XXXII settimana del Tempo Ordinario 
Commento di Paolo Curtaz

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Commento al Vangelo del giorno 4
Lunedì 7 Novembre >
(Feria – Verde)
Lunedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Tt 1,1-9   Sal 23   Lc 17,1-6: Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.
Martedì 8 Novembre >
(Feria – Verde)
Martedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Tt 2,1-8.11-14   Sal 36   Lc 17,7-10: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.
Mercoledì 9 Novembre >
(FESTA – Bianco)
DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE
Ez 47, 1-2.8-9.12   Sal 45   1Cor 3,9-11.16-17   Gv 2, 13-22: Parlava del tempio del suo corpo.
Giovedì 10 Novembre >
(Memoria – Bianco)
San Leone Magno
Fm 1,7-20   Sal 145   Lc 17,20-25: Il regno di Dio è in mezzo a voi.
Venerdì 11 Novembre >
(Memoria – Bianco)
San Martino di Tours
2Gv 1,3-9   Sal 118   Lc 17,26-37: Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
Sabato 12 Novembre >
(Memoria – Rosso)
San Giosafat
3Gv 1,5-8   Sal 111   Lc 18,1-8: Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
Domenica 13 Novembre >
(DOMENICA – Verde)
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Ml 3,19-20   Sal 97   2Ts 3,7-12   Lc 21,5-19: Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita

Lunedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Lc 17,1-6: Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.

Sono tre detti che provengono direttamente dalle labbra di Gesù e che Luca inanella in un breve paragrafo. Evidentemente di Gesù: nessun apostolo sano di mentre se li sarebbe inventati. Parole forti, collegate le une alle altre. Lo scandalo, anzitutto: se non vigiliamo su noi stessi, se prendiamo la fede sottogamba corriamo il rischio di scandalizzare chi si sta avvicinando alla fede. E Dio solo sa quanto scandalo abbiamo dato negli ultimi decenni come Chiesa! Certo, per un prete che sbaglia mille continuano con fedeltà e passione evangelica la propria missione. Ma anche quell’uno è di troppo. E, aggiunge subito il Signore, lo scandalo peggiore che possiamo dare è l’assenza di perdono e di misericordia, una fede che diventa impietosa… anche con chi ha dato scandalo! Alla fine di tutto è la compassione a prevalere, a rendere credibile il nostro percorso di fede. Guai a scordarci questa grande verità! Perdonare non è facile, a partire dal perdonare noi stessi. Ecco perché abbiamo bisogno di fede, fede che non può essere uno sforzo sovrumano, ma che è accoglienza dell’opera di Dio in noi.

Martedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Lc 17,7-10: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

Abbiamo scoperto la bellezza del Dio di Gesù, abbiamo aderito alla sua proposta, abbiamo accolto la Parola e l’abbiamo lasciata fiorire in noi stessi, cambiando la nostra vita, illuminandola. Giorno per giorno, mese per mese, anno per anno, fidandoci del Signore abbiamo aperto il nostro cuore allo stupore. Ora sappiamo, ora conosciamo, ora tutto è più chiaro. Gioiamo nel lavorare nella vigna del Signore, siamo colmi di stupore nell’incontrare altri uomini e donne che come noi si sono fidati del Nazareno. Sì, noi crediamo, con forza, con determinazione, con fatica. E cerchiamo di leggere il mondo da una prospettiva altra. Alta. Forse siamo anche impegnati in qualche servizio ecclesiale, dal più modesto al più impegnativo, forse abbiamo anche delle responsabilità nelle comunità. Proprio a noi, proprio a chi ha maggiori incarichi il Signore ricorda una verità disarmante: è lui che agisce, non noi. Il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi. Perciò siamo gioiosamente servi inutili. Perciò veri. Perciò liberi. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, dobbiamo solo diventare trasparenza affinché, attraverso i nostri gesti, la gente veda il volto di Dio.

Mercoledì 9 Novembre (FESTA – Bianco) DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE
Gv 2, 13-22: Parlava del tempio del suo corpo.

All’inizio del IV secolo, Roma cominciò a cambiare il suo tradizionale aspetto architettonico grazie all’imperatore Costantino e all’attività edilizia da lui favorita. Egli fece costruire la basilica di San Giovanni in Laterano con un battistero e un palazzo che divenne la residenza dei vescovi di Roma.
Cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano è la madre di tutte le chiese dell’urbe e dell’orbe. E’ il simbolo della fede dei cristiani nei primi secoli, che sentivano la necessità di riunirsi in un luogo comune e consacrato per celebrare la Parola di Dio e i Sacri Misteri. La festa odierna, come ben evidenzia la liturgia, è la festa di tutte le chiese del mondo. (www.santiebeati.it)

