Vangelo della IV Settimana del Tempo Ordinario
Commento  di Paolo Curtaz

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Gerasa
Lunedì 30 Gennaio >
(Feria – Verde)
Lunedì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 11,32-40   Sal 30   Mc 5,1-20: Esci, spirito impuro, da quest’uomo.
Martedì 31 Gennaio >
(Memoria – Bianco)
San Giovanni Bosco
Eb 12,1-4   Sal 21   Mc 5,21-43: Fanciulla, io ti dico: Alzati!.
Mercoledì 1 Febbraio >
(Feria – Verde)
Mercoledì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 12,4-7.11-15   Sal 102   Mc 6,1-6: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Giovedì 2 Febbraio >
(FESTA – Bianco)
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Ml 3,1-4   Sal 23   Eb 2,14-18   Lc 2,22-40: I miei occhi hanno visto la tua salvezza.
Venerdì 3 Febbraio >
(Feria – Verde)
Venerdì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 13,1-8   Sal 26   Mc 6,14-29: Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.
Sabato 4 Febbraio >
(Feria – Verde)
Sabato della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 13,15-17.20-21   Sal 22   Mc 6,30-34: Erano come pecore che non hanno pastore.
Domenica 5 Febbraio >
(DOMENICA – Verde)
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Is 58,7-10   Sal 111   1Cor 2,1-5   Mt 5,13-16: Voi siete la luce del mondo.

Lunedì della IV settimana del Tempo Ordinario
Mc 5,1-20: Esci, spirito impuro, da quest’uomo.

Vive fra i sepolcri, l’indemoniato. Nulla gli dà pace, nessuno riesce a tenerlo fermo: urla e grida, si percuote con le pietre, si fa del male. Come se Marco ci facesse capire che l’autolesionismo è di origine malvagia, demoniaca, che l’accusarsi di ogni nefandezza non fa piacere a Dio e ci sprofonda nell’abisso. Quante ne conosco di persone così! Sempre irrequiete e insoddisfatte di ciò che sono, della propria vita, delle proprie scelte. E alcune, purtroppo, pensano di far piacere a Dio comportandosi in quel modo! Confondono depressione con umiltà, poco consapevoli della propria concreta situazione, preferiscono farsi travolgere dai sensi di colpa piuttosto che guardare oggettivamente i propri pregi e difetti. Il Signore ci libera da una visione piccina e meschina di noi stessi, non siamo i giganti dei nostri sogni, né i nani delle nostre paure, ma uomini e donne che, scoprendosi discepoli, in cammino, in crescita, vedono loro stessi alla luce dello sguardo di Dio. Il Signore ci libera nel profondo, ci aiuta e vedere la realtà dalla parte di Dio. Certo: farlo richiede fatica, uscire da se stessi, lasciar andare (affogare) la miriade di pensieri negativi che rischiano di schiacciarci.

31 Gennaio (Memoria – Bianco) San Giovanni Bosco

La festa di san Giovanni Bosco è un soffio di aria pura e di slancio apostolico perché egli ispirava e comunicava la gioia.
Già da ragazzo aveva fondato una “società” con il motto “Guerra al peccato”: la gioia viene dalla vittoria sul peccato.
“Rallegratevi nel Signore sempre…”. Dio è grande, e noi siamo come bambini bisognosi di tutto davanti a un Padre onnipotente che si occupa amorevolmente di noi.
E la fiducia in lui che genera la gioia: fiducia e riconoscenza perché da Dio riceviamo tutto.
Come possono dei bambini essere tristi quando sono colmati di doni?
Fiducia e riconoscenza ci conducono alla conversione che Gesù chiede come condizione per entrare nel regno dei cieli: diventare come i bambini.
San Paolo invitava gli educatori a farsi modello per i bambini tanto da poter dire: “Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me è quello ché dovete fare”, e in molte pagine del Vangelo siamo esortati a imparare dai bambini a ricevere da loro.
Sono i due aspetti dell’educazione.
Un altro grande educatore Antonio Rosmini, diceva ai suoi confratelli: “Ricordatevi che ciò che ricevete dai bambini è molto di più di ciò che date” e questo è evangelico.
Accogliamo questa lezione di gioia e di fiduciosa semplicità perché possiamo trasmettere e ricevere reciprocamente i doni di Dio.

Martedì della IV settimana del Tempo Ordinario
Mc 5,21-43: Fanciulla, io ti dico: Alzati!

