Santo del giorno


 9 Settembre
Pietro Claver


Pietro Claver

Schiavo degli schiavi, fratello e amico degli ultimi della terra, incatenati e sradicati dalla loro terra e poi sfruttati e abbandonati. Così visse san Pietro Claver, sacerdote gesuita, che da missionario in Colombia si mise al servizio degli schiavi portati nel nuovo mondo dall’Africa. Era nato nei pressi di Barcellona nel 1580 e aveva pronunciato i primi voti nella Compagnia di Gesù nel 1604. Inviato a Cartagena in Colombia venne ordinato prete nel 1616 e decise di aggiungere agli altri un voto personale: essere schiavo degli “etiopi” – cioè degli africani – che in Colombia arrivavano giovani e forti, ma spesso morivano soli e abbandonati. Per poter stare loro più vicino imparò anche la lingua dell’Angola. Morì forse di peste nel 1654.

Altri santi. San Ciarano il Giovane, abate (VI sec.); beato Giorgio Douglas, martire (XVI sec.).

Matteo Liut
Avvenire


APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II
PRESSO LA TOMBA DI SAN PIETRO CLAVER
Cartagena (Colombia) – Domenica, 6 luglio 1986

Al termine del mio viaggio pastorale in Colombia ringrazio il Signore che ha permesso questo incontro di preghiera con voi, cari sacerdoti, religiosi, religiose e laici della provincia di Cartagena, dinanzi alla tomba di San Pietro Claver.

Il Santuario che questa sera ci accoglie, dedicato al suo nome, riporta il nostro spirito all’epoca nella quale visse il santo, e ci comnza degna e in armonia con la sua condizione di essere intelligente e libero. Guardato alla luce della rivelazione, questo diritto acquista una dimensione insospettata, poiché Cristo con la sua morte e risurrezione ci liberò dalla schiavitù radicale del peccato affinché fossimo pienamente liberi, con la libertà dei figli di Dio.

Le mura della vostra città furono muti testimoni del lavoro evangelico di Pietro Claver e dei suoi collaboratori, impegnati ad alleviare la situazione degli uomini di colore e ad elevare il loro spirito nella certezza che, nonostante la loro triste condizione di schiavi, Dio li amava come Padre ed egli, Pietro Claver, era loro fratello, loro schiavo fino alla morte.

Quando i vostri vescovi nella III Conferenza Generale dell’episcopato latinoamericano indicavano l’evangelizzazione e il servizio ai poveri come compito prioritario della Chiesa, si mettevano in linea di continuità con quella innumerevole schiera di uomini e donne di ogni tempo che, mossi dallo Spirito, hanno consacrato la loro vita ad alleviare il dolore, a saziare la fame, a sollevare le più dure miserie dei loro fratelli e a mostrar loro, attraverso il loro servizio, l’amore e la provvidenza del Padre e l’identificazione delle loro persone con la persona di Cristo, che volle essere riconosciuto negli affamati, nei nudi e negli abbandonati (cf. Mt 25, 36 ss.).

Questa linea si estende ininterrotta dalla prima comunità cristiana fino alla nostra Chiesa, quella di oggi, nella quale sacerdoti, religiosi, religiose e laici in numero sempre crescente consacrano la loro vita a Cristo nel servizio agli ammalati, agli incurabili, agli anziani soli, ai bambini abbandonati, ai miserabili rifiutati dalla società e a ogni classe di nuovi poveri e di nuovi emarginati. Pietro Claver brilla con speciale fulgore nel firmamento della carità cristiana di tutti i tempi. La schiavitù, che fu occasione per l’esercizio eroico delle sue virtù, è stata abolita in tutto il mondo.

Ma, allo stesso tempo, sorgono nuove e più sottili forme di schiavitù perché “il mistero dell’iniquità” non cessa di agire nell’uomo e nel mondo. Oggi, come nel secolo XVII in cui visse Pietro Claver, l’ambizione del denaro si impadronisce del cuore di molte persone e le trasforma, col commercio della droga, in trafficanti della libertà dei loro fratelli, che rendono schiavi in una schiavitù a volte più terribile di quella degli schiavi negri. I negrieri impedivano alle loro vittime l’esercizio della libertà. I trafficanti di droga portano le proprie vittime alla distruzione stessa della personalità. Come uomini liberi che Cristo ha chiamato a vivere in libertà dobbiamo lottare con decisione contro questa nuova forma di schiavitù che tanti soggioga in tante parti del mondo, specialmente fra la gioventù, che bisogna preservare ad ogni costo, aiutando, le vittime della droga a liberarsi di essa.

