Lunedì della VI settimana del Tempo Ordinario
Mc 8,11-13: Perché questa generazione chiede un segno?
Testo del Vangelo
In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
Commenti
Chi cerca segni è un povero disperato, ma chi li pretende è un insopportabile arrogante. Un segno non va mai a comando, specie se si tratta di segni che arrivano dal cielo. Ma forse che Dio elargisce segni a richiesta libera, forse che si concede ad ogni sospinto desiderio umano, forse che cede come un genitore sciagurato ad ogni capriccio dei suoi figli?
Per carità. Dio è Dio, e noi noi siamo semplicemente uomini. Cerchiamo di convincercene e diamoci pace: non siamo Dio!
La generazione che pretende segni è proprio quella che non li avrà. Ma non per una ripicca di Dio nei loro confronti. Tutt’altro. Non avranno segni perchè è ua generazione ormai chiusa ai segni. Quei farisei non si sono ancora accorti degli svariati segni che Gesù ha già compiuto: ha guarito malati, moltiplicato il pane e i pesci e ha anche risuscitato dei morti. Ma niente cosa volete che siano queste cose. Loro vogliono i loro segni, quelli a richiesta, come mettere una moneta nel jukebox e ricevere la canzone che piace a me.
Niente da fare. Con Gesù non funziona.
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
Don Franco Mastrolonardo
http://www.preg.audio
“Allora vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova”.
Ci sono due motivi per cui delle volte domandiamo dei segni: il primo è che a volte c’è dentro di noi un così grande bisogno di essere rassicurati che la ricerca di conferme è solo una grande dichiarazione di umanità; l’altro motivo è meno nobile, e in definitiva è solo un modo per prendere tempo, per non lasciarsi mettere in discussione, per tentare di alzare la posta in gioco pur di non ammettere l’evidenza delle cose. È contro quest’ultimo tipo di motivazione che Gesù si scaglia nel Vangelo di oggi:
“Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione»”.
Non si può dialogare, rispondere, confrontarsi con chi usa le parole, i segni, gli avvenimenti in maniera strumentale alle sole proprie ragioni. Chi ha un atteggiamento polemico usa persino della verità come un’arma per fare del male. In questo senso Gesù riempie di segni la vita dei semplici, ma lascia completamente digiuni quelli che pensano di sapere tutto, di aver compreso tutto, e di avere le redini in mano.
“E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all’altra sponda”.
La presunzione, la saccenza, la superbia alla fine ci fanno rimanere da soli. Gesù non si lascia trovare da coloro che vogliono manovrarlo o possederlo, ma solo da coloro che lo cercano con cuore sincero. Il Vangelo di oggi è un grande invito a non entrare nella paranoia dei segni a tutti i costi, e a lasciare che il Signore si manifesti nella nostra vita così come Egli riterrà più opportuno. Tutto questo l’ho compreso una volta mentre mi trovavo a Fatima. Mi domandavo, in quel luogo benedetto, perché Maria si fosse manifestata a quei bambini e non a me, ed ebbi chiaro che loro certamente non avrebbero manovrato quel dono, io probabilmente si. Delle volte ci fa bene avere l’umiltà di accettare di non avere abbastanza umiltà.
L.M. Epicoco
http://www.nellaparola.it
Di quanti segni abbiamo bisogno per credere? Gesù ha appena sfamato 4000 capifamiglia partendo da una manciata di pani e di pesci. Muti e sordi, ciechi e storpi, lebbrosi e paralitici, contravvenendo all’ordine del Maestro, urlano al mondo di essere stati guariti. Molti di più hanno trovato nelle sue parole lo specchio di una vita diversa, altra, e il volto di un Dio inatteso e tanto desiderato. E altri cantano le sue gesta, non eroiche, non eclatanti. Il sorriso fatto ai bambini, e la pazienza nell’ascoltare il dolore, e la compassione, vera, adulta, virile, che emerge da ogni suo gesto. Di quanti altri segni abbiamo bisogno per credere? Come se Dio fosse una marionetta al nostro servizio. Come se, per esistere, Dio dovesse continuamente esaudire i nostri desideri, a volte seri, molto più spesso futili ed inutili. Di quanti altri segni ho bisogno per credere che Dio è ed è presente nella nostra quotidianità? Prima di iniziare la settimana, allora, proviamo a fare memoria, in questo piccolo momento di preghiera che scalda il nostro cuore, dei tanti segni con cui Dio ci manifesta la sua infinita e inattesa misericordia…
Paolo Curtaz
Lectio di Silvano Fausti
“Non sarà dato nessun segno”, dice Gesù subito dopo il fatto dei pani. Le sue parole valgono per “questa” generazione, ossia per ogni generazione.
Anche Israele nel deserto pretese un segno indubitabile della sua benevolenza: “È Dio in mezzo a noi, sì o no?” (Es 17,7). Ma chi chiede sempre prove senza mai fidarsi, instaura un meccanismo di ricatto che allontana sempre più dall’amore. La nostra ostinazione a non credere è la croce di Dio: lo tocca sul vivo, lo ferisce al cuore, lo uccide nella sua essenza.
Gesù nel suo pane ci ha dato il segno massimo: si è fatto nostra vita, dando la vita per noi. Che altro vogliamo? Non c’è più alto di questo nei cieli, né più profondo negli abissi. Il problema non è che lui dia altri segni, ma che noi guariamo della nostra cecità.
I discepoli di sempre hanno il cuore duro. Non capiscono il pane, e scambiano “Io Sono” per un fantasma.
Se allo stolto indichi la luna, lui ti guarda la punta dei dito e ti dice che lì non c’è nessuna luna. Gesù è l’indice puntato sulla misericordia di Dio, è anzi la stessa misericordia fattasi per noi pane. Oltre non c’è più niente: è Dio stesso, tutto per noi. Non resta che riconoscere, adorare, gustare e viverne. Il segno ha ceduto totalmente il posto alla realtà significata. La scritta sta solo fuori dal ristorante. E insensato che uno vi entri, e, invece di mangiare, continui a chiedersi perché non c’è più l’insegna. Dentro c’è la tavola imbandita.
Gesù non dà più segni. Infatti cessano i racconti di miracoli. Deve solo guarire i nostri occhi perché vediamo. In lui Dio si è espresso pienamente, dandoci tutto ciò che ha ed è, tutto ciò che voleva e poteva donarci: ha dato se stesso. Nell’eucaristia facciamo memoria e rendimento di grazie per questo dono di cui viviamo. L’unico segno ormai è la sua parola sul pane. Chi crede e l’accoglie, entra nella realtà stessa di Dio.
Il discepolo, invece di chiedere segni, chieda la capacità di vedere. Se vuole prove, è perché non crede; e allora nessuna prova gli giova. Se crede, avrà segni e ne darà, secondo l’occorrenza. Qualunque segno comunque ha come unico scopo quello di portarci alla fede, ossia a obbedire alla sua parola e riconoscere il suo pane.