Due dolori incrociano oggi i passi del Maestro Gesù: la disperazione di Giairo che sta perdendo la figlia adolescente e la paura della donna emorroissa che da anni cerca di guarire dalle sue perdite. Due dolori diversi si sovrappongono: il dolore di chi viene investito dalla durezza della vita e dal mistero della morte e il dolore di chi è vittima del pregiudizio culturale e religioso. A causa di una primitiva concezione della natura, si pensava che il principio vitale fosse contenuto nel sangue, perciò si evitava di entrare a contatto col sangue. Una donna era impura durante il suo ciclo mestruale: la donna in questione da dodici anni ha delle perdite.
Dodici anni senza contatto fisico, senza un abbraccio, nulla. Se tocca Gesù vìola una precisa norma. Ma lo fa. Gesù si accorge che qualcosa è accaduto, chiede spiegazione ai suoi discepoli scettici. Possiamo avvicinarci a Gesù mille volte, ma solo se abbiamo fede ne usciamo cambiati. Così la figlia di Giairo ritorna in vita ed è restituita alla gioia della sua famiglia. Chiediamo al Signore, oggi, di guarirci da ogni malattia, di risvegliare in noi l’adolescente entusiasta e affidiamogli chi è nel dolore del lutto, nella fatica della malattia.

Mercoledì della IV settimana del Tempo Ordinario
Mc 6,1-6: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.

È un rincorrersi di meraviglie e di stupori il vangelo di oggi. Si meraviglia la folla per l’eloquenza di Gesù. Si meravigliano alcuni concittadini perché Gesù, il figlio di Giuseppe, fa il predicatore senza avere il patentino. Si meraviglia il Signore della loro incredulità. Nella vita ci possiamo stupire per cose positive, per eventi che ci cambiano l’orizzonte, per alcune scoperte, come la fede, che ci mettono letteralmente le ali. Ma, purtroppo, ci possiamo anche stupire per le cose negative, infarciti dai nostri pregiudizi religiosi. Gesù non è sufficientemente qualificato per dire le cose che stupiscono! E invece di guardare la luna, gli sciocchi di sempre guardano il dito che la indica. Anche noi, purtroppo, a volte ci fermiamo all’apparenza della Chiesa e di chi parla del vangelo. Invece di ascoltare con stupore la buona notizia, ci lasciamo turbare dalle inevitabili incoerenze che talora accompagnano l’annuncio. Stupiamoci, oggi, per le tante cose belle che ci circondano e che riconosciamo come immenso segno della bontà di Dio. E che Dio non abbia a stupirsi, oggi, della nostra incredulità, della nostra poca fede. Perché Dio non è quasi mai come ce lo immaginiamo.

2 Febbraio (FESTA – Bianco) PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Lc 2,22-40: I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

Illuminati
Nel passato in questa giornata si benedivano i ceri che servivano ad illuminare le nostre chiese quando ancora non esisteva l’illuminazione elettrica. E sempre questa giornata, ancora oggi, rappresenta un momento importante per le persone consacrate che rinnovano la loro totale adesione a Cristo, il dono di sé al Padre, gesto richiamato dalla presentazione al tempio di Gesù.
È una festa che richiama il tempo di Natale appena concluso, festa dal sapore sacro che odora di incenso: con la fantasia rivediamo le alte colonne che sorreggevano il portico di Salomone e i vasti cortili lastricati che immettevano nella zona più sacra del tempio di Gerusalemme.
Maria e Giuseppe, giovane coppia spaurita della Galilea, otto giorni dopo la nascita del loro primogenito, adempie il precetto della Legge della circoncisione, forte segno nella carne che testimonia l’appartenenza del popolo di Israele al Dio rivelatosi a Mosè.
Un segno che consacra ogni vita al Dio che l’ha donata.
Bella storia.