La testimonianza di carità illimitata rappresentata da san Pietro Claver sia esempio e stimolo per i cristiani di oggi in Colombia e in America Latina, affinché, superando egoismi e mancanza di solidarietà, si impegnino decisamente nella costruzione di una società più giusta, fraterna e accogliente per tutti.(…)

E voi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici impegnati, vi incoraggio nelle vostre opere di apostolato e vi esorto a una rinnovata fedeltà alla vostra vocazione, che si traduca in una totale dedizione a Cristo, unica fonte di felicità, nel quale si appagano tutte le nostre migliori aspirazioni.


San Pietro Claver

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San Pietro Claver, sacerdote della Compagnia di Gesù, che, a Cartagena in Colombia si adoperò per oltre quarant’anni con mirabile abnegazione e insigne carità per i neri ridotti in schiavitù, rigenerando di sua mano nel battesimo di Cristo circa trecentomila di loro. Morto a 74 anni e canonizzato nel 1888 insieme con Alfonso Rodriguez, suo fratello gesuita e amico, è stato proclamato patrono delle missioni per i neri da Papa Leone XIII.

Aethiopum semper servus: all’epoca sua si chiamavano “etiopi” tutti i neri. E lui, dicendosi “semper servus”, si impegna a vivere solo per loro. Cioè per i neri d’Africa, portati schiavi nell’America meridionale. Questo è il programma che s’impone Pietro Claver nell’aprile 1622 a Cartagena (Nueva Granada, detta poi Colombia) nel compiere la “professione definitiva”, l’atto che segna per sempre la sua piena appartenenza alla Compagnia di Gesù. Nato presso Barcellona, è entrato da ragazzo nel collegio dei gesuiti. All’università diretta da loro, nella capitale catalana, ha poi fatto gli studi umanistici, pronunciando i primi voti nel 1604.

Nel 1605-1608 ha studiato filosofia a Palma di Maiorca. E qui lo hanno aiutato le “lezioni” del portinaio Alfonso Rodriguez: è un mercante di Segovia che, perduta la famiglia, presta lietamente l’umile servizio al collegio dei gesuiti. Ma col tempo il suo stanzino diventa un’altra aula, e lui un maestro di spiritualità, consultato da sapienti e potenti e soprattutto dai giovani allievi come Pietro Claver. Che esce da quella portineria orientato.

Inizia gli studi di teologia a Barcellona e li completa a Cartagena di Colombia (dove diventa sacerdote nel 1616). Qui sbarcano migliaia di schiavi neri, quasi tutti giovani: ma invecchiano e muoiono presto per la fatica e i maltrattamenti; e per l’abbandono quando sono invalidi. Tra questa umanità la Compagnia di Gesù ha mandato i suoi missionari. Unitosi a loro, Pietro Claver conosce il mondo della sofferenza e della disperazione; discerne la volontà di Dio, che il portinaio di Maiorca gli insegnava a cercare: Dio vuole che egli serva gli schiavi con tutte le sue forze, ogni giorno della sua vita.

Così si ritrova a vivere la loro sofferenza, e a combatterla. Sta con loro per nutrire e per curare, imperturbabile ed efficiente anche nelle situazioni più disgustose. A questa gente che non ha nulla, che non è nulla, insieme al soccorso offre il rispetto. Si sforza di risvegliare in ognuno il senso della sua dignità, senza il quale non potrebbe parlare di Dio e del suo amore. Impara la lingua dell’Angola, parlata da molti di loro, e crea un’équipe di interpreti per le altre lingue. Ma si fa capire anche col suo modo di vivere, che è quello degli schiavi più sfortunati: basta guardarlo per dargli fiducia, credere in lui, confidarsi (e per questo gli si attribuisce il dono della “lettura delle anime”). Basta guardarlo per capire e condividere la devozione che egli predica per Cristo sofferente.

Poi si ammala, forse di peste. Sopravvive, ma senza più forze, trascinandosi allo stesso modo dei vecchi schiavi. Deve sopportare i maltrattamenti del suo infermiere: un nero. Anche in queste cose bisogna scorgere la volontà di Dio. Muore a 74 anni e verrà canonizzato nel 1888, con Alfonso Rodriguez, il fratello portinaio di Maiorca.

Domenico Agasso

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