, cioè a contraddire la volontà di Dio: ciò avviene per Gesù nel deserto, subito dopo il battesimo, poi molte altre volte durante la sua missione e infine sulla croce. Il vangelo secondo Marco attesta che, dopo che Gesù ha ricevuto l’immersione nel Giordano da parte di Giovanni il Battista, “subito lo Spirito lo spinse nel deserto, dove rimase quaranta giorni, tentato da Satana” (Mc 1,12-13): continuamente tentato! Sulla base di questa testimonianza Matteo e Luca (cf. Lc 4,1-13) cercano di darci una descrizione, una narrazione di ciò che avvenne, una messa in scena di eventi vissuti da Gesù interiormente – potremmo dire nel profondo del suo cuore e quindi della sua coscienza –, di prove che coinvolgevano l’intera sua persona, corpo e spirito.

Per Matteo e Luca le tentazioni sono riassumibili in tre momenti, in tre assalti di Satana. Istruiti dalle scienze umane, oggi sappiamo leggere queste tre prove come resistenza alle tre libidines fondamentali che ci abitano: libido amandi, libido dominandi e libido possidendi. Sono le tentazioni cui è soggetta l’umanità intera, come esprime bene il libro della Genesi quando dice che l’essere umano “vide che l’albero” che non doveva essere mangiato “era buono da mangiare, appetitoso alla vista e bramato per ottenere potere” (Gen 3,6). Quando noi umani entriamo in relazione con le realtà di questo mondo, sentiamo forze, bisogni, brame che si scatenano in noi e che, se non vengono dominate, ci impediscono di riconoscere la presenza degli altri e di Dio, fonte di ogni dono. Anche Gesù, uomo come noi – e non dovremmo scandalizzarci per questo, né dubitare della sua identità di Figlio di Dio, Parola fatta carne (cf. Gv 1,14) – non è stato esente dalle tentazioni, non le ha rimosse, ma le ha attraversate misurandosi con esse, e così vincendo Satana con la sua volontà e con la forza della parola di Dio. Senza dimenticare che nel racconto di Matteo vi è anche l’allusione al popolo di Israele che, uscito dall’immersione nel mar Rosso, percorre il cammino nel deserto, ritmato da tre eventi, da tre tentazioni (cf. Es 16; 17; 32) nelle quali il popolo soccombe, cadendo in peccato.

Gesù, pieno di Spirito santo (cf. Mt 3,16), dallo stesso Spirito viene condotto nel deserto, ed ecco manifestarsi la tentazione, quando la fame si fa sentire dopo quaranta giorni di digiuno: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”. Se egli è davvero Figlio di Dio, come l’ha definito la voce venuta dal cielo durante il battesimo (cf. Mt 3,17), allora – gli suggerisce il tentatore – può sfuggire alla condizione umana che ha assunto e soddisfare la fame non come ogni uomo, procurandosi il cibo con la fatica e il lavoro, ma semplicemente facendo ricorso al suo potere. Non è un caso che la tentazione prima, quindi primordiale, riguardi il mangiare, la dimensione dell’oralità. Su questo terreno l’uomo e la donna sono stati tentati e sono caduti (cf. Gen 3,1-7), perché qui è in gioco l’amore egoistico per noi stessi, la philautía. Trasformare magicamente le pietre in pane per sfuggire alla fame è un sogno di onnipotenza: l’uomo affamato è tentato di non riconoscere più gli altri, di non pensare alla condivisione, alla solidarietà, alla comunione. Esistere per se stessi: questa è la tentazione radicale che porta a ignorare gli altri e a non riconoscere più il dono di Dio.