In questo giorno la liturgia romana celebra la data della dedicazione della basilica di san Giovanni in Laterano, la Cattedrale di Roma che non è san Pietro, come quasi tutti pensano.
Il cristianesimo porta alle estreme conseguenze l’intuizione che Israele ha maturato durante la sua travagliata storia e di cui troviamo tracce nella Scrittura: nessun tempio umano può contenere la presenza di Dio, non esistono luoghi “sacri” perché tutto appartiene al Creatore.
Gesù, attribuendosi la sacralità dell’appena ricostruito (e non ancora concluso) tempio di Gerusalemme, ammonisce la samaritana e noi: non a Gerusalemme né sul monte Garizim si adora Dio, ma nel proprio cuore. Gesù, vero tempio di Dio, consacra, rende sacro ogni uomo, ogni luogo, ogni tempo. Incarnandosi, diventando uomo, Gesù annulla la divisione fra sacro e profano, restituisce armonia, ricostruisce l’unione che era all’origine della Creazione. E allora a che ci servono le chiese fatte di pietra e mattoni? A ospitare “la” Chiesa fatta da persone, da credenti. In splendide basiliche romaniche o in anonimi chiesoni in cemento delle periferie degradate, sono i discepoli che fanno la Chiesa e non viceversa. Al punto che il diritto canonico dice che se in una parrocchia non si celebra più l’eucarestia domenicale e non si raduna più una comunità, il vescovo ha il dovere di abolire la parrocchia.

Mercoledì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Lc 17,11-19: Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.

Sono solo lebbrosi, non samaritani o ebrei. Il dolore ci rende uguali, elimina le differenze, la disperazione cuce rapporti impensabili. E urlano, chiedono salvezza, chiedono di essere riammessi nel mondo dei vivi. Gesù li ascolta ma chiede di andare dai sacerdoti del tempio: la guarigione è in un percorso, è progressiva, non è mai tutta di colpo. Ci vogliono degli anni per convertirsi, degli anni per diventare veramente discepoli. E si mettono in strada. Trovatisi guariti ecco che le differenze ritornano: i nove ebrei vanno al tempio ma il samaritano non ha un tempio, il suo è stato raso al suolo un secolo prima, proprio dagli ebrei. Allora si rivolge al Tempio. E il Tempio, Gesù, la presenza di Dio, lo accoglie e commenta amareggiato: dieci sono stati sanati, uno solo è stato salvato. Non è vero che basta la salute!, non è vero che la salute è tutto. C’è di più: la salvezza. La salvezza di sapersi amati, di essere nel cuore di Dio, di essere donati al mondo. L’ingratitudine è più difficile da guarire della lebbra: ringraziamo il Signore per la salvezza che ci ha strappato dall’isolamento e dalla disperazione e ci ha resi liberi.

Giovedì 10 Novembre >
(Memoria – Bianco) San Leone Magno

L’impegno dei cristiani nella costruzione della società civile conta eccellenti testimoni tra gli antichi pastori. Tra questi, nel V secolo, vi fu anche Leone I Magno, dal 1754 dottore della Chiesa. La sua grandezza si espresse nella capacità di difendere l’autentica fede, contro le molte eresie che andavano diffondendosi all’epoca, e, allo stesso momento, di proteggere il “suo” popolo. Diacono a Roma, divenne Papa nel 440, trovandosi ad affrontare le conseguenze dell’ormai vicino crollo dell’Impero Romano. Convocando il Concilio di Calcedonia nel 451 affermò definitivamente la dottrina delle due nature, umana e divina, unite nell’unica persona di Cristo. Nel 452, poi, riuscì a fermare gli Unni di Attila sul Mincio e nel 455 convinse gli invasori Vandali a risparmiare la vita dei romani. Morì nel 461. (Avvenire)

Giovedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Lc 17,20-25: Il regno di Dio è in mezzo a voi.

Il Regno di Dio è in mezzo a noi dice il Signore, è impastato col nostro mondo, ne fa parte integrante, ne è intimamente connesso. Ne fa parte, non è altro, non è qualcosa di diverso. Molti, ci ammonisce il Signore, pensano di incontrarlo altrove, negli eventi eclatanti, correndo dietro a miracoli e alle apparizioni. Non è così. È il nostro sguardo che lo deve riconoscere, è il nostro cuore che è chiamato ad accorgersene. Quante volte pensiamo che la presenza di Dio coincida con qualcosa di fantastico, con qualche evento che scuota e stupisca. Povera la fede che ha bisogno di miracoli per poter crescere! Povera la fede che ha bisogno di conferme per poter andare avanti! Siamo chiamati a cambiare il nostro sguardo per riconoscere il Regno che si realizza in mezzo a noi. Nelle nostre parrocchie, nelle nostre liturgie, nelle nostre iniziative di carità, nella nostra profezia realizziamo il Regno, non altrove. Che bello sapere che la mia comunità è un anticipo e una realizzazione parziale del Regno che è già e non ancora! Che bello iniziare la giornata col desiderio e l’impegno di riconoscere il Regno già presente in mezzo a noi!

