Lectio della V Domenica del Tempo Ordinario (A)
Matteo 5,13-16


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A conclusione delle beatitudini l’evangelista appone un severo monito nel quale risalta la responsabilità della comunità dei credenti nei confronti dell’umanità.
Le beatitudini rappresentano il “codice” della nuova alleanza con l’umanità. Per divenire realtà questo “codice” ha bisogno ed è condizionato dall’impegno dei seguaci di Gesù. Questo impegno viene sottolineato dall’immagine del sale.
Conosciuto da sempre come elemento che serviva a conservare gli alimenti, il sale veniva sparso simbolicamente sui contratti per dargli validità e renderli duraturi. Usato nei sacrifici (sopra ogni tua offerta porrai del sale) era segno dell’alleanza: Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio. (Lv 2,13)
Per questo nell’AT si legge spesso che venne stipulata un’alleanza di sale, per indicare un patto eterno, che non avrà mai fine (cfr. Nm 18,19 LXX; 2Cr 13,5 LXX=le sottolineature della traduzione dei Settanta indicano che ci serviamo di questo testo originale per sostenere quanto affermiamo). La fedeltà dei discepoli alle beatitudini rende valida la nuova alleanza con il popolo e permette l’avvento del Regno.

Vedi http://www.ilfilo.org/vangelodelladomenica.html


Matteo 5,13-16
Silvano Fausti

1. Messaggio nel contesto

I discepoli nelle difficoltà, invece di abbattersi, si sentono identificati con il loro Signore: con gioia vivono la beatitudine di essere con lui e come lui. La croce li rende conformi a lui, con il suo stesso amore per il Padre e i fratelli. Li fa “sale della terra”: dà ad Adamo, che è terra, il suo sapore, la sua “identità” di figlio. E questa si fa “rilevanza”, luce del mondo, che conquista anche gli altri con la sua bellezza.

L’evangelizzazione avviene attraverso la testimonianza di chi compie in sé quello che ancora manca alla passione del Figlio in favore dei fratelli (Col 1,24) – e manca sempre solo ancora la “mia” passione. La testimonianza è insieme sale, nascosto ma ben percepibile, e luce, palese e visibile, che fa godere a tutti la gloria di Dio.

Gesù, Sapienza di Dio, è il Figlio che dà la vita per i fratelli. Per questo è sale e luce: fa sentire e vedere loro che Dio è il Padre comune.

La Chiesa è il “voi” che ha ascoltato le beatitudini e ha lo stesso sapore di Cristo. Partecipa del suo destino di passione in quanto sale della terra e di gloria in quanto luce del mondo – senza dimenticare che è luce solo in quanto è sale.

2. Lettura del testo

v. 13: voi siete il sale. Il sale dà sapore e preserva dalla corruzione; inoltre è simbolo di sapienza, amicizia e disponibilità al sacrificio. La comunità è sale quando ha il sapore delle beatitudini. Esse ci danno il nostro sapere e sapore (sapere = avere il sapore), ci preservano dalla corruzione, ci danno sapienza, capacità di amicizia, disponibilità a pagarne i costi: sono la nostra identità di figli del Padre.

della terra. La nostra identità è “sale della terra”: dà senso non solo alla nostra esistenza personale, ma a quella di ogni uomo. La vita filiale e fraterna è per tutti il sapore stesso della vita. Se uno non è figlio e fratello di nessuno, semplicemente non è.

ma qualora il sale sia scipito. È facile perdere il sapore di Cristo, che è saper dar la vita in amore e umiltà. “Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà” (24,12). Il seme della Parola che ci fa figli può non attecchire, può essiccare appena attecchito, può essere soffocato dopo essere cresciuto (13,18-22). La sapienza mondana non è quella della croce. In ciascuno di noi è grande la lotta tra la sapienza dell’amore e quella dell’egoismo.

a nient’altro vale, ecc. Il discepolo che non ha il sapore di Cristo non vale nulla, e non serve a nessuno.

v. 14: voi siete la luce. Chi “sa” di Cristo, è luce: l’identità è rilevanza. La luce è il principio della creazione (Gen 1,3). Gesù è visto da Matteo come il sorgere di una grande luce su quanti abitano nelle tenebre e nell’ombra di morte (4,12-17). In lui siamo illuminati, veniamo alla luce della nostra realtà, nasciamo come figli. E chi è illuminato, a sua volta fa luce agli altri.

del mondo. Ciò che dà sapore alla terra, illumina il mondo, facendone vedere la bellezza. La parola “mondo” (in greco: kósmos) significa ordine, struttura, bellezza. Nel NT ha una connotazione negativa. Infatti “questo” mondo è strutturato sulla brama di avere, di potere e di apparire (1Gv 2,16), con il suo ingannevole fascino che lo fa sembrare buono, bello, e desiderabile (Gen 3,6). La vita filiale fa cadere l’inganno, e gli ridà la verità del suo splendore.

una città. La comunità è una città, la città santa, il luogo in cui si vivono le relazioni in modo divino e paradisiaco, non diabolico e infernale.

posta su un monte. La città santa è sulla cima dei monti, come il tempio del Signore, che essa è (Is 2,2). Tutti la vedono e dicono: “Venite, saliamo sul monte del Signore, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri (Is 2,3).

Noi dobbiamo cercare non la rilevanza, bensì l’identità. La candela non si preoccupa di illuminare: semplicemente brucia, e, bruciando, illumina. L’identità non può restare nascosta, anche se non fa nulla per farsi vedere: il sale non può non salare, e la luce non illuminare. Il problema non è salare o illuminare, ma essere sale e luce. Chi cerca la rilevanza invece dell’identità, è come la rana che si gonfia per diventare bue. Nessuno dà ciò che non ha: ciò che sei parla più forte di quello che dici.

v. 15: né si accende una lucerna. In realtà noi non siamo luce, ma lucerna. La lucerna è un semplice vaso di terracotta, con uno stoppino fuligginoso che emerge dall’olio. Solo se è accesa, fa luce. Così anche noi facciamo luce solo se siamo accesi di Cristo, dal fuoco del suo amore.

sotto il moggio/sopra il lucerniere. Si mette la lampada sotto il moggio per spegnerla. Quante volte spegniamo la luce sotto il moggio dei nostri opportunismi. La lampada invece va messa sul lucerniere. Per Gesù il lucerniere fu la croce: il massimo del suo nascondimento fu la sua piena rivelazione.

quelli di casa. I fratelli si accorgono del fuoco che è in me, se c’è, e ne sono aiutati a vivere la loro fede.

v. 16: davanti agli uomini, perché vedano, ecc. Gesù dirà subito dopo di non agire “davanti agli uomini” (6,1) per avere gloria da loro. Qui dice che le nostre opere buone edificano i fratelli, che nella nostra vita fraterna avvertono il profumo di Cristo (2Cor 2,14) e glorificano Dio.

3. Preghiera del testo

  • a. entro in preghiera come al solito
  • b. mi raccolgo immaginando Gesù sul monte, con i discepoli che lo ascoltano
  • c. chiedo ciò che voglio: essere libero da ogni ricerca di ricchezza, di onore e di gloria
  • d. medito su ogni parola e vedo come Gesù l’ha vissuta.
  • e. Passi utili: Is 58,7-10; Sal 112; 1; 1Cor 1,16-2,15; Fil 2; 1 Pt 2,21-25.