Questa prima tentazione può anche essere letta a un livello politico. Gesù è tentato di mutare le pietre in pane per compiere un’azione prodigiosa agli occhi dell’umanità: se è lui il Salvatore, potrà estinguere la fame del mondo in modo radicale e immediato, potrà farsi riconoscere e acclamare come liberatore. Non a caso, altrove la folla sarà disposta a farlo re se egli le procurerà del pane (cf. Gv 6,11-15.26). È bene ricordare, al riguardo, la rilettura di questa tentazione fatta da Fëdor Dostoevskij, nella “Leggenda del grande inquisitore: “Vedi queste pietre nel deserto nudo e infuocato? Mutale in pane e l’umanità ti seguirà come un gregge docile e riconoscente”. No, Gesù è il Figlio di Dio che, nel farsi uomo, si è spogliato delle sue prerogative divine, e resta sempre fedele a questa sua condizione. Perciò non compie il miracolo, ma risponde al demonio: “Sta scritto: ‘Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’ (Dt 8,3)”. In tal modo egli afferma che la fame di pane è indiscutibile, ma la fame della parola di Dio è ancora più vitale, più essenziale del soddisfare la brama di cibo. Vi è qui la testimonianza della fede di Gesù nella parola di Dio, della sua obbedienza puntuale al Padre, della sua resistenza alla tentazione fino alla vittoria.

Segue la seconda tentazione: “Il diavolo lo pose sul punto più alto del tempio” di Gerusalemme, la città santa dove tutti i figli di Israele salgono e sono radunati. Gesù è all’inizio della sua missione: cosa può inaugurarla in modo più efficace che un segno, un miracolo, un’autoesaltazione pubblica, di fronte a tutti? Se egli si butta dall’alto del tempio e, quale Figlio di Dio, è miracolosamente sorretto e sostenuto dagli angeli, allora la rivelazione della sua identità si imporrà a tutti ed egli sarà acclamato come Messia di Dio. Mostri chi è, faccia vedere che lui è Dio in mezzo al suo popolo, perché questa è la domanda degli increduli di ogni tempo: “Dio è in mezzo a noi sì o no?” (Es 17,7). Questa tentazione che Gesù sente emergere in sé sarà risvegliata tante volte dai suoi ascoltatori: “Mostraci un segno dal cielo e crederemo!” (cf. Mt 12,38; 16,1; 24,3). Vi è qui la suggestione di essere Messia secondo le immagini e i pensieri umani, ma Gesù ha scelto di essere un Messia al contrario: debole, povero, umiliato, rigettato; un Messia servo, non un padrone potente!

Al tempio, il luogo della religione, avviene la tentazione somma: se Gesù è Figlio di Dio, allora non conoscerà la morte, non sarà toccato da essa. Per fargli balenare questo miraggio, il demonio ricorre alla citazione della Scrittura (cf. Sal 90,11-12), distorcendola e strumentalizzandola contro Dio. La promessa di protezione annunciata da Dio al credente nel salmo, dovrebbe realizzarsi come epifania di potenza del Messia, come esenzione per lui dalla sofferenza e dalla morte, come onnipotenza… Ma Gesù, che è venuto a dare la sua vita per amore di tutti noi umani (cf. Mt 20,28), che è venuto nella povertà e nell’umiltà del servo di Dio, non può accogliere questa suggestione, che sfigurerebbe l’immagine di Dio, e allora, richiamando la parola di Dio, getta in faccia al demonio lo “sta scritto”: “Non tenterai il Signore Dio tuo” (Dt 6,16). Non si mette alla prova di Dio, ma si accetta di essere messi alla prova. Finché è in mezzo a noi, Gesù vuole restare umanissimo, senza poteri divini, per questo rimarrà fedele al Padre fino alla fine, senza mai cedere alla tentazione di negare o mitigare la sua condizione umana, assunta per condividerla con noi, per esistere con noi, per conoscere la nostra debolezza e presentarla come sua al Padre.

