14 Febbraio Festa SANTI CIRILLO E METODIO
Lc 10,1-9: La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai

Testo del Vangelo
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».


Oggi la Chiesa celebra la festa dei santi Cirillo e Metodio, fratelli, che evangelizzarono l’Europa dell’est. Ma la devozione popolare ricorda anche san Valentino, patrono degli innamorati.
Nativi di Salonicco, siamo nel primo millennio, furono inviati dal vescovo di Costantinopoli a evangelizzare i popoli della Pannonia e della Moravia. Tradussero in slavo le Scritture, adattando l’alfabeto latino (il cirillico), Cirillo si fece poi monaco a Roma e Metodio fu eletto vescovo. Papa Giovanni Paolo li volle patroni d’Europa insieme a Benedetto. L’Europa è nata grazie alla passione di uomini come questi, che hanno desiderato condividere il prezioso tesoro del Vangelo e hanno avuto l’intelligenza di adattare il messaggio alla cultura dei popoli che incontravano, come ha saputo fare anche Benedetto nei suoi monasteri. Sarebbe interessante che l’Europa dei burocrati, delle banche e delle regole si ricordasse di avere un’anima cristiana. Solo recuperando l’essenziale, il desiderio della conoscenza della felicità, della ricerca di senso, possiamo superare la terribile impasse in cui si è arenata l’Unione. Per amore Cirillo e Metodio, a prezzo di grandi sacrifici e di persecuzioni, annunciarono il Vangelo, e sempre di amore parliamo ricordando la figura di Valentino, vescovo di Terni, patrono di chi si ama.
Paolo Curtaz

Commenti

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”.
Perché il Signore si fa precedere dai suoi discepoli? Perché li manda a due a due? Sono interrogativi importanti che non possiamo ignorare. Se Gesù si fa preparare la strada da gente inaffidabile come i discepoli, come me e come te, ci sarà un motivo. E credo che il vero motivo sia la potenza che sprigiona la comunione di due amici. Li manda a due a due per ricordare a ciascuno di noi che l’unica cosa che può preparare davvero la strada a Gesù è fare esperienza di legami significativi, di amici affidabili, di persone che si sforzano davvero di volersi bene. È il caso di Cirillo e Metodio, fratelli e amici, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Si evangelizza solo se si dà testimonianza di saper volere davvero bene. Non sono le opere l’alfabeto dell’evangelizzazione ma l’amore:
Vi riconosceranno da come vi amerete”.
Allora è di questo che dovremmo preoccuparci: le nostre comunità, le nostre esperienze ecclesiali sono luoghi di testimonianza di amicizia, di amore gratuito, di comunione? A che cosa mai potrebbe servire una Chiesa che organizza cose, e persino la carità, ma non sa amare? Oggi il Vangelo ci spinge a questa decisione, a questa conversione. Scegliere di voler bene a qualcuno significa evangelizzare senza bisogno nemmeno di parole.
L.M. Epicoco
http://www.nellaparola.it


Attraversare fiduciosi la terra dei luppi
Vanno i settantadue discepoli, a due a due, quotidianamente dipendenti dal cielo e da un amico; senza borsa, né sacca, né sandali, senza cose, senza mezzi, semplicemente uomini. «L’annunciatore deve essere infinitamente piccolo, solo così l’annuncio sarà infinitamente grande» (G. Vannucci).
Non portano niente e dicono: torniamo semplici e naturali, quello che conta è davvero poco. I discepoli sono dei ricostruttori di umanità, e il loro primo passo contiene l’arte dell’accompagnamento, mai senza l’altro. Due non è la somma di uno più uno, è l’inizio della comunione. Allora puoi anche attraversare la terra dei lupi, passarvi in mezzo, con coraggio e fiducia: vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Che forse sono più numerosi ma non più forti, che possono azzannare e fare male, ma che non possono vincere.
Vi mando come agnelli, senza zanne o artigli, ma non allo sbaraglio e al martirio, bensì a immaginare il mondo in altra luce, ad aprire il passaggio verso una casa comune più calda di libertà e di affetti. I campi della vita sono anche violenti, Gesù lo sconterà fino al sangue, eppure consegna ai suoi una visione del mondo bella come una sorpresa, una piccola meraviglia di positività e di luminosità: la messe è molta, ma gli operai sono pochi. Gli occhi del Signore brillano per il buon grano che trabocca dai campi della vita: sono uomini e donne fedeli al loro compito, gente dal cuore spazioso, dalle parole di luce, uomini generosi e leali, donne libere e felici. Là dove noi temiamo un deserto lui vede un’estate profumata di frutti, vede poeti e innamorati, bambini e giullari, mistici e folli che non sanno più camminare ma hanno imparato a volare.
Gesù manda i suoi discepoli non a intonare lamenti sopra un mondo distratto e lontano, bensì ad annunciare il capovolgimento: il Regno di Dio si è fatto vicino. E le parole che affida ai discepoli sono semplici e poche: pace a questa casa, Dio è vicino. Parole dirette, che venivano dal cuore e andavano al cuore. Noi ci lamentiamo: il mondo si è allontanato da Dio! E Gesù invece: Dio si è avvicinato, Dio è in cammino per tutte le strade, vicinissimo a te, bussa alla tua porta e attende che tu gli apra. In qualunque casa entriate, dite: pace a questa casa.
Gesù sogna la ricostruzione dell’umano attraverso mille e mille case ospitali e braccia aperte: l’ospitalità è il segno più attendibile, indiscutibile, dell’alto grado di umanità che un popolo ha raggiunto (R. Virgili), prima pietra della civiltà, prima parola civile, perché dove non si pratica l’ospitalità, si pratica la guerra e si impedisce lo shalom, cioè la pace che è il fiorire della vita in tutte le sue forme.
ErmesRonchi
Avvenire