Vangelo della settima
XXI Settimana del Tempo Ordinario
Commento di Paolo Curtaz
Testo pdf:
Lunedì 22 Agosto > (Memoria – Bianco) | Beata Vergine Maria Regina 2Ts 1,1-5.11-12 Sal 95 Mt 23,13-22: Guai a voi, guide cieche. |
Martedì 23 Agosto > (Feria – Verde) | Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) 2Ts 2,1-3.13-17 Sal 95 Mt 23,23-26: Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. |
Mercoledì 24 Agosto > (FESTA – Rosso) | SAN BARTOLOMEO Ap 21,9-14 Sal 144 Gv 1,45-51: Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità. |
Giovedì 25 Agosto > (Feria – Verde) | Giovedì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) 1Cor 1,1-9 Sal 144 Mt 24,42-51: Tenetevi pronti. |
Venerdì 26 Agosto > (Feria – Verde) | Venerdì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) 1Cor 1,17-25 Sal 32 Mt 25,1-13: Ecco lo sposo! Andategli incontro! |
Sabato 27 Agosto > (Memoria – Bianco) | Santa Monica 1Cor 1,26-31 Sal 32 Mt 25,14-30: Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone. |
Domenica 28 Agosto > (DOMENICA – Verde) | XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) Sir 3,17-20.28-29 Sal 67 Eb 12,18-19.22-24 Lc 14,1.7-14: Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. |
22 agosto – Beata Vergine Maria Regina
(Memoria – bianco)
Quando un popolo è oppresso, o quando un paese è invaso da un altro, esso è per così dire nelle tenebre. L’angoscia di un individuo è una specie di oscurità. Ogni volta che un popolo o un individuo è nel buio, cerca la luce della liberazione spera ardentemente che un giorno verrà la luce.
Quando un popolo cammina nelle tenebre, è portato di solito a dedurre che Dio lo ha abbandonato. È una conclusione sbagliata, perché è stato, invece, il popolo ad abbandonare Dio. Quando il popolo si pente, comincia a ritrovare la retta via: può camminare nella luce e avere speranza.
Qualche volta, questa speranza di luce si localizza su un bambino la cui nascita può dare corpo e vita alla speranza. Per gli abitanti della Palestina settentrionale, l’invasione degli Assiri era stata oscurità e tristezza, ma la profezia di Isaia sulla nascita di un bambino era capace di infondere speranza.
L’annuncio della nascita di questo fanciullo si riferiva ad un futuro re, dotato di una notevole saggezza e prudenza, un guerriero che sarebbe stato ritenuto un eroe dal suo popolo. Con la sua potenza avrebbe riportato la pace e così l’oscurità si sarebbe cambiata in luce.
La cristianità primitiva ha visto in questo bambino portatore di speranza Gesù di Nazaret. Avendo Maria dato alla luce la speranza fatta carne, è onorata come Regina del cielo.
Gesù non fu un guerriero né un eroe. Però, insegnò la sapienza. Si dedicò al popolo. Proclamò una pace che il mondo non può dare. Non fu il tipo di re che il popolo si era immaginato, ma trasformò le tenebre in luce.
Lunedì della XXI settimana del Tempo Ordinario
Mt 23,13-22: Guai a voi, guide cieche.
Le parole di Gesù sono taglienti, sferzanti, ora. È finito il tempo delle galanterie, finito il tempo del dialogo: sa che si complotta contro di lui. Troppa invidia nei suoi confronti, troppo destabilizzanti le sue parole. I detentori del potere religioso, ieri come oggi, vivono con immensa insofferenza la sua libertà interiore. E invece di interrogarsi, di convertirsi, di cambiare, tagliano corto e uccidono chi li accusa. Allora parla, duramente, ferocemente, con una franchezza insostenibile e denuncia le piccole grandi manie degli uomini di fede, la loro ansia di fare proseliti, il loro ingiustificato senso di superiorità, la loro saccenteria e l’insostenibile moralismo. E le contraddizioni di un sistema che si regge sulle minuzie, che si perde nella casistica dimenticando completamente l’orizzonte di riferimento. Manie che ancora viviamo, troppo spesso, fra noi cristiani che, pure, dovremmo esserne ben vaccinati! Eppure quante volte si evangelizza e si fanno proseliti… nella Chiesa stessa, “strappando” dei seguaci a tal movimento per proporne uno migliore. O imponendo pesi che Dio non chiede. O perdendoci anche noi nelle minuzie che uccidono la speranza…
Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario
Mt 23,23-26: Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.