Viene infine la terza e ultima tentazione: sconfitta la libido dominandi, entra in azione la libido possidendi. Questa volta Gesù è condotto dal diavolo su un alto monte, dal quale contempla la terra e tutto ciò che contiene, tutta la sua ricchezza, i regni nelle mani dei governanti di questo mondo, la gloria che essi ostentano. Gesù in verità è un Re, il Re dei giudei, è il Messia, il Re unto, il capo del suo popolo, dunque anche a lui spettano ricchezza e gloria. Li può possedere, ma a una condizione: deve adorare il demonio, il principe di questo mondo. Spetta a Gesù scegliere: o diventare un servo di Satana o restare un servo di Dio. Da una parte onore, potere, gloria, ricchezze; dall’altra povertà, servizio, umiltà. Nel vangelo secondo Luca il demonio completa questa tentazione con un’ulteriore parola: “A me sono state date tutte le ricchezze di questo mondo e io le la do a chi voglio” (cf. Lc 4,6). Sì, chi tiene in mano le ricchezze di questo mondo è il demonio, e dunque chi accumula ricchezze, anche a fin di bene, e non le condivide, non le depotenzia dell’arroganza insita in esse, lo voglia o no, è un amministratore di Satana!

In questo rifiuto di Gesù è contenuta tutta l’assunzione della povertà come logica di abbassamento, di umiltà: “colui che era ricco si è fatto povero per noi” (cf. 2Cor 8,9), “colui che era nella condizione di Dio, si è spogliato fino a diventare schiavo” (cf. Fil 2,6-7). Sappiamo quello che Gesù ha potuto dire proprio dopo aver attraversato questa tentazione: “Non potete servire Dio e Mammona” (Mt 6,24). Ecco perché la parola di Dio invocata da Gesù come comando radicale e definitivo è: “Adorerai il Signore Dio tuo, e a lui solo renderai servizio” (Dt 6,13). In questo modo Gesù ci lascia anche una traccia da seguire quando siamo tentati. Al sorgere della tentazione, non si deve entrare in dialogo con Satana, non si deve indugiare nell’ascolto della seduzione, magari confidando nella propria forza. No, occorre solo ricorrere alla parola di Dio, invocare il Signore, non cedere a nessun dialogo con il male, ma allontanare il tentatore con la forza di Dio. È così che Gesù scaccia il demonio (“Vattene, Satana!”), quale vincitore del male e delle tentazioni; e lo fa attraversandole, per essere in grado di “avere compassione, di patire insieme a noi (sympathêsai) le nostre debolezze” (Eb 4,15). Proprio come si legge nella vita di Antonio, il padre dei monaci. Sfinito dalla lotta vittoriosa contro le tentazioni, egli vede il Signore in un raggio di luce e gli chiede: “Dov’eri? Perché non sei apparso fin dall’inizio per porre fine alle mie sofferenze?”. E si sente da lui rispondere: “Antonio, ero qui a lottare con te”.

Brevi note sulle altre letture bibliche
Genesi 2,7-9; 3,1-7 e Lettera ai Romani 5,12-19

Nel tempo di Quaresima (annata A) le tre letture sono parallele, o meglio illustrano il tema della storia della salvezza, nelle sue tappe riassunte nelle parole e nei gesti di Gesù. In questa prima domenica le letture convergono sulla tentazione vissuta da ogni umano in Adamo ed Eva, personalità corporative e simboliche. La tentazione viene dal demonio, il serpente antico, ma si insinua nel cuore umano come seduzione quando si instaura un rapporto con ogni realtà. Appena l’essere umano si mette in relazione con una realtà, è tentato di divorarla, di possederla, di dominarla, senza riconoscere il limite naturale e cercando di non cogliersi come creatura ma creatore di se stesso. Da qui la caduta, il peccato, la scelta di una strada che è mortifera. Nel vangelo Gesù, nuovo e ultimo Adamo, subirà la stessa tentazione, ma trionferà vincendo Satana. Con questa certezza di fede l’Apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani, traccia il parallelo tra il primo Adamo, l’umano nella sua qualità storica, e l’Adamo ultimo e definitivo, Gesù, che, sconfitto il peccato e la morte, dona gratuitamente a tutta l’umanità la giustificazione, cioè la salvezza, e quindi la pienezza della vita inaugurata dalla sua resurrezione. All’uomo disobbediente si contrappone l’uomo Gesù, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”, ma esaltato e glorificato da Dio (cf. Fil 2,8-9) per la sua vita donata e spesa nell’amore (cf. Gv 13,1).