Obbedienti
Mi affascina questo gesto compiuto da Maria e Giuseppe, un gesto di obbedienza alla tradizione, di rispetto per le Leggi di Israele. Sanno bene che quel bambino è ben più di un primogenito da consacrare, sanno e hanno appena fatto esperienza del mistero infinito che lo abita.
Potrebbe pensare di essere superiori alle Leggi, di non averne bisogno perché sorreggono fra le braccia colui che ha dato la Legge e che, misteriosamente, ha deciso di diventare uomo. Invece no, vanno al tempio come una coppia qualsiasi, compiono quel gesto senza farsi troppe domande.
Fa tenerezza immaginare la coppia di Nazareth incedere timidamente negli ampi spazi del ricostruito tempio, in mezzo ad un viavai di gente indaffarata, alle preghiere pronunciate ad alta voce, all’odore acre dell’incenso mischiato alla carne bruciata… Sono lì ad assolvere un gesto di obbedienza secondo la Legge mosaica: un’offerta da compiere per riscattare il primogenito, un rito che ricorda che la vita appartiene a Dio e a lui ne va riconosciuto il dono.
Gesù obbedisce alla Legge, Dio si sottomette alle tradizioni degli uomini. Nell’obbedienza vuole cambiare le regole, nel solco della tradizione vuole ridare vitalità e senso ai gesti del suo popolo.

Donati
Gesù è offerto al Padre, è donato da subito e quel gesto si ripeterà infinite volte nella sua luminosa vita. Gesù è e resta dono, diventa dono al Padre che ne fa dono all’umanità.
E in questa logica del dono, oggi, desideriamo fortemente fare della nostra piccola vita un’offerta a Dio. Da lui l’abbiamo ricevuta, a lui vogliamo donarla: ciò che siamo sia utile alla realizzazione del Regno, ci aiuti a fare di ogni gesto, di ogni giorno, un atto consapevole di amore verso Dio e il suo progetto di salvezza…
Gesù stesso si comporterà allo stesso modo, senza rigettare le prescrizioni rituali, senza porsi al di sopra della tradizione religiosa del suo popolo, senza fare l’anarchico ma vivendo con autenticità e verità le norme della Torah.
Il gesto di andare al tempio ci incoraggia a vivere la nostra fede attraverso i sicuri sentieri della tradizione, ripercorrendo l’esperienza che ha coagulato l’esperienza dei discepoli attorno a momenti ben precisi, celebrando nella vita la presenza del Signore anche attraverso segni ben concreti, come i Sacramenti.
Troppe volte chi cerca di vivere con maggiore intensità e verità la fede si sente “migliore” di chi, invece, la vive senza grande coinvolgimento. La tentazione, però, è quella di costruirsi una fede che guarda dall’alto le devozioni, le tradizioni, i percorsi abituali della santità.
Non dobbiamo ignorarli od evitarli, ci suggeriscono Maria e Giuseppe, ma riempirli di verità.

Illuminati
Il vecchio Simeone vede il neonato e capisce.
Nella splendida preghiera che ci riporta Luca, vede in quel bambino la luce che illumina ogni uomo, la luce delle nazioni.
In realtà Gesù non emana luce, non ha nessuna caratteristica che lo distingua da qualunque altro bambino. Nessun prodigio, nessun discorso edificante, nessun gesto miracoloso: solo un bambino che sonnecchia, beato, fra le braccia della mamma.
È nel cuore di Simeone la luce. Nel suo sguardo.
Così è la fede: anche noi siamo chiamati a vedere con lo sguardo del cuore, a capire che ogni cosa è illuminata. E di quanta luce necessitiamo, oggi! Di una chiave di interpretazione che ci aiuti a vedere al di là, al di sopra e al di dentro delle evidenze sconfortanti di una società ripiegata su se stessa.
Agli inizi del cristianesimo i seguaci del Nazareno venivano chiamati, fra altri modi, anche “illuminati”.
E Dio solo sa di quanta luce ha bisogno questo mondo! Portiamo luce perché siamo accesi, come le candele che oggi benediciamo.

Simeone
Gesù è portato al Tempio per la circoncisione: è un segno di obbedienza alla Legge da parte dei suoi genitori che non si sentono diversi o migliori, ma appartenenti ad un popolo ricco di tradizioni religiose che essi vogliono rispettare. Nel momento dell’offerta del primogenito a Dio, Maria e Giuseppe incontrano il vecchio e sconfortato Simeone.
Simeone è il simbolo della fedeltà del popolo di Israele che aspetta con fiducia la venuta del Messia, da tutta la vita sale al Tempio sperando di vedere il Messia, ma ora è anziano e Luca ci lascia intuire la sua stanchezza interiore, che è la stanchezza di tanti anziani che incontro ogni giorno.
Simeone è il simbolo dell’ansia profonda di ogni uomo, perché la vita è desiderio insoddisfatto, la vita è cammino, la vita è attesa.
Attesa di luce, di salvezza, di un qualche senso che sbrogli la matassa delle nostre inquietudini e dei nostri “perché”.
La preghiera intensa di Simeone che finalmente vede l’atteso è bellissima: ora è sazio, soddisfatto, ora ha capito, ora può andare, ora tutto torna. Sono sufficienti tre minuti per dare senso e luce a tutta una vita di sofferenze, tre minuti per dare luce ad una vita di attesa.
Che il Signore ci conceda, nell’arco della nostra vita, almeno questi tre minuti…

Giovedì della IV settimana del Tempo Ordinario
Mc 6,7-13: Prese a mandarli.