Anche noi, spesso, rischiamo di filtrare il moscerino e di ingoiare il cammello! Immagine fortissima ed efficace che ci richiama ad uno dei rischi che corriamo noi discepoli: quello di perderci nelle minuzie, nelle cose penultime dimenticando l’essenziale. Essenziale che, come ben ricorda Gesù, sono la giustizia, la misericordia, la fedeltà. Possiamo commettere enormi ingiustizie seguendo le prescrizioni della fede, possiamo elaborare giudizi impietosi sentendoci migliori, possiamo tradire drammaticamente il vangelo credendo di essere dei gran devoti. Papa Francesco insiste molto su questo aspetto: nel vangelo esiste una priorità e questa è la tenerezza di Dio. Se le persone, guardando la Chiesa, vengono colpite dal giudizio, dalla severità, dalla regola e non vedono il vangelo, abbiamo almeno un problema di comunicazione. Misericordia che non significa annacquare il vangelo ma renderlo accessibile, credibile, incontrabile. Solo l’accoglienza sincera può convincere qualcuno ad avvicinarsi fino ad incontrare il vangelo. Vigiliamo su noi stessi per non ingoiare cammelli!
24 Agosto (FESTA – Rosso) SAN BARTOLOMEO
Gv 1,45-51: Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.
I Vangeli sinottici lo chiamano Bartolomeo, e in quello di Giovanni è indicato come Natanaele. Due nomi comunemente intesi il primo come patronimico (BarTalmai, figlio di Talmai, del valoroso) e il secondo come nome personale, col significato di “dono di Dio”.
Da Giovanni conosciamo la storia della sua adesione a Gesù, che non è immediata come altre. Di Gesù gli parla con entusiasmo Filippo, suo compaesano di Betsaida, che replica ai suoi pregiudizi (“Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?”) col breve invito a conoscere prima di sentenziare: “Vieni e vedi”. Quest’uomo diffidente è in realtà pronto all’adesione più entusiastica: “Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”
Alcune leggende lo dicono missionario in India e in Armenia, dove avrebbe convertito anche il re, subendo però un martirio tremendo: scuoiato vivo e decapitato. Queste leggende erano anche un modo di spiegare l’espandersi del cristianesimo in luoghi remoti, per opera di sconosciuti. A tante Chiese, poi, proclamarsi fondate da apostoli dava un’indubbia autorità.
Oggi la Chiesa celebra la festa di uno degli apostoli, Bartolomeo, conosciuto anche come Natanaele. Un invito, nel cuore dell’estate, a ritrovare le radici dell’annuncio che abbiamo ricevuto.
Amo san Bartolomeo. Lo confesso pubblicamente, ad imperitura memoria. E amo la logica del Maestro Gesù, che vuole accanto a sé persone improbabili come Pietro, Matteo, Natanaele… e me. Non sappiamo molto di lui ma ciò che sappiamo ci basta. L’incontro col Signore lo racconta Giovanni nel suo Vangelo. Un incontro fatto di diffidenza e di stupore. Filippo raggiunge Natanaele che riposa sotto il fico, l’albero sotto cui si medita la Scrittura, secondo i rabbini, perché il fico, come la Parola di Dio, riempie di dolcezza il palato (e l’anima). È curioso il fatto che sia Filippo, il cui nome tradisce ascendenze pagane, a conoscere l’ultraconservatore Natanaele il quale, evidentemente, non deve essere una persona così fanatica… Appena viene a sapere che il Messia è Gesù di Nazareth obietta. Nazareth è l’unico paese di Israele che gode di un singolare privilegio: non viene mai citato dalla Scrittura, cosa mai può venire di buon da un paese così? Gesù lo raggiunge e nota la sua onestà: è uno senza peli sulla lingua, una persona zelante. Potrebbe notare che è un pettegolo, invece sottolinea il positivo. E lo conquista. Solo quando vediamo il positivo possiamo fare dei discepoli!
Mercoledì della XXI settimana del Tempo Ordinario
Mt 23,27-32: Siete figli di chi uccise i profeti.
Continua la requisitoria senza barriere di Gesù che ha abbandonato il “politicamente corretto” per svelare impietosamente le storture religiose dei devoti suoi contemporanei. I farisei, pur essendo dei pretoriani della fede, dei credenti zelanti e infiammati, rischiano di diventare dei burattini, tutti preoccupati dell’esteriorità a scapito dell’interiorità, dei veri sepolcri imbiancati (che immagine fortissima!), belli fuori e marci dentro… Il discepolo è chiamato ad essere autentico, anche a costo di apparire troppo diretto. Le persone che si avvicinano a noi cristiani si accorgono da lontano se viviamo ciò che professiamo, se sperimentiamo ciò che diciamo… Infine Gesù se la prende contro l’atteggiamento di chi loda i profeti del passato e non riconosce quelli del presente. Ed è proprio così: quasi sempre la profezia non è accettata e riconosciuta, specialmente dalle autorità che la vivono con insofferenza e di malavoglia. Prima di lodare (giustamente) i grandi uomini di Dio che la Chiesa ha stentato a riconoscere, cerchiamo di non commettere lo stesso errore e teniamo lo sguardo interiore pronto a riconoscere la loro presenza…
Giovedì della XXI settimana del Tempo Ordinario
Mt 24,42-51: Tenetevi pronti.