Venerdì 11 Novembre >
(Memoria – Bianco) San Martino di Tours

Martino (Pannonia c. 316 – Candes, Francia, 397), rivelò, ancora soldato e catecumeno, la sua carità evangelica dando metà del mantello a un povero assiderato dal freddo. Dopo il Battesimo si mise sotto la guida di sant’Ilario (339) e fondò a Ligugè, presso Poitiers, un monastero (360), il primo in Occidente. Ordinato sacerdote e vescovo di Tours (372), si fece apostolo delle popolazioni rurali con l’aiuto dei monaci del grande monastero di Marmoutiers (Tours). Unì alla comunicazione del Vangelo un’incessante opera di elevazione sociale dei contadini e dei pastori. La sua figura ha fondamentale rilievo nella storia della Chiesa in Gallia, sotto l’aspetto pastorale, liturgico e monastico. Santo molto popolare, è il primo confessore non martire ad essere venerato con rito liturgico. La sua «deposizione» l’11 novembre è ricordata dal martirologio geronimiano (sec. VI)

Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Lc 17,26-37: Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

Verrai, Signore. Verrai alla fine dei tempi, nella pienezza, quando nessuno ci penserà più. Quando penseremo che il tuo ritorno è ormai impossibile, una pia leggenda, una cosa che si dice ma cui nessuno crede, una di quelle cose della fede legate al passato, all’entusiasmo dei primi discepoli ma che, realisticamente, non accadrà mai. Verrai e allora saremo spiazzati, non capiremo, non saremo pronti, come non siamo mai pronti agli eventi improvvisi, alle sorprese inattese, alle cose grandi e piene di luce. Vieni, Signore, nel cuore di ognuno, chiedi ospitalità, chiedi di essere accolto, chiedi di osare, di credere. Vieni, ma siamo troppi occupati, troppo presi, troppo tutto. Vediamo passare Noé accanto a noi senza riconoscerlo e Lot, chiamato dall’angelo ad uscire dalle tante Sodoma e Gomorra in cui abitiamo. Li vediamo, ma non sappiamo più riconoscerli, non sappiamo più leggere i sorrisi accennati dei profeti, non sappiamo più interpretare le immense solitudini che essi riempiono. Prendici, Signore. Prendici, non lasciarci a vagare nella pochezza delle nostre vite. Prendici con te, rendici discepoli da ora e per sempre.

Sabato 12 Novembre >
(Memoria – Rosso) San Giosafat

Nasce a Wolodymyr in Volynia (Ucraina) nel 1580 e viene ricordato come il simbolo di una Russia ferita dalle lotte tra ortodossi e uniati. La diocesi di Polock si trovava in Rutenia, regione che dalla Russia era passata in parte sotto il dominio del Re di Polonia, Sigismondo III. La fede dei Polacchi era quella cattolica romana; in Rutenia invece, come nel resto della Russia, i fedeli aderivano alla Chiesa greco-ortodossa. Si tentò allora un’unione della Chiesa greca con quella latina. Si mantennero cioè i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilì la comunione con Roma. Questa Chiesa, detta «uniate», incontrò l’approvazione del Re di Polonia e del Papa Clemente VIII. Gli ortodossi, però, accusavano di tradimento gli uniati, che non erano ben accetti nemmeno dai cattolici di rito latino. Giovanni Kuncevitz, che prese il nome di Giosafat, fu il grande difensore della Chiesa uniate. A vent’anni era entrato tra i monaci basiliani. Monaco, priore, abate e finalmente arcivescovo di Polock, intraprese una riforma dei costumi monastici della regione rutena, migliorando così la Chiesa uniate. Ma a causa del suo operato nel 1623 un gruppo di ortodossi lo assalì e lo uccise a colpi di spada e di moschetto.(Avvenire)

Sabato della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Lc 18,1-8: Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

Il Signore troverà ancora la fede quando tornerà sulla terra? Non dice: troverà le parrocchie, i dicasteri e la curia romana, la cultura cattolica, le chiese, i campanili… Troverà la fede? Il dramma del nostro tempo, l’opera urgente di conversione che siamo chiamati a compiere è il recupero della fede ormai diventata stanca abitudine, innocua e vaga appartenenza. La fede che brucia, che forgia i santi, che spinge i martiri a donare il proprio sangue langue nelle nostre comunità. La fede di sapere che Dio è giusto, è un padre che ascolta e accoglie, non un despota annoiato che non sa che farsene di noi. La fede di chi vede un mondo altro nascosto nelle pieghe di questo vecchio mondo dolente. La fede di chi sa che ogni gesto compiuto nel nome del Signore risorto ci trasforma la vita concreta. Il Regno avanza, ne siamo avvinti, ne facciamo parte, lo costruiamo nella quotidianità in ufficio, a casa, a scuola. Siamo noi a rendere possibile la fede. Teniamo duro, allora, come la vedova cocciuta della parabola. Perché possiamo con verità dire al Signore: sì, quando tornerai ci sarà ancora la fede in te, Maestro, la mia, quella della mia comunità.