Siamo mandati a due a due per invitare la gente a convertirsi al Vangelo (non a noi!), per cacciare le opere dell’avversario e per guarire gli infermi, del corpo e dell’anima. L’annuncio non è una questione di spiriti solitari, di fuoriclasse della predicazione: è la testimonianza della comunione che rende credibili le parole che diciamo. Non dobbiamo contare su roboanti strutture organizzative ma sull’efficacia della Parola: è Dio che converte, non noi. Ma, ammonisce Gesù, bisogna essere realisti e mettere in conto qualche delusione, qualche fallimento. Davanti al rifiuto, Gesù chiede di non nutrire sentimenti di vendetta o di ripicca o anche solo di fastidio per la delusione che irrita il nostro ego spirituale, ma di voltare pagina, di scuotere la polvere dai calzari lasciando alle spalle ciò che non ha funzionato, senza farne una tragedia o un’occasione di scoraggiamento. A volte, nelle nostre comunità, si avverte un senso di disagio, di sconfitta, di rassegnazione, come se il mondo non ci capisse, come se fossimo destinati a perdere. Non è così: il Signore ci chiede di seminare, altri, dopo di noi, raccoglieranno.

Venerdì della IV settimana del Tempo Ordinario
Mc 6,14-29: Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.

Ci sono dei potenti, ieri e oggi, che pensano di avere la Storia fra le mani, che si illudono di contare, di pesare, di determinare il destino degli uomini. E, purtroppo, a volte accade proprio così: la storia è piena di dittatori, di demagoghi, di violenti che pensano di cambiare il corso degli eventi a partire dalle proprie intuizioni politiche e sociali. Re e vassalli, tutti convinti di passare alla storia. Come Erode Antipa, il figlio incapace di Erode il grande, fratello di Filippo e Archelao. A lui è toccata la Galilea e un titolo che non ha nulla a che vedere con la potenza del padre despota. Roma stessa gli toglierà ogni incarico a causa della sua condotta violenta e finirà i suoi giorni in esilio nelle Gallie. Per un attimo Erode sembra essere attirato dalla cruda predicazione del Battista che non ha paura di condannare la sua condotta morale: Erode ha come amante sua nuora e non pare preoccuparsene! La storia la conosciamo: storia di un re pavido che si fa manipolare da una donna gelosa e dalla paura di perdere la faccia davanti agli ospiti. Piccolo despota che pensa di uccidere il più grande dei profeti e che, invece, viene ricordato dalla storia solo grazie a Giovanni il precursore…

Sabato della IV settimana del Tempo Ordinario
Mc 6,30-34: Erano come pecore che non hanno pastore.

È colmo di attenzioni, il Signore Gesù. Anzitutto nei confronti dei suoi più stretti collaboratori che vede affaticati dalle tante attività che compiono per seguirlo. Vede che sono stanchi, generosi ma consumati dalle troppe cose da fare e, allora, decide di dare un taglio all’agenda per restare e riposare con loro, per una specie di week-end dell’anima che aiuti tutti a riprendere fiato. Come sarebbe bello se, nella Chiesa, ci si accorgesse delle fatiche altrui! Se i nostri Vescovi, almeno d’ogni tanto, si occupassero del benessere reale dei loro collaboratori, i preti! Se le comunità prestassero attenzione alla qualità della vita di chi ha consacrato la vita per il vangelo e per loro stesse! Poche attenzioni, concrete, legate alla vita quotidiana, al cibo, all’igiene, alla compagnia… Succede, ed è uno strazio dell’anima, incontrare vecchi sacerdoti che hanno dato la vita per il Regno e che finiscono la loro esistenza dimenticati da tutti… E Gesù, una volta giunto nel luogo del riposo, si rimette a insegnare agli uomini, perché vede che hanno bisogno di lui. Nemmeno il riposo per il Signore diventa un idolo, e lascia che la compassione prevalga sul diritto alla vacanza. Che bello!

Da http://www.lachiesa.it