Vegliamo, perché il Signore viene quando meno ce lo aspettiamo. Vegliamo nella fatica, anche se la notte è fonda e fa paura. Vegliamo anche quando ci scoraggiamo e pensiamo di esserci sbagliati e che sia tutto un (bell’) inganno. Vegliamo per non farci travolgere dalle cose da fare, dalla crisi economica, da quella delle relazioni e degli affetti. Vegliamo per non stordirci con le preoccupazioni o le illusioni. Vegliamo come chi sa che la vita non si consuma tutta qui, che il frammento di eternità che ci troviamo piantati nel cuore non è che una caparra di Dio. Vegliamo perché la vita è un infinito combattimento, una lotta perpetua contro la dimenticanza di noi stessi e dell’essenziale. Vegliamo per non cadere vittime dello scoraggiamento generale, della rassegnazione collettiva, del cinismo imperante. Vegliamo pregando, con una preghiera intensa e feconda, vera e quotidiana, che attinge alla Parola per tradurla nelle scelte di tutti i giorni. Vegliamo per non cedere: il Signore viene quando meno ce lo aspettiamo. Viene nella nostra anima e viene alla fine della nostra vita biologica.
Venerdì della XXI settimana del Tempo Ordinario
Mt 25,1-13: Ecco lo sposo! Andategli incontro!
Che strano sposo che arriva a mezzanotte e pretende che le amiche della sposa siano sveglie! E che strani consigli danno le amiche a quelle sprovvedute rimaste senza olio, come se nel cuore della notte si potesse trovare un commerciante aperto! Ma il senso della parabola è chiaro: Dio è uno sposo e la sua venuta è una festa straordinaria. Non ci “meritiamo” Dio, egli viene senza condizioni, sta a noi accorgerci della sua venuta, sta a noi capire qual è il momento della sua venuta. Il Dio di Gesù, accessibile e misterioso, evidente e nascosto, ci invita continuamente a vegliare, a lasciare la parte migliore di noi accesa e vigile. Il paradosso del nostro tempo è che siamo talmente presi dalla vita da non avere più il tempo di vivere! Alla fine di questa estate vogliamo riprendere l’autunno con la ferma decisione di ritagliarci dei piccoli spazi quotidiani in cui vegliare, in cui fare il punto della situazione, in cui prendere consapevolezza della nostra vita intima e profonda. Cosa abbiamo di meglio da fare se non aspettare ed accogliere Dio? Sia questa la nostra priorità, vivere nella gioia dell’attesa del ritorno dello sposo.
27 Agosto (Memoria – Bianco) Santa Monica
Decisivo nella vita di Agostino (Tagaste, attuale Song-Ahras, Algeria, 354 – Ippona, attuale Annata, 28 agosto 430), oltre l’influsso della madre, fu l’incontro con il vescovo Ambrogio dal quale ricevette il Battesimo. Dal suo curriculum di studi e di magistero nella scuola pubblica, attraverso un’appassionata ricerca della verità, passò alla totale sequela di Cristo Signore, punto di convergenza della creazione e della storia. In lui si incontrano in rara sintesi il contemplativo, il teologo, il pastore d’anime, il catechista, l’omileta, il mistagogo, il difensore della fede, il promotore di vita comune. E’ autore di una regola monastica che influenzò tutte le successive regole dell’Occidente cristiano. I suoi scritti restano un monumento di straordinaria sapienza e lo qualificano come il maggiore fra i Padri e Dottori della Chiesa latina.
Monica (Tagaste, attuale Song-Ahras, Algeria, c. 331 – Ostia, Roma, 387) con l’assidua fiduciosa preghiera e le sue lacrime di implorazione ottenne la trasformazione spirituale del figlio Agostino. Nel libro delle «Confessioni» è delineata la sua figura di madre cristiana e di contemplativa, attenta ai bisogni degli umili e dei poveri. Il colloquio fra Monica e Agostino ci apre la profondità del suo spirito tutto proteso verso la patria del cielo.
Sabato della XXI settimana del Tempo Ordinario
Mt 25,14-30: Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Cinque talenti. Tre. Uno. Talenti consegnati ai servi dal padrone. Padrone folle, aggiungo io. Un talento è un’unità di misura imbarazzante: oltre venti chili d’oro. Quindi centinaia di migliaia di euro dati ad ognuno. Non ad una banca o a un uomo d’affari ma ai proprio servi. Gesù ci dice qualcosa di straordinario: ci ha riempiti di preziosità, siamo colmi di valore. E noi che passiamo il tempo a lamentarci, a fuggire la realtà rifugiandoci in improbabili sogni, a consumarci nell’invidia e nella rabbia! Noi che pensiamo di non valere nulla o di non avere avuto delle possibilità, che rischiamo di seppellire il dono che siamo senza renderlo dono per gli altri! Siamo preziosi non perché straordinariamente capaci ma perché amati. E sta a noi scoprire in cosa consiste il nostro talento: forse nell’ascolto o nella pazienza, o nel buonumore. Tutti abbiamo un dono da scoprire, non da sotterrare sotto metri di depressione e sensi di colpa! Tutti abbiamo risorse da mettere in gioco per il bene comune, per far crescere la Chiesa e l’umanità. Scopriamo, allora, il nostro talento e mettiamoci in gioco!